PINO RADIOLINA
L’altra sera al tg hanno mandato un servizio: parlava di un uomo di 63 anni, mi pare che fosse di Pistoia; era uno come Pino Radiolina, non so se mi spiego. C’erano due balordi che lo obbligavano a chiedere l’elemosina. Gli avevano promesso che lo avrebbero portato in Svizzera, perché questo poveretto aveva la fissa della Svizzera, era quella la sua meta.
Aveva una bella voce quel tipo e si portava sempre la radio dietro. Quando parlava, nelle frasi ci infilava diverse bestemmie: i toscani ce l’hanno come intercalare, come noi veneti del resto. Era secchetto e non tanto alto: fra l’aspetto fisico, la radio e le bestemmie quando l’ho visto m’è venuto in mente Pino. Ho detto a mia moglie Adriana: “Guarda, sembra Pino da grande”.
Quando l'ho conosciuto, Pino doveva essere appena uscito da qualche istituto, perché appena vedeva voi ragazzini che giocavate lì di fronte al negozio, vi ordinava: - In fila, in fila! - e vi metteva schierati per due.
I seminari e gli istituti per i malati di mente si assomigliano in quanto a disciplina. In seminario, e io ci sono stato, ti inquadrano di brutto, ci vuole più forza di volontà per resistere coi preti che in caserma. Pino aveva quel tipo di inquadramento che si impara solo in posti dai regolamenti rigidi.
Poteva avere fra i venticinque e i trent'anni in quel periodo, ma nella testa era né più né meno un bambino come lo eravate tutti voi a quell’epoca.
Allora io abitavo a via Po. Lui, quando ha saputo dove stavo, s'è messo a cercarmi e mi ha trovato. Certe volte, rimaneva in casa mia tutto il pomeriggio, con mia moglie e i miei figli a sentire la radio e a cantare. Poi Adriana preparava la merenda per tutti e tre e li mandava a giocare in cortile con gli altri ragazzini.
Pino veniva in negozio per le batterie e per le radio. Spuntava dalla piazzetta dei sassi intorno a mezzogiorno. Fra quei selci e la Via del Mare non c’era nulla all’epoca, solo montarozzi ed eucalipti, lui arrivava attraverso quei boschetti. Compariva in fondo alla via e iniziava ad avvicinarsi con quel suo passo sbilenco, la camicia fuori dai pantaloni che gli svolazzava intorno alla cintura e la radio sulla spalla.
Gliene ho data più di qualcuna di radio. Vecchie, perché quelle nuove gliele rubavano e lui piangeva come un neonato. Voi ragazzini lo provocavate, eravate bastardi come lo si può essere a quell’età. Lo facevate cantare e ballare, dandovi di gomito: lui se ne accorgeva e iniziava a strillare parolacce incomprensibili.
Ma quando gli urlavate: - Forza Perugia! - per lui era troppo: si rimetteva in testa il cappelluccio di paglia e spariva nella macchia da dove era venuto, chissà perché.
Ora che ci penso però, quel tizio del tg e Pino hanno in comune solo il tirare giù i santi e la radio. Pino era un puro e Perugia non è la Svizzera: con una promessa così banale, non lo avresti mai fregato.