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ubbidisco

(16 articoli)
  1. mauz

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    Marzo 2010 Lambire Milano. Tranquilli stanno monitorando. Un carabiniere si sporge dalla spalletta per monitorare. Tutte le volte che usano quel verbo vuol dire che far qualcosa di concreto è proprio al di sopra delle loro forze; in questo caso, dovrebbero risucchiare qualche trilione di litri di mota infetta… per metterlo dove? Radio Rai vuole essere rassicurante: l’onda nera non dovrebbe raggiungere Rimini per la stagione estiva. Gran parte di quella roba è pesante, va a fondo ed è cancerogena, ma scattano le contromisure. Bertolaso stringe la cinghia di un buco, proibisce la pesca, usa l'autorità, come se qualche mentecatto avesse ancora fantasia d’andare a pesca. Bravi, hanno salvato il papero; al di là del bel gesto i giornalisti di Roma non sembrano toccati, salta agli occhi, ma anche gli abitanti di viale Padova o di Milano Due, a trecento metri dal Lambro, non percepiscono alcun nesso tra la loro vita e il fiume, come ospiti su un pianeta estraneo. L’intrallazzo, ammettiamolo, è più eccitante e anche il Milan, forse. La sacrosanta ricerca della felicità dei parassiti residenti mette premura (nel senso milanese di fretta) di spacciare l’ospite, come vibrioni impazziti. Per non mangiarmi il fegato, mi convinco che la fine del mondo è già avvenuta da un pezzo e quello che ho davanti non sarebbe che una parodia, operazione mentale che devo ribadire però a ogni notiziario. Il Lambro scorre a 500 metri da casa. Scorre, non sembra acqua, eppure (che bella parola) scorre. Quando andavo in motorino all’Idroscalo dal 70, 71 in poi passavo ogni giorno sopra a quel ponte. Esalando dal ricettacolo di fogne, metalli e scarti chimici, il fetore mi raggiungeva già a duecento metri di distanza, tuttavia per me era un fiume vero; speravo che nel lontanissimo duemila, magari, avremmo potuto allestire dei campi di gara per canoe sotto casa. Prima della ricopertura ottocentesca dei navigli Milano era attraversata da corsi d’acqua limpida, altro che metropolitana. Durante gli anni, ogni tanto si parlava di bonificare la valle del Lambro, ma quanti si emozionano per queste idee? La legge Merli sugli scarichi aveva dato qualche speranza solo a noi poveri scemi. Furono promulgate leggi regionali, cacciati lì miliardi per depuratori, consorzi, carrozzoni, elevati himalaya di chiacchiere. Ho rivisto ancora il fiume nella primavera scorsa, passando da Milano. Dalle parti di Monluè, sul limite dell’aeroporto Forlanini, il tanfo era quello di sempre però era frequentato da uccelli. Le folaghe e le anitre si erano riprodotte e seguivano il filo della corrente col classico codazzo di pulcini. I frassini neri e i salici erano ancora vivi, anche se addobbati di sacchetti. Aironi e garzette nobilitavano i meandri. Cormorani e gabbiani stavano lì a dare un effetto straniante vagamente post-atomico. Le bestie si accontentavano di quella felicità da discarica e starnazzavano per darmi una strizzata al cuore. Arrivano dei ricordi. Ho in testa dei flash, una collezione di immagini che a poco a poco riemergono. Il Lambro ha origine dal pian del Tivano, nel triangolo lariano. E’ una delle zone di dolina più frequentate dagli speleologi lombardi. L’acqua calcarea è buonissima. La salita al Tivano è rinomata fra i ciclisti per il Passo del Ghisallo. Il piccolo corso d’acqua attraversa la Brianza e scende a sud, lambisce l’area ex-Innocenti, la fabbrica della Lambretta, il Parco Lambro dei concerti rock degli anni settanta, il Cimitero Maggiore, il quartiere dell’Ortica. A Metanopoli (senti che nome) c’è l’Agip, quella che ti coccola, e via verso il Po. Nella sua parte alta è stato disceso dai canoisti anni fa.
    LAMBRUS , fiume della Gallia transpadana, affluente del Po, dice Plinio. Lambire, leccare… da LABRUM come margine. VITIS LAMBRUSCA, perché alligna ai margini o all’estremità dei campi, dove la coltura vien meno. Vite selvatica errante e serpeggiante che fa uva acerba, spiacevole (brusca), che allega i denti. LABRUM, labbro, ma anche orlo, margine, catino, vasca, tino. MARMOREO LABRO AQUA EXUNDAT (Plinio), LABRA DIANAE il bagno di Diana di Ovidio. Mosto spumeggia nei tini ricolmi e osterie lungo le sponde e ubriachi che cadevano nelle rogge, nei canali, nel Lambro, ma anche nel nero della neve notturna o fra i papaveri, secondo stagione, e sotto le macchine.
    Ovunque campi. I pioppi maestosi. Lambire la città, le cose degli uomini, mille e mille spezzoni scartati, fotogrammi inutili. Il casotto della dogana vicino all'ex polveriera, proprio all'entrata di Milano verso porta Vittoria. Molto più a nord le ville della Brianza, strade private, i ponti dell’autostrada, la tangenziale est. A sud le case coloniche, San Donato. E poi corre giù implacabile fino alla confluenza col Po. Istantanee. La mota del fondo che si fa gommosa durante la secca estiva, gli orti abusivi e i pensionati che tiran su acqua dal Lambro. Il Lambro della nebbia. L’odore pesante nell’afa estiva. L’odore pesante che d'inverno penetra nei polmoni ancora più a fondo, che si attacca. Un pezzo di sterrato non porta più da nessuna parte; c’è ancora uno in bicicletta, ma deve scavalcare il guard rail. Di colpo arriva il foen, vento secco primaverile da nord, e tutto si illumina, si deterge. Il Resegone neanche tanto lontano, in quella curva di acque placide si specchia a testa in giù coi canaloni ancora bianchi di slavine. D’inverno invece al pomeriggio è buio pesto. Una o due puttane morte buttate nel Lambro. Anche la pistola, se è necessario, tirata nel Lambro ‘che i sommozzatori non ci vanno in quel bitume. Eppure nel ’55 facevano il bagno. Se mio nonno aveva le ruote era un tram. Tutte cazzate del ’55. Oggi non lo sa nessuno quello che c’è sotto la Magneti Marelli, la Breda, i mobilifici, le diecimila fabbrichette, i solventi, la verniciatura. Adesso che han chiuso gli acciai la falda si rialza al suo livello naturale; allora trivellano, così l’acqua buona di pozzo si mischia coi veleni di superficie. Tirano su acqua con le pompe elettriche notte e giorno se no le costruzioni recenti di Milano si allagano, crollano. Tutta la Metrò da rifare. Sciupa la pace dei condòmini e penetra nei garages quell’acqua benedetta di risorgiva che è all’origine della ricchezza di Milano e dell’agricoltura con due raccolti all’anno. San Bernardo a Chiaravalle è impastoiato in una matassa di linee d’alta tensione, autostrade e ferrovie. La basilica del rito (l)ambrosiano, quindici secoli di canto unico per una città sommamente florida e poi... “socialisti ladri” scritto sui muri già nel ’55. E si agisce anche adesso, mentre scrivo; si solleva acqua pura di pozzo, di falda, e la si versa nel Lambro. Roba da niente. E ancora scoppia la fioritura delle robinie quando tutti gli altri alberi hanno già la foglia. Ogni anno sbocciano di nuovo, di nuovo… non crepano. Nelle osterie ecco il gratta/vinci e il videopoker, argini qua e là cementati, il granturco da una parte, gli zingari sull’altra sponda. Il campeggio di Metanopoli. La rivoltana. Generazioni di pendolari da Paullo. Fotogrammi. Le pantegane nuotano bene tutto l’anno, ma d’inverno in aria e in terra vedi soprattutto cornacchie e adesso anche gabbiani. A un bel momento t’accorgi che è andata giù la foglia dappertutto, un’ariaccia gelida solleva polvere e pezzi di carta. Il Lambro a gennaio e febbraio è quasi asciutto, vengon fuori isolotti di plastica, taniche, reti metalliche, di tutto. E il filo residuo di acqua nera delicatamente lambisce, consola, carezza quella robaccia. Tutta robaccia che magari poteva essere qualcos’altro, ma che ha la dignità di morire senza contumelie. Robaccia andata avanti attraverso le umiliazioni del corpo, e forse del morale, per sfarsi infine, pronta a crepare senza troppo teatro. Perché: fingere di stare benissimo quando si è defunti e sepolti è fatica sprecata.

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. zaphod

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    Fondatore

    7810 battute senza che accada nulla. Al limite della grafomania. Non è un racconto. Forse la pagina di un diario.
    Non (mi) dice niente.
    Riprova.

    Pubblicato 13 anni fa #
  3. robbettofasioli

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    ( ... )

    (c) robbètto fasiòli

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. mauz

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    Gentile Zafhod, lei cercava il plot nel testo sbagliato. Non è un racconto, è il requiem per un fiume ucciso di morte violenta. Tutto quello che doveva succedere era successo il giorno prima che io scrivessi, con lo sversamento di idrocarburi in alveo. Se ama il plot, l'intreccio, lo sviluppo dei personaggi ecc. mi spiace, da Balzac in poi se ne trova pochino, almeno nei grandissimi. Ve n'è a bizzeffe in compenso nella letteratura di genere e in quella di serie B, salvo luminose eccezioni come Sciolochov, Andric e altri. Le consiglio comunque, se ancora le fosse sfuggito, quello che per me è il migliore romanzo di sempre che ha un bellissimo intreccio, personaggi magnificamente descritti ecc. Si tratta di "I Pitard" di Simenon.

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. Peccato che il suo sia un racconto (o un requiem) e non un romanzo. Altrimenti gli esempi avrebbero fatto pensare ad un discreto lettore.

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. mauz

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    Circa il romanzo e il racconto è stato scritto tutto. Sarebbe meglio servirsi di quello che diceva Borghes, ma accontentatevi di questo che dico io. Con un romanzo, se il meccanismo riesce, possiamo ricreare, o creare, un mondo in buona parte autosufficiente. Col racconto, breve o lungo che sia, produciamo qualcosa di delimitato, se non proprio un frammento, qualcosa che deve fare i conti con un forte contesto non enunciato. Naturalmente anche nel romanzo molte cose vengono sottaciute, ma spero, abbiate capito. Per il resto non esistono differenze tecniche o di scrittura. Il romanzo mi risulta oggi difficile proprio perché sembra una pretesa eccessiva o forse non posseggo abbastanza energia vitale per mettermi nei panni del demiurgo. Mi viene da ridere ben prima di mettere la parola fine, non per questo rinuncio alla sfida. Preferisco il racconto e le forme concise, ironiche, l'epigramma mi fa godere. Vede Torqemada, se provo a buttare lì qualche contenuto non è per continuare il gioco a chi ce l'ha più grosso, ma per capire se dall'altra parte c'è qualcuno. Non è affatto vero che nella vita gli esami non finiscono mai. E' dai tempi della prima comunione che non ho niente da dimostrare.

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. Meno male che c'è Borghes (ma non si scriveva Borges?) e che c'è lei.

    Torquemada, si scrive. Se vuole riprodurre nello scritto la pronuncia, le suggerisco Torkemada o Torchemada.

    Un saluto a lei, Mauts

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. mauz

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    Chiedo scusa per gli svarioni. Per farmi perdonare, il giorno che mai dovesse esserne interessato, se vorrà, le accennerò alle poche cose che conosco sull'esperienza della Torrebruciata.

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. big one

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    vabbè.
    allora chi è che ce l'ha più grosso?

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. k

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    Stocazzo.
    E più grosso di Borges ce l'ha Buzzati.
    Sciolochov e Andric invece vanno bene.

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. mauz

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    Buzzati è un ottimo consiglio di lettura, e lo sarebbero anche Kawabata, Pirandello (perché no quando parliamo di novelle) e parecchi altri. Ma certe informazioni e presupposti essenziali sulla dignità e sulla funzione del letterato possiamo cercarle (forse) solo qui: "La biblioteca inglese" Jorge Luis Borges 2006 Einaudi, Titolo originale: Borges profesor. Curso de literatura inglesa en la Universitad de Buonos Aires. Si tratta di 25 lezioni tenute (senza alcun appunto scritto) nel 1966, registrate su cassetta e trascritte dagli studenti. Le registrazioni andarono poi perdute. Esiste una ristampa del 2006 per Mondolibri Mi.

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. k

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    Non conosco il Borges teorico e saggista. Conosco i suoi racconti però, e abituato a ragionare sul vivo delle opere più che sui discorsi su come si dovrebbero scrivere le opere, credevo che lei parlasse di questo. Mi spiace di averla fraintesa. Non sono evidentemente io l'interlocutore giusto che lei s'apettava di qua.

    (Nel caso però che oltre alla metaletteratura le interessasse pure la letteratura vera, forse sarebbe il caso che prima di paragonare le novelle di Pirandello ai racconti di Buzzati, lei se li andasse a leggere questi racconti. Almeno Il crollo della Baliverna.
    Rispetto al romanzo, invece, lei salva dopo Balzac solo Sciolochov e Andric. Fermo restando - come si dovrebbe evincere anche dal post precedente - il mio consenso per Sciolochov ed Andric, ho la sensazione però che lei salti troppo sbrigativamente tantissima altra roba, sia straniera che italiana. Ha mai sentito parlare per esempio - e parlo solo di italiani - di roba come I viceré, o Tempo di uccidere, Il generale Della Rovere, La ciociara, La ragazza di Bube, Il balordo e così via? Vede, mi ritorna alla mente quando un giorno, alle prime lezioni del corso tenuto da Mario Scotti nel 1990, m'alzai e gli dissi: "Io non sono d'accordo, professo'". Lui mi guardò e sorrise, e poi disse: "Va bene, adesso le rispondo perchè mi sta simpatico, però lei, prima di non essere d'accordo con me, lei si dovrebbe essere letto almeno la metà dei libri che mi sono letto io".
    Se l'è letto Steinbeck per esempio? E Joseph Roth, e Vargas Llosa, e Guimaraes Rosa?)

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. mauz

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    "Ha mai sentito parlare per esempio - e parlo solo di italiani - di roba come I viceré, o Tempo di uccidere, Il generale Della Rovere, La ciociara, La ragazza di Bube, Il balordo e così via?" Ne ho sentito parlare e mi stupirei di trovare in giro qualcuno così coglione che non li conosce, almeno per sentito dire. Oggi Tempo di uccidere lo rileggerei più volentieri degli altri. Scusi se torno su Borges. Non è che voglio piazzare per forza la merce, lo faccio perché si tratta di un fatto veramente impressionante. Teneva le sue lezioni con la cattedra completamente vuota, nè un libro nè un appunto. Non usava un linguaggio inutilmente complesso, mai il tono del professore. Parlava ai giovani attento a farsi capire. Dicendo talvolta anche qualcosa di molto semplice e ovviamente non banale. Spessissimo ribaltando convinzioni che si darebbero per scontate. Iniziava con il tono più modesto e discorsivo e poi partiva con citazioni a memoria di pagine e pagine inglesi dall'ottavo secolo al novecento. Inseriva le sue osservazioni e le sue battiute in modo amabile. Il contrario dell'intellettualismo farlocco che mira a impressionare i bischeri. Se non avessero usato il mangiacassette a uso di qualcuno che bigiava, non sarebbe rimasto nulla.

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. mauz

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    dimenticavo: complimenti per la fucilazione degli uccelli, fa sbellicare, grazie

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. k

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    Vede Mauz, il racconto che lei fa del Borges professore è sicuramente affascinante. Fortunati i suoi allievi. Ma se lei permette, di professori così ne ho avuti diversi anch'io, Mario Scotti su tutti, di letteratura italiana, ma anche Ugo Bianchi di storia delle religioni, Italo Signorini di etnologia, Mario Mazza di storia romana, Domenico Musti di storia greca, Leopoldo Gamberale di letteratura latina, Serianni e Della Valle di storia della lingua italiana. Sono stato fortunato anch'io, quindi, ma si dà il caso che questo non è altro che quello che dovrebbe essere ogni professore. E' questa la normalità - ossia ciò che è richiesto dalla norma - mentre quelli che non sono così, rubano lo stipendio.
    Buon professore quindi, grande maestro, e fin qui non ci piove. Però lei dice pure:

    Se non avessero usato il mangiacassette a uso di qualcuno che bigiava, non sarebbe rimasto nulla.

    E questo per me è invece grave. Avrebbe dovuto scrivere. Ha scritto troppo poco. Neanche un romanzo solo. Solo pochi racconti. Di fronte all'immensità del reale e alla sua responsabilità sociale di interpretarlo come artista, ha prodotto solo pochi frammenti. E' per questo che - con tutto il rispetto - per me è sovrastimato e la rimando, se ha voglia, ai racconti di Buzzati.

    (Lei doveva vedere quello che era Scotti a lezione. Tutta tutta la poesia italiana a memoria. Le lezioni di due ore duravano anche tre o quattro. Una sera ci hanno chiuso dentro la facoltà. Ho dovuto forzare io i portoni per uscire. Lui recitava Dante, e i più giovani si facevano le canne. C'erano allievi di tutte le nazionalità, giapponesi, cinesi, coreane. Quella sera che ci chiusero dentro avendoci prima staccato la luce, sulle scale al buio all'improvviso una nostra compagna giapponese tirò fuori dallo zainetto una pila tascabile. Quella andava in giro per Roma con tutto l'occorrente per sostenere, tante volte fosse scoppiata, pure la terza guerra mondiale. Gli volevamo bene. A Scotti. Ma pure alla giapponese.)

    Pubblicato 13 anni fa #
  16. mauz

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    Tornerò sui racconti di Buzzati, lo prometto, li rileggo tutti. Sì, è un peccato che uno come Borges non abbia scritto di più. Anche se a volte esistono validi motivi per darsi un limite quantitativo, si pensi a Radiguet. Noi italici abbiamo avuto il grande postumo Tomasi di Lampedusa. In lui, devo immaginarlo perché non si è mai confessato con nessuno, la misura forse deriva dal ritegno di casta, dalla consapevolezza che le funzioni sociali della sua classe non comprendono l'esercizio attivo di un'arte o una professione. Poche cose e ottime. "Lezioni su Standhal": quando la letteratura la insegna lo scrittore! Oppure LIGHEA, un racconto abissale che ti lascia di marmo e, guarda un po', il protagonista è un professore fuori dai ranghi. Scrivere molto può essere un bene... certo se a scrivere è Veltroni!? Anche leggere moltissimo non è obbligatorio. Omero non aveva letto neppure Madame Bovary e il Buddha non sapeva una mazza di Schopenhauer.

    Pubblicato 13 anni fa #

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