*(la sconvolgente verità che la natura umana è
tanto attratta quanto respinta dai propri estremi)
Mentre i motori del jet acceleravano il loro frastuono
sordo, ed il comandante ripeteva in italiano, tedesco ed inglese di allacciarsi
le cinture, Marco Cicoli non riusciva che a pensare quell'unico pensiero: "Ma
che grande cazzata che ho fatto!- continuava a ripetersi tra se e se, contemplando
la ricevuta spiegazzata tra le mani - Ma che grandissima cazzata che ho fatto!"
E la ricevuta parlava chiaro: prima di tutto all'inizio c'era scritto in grassetto
SSP-International Bookmaker, per cui si capiva benissimo che si trattava di
una scommessa sportiva. E poi sotto cifre, quote e percentuali. Due giocate,
la prima un pareggio 2-2, quota 9, e poi un incontro di tennis, quota 1.40.
Mentre tutti parlavano di orgoglio patrio ferito il Cicoli si era affrettato
al botteghino e aveva piazzato tutti gli 800 euri del suo misero stipendio su
quel match segnato come una redenzione, prima che i bookmakers si affrettassero
a chiudere le giocate. Giocare d'anticipo per fottere il sistema, come gli aveva
insegnato un suo amico d'infanzia che sognava di diventare centrocampista nella
Roma ( mentre invece poi alla fine era diventato una specie di terrorista informatico):
800 euri a quota 9 fanno 7200 monetine da un euro senza sforzo alcuno. Se poi
quelle 7200 monetine le moltiplicate su un altro incontro predestinato, ma stavolta
di tennis, testa di serie numero 2 a Wimbledon contro il numero 463 della classifica
mondiale, diventano 10040 euri, cioè dodici volte lo stipendio del Cicoli
in un botto solo: e lui c'aveva creduto fino in fondo, il Cicoli, perché
non era certo la fede che gli mancava.
Ed infatti il 2-2 era uscito, adesso bisognava solo aspettare la conclusione
dell'incontro di tennis, rinviato a quella mattinata causa pioggia nel precedente
pomeriggio, e anche se quel risultato era strasicuro, molto più del pareggio
annunciato, Cicoli un po' di dubbi se li iniziava a fare: se non avesse acconsentito
alla sua ingordigia, adesso avrebbe finito di scacazzare e si starebbe godendo
la vincita di 7200 euri, meno di 10040 ma comunque non pochi.
Da sempre Marco Cicoli aveva creduto di poter combattere e vincere la sua personalissima
battaglia contro questa sozza, marcia società utilizzando il gioco d'azzardo
per scardinarne tutte le regole. Come gli aveva insegnato un suo amico svedese,"
il gioco d'azzardo è l'apoteosi del capitalismo avanzato senza alcuna
inibizione morale, sta a Wall Street come il Sadomaso sta alla pornografia,
noi siamo quello che loro vorrebbero poter essere, noi li fottiamo osservando
bene le loro leggi e governandole poi a nostro piacimento, noi siamo le scaglie
impazzite che non risultano in nessuna dichiarazione dei redditi, siamo invisibili
ed incorporei ma esistiamo, la gente sente il nostro profumo nell'aria quando
arriviamo noi, la gente sente il profumo dei soldi, quando arriviamo noi."
Marco Cicoli aveva trovato quelle parole estremamente convincenti ed adatte
al caso suo, che aveva visto suo padre bruciarsi i polmoni a verniciare biciclette,
ed era morto pure in cassa integrazione, alla fine. Per cui di lavorare non
ci pensava proprio a dire il vero, ma neanche pensava a rapinare banche o cose
del genere. Semplicemente si organizzò una tabella di operazioni che
aveva essenzialmente tre cardini: le scommesse, il lotto e qualche seratina
al bingo. Attraverso un utilizzo oculato di queste tre attività Marco
Cicoli era sempre riuscito a procurarsi i mezzi di sussistenza e anche qualche
bonus imprevisto per la soddisfazione di lussi occasionali, tipo vacanze ad
Ibiza ed in Turchia, qualche partita di Champions League allo stadio e un televisore
ultrapiatto gigantesco e attaccato al muro come un quadro. Questo, ovviamente
fino a che il Cicoli non aveva conosciuto Micaela.
Si erano conosciuti ad un party in giardino, da un amico comune, un annetto
prima, e lei si rivelò subito una presenza importante nella vita del
Cicoli: lui era appena cascato ubriaco in piscina, e lei fu l'unica a tuffarsi
tra le risate generali salvandolo da morte sicura, perché Cicoli non
sapeva nuotare. Lei l'aiutò a sputar via dai polmoni qualche mezzo litro
di acqua clorata, e poi rimase li con lui a sincerarsi dell'idoneità
delle sue condizioni, entrambi appoggiati ad una palma sul prato, mentre il
party ricominciava nel suo alcolico delirio. Restarono tutta la sera a chiacchierare
sotto la palma, Cicoli ogni tanto si alzava premuroso a prendere cocktails per
tutti e due, e lei immancabile sfoderava cartine e mattoncino per preparare
degli spinelloni giganteschi: Micaela fumava come una turca, sebbene fosse olandese.
In Italia da tre anni per lavoro, Micaela era ricercatrice farmaceutica presso
una multinazionale che aveva uno stabilimento li da loro, nel paesino del Cicoli.
Micaela per Cicoli rappresentò all'inizio un intenso strapazzamento carnale,
perché bellissima e consenziente fino al midollo da subito lei si rivelò,
ma fu solamente dopo qualche settimana che la più inattesa delle reazioni
iniziò a farsi largo nel cuore del Cicoli: una devastante e financo imbarazzante
sensazione di innamoramento totale per questa donna così diversa da lui
(una scienziata!) che però oltre ad abbuffarlo di canne e languide notti
di intensissimo sesso gli garantiva un nonsoché che finora nessun'altra
donna sembrava essere riuscita a garantirgli: il mantenimento della propria
autostima.
Come afferma il poeta, "Frequentare le donne e mantenere alto il proprio
senso di autostima è impresa ardua": l'inesorabile convergenza
di due esistenze in un'unica relazione da comunque sempre luogo allo sviluppo
di una terza indefinita ed indefinibile personalità: "Ecco, questa
è la coppia - pensava Cicoli - con i suoi tanti pro e quel drammatico
contro: in questo quadro, io che fine faccio?"
Insieme a Micaela Cicoli non si sentì mai così, fin dall'inizio,
non aveva quella paura di scomparire dentro di lei, partogenesi all'incontrario
che a sentire gli psichiatri dovrebbe attrarre tutti noi, invece può
far tanta paura. E forse per questo, si innamorò di lei.
Nel sedile accanto, anche Mario Vanini, professione
tipografo e datore di lavoro del Cicoli, si dibatteva ansioso e con la stessa
cosmica riflessione insediata nel cervello: "Ma che grande cazzata che
ho fatto!- continuava a ripetersi tra se e se, contemplando la cintura di
sicurezza - Ma che grandissima cazzata che ho fatto!"
Nel suo caso le scommesse non c'entravano però, si trattava soltanto
di idiosincrasia verso gli aeroplani: gli mettevano una paura folle, ma non
da sempre, solo da dopo l'11 settembre del 2001. Prima il Vanini aveva volato
spesso, per piacere e per affari, con la moglie e con le amanti, insomma, spesso,
e senza paura. Ma dopo l'11 settembre anche lui, come tanti altri, iniziò
a percepire se stesso come parte di un mondo in assedio, come un frammento di
quello che potrebbe essere un ipotetico bersaglio dei terroristi. I terroristi!!!
Minchia che roba, gente che decapitava il nemico e gli trombava le mogli, roba
da far accapponare la pelle solo al pensiero a Mario Vanini: meno male, rifletteva
Cicoli, che accanto al suo principale si era a sua volta seduta una signora
ciociara sulla quarantina, prosperosa e piacente come sono le donne di quelle
parti, che andava ad Amburgo per trovare il figlio, impegnato nel progetto Erasmus,
e che delle ansie terroristiche del Vanini sembrava condividere quasi tutto:
era disperata al pensiero che il figlio fosse all'estero in un momento di così
grave crisi internazionale ("Come se Roma o Cassino fossero più
sicure di Amburgo" considerava Cicoli) e a proposito dell'11 settembre
Cicoli l'aveva sentita affermare al Vanini che mai in vita sua aveva provato
un dolore così grande!
Mai un dolore così grande!!! Per una cosa guardata in televisione!!!
Cicoli non riusciva a smettere di analizzare le parole della signora ciociara:
ma come- pensava lui- possibile che la signora non abbia mai provato
un lutto personale? Un caro morto, o moribondo? La fine di una vita conosciuta
e familiare??? Un dolore intenso personale, un divorzio, una crisi d'amore,
un aborto??? Niente di più sconvolgente di vedere al tg l'immagine di
un aeroplano che si schianta contro l'immagine di un grattacielo di New York?
Possibile??? pensava Cicoli, che a suo modo inquadrava questa cosa in una
specie di povertà emozionale della signora, che forse proprio per quello
se la intendeva così bene con il Vanini, un altro che le emozioni le
dosava col contagocce, e comunque per due soli argomenti: le donne e i motori,
anzi, la figa e le macchine, come diceva lui.
Cicoli invece no, lui apparteneva ad un'altra categoria, a quelli che hanno
sofferto sulla propria pelle, per cui riescono a distinguere perfettamente tra
il dolore virtuale di una guerra mediatica e le sofferenze del proprio cuore,
e sanno cosa è più importante. Come quando 4 mesi prima aveva
rischiato di perdere Micaela, e allora si era sentito quel nodo in gola, altro
che torrigemelle e bambini irakeni, era per quello che si era sentito così
male da non riuscire a parlare per due giorni con nessuno: Micaela se ne stava
andando via, perché si sentiva di troppo nella sua vita.
"Di troppo per cosa???" aveva chiesto lui, ma aveva ottenuto
solo risposte vaghe e confuse, finché non capì che Micaela aveva
scoperto quali erano i mezzi di sostentamento del Cicoli.
Lui da parte sua mai e poi mai si sarebbe aspettato che una donna potesse avere
a che ridire sulla questione gioco, il suo era un metodo equilibrato e pacifico,
non rubava soldi ne spacciava droga, perché mai la sua Micaela era disturbata
da quella sua anarchica attività finanziaria? Parlarono, parlarono e
parlarono, e alla fine Cicoli decise per amore di smettere di scommettere e
di cercarsi un lavoro salariato, e di vivere insieme a Micaela una relazione
che non fosse segnata dalla clandestinità del totonero, ne dalla casualità
del Bingo. Lui a sua volta ottenne che lei evitasse di fumare hashish dentro
casa prima delle 9 di sera: non aveva niente in contrario ad una canna, il Cicoli,
ma Micaela certi giorni sembrava una macchina a pressione, rollava cannoni a
getto continuo, sembrava che non le facessero neanche effetto a dire il vero,
e lui si era un po' rotto i coglioni di quella atmosfera sonnacchiosa e rallentata
che si respirava nella casetta ad ogni ora del giorno e della notte.
Fu un accordo, un accordo tra loro che significò una specie di contratto
su cui imbastire quella che ai loro occhi sembrava la più desiderabile
delle esperienze: vivere insieme all'oggetto del proprio amore. E Cicoli, per
una volta, era proprio sicuro di volerlo.
Si cercò un lavoro, piucchealtro utilizzando un criterio geografico:
il più possibile vicino casa, e dopo un paio di giorni finì nella
tipografia di Mario Vanini, con la qualifica di apprendista tuttologo con una
predilezione per il computer. Cicoli all'inizio ci si divertiva proprio, con
tutte quelle macchine strane, stampa, impressione, intercalare, ed era stracontento
di un lavoretto che lo faceva sentire alla stregua dei protagonisti dei film
neorealisti di Germi e Rossellini: sveglia alla mattina, bacio all'amata dormiente
e via al lavoro, ritorno alla sera e quella atmosfera avvolgente come un mutuo
a cullarlo fino all'ora di cena, televisione, forse sesso, e poi via a dormire
.
Si sentiva stranamente euforico per riuscire ad essere finalmente normale, il
Cicoli, se la parola normale riveste un qualche significato per voi. Mario Vanini
di per sé era un principale nella media dei principali, un po' stronzo
e un po' sincero, però Marco Cicoli era disposto pure a tollerare le
sue puttanate a raffica per uno stipendio dignitoso, e alla fine un altro vantaggioso
accordo venne stipulato dal Cicoli. Che quindi adesso lavorava per il Vanini
con mansioni varie, quel giorno in particolare era un interprete, perché
stavano volando ad Amburgo a trattare l'acquisto di un macchinario speciale
per la stampa in quadricromia, ed il Vanini non parlando lingue aveva per l'appunto
bisogno delle capacità del suo dipendente, Marco Cicoli.
Il motivo di quel viaggio ad Amburgo era l'acquisto di una macchina offsett
un po' particolare: la Germania è la patria della stampa tipografica,
per cui è li che si fanno gli affari migliori. Il Vanini aveva inizialmente
contattato un suo amico ad Heidelberg, che lo aveva indirizzato ad Amburgo,
sede della "Bollocks and son", prestigiosa casa editoriale che si
permetteva il lusso di cambiare l'intero parco macchine ogni 8 anni, e che per
l'appunto potevano accontentare l'ansia di secondamano che bruciava nel Vanini,
decisamente a secco per tentare un acquisto nuovo di zecca. "Economia
Puttana" pensava continuamente Cicoli, assioma questo coniato alla
tenera età di sedici anni, quando Marco Cicoli aveva scoperto che anche
se due si amano alla follia, senza riserve e compromessi, poi al ristorante
o in pizzeria deve sempre essere l'uomo a pagare. Una questione di etichetta,
e il mondo è così carico di etichette che neanche l'onda d'urto
del femminismo era riuscito a staccarle tutte, 'ste stronze di etichette. Economia
puttana, senza mezzi termini, e chi si presta al suo gioco è un figlio
di puttana: e infatti Mario Vanini era un figlio di puttana, questo pensava
Cicoli, che pensava anche che se invece che invece che in Italia lui fosse nato
in un paese come l'Iran a quest'ora probabilmente sarebbe un dogmatico pasdaran:
gli piaceva la convinzione riposta nelle certezze salde, al Cicoli, mica l'occidente,
dove la stessa macchina pagata a Roma o ad Amburgo aveva due costi differenti.
Ad Amburgo trovarono ad attenderli una pioggia fine ed insistente: no surprise,
Amburgo è la città europea più piovosa in assoluto. Incaricato
delle prenotazioni aeree, Cicoli aveva anche trovato un volo economico che li
avrebbe condotti ad Amburgo a metà mattinata e ricondotti a Roma entro
l'ora di cena, ma il Vanini aveva iniziato ad obbiettare, dicendo che gli affari
come l'amore non richiedono fretta, e che quindi era meglio pernottare una notte
in albergo e tornare a casa il giorno dopo con calma. Questa la motivazione
ufficiale: in realtà Vanini aveva scoperto per caso su internet che Amburgo
era anche sede del più grande quartiere a luci rosse europeo, una tradizione
antica e marinara che non si era affievolita nel tempo. Incredibile Vanini!!!
Sposato da oltre trent'anni con la stessa donna, padre di quattro figlie tutte
femmine, trovava comunque interessante ogni donna che incontrava sulla sua strada,
e sembrava perennemente alla ricerca della figa perfetta, nel senso che comunque
l'intesa che cercava era inequivocabilmente sessuale. Un maniaco d'altri tempi,
rifletteva Cicoli, perché sinceramente, al giorno d'oggi, riesce difficile
immaginarsi uno di questi sani giovanotti allevati a merendine e playstation
crescere poi così ossessionati dalla vulva da farne il centro di ogni
pensiero-azione-riflessione: lui era atterrito anche solo all'idea di dover
far da guida ed interprete al suo principale durante qualche escursione nel
quartiere a luci rosse della città più piovosa d'Europa, ma sentiva
quell'incombenza pendere come una minaccia sin dall'inizio di quella trasferta.
Arrivati in albergo, mentre la reception provvedeva a controllare i documenti
dei due italioti, Cicoli notò la prima pagina della Bild, un quotidiano
scandalistico tedesco, che in prima pagina aveva la foto di una modella, famosa
per essere la fidanzata del tennista su cui lui aveva puntato il resto della
scommessa, avvinghiata mezzanuda ad un pilota brasiliano di Formula Uno: il
messaggio inequivocabile che ne traspariva era che il tennista su cui Cicoli
aveva puntato c'aveva le corna, e che adesso tutto il mondo lo sapeva!!! Cicoli
sentì una ventata d'ansia attanagliargli le viscere, rinsaldata dal lapidario
commento del facchino dell'albergo a cui aveva chiesto informazioni sull'incontro:
il tennista cornuto aveva perso 6-1 nel primo set, e stava 2-0 sotto nel secondo.
Cicoli improvvisamente provò odio per quella donna che non conosceva,
quella cazzo di fotomodella che invece di starsene a Wimbledon a coccolare il
suo sensibilissimo fidanzato tennista se ne stava invece ai Caraibi a farsi
sbattere da qualche pilota di formula 1: e adesso a rischio c'erano non solo
gli oltre diecimila euri della scommessa del Cicoli, ma addirittura tutto il
suo stipendio mensile e la relativa tranquillità coniugale. Perché
Micaela era stata intransigente: la prossima volta ti lascio, gli aveva detto.
La prossima volta ti lascio, perché è vero che Micaela non scaricava
ansie traslate sul Cicoli, ma era altrettanto vero che l'assunzione di responsabilità
personali era per lei un caposaldo della relazione, a cui non si poteva rinunciare.
Perché se era vero che l'olandesina non faceva come tutte le altre donne
della vita del Cicoli, prontissime a scaricare su di lui le represse frustrazioni
delle loro precedenti relazioni (= se il precedente fidanzato era violento,
da lui si aspettavano violenza; se i loro padri avevano tradito le loro madri,
dal Cicoli si aspettavano tradimenti; se i fidanzati delle loro amiche erano
tirchi e incapaci a cucinare, da lui si aspettavano che fosse tirchio e imbranato
ai fornelli, e così via) era altrettanto vero che su quell'accordo Micaela
non voleva assolutamente transigere: niente scommesse, pena annullamento degli
amorosi sensi. E adesso lui si era appena giocato lo stipendio sulle sorti di
un tennista ragazzino, cornuto e pubblicamente vilipeso, che stava sotto nel
secondo set con poche speranze di recupero.
Ah, le donne, mannaggia a loro quanto è difficile capirle
..
Presero un taxi per raggiungere la sede della "Bollocks
and Son", e durante il viaggio ammirarono una città grigia, piovosa
ed ordinata. Le strade erano comunque affollate, la gente non sembrava preoccuparsi
più di tanto di quella pioggerellina tenue, ed i marciapiedi erano comunque
pieni di persone indaffarate, perlopiù donne, asburgiche massaie in tenuta
da supermercato, studentesse sorridenti all'uscita della scuola, addirittura
una vigilessa che sembrava una topmodel
quella città sembrava piena
di donne, e Cicoli avvertiva lo sguardo bramoso del Vanini perlustrare ogni
angolo della visuale al di fuori dei finestrini.
Ad un certo punto, nel silenzio totale, Mario Vanini staccò via il proprio
sguardo dalla strada e si rivolse solenne al Cicoli:
"Chissà
che tipo è la Fitzmayer???"
Fraulen Fitzmayer era la direttrice delle vendite della "Bollocks and son":
Cicoli le aveva parlato un paio di volte al telefono, e si erano scambiati qualche
mail per preparare l'incontro, Vanini invece di lei conosceva solo il nome.
"In che senso che tipo è? Sembra simpatica, al telefono, gentile
in una maniera molto teutonica, formale insomma
"
Vanini scosse la testa: "No, pensavo, chissà se la Fitzmayer
è una bella fica
"
Bella fica
queste crude parole pronunciate ad una latitudine dove l'Italiano
non era compreso assumevano una valenza sterile e gelida
.solo Mario Vanini
poteva essere così stupido da pensare alla Fitzmayer in questi termini.
Cicoli se lo squadrò per capire se il suo principale era serio:
"La Fitzmayer mi ha detto che adora l'Italia e gli Italiani, perché
ha ricordi splendidi del suo viaggio di nozze, avvenuto circa trent'anni fa,
in Sicilia. Per cui, mi aspetto una donna sposata ed intorno ai sessant'anni,
non certo una bella fica" chiosò sarcastico Cicoli, ma Vanini
non sembrava essere d'accordo:
"Anche io ho quasi sessant'anni, e sono nel pieno vigore sessuale, e
le ragazzine impazziscono per me, e sapessi io
." Era partito,
Cicoli sapeva che poteva anche staccare l'attenzione adesso, il Vanini si era
lanciato nel suo esercizio preferito e non avrebbe terminato prima di un quarto
d'ora. Il suo esercizio preferito era delucidare gli ascoltatori su dettagli
minimali delle sue copiose avventure extraconiugali, di natura perlopiù
mercenaria, pensava Cicoli, mentre il Vanini era convinto di essere l'ultimo
dei genuini latin lover, e che quell'esercito di ragazzine ucraine e nigeriane
che ogni tanto si caricava sulla sua Fiat-Multipla si innamorassero di lui davvero
perché era un bell'uomo. Cioè, Vanini ci credeva sul serio a queste
cose
.
La sede della "Bollocks and Son" era un palazzo di recente costruzione,
grigio come il resto di Amburgo ma fustellato con ampie vetrate che creavano
un grande effetto di luminosità naturale all'interno: Cicoli chiese gentilmente
in inglese alla reception di essere annunciati alla signora Fitzmayer, e venne
invitato a prendere l'ascensore e salire al sesto piano, dove trovarono un'altra
receptionist che a sua volta li invitò ad attendere due minuti su un
divanetto di pelle adagiato di fronte alla porta dell'ufficio della Fitzmayer,
corredato da riviste e televisione accesa sulla diretta da Wimbledon, dove inaspettatamente
il numero 463 della classifica mondiale aveva a disposizione tre palle per aggiudicarsi
il match contro la testa di serie numero 2.
Gliene bastarono due, di palle, per chiudere quella partita, e così scomparvero
1040 euri di potenziale vincita per Marco Cicoli, inclusivi di € 800 di
stipendio reale, svaniti nel nulla della pioggerellina di Amburgo, sicuramente
gemellata con quella cinica e maligna che cadeva a Wimbledon, che aveva fatto
slittare l'incontro al giorno dopo, e che aveva fatto in modo che il tennista
favorito giocasse quell'incontro con nella mente l'immagine blasfema della sua
fidanzata che spompinava il pilota brasiliano. Se solo il giorno prima non avesse
piovuto, quel povero ragazzo avrebbe giocato la partita senza ancora sapere
di essere cornuto, e quindi l'avrebbe vinta con ogni probabilità. Ma
Wimbledon è un quartiere di Londra, e si sa che a Londra, come ad Amburgo,
piove molto spesso. Cicoli si sentiva stordito, annichilito da quella sua personalissima
sconfitta causata dalla pioggia e da una donna lontana, che lui neanche conosceva,
mentre il Vanini, all'oscuro del dramma, gli riepilogava nelle orecchie i termini
dell'affare:
"Allora, la macchina nuova costa 120mila euri, se noi la prendiamo a
cinquantamila ci va bene, loro ne vogliono ottantamila ma non possiamo permettercelo,
dobbiamo convincere questa zoccola di Fitzmayer ad abbassare le ali, capito?
In inglese devi fargli capire che noi abbiamo solo 50000, e che la macchina
gliela togliamo subito dalle palle, c'è il corriere pronto, così
loro risolvono i loro problemi di spazio e noi ci riportiamo al macchina a casa.
Capito? Cinquantamila, non un centesimo di più
."
Vanini, la Fitzmayer, Micaela, le scommesse, la pioggia, gli incontri truccati
e quelli a sorpresa, le donne, i tradimenti
.Cicoli sentiva dentro solo
una rabbia sorda crescergli dentro, ma che se ne andassero tutti vaffanculo,
tutto quello di cui aveva bisogno adesso era cappuccino e cornetto da consumarsi
lenti davanti al giornale nel bar sotto casa
altro che Amburgo, altro che
Wimbledon, altro che quadricromie offset e quartieri a Luci Rosse: Cicoli ambiva
disperatamente a rimettere ordine nel suo animo ferito ed affranto, ed era soprattutto
terrificato all'idea che la scoperta da parte di Micaela della sua enorme perdita
alle scommesse potesse diventare l'ultimo atto della loro relazione. E a quel
punto, bye bye autostima per chissà quanto tempo: Cicoli si conosceva
a memoria, sul dramma delle torrigemelle poteva anche passarci sopra, ma le
proprie ferite d'amore ci mettevano secoli a rimarginare
In quell'attimo di profondo sconforto, Cicoli vide la segretaria avvicinarsi
e far loro cenno di accomodarsi nell'ufficio di Fraulen Fitzmayer: si scosse
dal torpore e vide che Vanini era già sull'uscio, la valigetta di cuoio
in mano e lo sguardo lucido di chi deve parlare di soldi. Mancava solo lui all'appello:
s'alzò ed entrò nella stanza, dove l'attendeva il suo nuovo destino.
Quando Mario Vanini vide la signora Fitzmayer seduta dietro la scrivania, il
suo stomaco cominciò a borbottare, ed un filo di saliva impazzita iniziò
a rimbalzargli nella gola: meno male che non doveva parlare, pensò subito
lui.
E quando la signora Fitzmayer s'alzò da dietro la scrivania e venne loro
incontro per salutarli, anche il Cicoli avvertì un microsisma interiore
la cui natura sarebbe stato difficile precisare meglio.
Innanzitutto, la signora Fitzmayer non aveva sessant'anni: ne aveva massimo
cinquanta, ma portati in una maniera tale da far rabbrividire di gelosia Tina
Turner. Aveva un corpo curato nei dettagli da cure amorose e palestroidi, una
pelle liscia da adolescente, ma quel che meravigliava di più era l'abbigliamento
scelto dalla Fitzmayer per accogliere i due commessi viaggiatori italiani: una
camicia di merletto bianca sotto la quale spingeva prepotente un seno maestoso
(Naturale? Rinforzato? Siliconato?), ed una gonna di pelle nera affusolata a
metà ginocchio: Fraulen Fitzmayer, vista così per la prima volta
in vita loro, anche senza la frusta sembrava uscita da uno di quei fumettini
sadomaso che giravano a metà del secolo scorso, una giunonica caricatura
dell'occhialuta matrona che sovrintendeva alla felicità di schiere di
impiegati masochisti. Era facile immaginarsela girare tra le scrivanie, pronta
a sculacciare impiegati ed impiegate che avessero la postazione in disordine,
mentre non era affatto facile dissimilarle, tutte quelle fantasie erotiche,
adesso che in qualche modo si erano generate dentro di loro.
E adesso Fraulen Fitzmayer era li, davanti loro, che gli sorrideva in attesa
di parlare di soldi.
Cicoli e Vanini si scambiarono un cenno d'intesa e si sedettero, iniziando a
parlare. Cioè, Cicoli iniziò a parlare, in Inglese, spiegando
e inquisendo su dettagli dell'operazione, mentre Vanini acconsentiva di tanto
in tanto con il capo, e la Fitzmayer li osservava in silenzio con un sorriso
enigmatico sulle labbra. Cicoli andò avanti in una specie di monologo
per circa un quarto d'ora, finchè la Fitzmayer lo interruppe bruscamente:
"Excuse me, is it you the gentleman I spoke with on the phone about
the deal?"
"Ja" rispose Cicoli, domandandosi mentalmente se fosse stato l'unico
uomo al mondo a trovare incredibilmente sexy la lingua inglese rivestita da
un'accento sassone.
"Ok - riprese la Fitzmayer- can I have a word with you in private?"
Cicoli si girò verso il suo principale, che lo guardava perplesso in
attesa di traduzione:
"Dice che vuole parlare da sola con me."
"E perché?" chiese Vanini
"Non lo so. Dice che devi uscire."
Vanini si alzò sempre più perplesso, squadrò il suo dipendente
negli occhi e gli disse "Vedi tu" prima di abbandonare la stanza.
Fuori, sul divanetto di pelle lisa davanti alla televisione, Vanini spese 12
minuti netti a domandarsi cosa cazzo stessero dicendo o facendo quei due nell'ufficio
della Fitzmayer, dopodiché la porta si aprì e Cicoli ne uscì
con un espressione enigmatica, intimando al suo datore di lavoro:
"Alzati e andiamo a prenderci un caffè al bar qua sotto"
Trovare un bar per un caffè italiano ad Amburgo si rivelò impresa
ancor più ardua che frequentare le donne e mantenere alto il proprio
senso di autostima, per cui i due optarono per una birra in uno dei numerosi
pub della piazza.
"Allora? Che minchia avete fatto? Si può sapere che cazzo ti
ha detto?"
Cicoli non parlava, sorseggiava lento la birra schiumosa e pregustava il sapore
della vittoria finale.
"Dice che la vendita si può fare!"
"Minchiiiiiiiiiia" esclamò improvvisamente rilassato Vanini,
alzando il boccale in gesto di brindisi verso il cielo.
"C'è un dettaglio - aggiunse Cicoli - un piccolo dettaglio"
Vanini aggrottò le ciglia, e si fece più circospetto: "Cioè?"
Cicoli si accese una sigaretta: erano all'aperto, si poteva fumare, anche se
erano in Germania.
"La signora Fitzmayer pare che abbia passato parecchio tempo a riflettere
sulla mia proposta telefonica."
"Troppi soldi? Pochi soldi? Che ti ha detto? Aho, ammazza che femmina,
che culo il marito della Fitzmayer che si ritrova, un donnone così nel
letto ogni sera
" Vanini sbavava, soldi, fica, lontano da casa
.
sembrava in preda ad un estasi cocainica, invece erano solo soldi, fica e libertà.
"La signora Fitzmayer è separata - tagliò secco il
Cicoli - Dice che adesso è una single, free woman, capisc?"
"Ah- s'arrazzò il Vanini - e che voleva da te la single?"
Nel suo tono si leggeva un ansia invidiosa: se avesse potuto solo parlare inglese,
glielo avrebbe fatto vedere lui a Marco Cicoli come si intortava la signorona,
altroché storie, lui, Mario Vanini, italiano in trasferta, le donne come
quelle se le mangiava a colazione, se solo avesse potuto parlarci due minuti
.maledetta
gioventù, ai suoi tempi non insegnavano inglese a scuola
"Da me la Fitzmayer vuole che l'accompagni a cena stasera, da te vuole
cinquantamila euri, e altri diecimila da dare a me ad affare concluso. Se io
non le do il via, lei non spedisce la macchina."
Vanini deglutiva stordimento: "A te? E perché te?"
"Perché dice che da quando ha sentito la mia voce al telefono
ha delle fantasie oscene su di me, e che adesso che sono qui se le vuole togliere
una per una, e mi vuole a casa sua per una sessione un po' particolare, si eccita
tantissimo con gli accenti italiani e vuole farsi sfondare l'anima, cosi mi
ha detto, in italiano, proprio così, "sfondarmi l'anima" ma
io le ho detto che sono solo un interprete e che non è che me ne frega
molto se tu fai o non fai l'affare, l'azienda mica è mia, quindi al limite
la proposta la doveva fare a te, se proprio ci teneva a farsi sfondare l'anima
in italiano".
A Vanini brillavano gli occhi, non riusciva a crederci, il suo dipendente Marco
Cicoli, il suo dipendente favorito, gli aveva combinato una storia a metà
tra una telenovela ed un film porno, e lui alla fine ci svoltava la macchina
offsett e pure una scopata con la ninfomane attempata ma piacente
"Marco sei grande - balbettava commosso Vanini - abbiamo la macchina
e mi tocca trombarmi la Fitzmayer
vabbeh, ligio al dovere, Mario Vanini
presente
" biascicava scomposto intorno alla sua birra l'imprenditore
italiano
.Cicoli se lo guardava divertito:
"Ma che cazzo hai capito??? Quando le ho detto così si è
messa a ridere, e mi ha detto che non se ne parlava proprio" Vanini,
di nuovo, sbiancò."E' con me che vuole passare la notte, la Fitzmayer
- riprese Cicoli - tu sei solo obbligato a pagare per la mia prestazione. Se
vuoi la macchina è così, dice la Fitzmayer"
Vanini crollò stordito sulla seggiolona del pub: si sentì per
la prima volta in vita sua schifato dalle donne..ridere di lui
dei suoi
soldi
.e solo perché non parlava inglese
.
"Allora - incalzò Cicoli - se ti va bene è così
e glielo devo confermare al cellulare entro 10 minuti. Sennò la macchina
la spedisce ad una tipografia danese per ottantamila euro. Che faccio?"
Cicoli osservava beffardo il suo principale sciogliersi lentamente davanti al
suo boccalone di birra, l'ego infranto in mille pezzettini che si disperdevano
sul selciato bagnato della piazza di Amburgo: pagare per scopare pure pure,
ma in questa maniera si sentiva raggirato dentro e relegato all'unico ruolo
di dispensatore di soldi, ma non di sesso.
Mario Vanini sentiva di odiare Marco Cicoli, ma la natura imprenditoriale del
suo animo contorto gli faceva altresì percepire con chiarezza che con
una semplice scopata Marco Cicoli gli avrebbe comunque fatto risparmiare ventimila
euro. Euro, mica cocuzze. Decise di accettare l'offerta ("Chiamala e
dille di si" sussurrò Vanini), e in quello stesso momento decise
anche che avrebbe licenziato Marco Cicoli non appena avesse ricevuto quella
fottuta macchina dalla Germania.
Cicoli da parte sua, componeva il numero sul cellulare consapevole di quel licenziamento
prossimo venturo, ma non riusciva comunque a smettere di sorridere: aveva appena
guadagnato 10mila euro ed aveva vinto la scommessa più importante della
sua vita: una scommessa che si chiamava Micaela.