La strategia comunicativo-politica o, se preferite, la politica di comunicazione degli esponenti della Lega è ormai ben nota e francamente ha pure un po’ stufato. Eppure ci cascano ancora tutti.
Prima la sparano grossa “Querelo Saviano!”, “Bisogna fucilare gli sciacalli sul posto!”, “Sono porci questi romani!” e attirano l’attenzione dei fessi lettori o teleguardoni che poi saremmo noi. Creano una polemica.
In seguito, dopo essersi assicurati titoloni e ospitate varie, puntuale arriva il ridimensionamento. Il dietro-front.
“Era un provocazione…”, stavamo a scherzà, eeeeeeee come vi incazzate facile, annamo a magnà insieme (è successo a Roma tra Bossi e Alemanno, forse lo ricorderete) e tutto si dimentica, finisce all’italiana, tra sorrisi e pacche sulle spalle. A tarallucci e vino.
Una tecnica rozza, elementare. Che purtroppo funziona, perché oggi i media non hanno filtri, di fatto: si pubblica ciò che fa audience, che la gente non si aspetta, più lo strafalcione che la notizia, più il pettegolezzo sui personaggi che l’analisi critica di quanto accaduto, magari con l'aggravante di verifiche superficiali. Sono anni che i leghisti prosperano su queste vicende, che li hanno visti essere così attenti alla comunicazione fino a fondare un loro quotidiano ("La Padania").
Bossi è stato, in un certo senso, un buon maestro, anzi ottimo, e gli altri si sono via via adeguati per salire sul carr… occio del vincitore. Spinto dai giornalisti/pirla.
Ai piedi del carro, noi cittadini, esausti, sconfitti, più stremati che sdegnati. Vittime di massmedia che puntano solo a vendite di massa, a tenere a debita distanza la concorrenza e, in fin dei conti, a far quadrare il bilancio del loro editore.
A rimetterci è sempre l’inconscio collettivo di un Paese costretto a portarsi appresso troppi scheletri e pessimi esempi di vita da parte di persone di potere sicuramente furbe, ma che calpestano ogni giorno regole e consuetudini pur di porsi al centro di un teatro mediatico che amano occupare da anni, per accrescere popolarità, consensi, voti.