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(58 articoli)
  • Avviato 9 anni fa da big one
  • Ultima replica da parte di Faust Cornelius Mob
  1. A.

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    Moderatore

    Ma non si può attivare l'iscrizione non automatica, con approvazione da parte dell'amministratore ?

    Pubblicato 9 anni fa #
  2. zaphod

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    Fondatore

    No. Dal pannello di amministrazione del forum non si può fare. Almeno io non ci riesco. Bisogna andare dove dice Sca, credo. Però guarda che io Askimet l 'ho attivato un anno fa, più o meno.

    Pubblicato 9 anni fa #
  3. SCa

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    Membro

    Akismet accede a un servizio online per cercare di riconoscere se il contenuto è spam, anche di utenti umani, sulla base delle informazioni raccolte da tutti i siti che lo usano. Non so bene come funzioni, ma evidentemente la sua efficienza ha degli alti e bassi.

    Pubblicato 9 anni fa #
  4. llux

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    Membro

    Bella soddisfazione, felice di poterla condividere qui. Alla facciaccia degli spammer

    http://liberisullacarta.it/premio_arthe/

    Pubblicato 9 anni fa #
  5. A.

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    Moderatore

    Complimenti Luciana ! Grandissima

    Pubblicato 9 anni fa #
  6. big one

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    Membro

    ... e non è finita qui!

    Pubblicato 9 anni fa #
  7. SCa

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    Membro

    Daje llux. Che l'anno prossimo fai la giurata?

    Pubblicato 9 anni fa #
  8. k

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    Membro

    Et fiat Lux.

    Pubblicato 9 anni fa #
  9. llux

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    Membro

    Grazie
    Venerdì vado a fare un giro a Farfa, e poi vi racconto. Io sono già felice così.

    Pubblicato 9 anni fa #
  10. Sono soddisfazioni incancellabili.

    Pubblicato 9 anni fa #
  11. Woltaired

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    Membro

    Brava llux. AS vive!

    Pubblicato 9 anni fa #
  12. llux

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    Membro

    Sto qui a Farfa, davanti al mio piatto di pasta reatina e alla mia birra. Angelo Zabaglio legge poesie nonsense e io sono felice. Ci siete dentro tutti voi in questo premio, BigOne il mio editor d'elezione, l'affetto di A., i reading del maestro K che valgono più di mille lezioni, i commenti di Fer, i racconti di SCa, di Torque, di Zaphod, Faust e il suo "si scrive per gli altri, non per se stessi' , la trattoria Rossellini e Wolt, Savile Row e le Pillole della Modica Quantità e molto altro. Le parole di tutti voi, per me e per altri. Le belle cose che mi hanno detto stasera sono mie ma anche vostre. Ecco, vorrei che foste tutti qui ora. Grazie per tutto quello che, tra il lusco e il brusco, ho imparato qui.
    llux

    Pubblicato 9 anni fa #
  13. Da oggi sei la Regina di Farfa.

    Pubblicato 9 anni fa #
  14. llux

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    Membro

    Ma grazie Fer! "llux, la Regina di Farfa" pare il titolo di un peplo anni '60, di quelli che giravano a Cinecittà

    Pubblicato 9 anni fa #
  15. big one

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    @llux (perché suocera intenda)
    Perché il tuo racconto non sta ancora in home page?

    Pubblicato 9 anni fa #
  16. llux

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    Membro

    Immaginare Zaphod querulo e coi bigodini in testa m'ha fatto ridere per mezz'ora.
    Lo so, sono pessima.

    Pubblicato 9 anni fa #
  17. Poi ecco, se domani non avete un cazzo da fare, sintonizzatevi su Radio Città del Capo alle 13.00, un'intervista telefonica al sottoscritto aprirà la stagione di La Colazione dei Campioni.

    Pubblicato 9 anni fa #
  18. llux

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    Membro

    Incollo qui il racconto, per chi volesse leggerlo. In home prima o poi ci arriverà, in Zaphod we trust.

    MAI PIU’

    Anni prima l’aveva giurato come lo giurano tutti quelli che fuggono carichi di frustrazione, di inadeguatezza e di impotenza: “Qui non ci metto più piede, neanche morta!”.
    Invece Cecilia era viva e vegeta mentre guidava il suo Bmw Cabrio con la capote abbassata lungo la strada che correva sul dorso della collina e dominava dall’alto quell’esplosione di blu profondo e di schiuma bianca sulle increspature a pelo d’acqua. Bastava guardare quell’immensità fatta di colore a perdita d’occhio, ed ecco che la strada diventava più liscia, il motore ronzava appena e le ruote scivolavano sull’asfalto: pareva tutto così leggero, sembrava di volare.
    Stava tornando, nonostante il voto pronunciato venti anni prima. Il “qui” della promessa fatta era riferito alla sua città, che si srotolava sul golfo tra le spiagge chiare e le colline punteggiate di ulivi. Perfino Nico, che per quel viaggio aveva ricevuto per la prima volta il permesso di sedersi sul sedile anteriore, stretto nella cintura di sicurezza, aveva quasi urlato:
    - Mamma, ma è bellissimo questo tuo paese! -
    Poi si era guardato intorno e aveva proseguito:
    - Non mi ci hai portato mai... - e l'aveva detto bisbigliando.
    Nico aveva la sensazione che, senza la protezione di un tetto sulla testa, tutti, automobilisti e passanti, fossero concentrati ad origliare cosa dicesse.
    Per vedere cosa?, avrebbe voluto rispondere al figlio preadolescente che le assomigliava come una goccia d’acqua, il mare forse? Ce ne sono di mari belli, al mondo…

    Quando aveva la sua età, quel posto aveva iniziato ad odiarlo. Aveva speso tutta l’infanzia a cercare di sentirsi parte di quella comunità ma la famiglia non l’aveva aiutata. I suoi genitori vivevano una vita marginale, chiusi e rigidi, non frequentavano parenti, non avevano amicizie. I suoi fratelli avevano quotidianità che non condividevano con il resto della famiglia, erano come api di uno stesso alveare chiuse ognuna nella propria cella.
    Cecilia era una bambina vigile e testarda, di chiudersi in uno stambugio asfittico come facevano i suoi non voleva saperne. Le sarebbe piaciuto entrare nelle vite delle famiglie vicine, quelle un po’ tradizionali piene di cugini e parenti lontani, che si riuniscono alle feste comandate, che dominano la vita associativa di un paese, dove i genitori intrattengono rapporti sociali e i figli sono riconosciuti per nome da tutti quando camminano per strada o entrano in un negozio.
    I riti, i rapporti di forza e gli equilibri della collettività all’interno di comunità ristrette funzionavano un po’ tutti allo stesso modo: essere diversi voleva dire esserne fuori.
    Invece Cecilia era stata costretta a muoversi in piena autonomia: andava e tornava da scuola da sola, comprava nella cartoleria i quaderni e le matite che le servivano da sola, persino dal dottore andava da sola a farsi auscultare i bronchi quando aveva la tosse. Era diventata indipendente senza volerlo mentre vedeva le amichette accompagnate e sostenute dalle madri partecipi delle loro vite. Per questo provava una gran rabbia. Con le mamme delle sue amiche tentava di imbastire conversazioni più impegnative di quelle che ci si sarebbe aspettati da una ragazzina della sua età. In questo modo cercava di sopperire al ruolo sociale che avrebbe dovuto svolgere la sua, di mamma. Ma era del tutto inutile che facesse sfoggio di saggezza o di maturità durante quelle chiacchierate: la compassione un po’ untuosa di quelle signore la relegava comunque più in basso, un gradino al di sotto sull’immaginaria scala su cui le sembravano essere tutti gli altri.
    Aveva continuato a guardare tutti da lì sotto negli anni successivi. Non era stata capace di intessere amicizie profonde, si era lasciata condizionare dalla sua famiglia assente e affettivamente monca che non era stata in grado di insegnarle come si coltivano i rapporti con gli altri esseri umani. Si era sottratta progressivamente al desiderio di conquistare anche un solo gradino di quella scala di rapporti: non avendo affetti familiari che la proteggessero, la scalata le era sembrata impossibile.
    Cecilia osservava, per lo più ignorata, il dipanarsi delle vite degli altri cercando di convincersi che non aveva nessuna importanza, che stava benissimo laggiù, nel deserto di relazioni in cui viveva, che tanto prima o poi se ne sarebbe andata e non sarebbe più tornata.
    Finché non l’aveva fatto davvero.
    Non avrebbe saputo dire se deprecava di più la sua famiglia, che le aveva condizionato la vita con la sua incapacità di amore verso chiunque, oppure l’ipocrisia dei suoi paesani, che ora, a distanza di anni, le balzava più chiaramente agli occhi.
    Quando suo fratello l’aveva contattata per dirle che c’era bisogno della sua presenza fisica per firmare il rogito che avrebbe consentito la vendita della casa paterna, aveva tentato di sottrarsi in tutti i modi: aveva faticato non poco ad ibernare quel passato incomprensibile e a tacitare quella mistura micidiale di immaturità e senso di colpa che ora rischiava di travolgerla di nuovo. Ma non aveva trovato modo di esimersi ed era partita, portando anche Nico.
    Dopo l’ultima galleria, a pochi chilometri dalle porte del paese, la sua bellissima auto aveva avuto prima un sussulto, poi aveva iniziato a procedere a singhiozzo ed infine si era spenta.
    - Merda, lo sapevo che non dovevo venire qui! - aveva imprecato tentando di riavviare il motore. Niente, andata, la batteria non dava più segni di vita.
    Nico era passato dallo stupore all’orlo delle lacrime.
    - E ora, mamma? Che facciamo ora? -
    - Chiamiamo il soccorso stradale e ci facciamo venire a salvare - aveva risposto al figlio cercando di sorridere.
    Dopo una rapida consultazione on line dal suo smartphone, Cecilia aveva composto il numero dell’autofficina segnalata come la più vicina.

    Il sole aveva iniziato a discendere verso l’orizzonte. Nico lanciava sassi tra le canne che costeggiavano la strada, Cecilia era seduta su un muretto. Era già passata una buona mezz’ora dalla richiesta di soccorso quando videro arrivare dalla trafficata litoranea il mezzo di rimorchio. Giallo, enorme e sgangherato. Alla guida c’era un uomo brizzolato con al suo fianco un ragazzino che aveva solo pochi anni più di Nico.
    Avevano agganciato e tirato su l’auto velocemente.

    - Signora, deve accomodarsi nella sua auto con suo figlio. Nella cabina, in quattro non ci entriamo. -
    - Ma non è vietato? - aveva provato a contestare Cecilia: dell’eventuale infrazione non le interessava nulla in realtà, ciò che la terrorizzava era il ritrovarsi lassù, lei e Nico.
    - Mi spiace, ma un altro mezzo non ce l’ho per portarla in paese: a meno che non voglia farsela a piedi… -
    Cecilia stimò che mancavano una decina di chilometri, se la memoria non la ingannava. Troppi, decisamente.
    Lei e Nico si arrampicarono sulle ruote gigantesche del mezzo con l’aiuto dell’autista e del suo giovane assistente.
    - Agganciatevi le cinture, - si era raccomandato l’uomo – ballerete un po’, ma è sicuro al cento per cento! - Il ragazzetto, a queste parole, aveva sorriso.

    L’agitazione di Cecilia raggiunse il massimo quando vide la direzione che prendevano.
    - Ma non facciamo la litoranea? - aveva gridato all’autista con la testa fuori dal finestrino.
    - No, c’è troppo traffico! Passiamo per il Corso! –

    Cecilia divenne terrea: erano le sei del pomeriggio, l’ora dello struscio, il Corso talmente pieno di persone tirate a lucido che i marciapiedi non avrebbero potuto contenerle e sarebbero debordate sulla via. Mamme, nonne, bambini, ragazzi, uomini, sfaccendati, intere famiglie. E poi i tavolini delle gelaterie pieni, capannelli di gente ferma a chiacchierare o a guardare le vetrine. Tutto il paese in strada insomma.

    Nico si rivolse con dolcezza alla mamma:
    - Tutto bene? Hai paura dell’altezza, vero? Anche io, ma solo un po’! - tentò di consolarla.
    Ho paura di tutti quelli che si metteranno col naso in su a guardare me e te, in cima a questa torre pencolante, pensò Cecilia, avessi avuto almeno modo di chiudere la capote!

    Il Corso era in discesa: quando lo imboccarono, all’apice massimo della sua altezza, agli occhi di Cecilia comparve, giù in basso, un tappeto formicolante di umanità varia e composita che si stendeva quasi compatta lungo un nastro d’asfalto, vetro e cemento per quasi un chilometro.
    Trattenne il fiato. Il nodo infido che aveva combattuto, che aveva tentato di strangolarle la vita, ora si stendeva ai suoi piedi, e lei e suo figlio ci sarebbero passati attraverso, trasportati da un mezzo mostruoso e puzzolente di nafta.
    In un rigurgito di energia, la radio dell’auto riprese a funzionare sparando musica ad altissimo volume . Nico si tappò le orecchie e fece per abbassare, ma Cecilia lo fermò. Le veniva da ridere, a vedere i suoi compaesani che guardavano la scena facendo tanto d’occhi: un’auto con due persone a bordo traghettata da una specie di transatlantico che navigava sopra le loro teste, con la musica che richiamava l’attenzione anche dei più distratti. Sembrava l'arrivo del circo.

    Rideva di cuore, ora, gettando indietro la testa, indifferente agli sguardi sbigottiti che salivano dai marciapiedi. Anche Nico rideva, senza sapersi spiegare questo improvviso accesso di allegria: ma era contagioso, e la sua mamma era così bella quando era felice.
    Mai Cecilia avrebbe potuto immaginare un ritorno così: in alto, più in alto di tutti per una volta. E tutti gli altri, ma proprio tutti, laggiù in basso.

    Pubblicato 9 anni fa #
  19. k

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    Bello. Brava. Qualche virgola in più, però, ce l'avrei messa. Ma non fa niente. Brava uguale.

    Pubblicato 9 anni fa #
  20. llux

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    Grazie Maestro

    Pubblicato 9 anni fa #
  21. big one

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    Sull'ultimo numero di Fili d'aquilone, "Soste & Percorsi", il racconto di Michele Varcasia WEHRMACHTsSPANN: la storia (lo strano percorso) di una moto nella terra pontina.

    Pubblicato 9 anni fa #
  22. Woltaired

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    Domani! il nostro Anonimo GabSan esce col suo secondo (se non erro) romanzo.

    Pubblicato 9 anni fa #
  23. A.

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    Latina, in morte dell'eucalipto di fondazione: la veglia di protesta parte dal web

    Latina, veglia al monte Redentore a Formia per i 40 anni della Madonna degli scout Latina, il Fondi Calcio cambia nome e gli ultras per protesta tappezzano la città... Latina, la protesta dei tifosi al Francioni: striscioni sottosopra e curva vuota per... Latina, piano R3, è un nuovo caso: centinaia di appartamenti vicino al teatro e... Latina, nuova protesta all'Avio Interiors: gli operai occupano l'Appia per 15... Latina, serie di iniziative della Diocesi per la ricorrenza di ognissanti
    di Monica Forlivesi

    ​LATINA - E’ partita dalla rete l’idea, è stato Bruno Mucci (autore della foto) a lanciarla: una veglia di protesta per il gigante buono, il gigante è l’enorme eucalipto tagliato in via Quarto per lasciare posto - su un’area che era destinata a verde pubblico ora trasformata dal nuovo Ppe - a una palazzina di 15 piani. Scrive: “Ci incontreremo per una veglia pacifica di un’ora sul sito dove è avvenuto l’abbattimento. Ognuno di noi potrà portare con sé un lumino o una lanterna che faremo volare in segno di protesta. Lo scopo è sensibilizzare i cittadini e informarli sulle scelte che la nostra amministrazione fa a discapito delle più elementari regole sulla sostenibilità e qualità della vita e il rispetto del bene comune”.

    Poi l’appello: partecipate con i vostri figli e amici, perché crescano con l’esempio di genitori capaci di indignarsi, consapevoli che la città è di tutti, soprattutto di quelli che un domani la erediteranno. La veglia si terrà domani dalle 21 alle 22 in via Quarto, a pochi passi dalla scuola dove è stato aperto il cantiere.

    Tornano in mente quelle epigrafi e quei fiori, quella cerimonia funebre curiosa di nove anni fa. Era luglio 2005. Non ci furono lacrime ma rabbia per quell’esemplare che aveva più di 70 anni, che aveva visto un po’ di storia della città, che era in perfetta salute, potente e vigoroso, ma era stato abbattuto per lasciar posto a un cantiere edile a due passi dal centro.

    Era anche allora un esemplare di eucaliptus, il più grande della città, con una circonferenza di quasi cinque metri, di quelli impiegati nella bonifica per contribuire al prosciugamento dei terreni e per proteggere dal vento. Svettava in via Emanuele Filiberto, all’angolo che affaccia sulle autolinee. L’orazione funebre la recitò Antonio Pennacchi, scrittore pontino vestito a lutto. Quella provocatoria elegia non voleva proteggere la natura a costo di sacrificare le necessità, ma salvaguardarla dagli inutili sprechi del progresso.

    http://www.ilmessaggero.it/LATINA/latina_veglia_protesta_eucalipto/notizie/987984.shtml

    Pubblicato 9 anni fa #
  24. Veramente una follia non capire l'utilità di queste piante per la nostra comunità.

    Pubblicato 9 anni fa #
  25. big one

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    Membro

    Da poche ore in line il nuovo numero di Fili d'Aquilone.
    All'interno un mio RACCONTO scritto a quattro mani col mio amico Mario Bucci e già pubblicato su Arcipelago e una bellissima storia inedita nata dalla penna di LLUX.

    Pubblicato 9 anni fa #
  26. k

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    Membro

    Il Torque s'è laureato in Lettere con 106 su 110. Bravo. Adesso lo aspetta la Specialistica. Speriamo non aspetti troppo.

    Pubblicato 9 anni fa #
  27. E bravo Torq che alza il livello culturale medio di As...

    Pubblicato 9 anni fa #
  28. Parli per lei Bassoli, qui non ce la caviamo male.

    Pubblicato 9 anni fa #

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