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Ditemi che ne pensate. Se vi va.

(31 articoli)
  • Avviato 13 anni fa da GabSan
  • Ultima replica da parte di FernandoBassoli

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  1. GabSan

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    GIULIO E QUEL GRAN GENIO DEL SUO AMICO

    di gabriele santoni

    Amavano tutti e due il vino. Quello buono, fatto da se. Quello che magari, a confronto con i Chianti o le Barbera, non sa di nulla. Ma per chi lo ha fatto con le proprie mani, ha un sapore diverso. Conserva il profumo della terra del vialetto di casa, del bucato al sole d’estate. Ha il colore dei coppi bagnati della cantina, il sapore di un fiore in bocca. Facevano a gara davanti al bicchiere, per gioco. Lo guardavano in controluce, leggendo chissà che cosa in quei riflessi rosso vermiglio. Avevano imprecato con le stesse parole durante la grandinata di settembre, ci potrei giurare. L’uva era la stessa, il sole che l’aveva scaldata pure. Avevano vendemmiato insieme, pur dividendosi i grappoli al confine col filo a piombo. Da anni erano amici Giulio e Lucio. Avevano la stessa passione per la natura, il lavoro duro non faceva paura a nessuno dei due. Eppure, la loro amicizia si interruppe così, all’improvviso. Come la grandine di settembre. Si sono voltati le spalle proprio lì, sul confine della loro vigna per colpa di un tombino rotto.
    “Lo devo aggiustare io?”, aveva chiesto Giulio “ma se sta dalla parte tua!”.
    Fu prima Lucio, per la verità, a voltare le spalle. Giulio era più vecchio, era più saggio.
    “Tanto ora mi richiama”, avrà pensato Lucio in quel momento. “Io torno indietro, faccio come per dargli un cazzotto, lui mi promette che me le darà di santa ragione, e ce ne andiamo dentro a bere un bicchiere”. Questo avrà pensato Lucio. Figurarsi se potevano litigare per un tombino! Ma non andò così. Giulio a quel gesto non ha battuto ciglio. Dietrofront e chiss’è visto s’è visto! Non si sono più parlati. Dopo anni di vita insieme, lavoro e vendemmie quella fu l’ultima volta che Giulio e Lucio si videro. Fuori da un tribunale intendo. Sì, perché la storia del tombino al confine delle due vigne andò avanti per anni, avvocati, ingiunzioni e giudici.
    Lucio era partito dal suo paese, alle porte di Roma, con pochi spiccioli in tasca. I soldi per il treno li aveva racimolati qua e là. Il padre, Alfiero, non voleva saperne nulla.
    “Ma come ti viene in mente di abbandonare la tua famiglia!”, ripeteva ogni volta. “Ma per andare dove, poi! E a fare cosa?!”
    Agli occhi di Alfiero, Lucio avrebbe lasciato tutto per un sogno che valeva poco. Avrebbe lasciato tutto per una lira. Sognava per il figlio un posto da impiegato, magari alle poste. Stipendio sicuro, le ferie, la cassa mutua. Nei giorni liberi lo avrebbe aiutato con l’orto, le viti, le bestie da governare. I nipoti, a colmare quel vuoto lasciato dal suo primo figlio, morto troppo presto. Gli anni ‘50 avevano visto le famiglie stringersi a cercare la forza di ripartire, di ricostruire. Tutti insieme. E Alfiero non riusciva a capire questa voglia di Lucio di abbandonare tutto per cercare fortuna al nord. Voleva inseguire un sogno, cercare la felicità. La sua felicità. E questo fece, un biglietto di sola andata per Milano. Quella Milano vista solo in fotografia, la Milano raccontata da quelli che, pochi per la verità, c’erano già stati. Militari perlopiù. Dal paese Milano era lontana, sfocata. Milano era New York.
    I primi furono tempi difficili. Il lavoro era poco, saltuario e malpagato. Una chiamata qua e là, e settimane senza far nulla.
    “Ma sai che c’è?”, ha pensato spesso Lucio, “ora butto quei quattro stracci nella valigia e me ne torno al paese mio!”. La tentazione era forte nei momenti di solitudine. Ma avrebbe significato, per l’ennesima volta, dare ragione al padre, che già lo aspettava con la zappa in una mano e la vanga nell’altra.
    “Ma che t’avrà detto quella capoccia!”, così lo avrebbe salutato Alfiero vedendolo tornare, con la faccia di chi ha lavorato per tutta la vita e si sente in diritto di abusare della propria saggezza sporca di terra.
    Dopo qualche mese, l’incontro con Giulio. Così, per caso, in un giorno qualunque. Giulio lavorava in quell’azienda ormai da anni. Lucio gli sembrò un bravo ragazzo, con tanta voglia di fare e la giusta dose di umiltà. “Vuoi lavorare per noi?” gli aveva chiesto Giulio “Guarda che è una cosa seria! Non sarà un’avventura!”. Capirai, Lucio non se lo fece ripetere la seconda volta. Il giorno dopo era già lì, pronto a rubare con occhi e orecchie e a fare tesoro degli insegnamenti di Giulio. L’azienda si fidava di Giulio. “Guardate che questo ragazzo è forte, sa il fatto suo!” diceva ai suoi capi quando mostravano perplessità sulle capacità di Lucio. Per anni andarono avanti, sembravano una coppia organizzata e oleata come un motore pulito. Alla fine divennero talmente bravi, insieme, che decisero di mettersi in proprio. “Ma perché dobbiamo regalare i soldi a questi, se possiamo farcela da soli?” Si misero d’accordo sulla divisione dei proventi e partirono nell’impresa. Per molti anni le cose andarono bene, anzi benissimo. Fin quando alla fine, un po’ per la storia del tombino al confine, un po’ perché la divisione dei soldi non stava più bene a nessuno dei due, litigarono. Dietrofront e chiss’è visto s’è visto.
    Dopo il lavoro spesso si trovavano Giulio e Lucio. Si sedevano davanti al giradischi. Giulio puliva la puntina, passava il velluto sul vinile, abbassava con cura il braccetto meccanico. Ascoltavano la musica americana. Giulio puntava l’orecchio verso la cassa per provare a capire cosa dicesse Dylan. Allora Lucio staccava la chitarra dal chiodo e gli diceva “Giulio, senti questo!”, e improvvisava un riffetto blues. Non aveva mai studiato musica Lucio, aveva imparato a suonare da solo. Erano piccole cose sì, ma parte di un grande insieme. Il vino, la musica, la loro amicizia, il loro lavoro. Emozioni.
    Dopo qualche anno Lucio morì. Se ne andò così, senza dire nulla. Un male incurabile, dissero i dottori. Giulio non se ne fece mai una ragione. Per anni continuò a chiedersi dove fosse finita la loro amicizia. Andò a cercare la risposta proprio lì, al confine delle loro vigne. Pensò che la vita di entrambi non avrebbe avuto senso se non si fossero incontrati. Spesso guardò quel tombino Giulio, maledisse quel giorno quando invece di tornare indietro e promettere di dargliele, voltò le spalle a Lucio e chiamò l’avvocato. Per molti anni continuò a cercare Lucio nelle cose semplici, nel vino, nei profumi, nelle canzoni. Lo andò a cercare perfino nell’arcobaleno. “Te ne sei andato via così, all’improvviso”, pensò spesso. Una volta lo scrisse pure. Un giorno la rabbia lo fece schizzare dalla sedia, andò con gli attrezzi al confine e buttò giù i pali e la recinzione. Li strappò via dal terreno, li accatastò da una parte e gli diede fuoco. Ora il confine non c’era più, ora finalmente erano di nuovo vicini Giulio e Lucio. Sapeva che Lucio dall’altro mondo lo guardava. Finalmente Giulio era sereno “Ora la nostra amicizia non ha più confini”, aveva detto guardando verso il cielo. Iniziò a piovere. Grandine. La pioggia confondeva le lacrime e un sorriso gli rigò il volto.
    È così che andò. Almeno credo. È così che me l’hanno raccontata questa storia ed è così che voglio raccontarvela. Mi chiedo solo, perché mai Giulio avesse deciso di farsi chiamare con quello strano nome, Mogol.

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. A

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    Il fiume va
    guardo più in là
    un'automobile corre
    e lascia dietro sé
    del fumo grigio e me
    e questo verde mondo
    indifferente perché
    da troppo tempo ormai
    apre le braccia a nessuno
    come me che ho bisogno
    di qualche cosa di più
    che non puoi darmi tu
    un'auto che va
    basta già a farmi chiedere se io vivo
    Mezz'ora fa
    mostravi a me
    la tua bandiera d'amore
    che amore poi non è
    e mi dicevi che
    che io dovrei cambiare
    per diventare come te
    che ami solo me
    ma come un'aquila può
    diventare aquilone
    che sia legata oppure no
    non sarà mai di cartone no
    cosa son io non so
    ma un'auto che va
    basta già a farmi chiedere se io vivo
    basta già a farmi chiedere se io vivo
    Il fiume va sa dove andare
    guardo più in là in cerca d'amore
    un'automobile corre non ci son nuove terre
    e lascia dietro sé
    del fumo grigio e me
    e questo verde mondo nel quale mi confondo
    indifferente perché
    da troppo tempo ormai
    apre le braccia a nessuno
    come me che ho bisogno
    di qualche cosa di più
    che non puoi darmi tu
    un'auto che va basta già a farmi chiedere se io vivo

    ps. Il Barbera, non la

    comunque grazie

    Pubblicato 13 anni fa #
  3. big one

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    bella Gab!
    permettimi solo un consiglio nella chiusura:

    È così che me l’hanno raccontata questa storia ed è così che voglio raccontarvela.
    È così che andò. Almeno credo.

    svelare chi è Giulio mi sembra inutile dopo tante citazioni, per questo motivo inverto le frasi finali.

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. Woltaired

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    sicuramente big one ha ragione, ma a me per esempio, che ho sempre cambiato canale quando trasmettevano battisti (quasi peggio di venditti), senza la spiegazione finale non sarebbe mai arrivato il collegamento.
    la storia è, comunque bella, anche oltre l'abbinamento ai personaggi, solo che nel caso sembrerebbe strana una vigna a Milano.

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. GabSan

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    x A: grazie "Le Barbera" lo avevo trovato scritto da qualche parte, si riferiva alle uve barbera, speravo si capisse. Evidentemente no, lo cambierò.
    Grazie Biggone, forse hai ragione, svelare alla fine il nome di Mogol lo rende troppo semplice, da "spiegone" diciamo, ma si rischia che non tutti lo capiscano.
    Woltaired io Battisti lo adoro! (pechè cambiavi stazione?!). La storia del tombino non è inventata, litigarono veramente per un tombino al confine delle loro due tenute in Brianza. Certo, non erano delle vigne, ma delle residenze da paura! Ma io sono di Velletri, e ti pare che non metto una vigna pure in brianza? scusa K può far parlare Mussolini in veneto e io non posso mettere una vigna a Milano?

    (ok, vado. Sto andando...!)

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. big one

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    la maggior parte dei lettori intuirà di chi stai parlando.
    chi non lo capirà, perchè non li conosce abbastanza, non sarà neanche interessato a sapere chi è Giulio.

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. mauz

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    Il problema è forse: ai molti che non capiranno il riferimento (come me) il racconto dirà qualcosa? Cosa?

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. mauz

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    Perdonate se dico qualcosa di polemico. Tutto questo sentimento per Battisti, Guccini o De Gregori è semplice culto di sé, delle proprie adolescenze, adorazione dei propri limiti. Fosse almeno per Giovanni Sebastiano Bach avrebbe un senso e sarebbe condivisibile anche in Corea o sull'Isola di Pasqua. Come per i monumenti: non frega poi molto dei Fratelli Bandiera o dei Mille, della resistenza o dell'11 settembre. Chi li celebra, cerca solo di puntellare il proprio sistema di potere o lo stile di vita.

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. big one

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    non frega poi molto dei Fratelli Bandiera o dei Mille, della resistenza o dell'11 settembre

    ne è sicuro?

    celebrare la più importante coppia di successo del panorama musicale italiano degli settanta (anche fine sessanta e inizio ottanta) non mi sembra culto di sè nè puntellare il proprio stile di vita. moltissimi altri lo hanno già fatto prima di GabSan omologando così i nostri ricordi.
    puoi anche non sapere chi sono Giulio e Lucio resta il fatto che si tratta comunque di un racconto e come tale è soggetto al gradimento di chi legge.

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. GabSan

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    Sinceramente non intendevo celebrare Mogol e Battisti come artisti. Ma è senza dubbio una coppia che ha segnato la storia della musica del nostro Paese, che piaccia o no. Quello che mi ha incuriosito e che secondo me valeva la pena raccontare, era la bizzara rottura di questa amicizia. Ripeto, non è una storia inventata quella del tombino, ma una delle versioni che uscì sui giornali anche con firme autorevoli. Poi fu subito smentita dallo stesso Mogol, che rivelò il vero motivo della fine del connubio (soldi, ovviamente), ma questa è un'altra storia.
    Poi non so se è una adorazione dei miei limiti, culto di sé o della mia adolescenza. Non mi pongo nemmeno il problema.

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. A

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    Ma tu pensi veramente che la storia del tombino sia l'unica ragione? O è solo un sintomo di una lacerazione più profonda, che risaliva ad un egocentrismo di entrambi - ma forse più forte in Lucio?
    Certo, se volevi parlare di questo, dovevi scavare di più. Diciamo che questa è una prima traccia, su cui lavorare. E mi sembra simpatico il finale a sorpresa...
    (all'inizio non lo avevo capito di chi si trattasse).
    Solo, eviterei di ripetere ossessivamente tante volte, troppe, Lucio e Giulio.
    Diciamo, la metà basterebbe.

    Quanto all'obiezione di mauz, francamente non vedo la differenza di funzione tra De gregori e Shakespeare. Non si creda che il secondo sia universale mentre il primo provinciale, o, peggio, personalistico. Chi lo dice?
    Per centinaia di anni la Bagvagita è stata un punto di riferimento per milioni di persone, ma se uno , a Latina, facesse allusioni a qualche personaggio della Bagvagita, non sarebbe compreso.
    L'universale è attraverso il personale che deve essere colto. Altrimenti è astrazione.
    Voglio dire: Amleto si interpreta, e già una lettura è interpretazione. E ogni lettore-interprete lo personalizza, etc etc etc. E cito Amleto perchè tu hai detto che ami Carmelo Bene. Che fa lui? Lo distrugge. Così lo interpreta.
    "Non so se ho reso la non idea" (Carmelo Bene)

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. mauz

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    Glenn Gould - Goldberg Variations, BWV 988: Variation 3 a 1 Canone all'Unisono da riascoltare su You Tube, passare poi a alle altre variazioni sempre eseguite da Gould prima e dopo i pasti. La cura funziona: garantisco.
    Carmelo Bene deprecava con virulenza la porola interpretare, a tale proposito usava espressioni vivaci. Pure queste si trovano su You Tube.
    Per alzarsi un po' occorre sganciare zavorra, al caso si molli anche Gould, ma tenersi sui marroni Cesare Battisti è da pazzi.

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. GabSan

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    Come ho già detto la storia del tombino fu subito smentita da Mogol. Non è sicuramente questo il motivo della rottura. Lo so benissimo. Ho scavato moltissimo nelle loro vicende, sono un appassionato di cantautorato italiano e degli anni 60 e 70 in generale. Ma questa versione mi era sembrato facesse lettratura, credevo che valesse la pena fermarla in un racconto, tutto qua. Non intendevo fare filosofia, ma solo raccontare una storiella. Leggera, fruibile, immediata. Ho provato ad usare immagini a tutti note, che arrivassero in fretta al lettore. Poi il motivo vero della fine dell'idillio è probabilmente lo stesso che ha portato alla fine di mille altre storie. Noioso quindi. Grazie per il consiglio finale...

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. GabSan

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    Cesare Battisti? o è una battuta che non capisco e stai prendendo una cantonata.

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. mauz

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    Glenn Gould - Goldberg Variations, BWV 988: Variation 3 a 1 Canone all'Unisono da riascoltare su You Tube, passare poi a alle altre variazioni sempre eseguite da Gould prima e dopo i pasti. La cura funziona: garantisco.
    Carmelo Bene deprecava con virulenza la porola interpretare, a tale proposito usava espressioni vivaci. Pure queste si trovano su You Tube.
    Per alzarsi un po' occorre sganciare zavorra, al caso si molli anche Gould, ma tenersi sui marroni Cesare Battisti è da pazzi.

    Pubblicato 13 anni fa #
  16. A

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    questo è un provocatore, oppure lo è il suo inconscio

    Pubblicato 13 anni fa #
  17. robbettofasioli

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    .

    (c) robbètto fasiòli

    Pubblicato 13 anni fa #
  18. mauz

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    Chi è felice con De André o con Modugno è libero di portarseli anche nella tomba. Per me è uguale, e anche per il destino delle belle lettere. Ma si parlava di un racconto che tiene un problema, mi sembra. Se scrivere è il modo proprio dello scrittore per buttare zavorra, in questo caso la zavorra, è chiaro a tutti, crea un problema nel racconto difficilissimo da risolvere. Evidentemente non è stata digerita del tutto, e verrà malcagata. Fosse per me (che sono libero da innamoramenti canzonettistici) cambierei questi nomi melensi Lucio, Giulio e soprattutto l'inverosimile Alfiero e, eventualmente la farei finita con una bella fucilata sul termine della vigna. Se i miei argomenti provocano A bene, vediamo cosa saranno capaci di provocare. Il sentimentalismo è l'unico vero peccato capitale nella scrittura e in politica.

    Pubblicato 13 anni fa #
  19. big one

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    di quale Cesare Battisti state parlando?
    di quello de "il mio Trento libero" oppure
    di quello "tu chiamale se vuoi, Evasioni"?

    Pubblicato 13 anni fa #
  20. big one

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    per il secondo va bene anche "innocenti evasioni"
    e questa senza giochi di parole

    Pubblicato 13 anni fa #
  21. A

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    Ma lascialo stare, questo è un provocatore. Se ci fosse K lo avrebbe già mandato dove sappiamo. Noi non possiamo, ma se potessimo ...

    Pubblicato 13 anni fa #
  22. frenkriberi

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    è melenso. à ragione.

    Pubblicato 13 anni fa #
  23. GabSan

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    Il caso vuole che Lucio Battisti si chiamasse proprio Lucio. Mogol Giulio Rapetti. Il padre di lucio, Alfiero Battisti. Distruggetemi il racconto se volete, ma i nomi sono quelli originali!

    Pubblicato 13 anni fa #
  24. mauz

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    Gentile A, la sua indignazione è davvero inesprimibile! Per fortuna non ho sbeffeggiato la sua religione. C'è ben altro sotto il sole che dovrebbe disturbare.

    Pubblicato 13 anni fa #
  25. A

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    Ci sono tante cose che mi disturbano, ma ora mi occupo di cose un po' più serie.
    Non la stia tanto a menar lunga. Qui siamo comunisti sostanziali. e tutti valgono solo per quanto contribuiscono alla causa. Quindi tiri fuori quanto ha scritto, e sarà giudicato; bastà là.
    Shalom aleka
    A

    Pubblicato 13 anni fa #
  26. k

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    Mi spiace, ma sono sostanzialmente d'accordo con mauz. lucio battisti fa cagare. mogol peggio. ed è per questo che litigano, non per i soldi e nemmeno per il tombino, ma solo per chi davvero sono io e per chi davvero sei tu, per chi ruba luce all'altro e non lo vuole ammettere. battisti gli aveva detto che si sarebbe accontenttato di 51 per cento a lui e 49 all'altro. ma l'altro non c'è voluto stare. per ubris. altro che poi stare a rimpiangere per tutta la vita come nel racconto. ed è per questo che il racconto non regge, perché racconta una storia che non c'è mai stata.

    Pubblicato 13 anni fa #
  27. GabSan

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    Hai ragione K, questa storia non c'è mai stata nella realtà. E infatti lo dico in diversi punti. Ma qualcuno ha voluto farcela bere, forse Mogol più di tutti. Basta ascoltare "l'arcobaleno", scritta sotto dettatura "di un medium che sarebbe stata contattata da battisti dopo morto" per capire che forse, ma proprio forse, mogol qualche rimpianto lo ha. E allora mi chiedo, dobbiamo raccontare per forza la realtà così com'è? a me questa versione falsa e forse ipocrita della vicenda piaceva e ho voluta raccontarla. Poi che il mio modo di scriverla faccia cagare è un altro conto.

    Pubblicato 13 anni fa #
  28. k

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    Eh la Madonna, Gab, non ti cominciare a offendere pure tu. Che t'hanno fatto, segretario dei giovani comunisti pure a te? E qua non si può più parlare, eccheccazzo. Io non ho assolutamente usato il termine "cagare" riferito a te o alla tua scrittura. Mandami gli avvocati che stavolta vinco.
    Per il resto sono d'accordo, a partire da Arcobaleno e tutto il resto. Lo andasse a chiedere alla moglie di Battisti, se davvero Battisti avesse avuto tutta quella nostalgia di lui. E' per questo che la storia del tombino non regge, non per la scrittura, ma proprio per l'inventio che era tutto sommato ingenua, la presunzione cioè che dietro un conflitto anche doloroso durato anni, in realtà non ci fosse nulla. Non è così, Gab. Dietro le separazioni c'è sempre come minimo un equilibrio offensivamente violato da almeno uno dei due. Se poi c'è uno che dice: "Ma che vuoi che sia successo, io non ti porto alcun rancore, anzi, ho nostalgia e desiderio di te", stai sicuro che è quello che l'equilibrio lo ha violato. E ci credo che lui ha perdonato e non soffre, mica è a lui che hanno tolto qualcosa, è lui che lo ha tolto agli altri, quale "mancanza" ha sofferto? Quella di poterselo rinculare un'altra volta? Ma vaglielo a chiedere a quello che l'ha presa nel culo, se ha tanta voglia di correre il rischio di farselo rimettere ancora. Guarda Celentano e Don Backi. Celentano ogni volta dice: "Dai, facciamo pace". E quell'altro ogni volta risponde: "Gli pigliasse un colpo a lui e tutta la razza". (Ogni riferimento è naturalmente casuale, anche se io ho in testa ancora il furto delle mie ricerche sulla città di fondazione che mi venne fatto da uno che credevo amico.)

    Pubblicato 13 anni fa #
  29. Non fa cagare, Gabsan. Però un consiglio: frasi come "Ma non andò così" sono la negazione della scrittura narrativa. Le cose devono succedere da sole. Devi mostrare senza dire. Raccontare per scene. Mi spiego?

    Pubblicato 13 anni fa #
  30. GabSan

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    Membro

    Lo so bebe FernandoBassoli, ma in questo racconto c'è un io narrante che interviene in divesi punti. E credo che sia consentito.

    Pubblicato 13 anni fa #

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