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Intervista a Giovanna Torres di Massimiliano Lanzidei.

Ho conosciuto Giovanna Torres per caso, quando leggendo un articolo di Eco mi sono imbattuto in questa frase (la ricordo ancora a memoria!): “ci sono poi casi strampalati e non classificabili come quello di Giovanna Torres, che alla richiesta di una quotazione di una sua opera da parte del Moma di New York rispose regalando il quadro in questione all’istituzione artistica forse più ricca del mondo”.
Non classificabile! Come il miele per gli orsi dei fumetti! Come i cestini da pic-nic per Yogi!

E’ stato del tutto naturale da parte mia quando è nata l’idea del progetto Rorschach mandarle un’e-mail per chiederle l’autorizzazione a utilizzare le sue opere. Questo il testo che ho ricevuto in risposta dal suo agente:

“Nessun problema: fatene ciò che volete, purché non si faccia il nome di Giovanna”

E’ stato deciso quindi di usare una prestanome, che ringrazio pubblicamente per la disponibilità e il senso dell’umorismo.
Ogni mese mi sono preoccupato personalmente di mandare copia di tutti i racconti all’indirizzo e-mail dell’autrice, insieme a una copia della “macchia” che avevo scelto dai suoi cataloghi.
Senza mai ricevere risposta.

Fino a dieci giorni fa.

Ho aperto la posta elettronica e ho trovato una mail (torresgiovanna@yahoo.it) di Giovanna Torres che si complimentava per la nostra iniziativa: ho scoperto che l’agente che aveva dato il nulla osta per il Rorschach era sua figlia, dodici anni, che da sempre si occupa di vagliare tutta la sua posta elettronica, e alle cui decisioni la signora Torres si attiene scrupolosamente.
Insomma, dopo un breve scambio di missive, abbiamo deciso di imbastire un’intervista telematica tramite ICQ che ripropongo qui sfrondata di tutte le puttanate scaturite dall’imperizia del sottoscritto nell’utilizzo dello strumento virtuale.
Sfrondo anche tutti i convenevoli iniziali e balzo subito al punto in cui si dibatte del significato della “macchia di giugno” che si intitola appunto “Il linguaggio è un virus”:

-Perché ha scelto proprio questo titolo per questo quadro?
-Veramente in questo caso è accaduto il processo inverso… avevo il titolo: questa frase di William Burroughs, e ho pensato alla maniera migliore di rappresentarla…

-Perché il linguaggio è un virus?
-C’è una varietà di significati in questa frase: il primo che mi viene in mente riguarda l’affinità nelle modalità di riproduzione e trasmissione: gli esseri viventi sono solo ospiti nei quali vivono e si riproducono le parole (anche se il termine “parola” è riduttivo). Il secondo richiama invece quell’alone negativo che circonda il termine virus e mette in luce la perversione intrinseca a tutte le forme di comunicazione in quanto deformatrici di significati…

-Questo punto di vista presuppone un’oggettività dei significati…
-Solo perché noi non riusciamo a pensare in altri termini… il nostro cervello è colonizzato da concetti troppo semplici per la sua complessità… non siamo in grado di utilizzare che categorie deterministiche: causa/effetto, bello/brutto, vero/falso: la semplice eventualità di una comunicazione che coinvolga significati contraddittori o incongruenti causa paura del vuoto o, nel migliore dei casi, ebbrezza mistica.

-Spieghi meglio, per favore…
-Ha mai fatto caso che quanto più ci si avvicina a un tema caldo (e uso questo termine in senso mcluhaniano) tanto più si dispiegano orde di esperti sull’uno e sull’altro lato del campo di battaglia pronti a vivisezionare tutto il vivisezionabile? E una volta effettuata questa autopsia concettuale ti viene presentato un bel cadavere che non presenta più nessuna sorpresa: fresco, rassicurante e, soprattutto, morto.

-A questo punto sembra che lei sia per una supremazia della conoscenza artistica su quella scientifica…
- Per carità: lungi da me! Ha mai visto lo sciacallaggio dei poeti nei pressi dell’amore? Che differenza c’è tra uno qualsiasi dei migliori poeti che lei possa citarmi e le frasi dei Baci Perugina, a parte la lunghezza? Glielo dico io: nessuna!

-Allora perché lei dipinge?
-Io non dipingo più.

-Da quando?
-Quello che lei ha scelto come “macchia di giugno” è stato l’ultimo: visto a grandezza naturale, è una tela di tre metri per quattro, fa ancora una certa impressione... e quando l’ho finito ero molto soddisfatta del risultato. Poi è arrivato Roy [Schroederer, curatore artistico degli eventi al Moma] e ha chiesto di acquistarlo per il museo. Gliel’ho regalato e ho smesso di dipingere.

-Perché?
-Volevo rimanere libera di fare quello che volevo, senza dover chiedere né rendere conto a nessuno: solo a me stessa e a coloro che erano interessati ai miei quadri.

-Beh, c’era riuscita... o no?
-Sì, però l’interesse intorno alla mia figura si era spostato dal versante artistico a quello umano:”la Torres, quella che ha regalato il quadro al Moma...” così dicevano parlando di me, e qualunque cosa facessi girava intorno a questo. Ho deciso di smettere.

- E cosa fa adesso?
- Guardo, ascolto, parlo, gioco con i bambini, faccio l’amore, rido, rido molto, e dipingo…

-Come, dipinge?
-Con i pennelli, le mani, a olio, tempera o acquerello, a volte schizzo solo a matita o a carboncino: riempio fogli e fogli di immagini…

-Ma un attimo fa mi ha detto che non dipingeva più…
-Quello era prima… adesso dipingo: non è che puoi farti fermare da quei quattro scemi che godono a mettere paletti intorno alla tua anima. Critici, giornalisti, curiosi, acquirenti sono solo pattume: quello che veramente conta è il tuo modo di esprimerti e la scintilla nello sguardo di chi ti guarda. Mi dirai: allora sei una ruffiana! Ti rispondo: solo con chi dico io.

Io, veramente, non dico niente.

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Due opere esposte in alcuni dei più famosi musei del mondo:

MOMA - The Museum of Modern art di New York
Clicca qui per vedere la pagina del Moma dedicata all'artista oppure clicca qui per andare alla homepage del Museo Moma.

Centre Pompidou
Clicca qui per vedere la pagina del Centre Pompidou dedicata all'artista oppure clicca qui per andare alla homepage del Museo Moma.