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Bravo Elio Germano

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    Elio Germano:
    'Siamo al partito unico'
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    BIO
    25 maggio 2010

    L'attore Palma d'oro al Festival di Cannes per "La nostra vita" di Daniele Luchetti, osserva l'Italia di oggi

    Suo nonno guardiano di mucche, sua nonna, come quasi tutto il resto della famiglia, una contadina. L’unico figlio biondo quasi come Gesù di un architetto poliedrico e di una bancaria, è un ragazzo di neanche trent’anni, che ha scoperto l’America e adesso, a ritorno da Cannes avvenuto, mentre il telefono è assediato dalle congratulazioni: “Ho ricevuto quasi 300 messaggi, passerò il resto della settimana a rispondere”, pensa a Duronia, alla landa western bruciata dal grano tra Molise e Abruzzo, dove i migranti hanno salutato da un pezzo e i cinquecento reduci, aspettano la visita di “Eliò”. Il Germano reale che ama la semplicità, il judo, Cechov e l’hip-hop, vive in 40 metri quadri affacciato sul “serpentone” di Corviale e assembla una carriera diseguale, (dagli esordi con Vanzina alla Palma di domenica divisa con Javier Bardèm per La nostra vita di Luchetti) come faceva con le moto frequentando meccanici, sfasciacarrozze e oasi di precarietà.

    Non a caso, anche adesso che il successo bacia un postadolescente che come fisiognomica indirizza a Moretti e come rigore antidivistico a Volonté: “Ma è un giochino sterile, da bar sport. Ho scelto di non imitare nessuno e con le icone sacre, non si scherza” a Elio Germano piace ricordare le radici: “Mio nonno venne chiamato dall’Esercito e si commosse perché assieme alla divisa, fornivano anche le mutande. Una lezione che non ho più dimenticato. Quando gli anziani parlano, ascolto. Dicono cose che sembrano provenire da un’altra epoca e invece sono attualissime. Evitare di ignorarne gli insegnamenti, è uno sforzo che dovrebbero fare tutti”. Mentre dà indicazioni fraterne alla tassista: “Mi lasci pure qui, se entra dentro a quella strada senza uscita, non ritrova più la via” e scovare l’alba dentro l’imbrunire non sembra più così difficile, Germano ripensa alla notte francese, al premio, a una dedica in mondovisione che nel Festival delle partiture incomplete e delle defezioni meccaniche dei ministri della Cultura offesi dalle inchieste, è parsa un lampo definitivo. Una firma.

    Felice?

    Confuso. È stato un bellissimo, folle choc. Domenica ricevo una chiamata alle 11: ‘Hanno premiato Bardèm’. Due ore dopo mi ritelefonano ‘Parti’. Prendo un volo in tutta fretta. Io e Luchetti non ci aspettavamo nulla. In competizione c’erano attori come Wilson e Sean Penn.

    Invece?

    Ho vinto. E ancora non me ne rendo conto. Per spezzare la tensione interiore ho razionalizzato. Non è una carezza a me, ma al valore del film e all’Italia.

    Anni cinematograficamente virtuosi.

    È un riconoscimento che si aggiunge a quelli del Divo e di Gomorra e che ci dà la speranza che il cinema venga apprezzato e possa tornare a riacquisire sincerità e libertà. Fornisce orgoglio e consapevolezza, non è poco.

    Non ne aveva?

    Inconsciamente pensi sempre che il mestiere che fai, se raffrontato alle poetiche estere, rappresenti qualcosa di minore, di inadeguato al cinema alto, venato da temi profondi e universali.

    Poi?

    Poi accadono cose come questa e all’improvviso, torna la fiducia. Faccio l’attore. Prendo parte a un progetto, nell’alveo di una professione individualista, tendo sempre a condividere i sorrisi con chi partecipa in qualsiasi veste. Per questo spero che il premio reciti da propulsore per un movimento che sta crescendo nonostante spesso incontri la pervicace opposizione di un vasto numero di persone.

    Ha fatto un bel discorso sul palco. Un ragionamento duro. Peccato che in Italia non tutti l’abbiano ascoltato.

    (Sorride) Mi hanno detto che il problema del Tg1 era di natura tecnica. Me lo auguro. Meno vedo la tv in queste occasioni e meglio è. Non amo riguardarmi, men che mai in occasioni in cui l’emozione ha un ruolo preponderante, decisivo.

    Il suo messaggio era chiaro.

    Ieri, leggendo i giornali, ho provato amarezza. In primo piano, al posto dei complimenti, brillavano soltanto polemiche strumentali. Non vorrei aggiungere altro, perché mi hanno insegnato che il fumo viene sempre usato per deviare l’attenzione su questioni periferiche rispetto al centro dei problemi. Armi di distrazione di massa, si tratta di questo.

    Cosa voleva dire da Cannes?

    Un concetto semplice. In questo momento storico, pulsa una forte distanza tra la popolazione e le istituzioni e soprattutto assisto di continuo a eventi paradossali.

    Dica.

    Le persone che si impegnano nel sociale, rinunciando al loro tempo libero per produrre cultura o fare volontariato, vengono osteggiate dalle istituzioni o addirittura represse brutalmente.

    Quadro plumbeo.

    Penso che le energie positive del nostro paese, invece di essere incoraggiate dallo Stato, siano ostacolate. Mi fa male, sarei rincuorato, sollevato da un’inversione di tendenza.

    Colpa del Palazzo?

    Non solo. Parte delle responsabilità risiedono in chi detiene il potere e lo gestisce. Mancano posti di lavoro, trionfa il precariato e in generale, sul proscenio si muovono attori che pensano esclusivamente al proprio personale tornaconto.

    Il bene della collettività?

    Non gliene frega niente a nessuno. Il senso dello Stato latita.

    La politica la appassiona?

    È difficile identificarla, io ho un’idea precisa di ciò a cui dovrebbe tendere, ma va molto al di là del teatrino in scena nel nostro paese.

    Prospettive?

    Prima di poter immaginare come potrà essere la nostra vita futura, dobbiamo confrontarci con gli ostacoli sul sentiero. Ormai, siamo quasi imbavagliati.

    Da chi?

    La politica è a disposizione dell’industria e dell’economia, non detta l’agenda, non interviene su nessuna questione reale.

    Si potrà riformare?

    Non lo so. I precari sono sempre più tali e di certi ambiti si occupa solo l’associazionismo. Persino la dicotomia tra destra e sinistra suona preistorica. Se si guardano con attenzione i programmi elettorali e le posizioni assunte su grandi temi come liberalizzazioni sfrenate, guerra o immigrazione mi pare che esista un filo abbastanza condiviso tra i due schieramenti.

    Feroce.

    Mi sorprendo che non abbiano fatto un blocco unico, ma forse i tempi matureranno. La politica nel senso più alto del termine, si fa a molti chilometri dal Parlamento. Su questioni di pura umanità, come l’allucinante stato dei Cie, i Centri di identificazione e di espulsione, si impegna il mondo cattolico in assoluta solitudine o quasi.

    Celestini dice che da dietro i vetri di un’auto blu, è difficile osservare le sfumature della realtà.

    Ascanio ha ragione e anche se la constatazione suona amarissima, la frattura tra paese reale e furbi di ogni genìa è drammatica. Chi comanda il gioco, scenda sul pianeta Terra. È indispensabile.

    Oggi l’hanno attaccata. Giro, Gelmini, mancava solo Bondi.

    (Germano non vorrebbe rispondere, poi opta per l’ironia). Hanno detto che sarei snob. Non mi conoscono. Mi dispiace in quanto cittadino e mi addolora che personaggi così importanti debbano perdere tempo rispondendo a dei miseri attori. Ma non hanno nulla di meglio da fare? Non dovrebbero occuparsi d’altro?

    Dicono che un certo tipo di cinema getta nel fango l’Italia.

    I registi rappresentano quello che hanno davanti, come accadeva negli anni ‘60, con le medesime reazioni del ceto politico. Cos’altro dovrebbero fare?

    Se le parlo di finzione sociale, cosa le viene in mente?

    Tante cose. Chi si veste di tutto punto solo per prendere un caffè e chi cerca di apparire per ciò che non è, per fini di arricchimento personale a scapito degli altri.

    Una visione concreta.

    Davanti agli occhi ho un mondo in cui c’è qualcuno di molto truccato, che ti sorride al solo scopo di farsi i suoi interessi. Ogni riferimento a fatti e personaggi reali è casuale (sorride).

    Come ci si sente a inventare in regime di sostanziale monopolio?

    È uno dei problemi nazionali, comune a tantissimi ambienti, nell’editoria, per dire, le cose non vanno diversamente.

    Ha visto il disegno di Legge sull’uso delle intercettazioni?

    Lo trovo di una gravità assoluta. È una battaglia di civiltà da condurre con il più ampio schieramento possibile, in cui il valore della disobbedienza civile assume una centralità da non disperdere. È assurdo, lunare, agghiacciante che invece di un libro o un film, ci conoscano all’estero per leggi come questa. Agli occhi del mondo, provvedimenti del genere, fanno dell’Italia una delle nazioni meno credibili e raccomandabili per gli investimenti. Aggiungere altro, mi parrebbe pleonastico.

    Chiusura dolce. A vent’anni aveva solo un’ipotesi tra le mani e si disse: “Io ci provo”. Ci è riuscito.

    Pazzesco, no? Ma non è un premio a garantire il futuro. Un colpo del genere allunga la carriera, ma è tutto così aleatorio nel mio universo di riferimento, che oggi ci sei e magari, domani, sparisci.

    Rimangono sempre i 40 metri al Corviale.

    Non è il posto in cui vivo che mi fa vedere la città, il mondo o la nazione per quello che sono veramente. I luoghi in cui abiti non ti rappresentano mai.

    Adesso, dicono, le cambierà la vita.

    Lei crede? Mai andato in una direzione per darmi un’immagine, un tono o peggio per compiacere i giornalisti. Quando torno a casa, cerco di staccare. E i miei amici, quelli veri, lo sanno. Al Corviale, forse non lo sa, si può uscire dalla porta anche in tuta.

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. zanoni

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    Bravo, ma inopportuno (cit.)

    Pubblicato 13 anni fa #
  3. k

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    Eh, no: opportunissimo! E quando lo avrebbe dovuto dire, secondo te: quando non lo stava ad ascoltare nessuno? Di notte, sulla spiaggia, solo soletto davanti ai cavalloni? Allora lì sì, che poteva strillare quanto voleva pure per te? Ma vaffanculovà, Zano'.
    E oltre tutto è stato anche bipartizan, ha parlato di "classe dirigente" tutta intera e non mi pare che abbia fatto sconti a sinistra. Bravo Germano. Sono proprio contento per lui. E se qualcuno ha modo di mettercisi in contatto o di farglielo sapere, gli dicesse proprio "Bravo Accio" da parte mia. (Ma sono pure contento però che non abbia vinto il regista. Se vinceva lui mi mangiavo una merda. E mi facevo ridare indietro tutti i soldi che ho dato alle zingare dell'Agro Pontino e le menavo pure: "Ma che cazzo de malocchio gli avete fatto? All'incontrario?" Menomale che non c'è stato bisogno, va'.)

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. Al Corviale, forse non lo sa, si può uscire dalla porta anche in tuta.

    Bella frase, forse la più bella dell'intervista.

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. zanoni

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    Eh, no: opportunissimo! [...] E oltre tutto è stato anche bipartizan, ha parlato di "classe dirigente" tutta intera e non mi pare che abbia fatto sconti a sinistra.

    E' stato bibartisan: se non lo fosse stato, gl'avrei detto di molto peggio che non inopportuno (ho citato comunque Bondi).

    Il punto e': ha parlato comunque male dell'Italia in un contesto internazionale (imaggino le risatine di soddisfazione dei francesi), non in modo ragionato e articolato ma con una battuta che getta fango tanto per gettarlo.

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. A Zano', ma mica e' un politico, mica e' un rappresentante delle Istituzioni, mica e' uno che deve pensare per forza all'immagine dell'Italia. Quello poteva salire sul palco e dire solo "grazie", prendere la statuetta e andarsene. Ma uno avra' il diritto di dire quel che cazzo gli pare? Oppure si deve mettere necessariamente in panni che non gli spettano?

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. fossi francese ci riderei dietro pure io...

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. Mi chiedo pure come avrebbe potuto, anche volendo, parlare bene di un Paese che ha la salute di un malato terminale.

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. k

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    Membro

    Credo che questa volta abbia ragione Bassoli. Il ruolo di un intellettuale inoltre non può essere quello di agente turistico del suo Paese, ma di agente e agitatore morale. Questo è il suo ruolo, Zano', mica raccontarti le fregnacce.

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. zanoni

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    Membro

    fossi francese ci riderei dietro pure io...

    beh, i francesi motivi per ridere di loro stessi ne avrebbero parecchi. sul punto specifico, invece, qualche meccanismo piu' che decente (non perfetto, soprattutto non apertissimo) per selezionare la classe l'hanno messo in piedi. e anche da loro, del resto, chi si erge a incarnazione degli alti valori di certo non manca...

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. zanoni

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    Membro

    Credo che questa volta abbia ragione Bassoli. Il ruolo di un intellettuale inoltre non può essere quello di agente turistico del suo Paese, ma di agente e agitatore morale. Questo è il suo ruolo, Zano', mica raccontarti le fregnacce.

    mica gli si chiedeva di dire fregnacce o di fare opera propagandistica. certo, se ci fossero stati crimini inenarrabili su cui sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale, magari avrebbe fatto bene a denunciarli in quella sede. ma il nesso tra Cannes e l'inadegutezza della classe politica italiana continua a sfuggirmi (nel senso che anche se lo dici a cannes, non e' che cambia qualcosa)...

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. Il punto è semplicissimo, Zanoni: Germano ha semplicemente detto la verità.

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. sensi da trento

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    il punto è ancora più semplice: questo "intellettuale" si è reso conto che nel cinema contano gli appoggi delle persone giuste.

    io sono abbastanza in là con gli anni per ricordarmi michele serra definire jovanotti come "lo scemo del villaggio globale".
    il cherubini fiutò l'aria (non a caso veniva dalla radio vaticana) e si mise i panni dell'artista impegnato: le canzoni continuano a far schifo lo stesso, ma almeno ora i compagni dell'unità (in cui continua a lavorare il solito michele serrA) lo omaggiano con il titolo di intellettuale impegnato e danno spazio e rilievo a ogni suo sospiro.

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. "... spazio e rilievo a ogni suo sospiro" mi piace assai. E bravo Sensi.

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. Woltaired

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    D'altronde a Cannes non è che non lo sapessero, sbaglio o nemmeno si erano preoccupati di invitare il nostro ministro della cultura?
    Non è questione di francofilia, poteva essere pure Hollywood o Venezia, aveva auditori e si è fatto sentire.

    Pubblicato 13 anni fa #
  16. k

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    Ma che stai a di', Wolt? Doveva parla' quando non lo sentiva nessuno. Allora sì che era opportuno, pe' sti faccedecazzo.

    Pubblicato 13 anni fa #
  17. sbaglio o nemmeno si erano preoccupati di invitare il nostro ministro della cultura?

    E' quello che ha detto la Guzzanti mercoledi alla proiezione speciale di Draquila qui a Brescia...

    Pubblicato 13 anni fa #
  18. beh, i francesi motivi per ridere di loro stessi ne avrebbero parecchi.

    Mai quanto noi...

    Pubblicato 13 anni fa #

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