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GHOSTWRITER

(22 articoli)
  1. k

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    Su 'la Repubblica' di oggi, 1 giugno 2009, pag. 21, c'è un corsivo 'Lunedì - All'ombra dell'ultimo allenatore' in cui Edmondo Berselli scrive a un certo punto: "Nei giorni scorsi Mario Cervi ha rivelato fra lacrime e memorie che i tredici libri pubblicati a doppia firma con Indro Montanelli li aveva scritti integralmente lui".

    Prima di esprimere una qualunque opinione sulla contraversa quaestio dei 'negri' o 'ghostwriter', e sullo stimabile uso di lasciarsi andare ad intime confidenze sugli altri solo post mortem degli stessi, vorrei chiedere la cortesia a quelli più bravi di me con internet (penso al Sensi o anche al Fer, non escludendo naturalmente chiunque altro), di cercarmi il pezzo o i materiali originari - cioè le fonti - in cui Mario Cervi dice queste cose.

    (L'eventuale soddisfacimento di questa richiesta potrebbe consentire agli interessati - quando purtroppo fra qualche anno sarò morto anch'io - di dire che il pezzo che magari ne scriverò a firma mia, lo avevano in realtà scritto sostanzialmente loro.)

    Pubblicato 14 anni fa #
  2. sensi da trento

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    lo dice su il giornale il 27 aprile di quest'anno.
    il link è

    www.ilgiornale.it/pag_pdf.php?ID=103117

    andando al link si apre la pagina pdf con il servizio.
    se dovesse avere problemi me lo faccia sapere e gliela mando via mail.
    in realtà (almeno a mio parere) cervi dice una cosa differente (che riporto testualmente dall' articolo)

    Voglio essere chiaro: i libri a quattro mani con Montanelli li ho scritti io. Ma non voglio nemmeno essere frainteso. L’apporto di
    Montanelli a quei tredici libri è stato fondamentale, per una serie di ragioni.Primo,lo è stato perché la linea era sua, e io scrivevo sapendo di dovermi adeguare ad essa e facendolo senza alcuno sforzo perché la sua linea era la mia. Secondo, di Montanelli era la prefazione a ogni volume, a volte anche la postfazione.
    Testi brevi,ma mirabili e indispensabili. Con il suo dono della sintesi, con le sue doti di chiarezza e di incisività,
    Montanelli metteva a fuoco i concetti e le figure centrali del libro, nessun osannato ideatore di promotelevisivi
    può eguagliare quel miracolo d’intelligenza. [...] Infine, terzomotivo,l’immaneproduzione giornalistica di Montanelli
    includeva reportage e ritratti aderenti al libro che scrivevo, e allora attingevo a piene mani. Talvolta la bellezza dei profili era così spiccatamente montanelliana che il libro assomigliava
    a un’opera della quale io avessi compostoil recitativo, e Indro le romanze.

    Pubblicato 14 anni fa #
  3. sensi da trento

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    se lo vuole salvare clicchi si

    file / salva una copia

    Pubblicato 14 anni fa #
  4. tataka

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    no...montanelli no...non ci credo...

    Pubblicato 14 anni fa #
  5. Doveva parlare quando Montanelli poteva dire la sua. Parlare adesso è sbagliato a priori. Io penso che l'attività di ghostwriting vada vietata per legge, è un'attività moralmente riprovevole perché è una forma di sfruttamento del lavoratore.

    Pubblicato 14 anni fa #
  6. sensi da trento

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    Membro

    Doveva parlare quando Montanelli poteva dire la sua

    ma tu cazzo la dichiarazione di cervi l'hai letta oppure parli alla testa di minchia come al solito??

    Pubblicato 14 anni fa #
  7. sensi da trento

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    e se l'hai letta, almeno, l'hai capita?

    Pubblicato 14 anni fa #
  8. Io la interpreto così: "Non discuto il valore dell'apporto di Montanelli, però il mazzo me lo facevo io". Come volesse rivendicare qualcosa in più, magari a solo a livello morale, rispetto a ciò che gli viene riconosciuto. Quando vai per cocomeri, c'è uno che sta con la schiena piegata e solleva ogni singolo cocomero per passarlo a quello che gli sta vicino, che lo prende al volo e lo passa a quello che sta sul camion. Sembra che stiano lavorando tutti e tre, più o meno alla stessa maniera, ma, mentre quello in piedi e quello sul camion restano sempre nella stessa posizione, quello che prende il cocomero da terra piega la schiena e la risolleva ogni volta - e sottolineo ogni volta - per ogni singolo cocomero. Praticamente lavora per tre. E rischia un'ernia per tutti gli altri. A questo sgradevole compito viene destinato il più giovane, il nuovo arrivato, il più fesso, il Charbovary della situazione. Preso coscienza della disparità di trattamento, alla fine della giornata il poverocristo prova a dire che ha lavorato più degli altri. Ma è troppo tardi. Se cià l'ernia se la tiene. Doveva parlare prima. E doveva parlare prima pure Cervi.

    Pubblicato 14 anni fa #
  9. sensi da trento

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    io invece lo interpreto così:

    ciavevamo da riempire un 300 pagine buone di carta per poter arrivare a una cosa che assomigliasse (più o meno) a un libro.
    io andavo a comprare la carta e il nastro per la macchina da scrivere; a quel punto montanelli mi dava un po' di articoli e appunti che aveva scritto negli anni e mi diceva "mettili in ordine logico e cerca di dare una forma omogenea al testo".
    quando arrivavamo a 300 pagine chiudevamo il malloppo e lo mandavamo in stampa.

    Pubblicato 14 anni fa #
  10. E io che ho detto (seppure sotto metafora cocomerara, data la stagione)?
    Quelle cazzo di birre, Sensi: quelle cazzo di birre...

    Pubblicato 14 anni fa #
  11. ... ti fanno male!

    Pubblicato 14 anni fa #
  12. sensi da trento

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    scusa fer, ma tu ti sei laureato veramente oppure lo racconti al bar per far bella figura con le ragazze??

    perchè, ti spiego: quando mi sono laureato io, sono andato da un tipo che mi ha dato da leggere un articolo pubblicato un po' di mesi prima.

    dopo un po' di settimane sono tornato da lui e gli ho raccontato quel che avevo capito; a quel punto, il prof ha voluto testare se l'interpretazione fisica che avevo dato io (e su cui lui, in alcune parti non era convinto) fosse esatta e mi ha fatto risolvere numericamente il problema suggerendomi quale schema adottare.
    e così, tirando martellate un po' di qua e un po' di là siamo arrivati al giorno della laurea.

    certo, al computer e a stampare i risultati ci stavo io; ma ad assicurarsi che il computer non vomitasse fuori numeri a cazzo c'era lui, che interpretava con la sua esperienza grafici e numeri (tanto è vero, che il mio amico jean francois di cui ti ho parlato spesso, non avendo alle spalle un prof altrettanto scrupoloso, andò alla laurea con grafici e risultati che andavano contro la fisica e la commissione gli fece il culo come una puttana davanti ai genitori).

    quindi io scrivevo materialmente la tesi, ma a dettarmela c'era un altro.

    ora veniamo al caso nostro: Cervi non sta facendo un atto di presunzione, ma un atto di modestia.
    in pratica sta dicendo "io ho scritto materialmente i 13 libri, ma in realtà ho dato una spolverata al materiale di montanelli e l'ho messo per iscritto".

    Pubblicato 14 anni fa #
  13. k

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    Caro Sensi, la sua ricostruzione dell'intero fatto è sicuramente plausibile e giusta: le cose non possono non essere andate che così, e quindi il Fer ha un'altra volta torto. Resta però che nella esposizione che ne fa tanti anni dopo il Cervi permanga pure un'area non risolta. E' vero difatti che egli dice (ma la pregherei, se possibile, di trasferire su questo forum non solo il link, ma proprio il testo completo dell'articolo uscito sul Giornale) che quei libri li ha scritti lui, ma sottoponendoli di volta in volta al giudizio e alle correzioni di Montanelli e cercando soprattutto sempre di interpretare il pensiero stesso di Montanelli avvalendosi in gran copia di tutti i materiali già scritti e accumulati dal Montanelli stesso. Ergo, il pensiero che ne emerge è: "Quei libri li abbiamo fatti assieme, in un processo di divisione del lavoro in cui io mi sobbarcavo la parte più manuale e Montanelli quella di direzione ed indirizzo". E fin qui non ci piove. Questa asserzione però - lei ne converrà - contrasta fortemente con l'altra e più vigorosa che pure la precede e che suona testualmente così: "I libri a quattro mani con Montanelli li ho scritti io". Una delle due è chiaramente falsa, poiché un logico-matematico quale è lei non può non ravvisarvi una patente violazione del principio di non contraddizione.
    Se vuole sapere il mio pensiero, quella errata è la seconda ("I libri a quattro mani con Montanelli li ho scritti io") e si deve probabilmente all'incazzatura senile del Cervi per non essere stato citato da alcuni autori ben precisi. Avrà avuto anche ragione ad incazzarsi, ma lo ha fatto in modo inappropriato ed ingiusto, rispetto sia all'andamento dei fatti sia all'amico e maestro che non c'è più.
    Tutta questa storia dei libri a più mani andrebbe inoltre sviscerata un po' meglio. In questo caso per esempio è del tutto improprio parlare di 'negri' o 'ghostwriter'. Il 'negro' è quando io faccio scrivere interamente una cosa a un altro e poi la firmo io. Quello invece i libri li ha sempre firmati insieme a loro. Erano loro che facevano la corsa per fare i libri insieme a lui. E' lui che inventa e fa librare il volo a Roberto Gervaso e Mario Cervi. Quello era già Montanelli. A Gervaso e Cervi non li conosceva nessuno. E' lui che li crea con il suo flatus. Inoltre è sempre lì, che indirizza e dirige. Sarai pure tu che stai scrivendo, ma stai scrivendo quello che ti dico io. Io - senza di te - sarò capace ancora di chissà quanti libri e quante intuizioni. Tu - senza di me - resta da vedere se avrai mai una qualche intuizione che rasenti le mie. E difatti è per questo che - per tutti quanti - quella Storia d'Italia (e peraltro quella che davvero conta, per tutti quanti, è negli 11 volumi che fa da solo o con R. Gervaso, dal tardo-antico all'Italia in Camicia Nera, che hanno sicuramente assai più valore storico-divulgativo di quelli fatti con Cervi che, a partire dall'Italia Littoria, arrivano alla cronaca ed all'attualità) per tutti non è la Storia di Montanelli-Cervi ma la Storia di Montanelli e basta. Esattamente perchè ciò che conta, qui, sono le idee e il taglio (Gervaso poi peraltro volerà con ali sue: può piacere o non piacere ma è un costruttore di idee). Di chi sono quindi quei libri? Sono di Montanelli, Sensi, non si discute. Esattamente come, nella bottega rinascimentale, Giotto dice al suo allievo: "Disegna un angelo così e così". Poi va ogni tanto a guardarlo mentre lavora e gli dice: "Un po' più chiaro quell'azzurro, un po' più scuro quel verde, fermo! hai sbagliato" e gli leva dalle mani il pennello e raddrizza un naso o accorcia una gamba. Poi alla fine, quando quello ha finito e lo chiama - "Maestro venga a vedere" - Giotto va là, guarda prima da lontano e dopo da vicino, prende un pennello, lo mischia nel colore e aggiunge quattro o cinque ritocchi qua e là: copre e cambia le pupille dimodoché gli occhi, per esempio, non guardino più verso lo spettatore ma guardino di sguincio come se ci fosse qualcuno che arriva dall'altra parte del quadro, di fianco. Mo', come si dice, le giornate sopra il quadro a sbattere il colore sulla tela ce le avrai pure impiegate tu, ma quel poco di arte che ne esce e che impressiona ancora lo spettatore cinquecento anni dopo è tutta mia te possin'ammazzà, no che il libro o il quadro li hai fatti tu. Ma vaffanculo va'. Ergo, amico mio, Montanelli era pure Montanelli anche se non avesse fatto sta cazzo di Storia d'Italia, ed è per questo che Tataka è un testadecazzo pure lui a sto giro. Abbi pazienza Tata', datti una calmata prima di stracciarti le vesti. Innanzitutto non ti credere che Montanelli fosse chissà che compagno. Era un testadecazzo pure lui, reazionario ex-fascio, canaccio e conservatore. Poi ha litigato con Berlusconi e mi sta bene, ma non è che fosse diventato un compagno, prima i soldi li ha pigliati e ci è andato a braccetto, non è che si era sbagliato e si credeva che quello fosse s. Francesco. E sempre un testadecazzo aristocratico-conservatore fu e rimase. Però era un grande cervello e scriveva bene. Quello, Tata', aveva scritto un vero capolavoro della letteratura italiana che si chiama "Il generale Della Rovere". A me non me ne frega un cazzo di tutto il giornalismo che ha fatto o non ha fatto. Quello ha fatto "Il generale Della Rovere". Solo quello lo rende immortale. Di' a Mario Cervi che lo scrivesse lui un "Generale Della Rovere" se è capace. Quelli, Tata', devono solo bacia' i piedi dove ha camminato Montanelli. Sapessi quanta gente che c'è in giro che fa lavorare davvero i 'negri' e poi dice che è tutta roba sua. Montanelli gli ha messo pure i nomi in copertina, assieme al suo. Che cazzo vònno deppiù?

    Pubblicato 14 anni fa #
  14. Sì ma voi non volete vedere il nocciolo della questione: a quello, a Cervi, gli rode il culo di qualcosa. Per questo parla. Ergo: o gli rode d'essere stato sfruttato o gli rode di essere sottostimato. E' questo che andrebbe indagato. Altrimenti dovrebbe solo dire: "E' stato un vero onore, per me, lavorare con un Montanelli e pubblicare con lui tanti libri".

    Pubblicato 14 anni fa #
  15. sensi da trento

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    si, certo.
    a lui je rode il culo perchè

    Tiziana Abate ha giustificato
    l’omissione spiegando che anche
    molte altre persone con le quali
    Montanelli aveva avuto rapporti
    non erano menzionate. In realtà
    nessuna di quelle persone, lo dico
    con franchezza, era stata presente
    quanto me nella vita e nell’opera
    di Montanelli. Non so se e
    quantol’omissionesiastataintenzionale
    macorrispondevaauntacito
    e forse inconsapevole disegnodi
    molti.Disegnoconsistente
    nelcancellareoquasidallabiografia
    di Montanelli i vent’anni del
    Giornale, nel «corrierizzarlo».

    qua ci sta la gente che perde le guerre e te lo vole mette ar culo raccontando la storia come gli fa comodo.
    è per questo che a cervi je rode.
    e fa bene

    Pubblicato 14 anni fa #
  16. sensi da trento

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    mi mancano un paio di colonne da mettere in ordine.
    intanto ecco qua la prima parte

    La vera storia dei miei libri con Indro

    Cervi, coautore di tredici libri con Montanelli, racconta un aspetto inedito del lungo sodalizio editoriale:
    «I volumi a quattro mani li ho scritti tutti io, ma il suo apporto era fondamentale. La linea la dettava lui»

    Il libro - tutto mio - che prediligo è, di gran lunga, la Storia della guerra di Grecia. Ma la più bella avventura libraria fu quella con Montanelli,per la giustamente famosa Storia d’Italia. Per Rizzoli firmammo a quattro mani 13 volumi. Tutto, ancora una volta, iniziò percaso.Un giorno,poco dopo la nascita del Giornale, quindi a metà degli anni Settanta, pranzavamo insieme, come spesso ci capitava, alla tavernetta Da Elio, in via Fatebenefratelli, a due passi dalla redazione, allora in piazza Cavour(il Giornale si sarebbe trasferito in via Gaetano Negri, dove ha sede ancora oggi, nel giugno del 1979). Chiacchierando, chiesi a Montanelli - che aveva appena pubblicato L'Italia in camicia nera -quando sarebbe uscito il nuovo volume della sua Storia. Abbassò le braccia in segno di resa.
    «Non ho proprio il tempo di dedicarmici, gli impegni e le grane del giornale sono troppi. L’ultimo volume, L’Italia in camicia nera, l’ho in sostanza dato all’editore
    senza che fosse davvero finito. Avrai notato che il libro è molto più breve degli altri».«Perché-buttai lì -non continuiamo insieme?». «Magari», disse Montanelli, e parve che la cosa finisse come finiscono le chiacchierate in trattoria.
    Ma l’indomani, quando ci rivedemmo al Giornale, Montanelli, che non aveva per nulla scordato quanto avevamo detto, mi consegnò due cartelle dattilografate fitte
    fitte, com’era nelle sue abitudini, di Lettera22. «Ecco-disse-questo è l’inizio di un capitolo mai scritto dell’Italia in camicia nera.
    Potrebbe invece essere l’inizio del nostro nuovo libro. Vai avantitu».Le due cartelle riguardavano il discorso mussoliniano del 3 gennaio 1925 e la proclamazione delle leggi eccezionali che fecero del fascismo una vera dittatura.
    Montanelli mi aveva preso sul serio, e quelle paginette diventaronol’inizio de L’Italia littoria, e anche l’inizio della nostra collaborazione.
    Era nata la coppia Montanelli-Cervi.
    Questo tipo di lavoro in coppia non era per Montanelli una novità.
    Dopol’esordio folgorante nella divulgazione con la Storia di Roma e con la Storia dei Greci, pubblicate a puntate sulla Domenica del Corriere,Montanelli aveva dato avvio alla Storia d’Italia. Avvalendosi d’Italia. Avvalendosi nei primi sei volumi della collaborazione del giovane Roberto Gervaso, poi proseguendo da solo. Insieme a Marco Nozza
    aveva inoltre scritto una biografia di Giuseppe Garibaldi. Non so e non ho mai voluto sapere quale fosse la divisione dei compiti con i precedenti coautori. Sapevo invece benissimo d’assumermi una responsabilità notevole, perché il Montanelli direttore- la prima volta nel suo ineguagliabile percorso giornalistico - era impegnato a tempo pienissimo. Toccava a me il lavoro grosso. Ero consapevole delle
    difficoltà cui andavo incontro. Ma ero egualmente consapevole d’alcuni elementi positivi. Il primo, fondamentale, era la «compatibilità» della mia scrittura con la scrittura
    montanelliana. Non presumevo, intendiamoci, d’avere l’estro e l’incanto di Montanelli.
    Ci mancherebbe. Avevo solo dalla mia una semplicità e una scorrevolezza che potevano benissimo fondersi con i guizzi montanelliani. Montanelli, quand’anche aveva l’aria di agire a casaccio, non lo faceva mai. E se si era fidato di me per portare avanti la Storia d’Italia doveva avere le sue buone ragioni.[...] L’esigenza di avvicinare la storia di un divulgatore geniale alla storia degli storici era diventata molto forte quando io mi associai a Montanelli.Lo era diventata perché si inoltrava su un terreno battutissimo, perché affrontava temi polemici incandescenti, perché ricordava atti e detti di uomini usciti di scena da poco o
    ancora viventi. Un giorno in cui,conversando con Indro, gli esprimevo la mia nostalgia per certe sue passate lepidezze, mi disse che avevo ragione, «ma Nerone non dà querela, Fanfani sì».
    Voglio essere chiaro: i libri a quattro mani con Montanelli li ho scritti io. Ma non voglio nemmeno essere frainteso. L’apporto di Montanelli a quei tredici libri è stato
    fondamentale, per una serie di ragioni. Primo,lo è stato perché la linea era sua, e io scrivevo sapendo di dovermi adeguare ad essa e facendolo senza alcuno sforzo perché la sua linea era la mia. Secondo, di Montanelli era la prefazione a ogni volume, a volte anche la postfazione.
    Testi brevi,ma mirabili e indispensabili. Con il suo dono della sintesi, con le sue doti di chiarezza e di incisività, Montanelli metteva a fuoco i concetti e le figure centrali del libro, nessun osannato ideatore di promo televisivi può eguagliare quel miracolo d’intelligenza. [...] Infine, terzo motivo,l’immane produzione giornalistica di Montanelli includeva reportage e ritratti aderenti al libro che scrivevo, e allora attingevo a piene mani. Talvolta la bellezza dei profili era così spiccatamente montanelliana che il libro assomigliava a un’opera della quale io avessi compostoil recitativo, e Indro le romanze.
    Montanelli fu, per quanto mi riguarda, il più indulgente dei revisori, ricordo al massimo una decina di sue aggiunte o correzioni.
    Non me ne volle quando mi scappò- e scappò anche a lui - un «falò dati poi alle fiamme» maliziosamente rilevato, in una noticina proprio sul Giornale, da Luciano Satta. Una noticina, non recensione.
    Perché Montanelli non volle mai che i suoi libri fossero ricordati e ovviamente lodati sul Giornale.
    Utilizzò con molta discrezione e direi svogliatezza la sua autorità per comparsate televisive. [...]

    Pubblicato 14 anni fa #
  17. k

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    No Sensi, qui ci sono due verità.
    Una - ossia la prima - è che il Fer come al solito non ci capisce un katzoo, ma fa finta di volerci far credere che non lo abbiamo capito noi: "Voi non volete vedere il nocciolo della questione: a quello, a Cervi, gli rode il culo di qualcosa". Ma vada a fare in culo, va': ma noi, fino a adesso, di che cazzo stavamo parlando allora secondo lei?

    Ferma restando inoltre la voglia senile d'impavonarsi da solo di tutte le penne dell'altro ("Quei libri li ho scritti tutti io") con tutto ciò che comporta di ingenerosità verso il morto che non può più difendersele, l'altra verità che emerge - ossia la seconda, ma non in importanza - è che probabilmente sono il Cervi e gli amici suoi che vorrebbero "cancellare dalla biografia di Montanelli" l'indiscutibile fatto che Montanelli se ne andò dal Giornale sbattendo forte la porta. Sono loro - forti della storia del padrone di famiglia, che ha fatto suo superbo stile del gridare "Al ladro! Al ladro!" agli altri, mentre proprio lui li sta derubando - sono loro, dicevo, che hanno intonato il coro delle celebrazioni centenarie del Montanelli come se fosse ancora un corpo e un'anima sola con tutti loro, non se ne fosse mai distaccato, anzi, scrivesse ancora sul loro Giornale e i loro giornali (Libero compreso, su cui siede il Feltri che in cima a tutti gli altri più forte lo killerò) come se fossero ancora esattamente gli stessi di una volta, in animo, idee, corpo, forma e stile, esattamente cosentanei e consenguinei al Montanelli di allora. Vada a fare in culo pure lei, Sensi, insieme a tutti loro, e vada a confrontarsi i toni, le idee, le parole e le cose di questi giornali e dei giornali di Montanelli.

    Vada però assolutamente a cercarsi anche "Il generale Della Rovere" (è un librettino piccolo, dovrebbe essere ancora in catalogo) e vedrà la capacità di empatia di quel Grande, lo scandagliare minuzioso ed estetico della psicologia umana, e lo paragoni - se può - alle semplificazioni piuttosto ruvide e approssimate di tanti che "avrebbero scritto" i suoi libri o articoli.

    Sensi, a lei può pure non piacerle, ma se Montanelli almeno in spirito non è morto e è ancora vivo, stia tranquillo che lotta insieme a noi, non con voi. A voi vi ha mandato a fare in culo netto e chiaro con tutti i vostri giornali, le famiglie Berlusconi e tutti i servi dei servi (e qua cià ragione Tataka. Tata', se gli mandi un book pure tu, capace che Berlusconi ti invita pure a te in Sardegna).

    Pubblicato 14 anni fa #
  18. k

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    Senta Sensi, parlando di ghostwriter (ma non se ne esca fra qualche anno a dire che tutti i miei pezzi li scriveva lei), vada a vedere per cortesia su Repubblica del 4 giugno 2009, pag. 33, il corsivo di Vittorio Zambardino "Giovedì - Le news che induriscono il cuore". Sono citate due ricerche riportate dal Daily Telegraph sull' "information overload", mi pare della University of Southern California's Brain and Creativity Institute e degli Archives of General Psychiatry. Vorrei che lei mi cercasse le fonti e se le guardasse bene. Ho la strana sensazione che sotto ci sia un granchio. Forse li pigliamo in castagna. (L'articolo lo firmiamo assieme. Io non sono come Montanelli, naturalmente, ma stia pure tranquillo, per il prezzo ci mettiamo d'accordo. Magari in privato.)

    Pubblicato 14 anni fa #
  19. tataka

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    Se il mio amico Montanelli fosse vivo sarebbe stato con Silvio e Noemi (Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano ed neo eletto al Parlamento Europeo)

    Certo! I book li avrebbe sfogliati lui invece che Emilio Fede.

    Pubblicato 14 anni fa #
  20. sensi da trento

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    Membro

    SECONDA PARTE
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    L’intesa con Montanelli era tale che sopravvisse ad avvenimenti dai quali avrebbe dovuto essere ridotta in macerie. Quando già Montanelli aveva rotto con Berlusconi, tra il 1993 e il 1994, diventandone il fustigatore implacabile, e io ero tornato al Giornale dopo la fallimentare esperienza della Voce, quando cioè ci trovavamo in teoria su barricate opposte, scrissi i due ultimi volumi della Storia d’Italia (cui seguirono due compendi, L’Italia del Novecento e L’Italia del Millennio). I volumi furono L’Italia di Berlusconi e L’Italia dell’Ulivo. Libri come si può immaginare molto delicati, che raccontavano vicende nelle quali eravamo stati direttamente coinvolti, e giudicavano personaggi - a cominciare dal Cavaliere - che Montanelli aveva sfidato o appoggiato. Sapevo, scrivendo, di scrivere anche per Indro: che nelle prefazioni e in una desolata postfazione fu grandissimo. Ma non cambiò una parola di ciò che avevo scritto. Montanelli, uomo leale come nessun altro,non ha mai negato e nemmeno attenuato il mio ruolo nei libri firmati insieme. Nell’ambiente tutti sapevano, e del resto non era un segreto, che li avessi scritti io.Ma recensori e commentatori insistevano nell’ elogiare, attribuendole a Indro, scorrevolezze, piacevolezze e durezze che sapevano essere più modestamente di Mario. Nel libro Soltanto un giornalista di Tiziana Abate, del 2002,che raccoglie molte conversazioni con Indro Montanelli, il mio nome non è mai citato. L’osservazionenon è stata fatta da me, che non mi ero preoccupato di verificare, ma da un settimanale,
    che sospettava chissà quale retroscena. Tiziana Abate ha giustificato l’omissione spiegando che anche molte altre persone con le quali Montanelli aveva avuto rapporti non erano menzionate. In realtà nessuna di quelle persone, lo dico con franchezza, era stata presente quanto me nella vita e nell’opera di Montanelli. Non so se e quanto l' omissione sia stata intenzionale, ma corrispondeva a un tacito e forse inconsapevole disegno di molti. Disegno consistente nel cancellare o quasi dalla biografia di Montanelli i vent’anni del
    Giornale, nel «corrierizzarlo».
    Operazione arbitraria: ma meno dell’altra con cui si è voluto fare di Enzo Biagi, il quale ebbe un ruolo di protagonista nel giornalismo italiano, ma anche una formazione molto diversa da quella dei corrieristi - il che non stabilisce una gerarchia di valori ma semplicemente una differenza di percorso - un pilastro del Corriere della Sera.
    Non solo. Quando il Corriere della Sera tra il 2003 e il 2004 pubblicò in allegato la Storia d’Italia arrivò addirittura a ignorare, nella copertina dei volumi che mi riguardavano, il mio nome. Protestai con l’allora direttore Stefano Folli, che mi diede onestamente ragione. A titolo di modesta riparazione mi fece intervistare. [...]
    Montanelli era, per i libri a quattro mani,un rilettore attento al tono, alle cadenze e ai ritmi, molto meno ai particolari. Ne sono derivati curiosi equivoci. Era capitato
    che Indro sostenesse che nella campagna d’Etiopia non era mai stato fatto uso, da parte italiana, dei gas, e che invece Angelo Del Boca - narratore del colonialismo
    italiano in chiave accusatoria - sostenesse il contrario.
    In realtà,seppure sporadicamente e in misura tale che la campagna non ne fu influenzata, i gas vennero usati. Scrivendo L’Italia littoria lo affermai specificamente. E così mentre Indro, rifacendosi essenzialmente alla sua esperienza personale, negava i gas, un libro a sua firma ne dava atto. Con la cavalleria che lo distingueva, Montanelli finì per ammettere che Del Boca aveva ragione

    Pubblicato 14 anni fa #
  21. sensi da trento

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    Buon Giorno Mr. K

    questo è il punto di partenza

    LE NEWS CHE INDURISCONO IL CUORE
    Repubblica — 04 giugno 2009 pagina 37 sezione: R2

    Il sangue è più veloce della pietà? Potrebbe esser questo l' effetto collaterale dell' abuso di notizia, dell' indigestione informativa tra "vecchi" e "nuovi" media, tra televisione "all news" e twitter, fra "alert" sul cellulare e social network, tra autoradioe internet. Due ricerche- segnalate dal britannico Daily Telegraph - evidenziano questa particolare ricaduta dello studiatissimo, dagli anni ' 90, "information overload". E nessuno si stupisce se la University of Southern California' s Brain and Creativity Institute e gli Archives of General Psychiatry ci dicono oggi che il cervello non ce la fa a tener dietro ad ogni stimolo. Il serbatoio si riempie e il "motore" non associa più le reazioni corrette ad ogni evento. Sorprende invece che le emozioni buone siano più lente ad affiorare: ci sono quelle veloci, primarie, che lampeggiano violente. La compassione, la pietà, la comprensione del dolore altrui? Finoa8 secondi per emergere. Il tempo per il prossimo omicidio di passare su una striscia a fondo schermo. - VITTORIO ZAMBARDINO

    poi le scriverò in privato

    Pubblicato 14 anni fa #
  22. sensi da trento

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    Membro

    a proposito:
    io de "Il generale Della Rovere" ho visto il film.
    e mi pare che lo vidi proprio su una TV di berlusconi.

    dice che va bene lo stesso??

    Pubblicato 14 anni fa #

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