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(1417 articoli)
  • Avviato 15 anni fa da Faust Cornelius Mob
  • Ultima replica da parte di big one
  1. A.

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    Moderatore

    Manzoni ha scritto i promessi sposi e si scopava le servette. Giudicate l'opera, non l'uomo. Altrimenti che dire dell'immenso De Sade? Ma l'avete letta la filosofia nel Boudoir o Justine? Capolavori eterni.

    Pubblicato 11 anni fa #
  2. Sì, però i libri di De Sade non sono scritti troppo bene, sono come dire... mo' non mi viene... scritti di fretta diciamo.

    Pubblicato 11 anni fa #
  3. llux

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    Membro

    Fer, tu a De Sade gli avresti rubato gli schiaffoni dalle mani, e non solo quelli.

    Pubblicato 11 anni fa #
  4. In che senso llux?

    Pubblicato 11 anni fa #
  5. Sto leggendo, in merito a "Lolita", per capirci qualcosa di più, una tesi di laurea di un amico (Simone Lucciola, che ringrazio).

    Vorrei condividere con voi questa sua analisi che mi pare interessante (almeno per me, nella mia ignoranza, lo è stata):

    "La scrittura ridondante, pomposa, complicata fino alla saturazione dall’uso sfrenato di metafore, ipallagi, paronomasie, allitterazioni, tradisce spesso, e in modo ridicolo, l’egocentrismo vanaglorioso del personaggio, assieme al suo inestinguibile e malcelato senso di colpa. La traboccante retorica del nostro, rivolta costantemente nei confronti del lettore, rimanda infatti, inevitabilmente, a una disperata ricerca di giustificazioni artistiche o umane alla propria perversione sessuale".

    Pubblicato 11 anni fa #
  6. zaphod

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    Fondatore

    Tesi di laurea in cosa? Psicologia?

    Pubblicato 11 anni fa #
  7. zaphod

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    Fondatore

    Perché La Critica Letteraria ha Bisogno di Computer e Metodo Scientifico
    di Arturo Robertazzi

    Negli ultimi mesi mi sono appassionato alle Digital Humanties (informatica umanistica in italiano), una disciplina emergente che impiega strumenti computazionali, algoritmi e statistica nello studio della letteratura. Nel primo blog post in cui ho introdotto le Digital Humanities su Scrittore Computazionale, concludevo con una domanda, se vuoi, un po’ filosofica. Dopo aver spulciato la rete per qualche settimana, oggi provo a rispondere a quella domanda:

    Perché abbiamo bisogno delle Digital Humanities?
    Proprio qualche giorno fa ho scritto di Information Overload, sovraccarico informativo. E’ così: siamo sommersi da Film, da opere d’arte, da musica, tutto ovunque, tutto, sempre, online. E con il dilagare dei social network, siamo tutti artisti, tutti fotografi, tutti scrittori, tutti critici. Tutti e nessuno.

    Pensa, nel mondo produciamo circa 6000 libri ogni giorno. Ovvio che il lettore impazzisca. Alcuni sostengono si debba porre un limite a questa produzione, che bisogna vagliare, selezionare. Questo ovviamente pone un problema non di poco conto: chi è colui che seleziona? Le case editrici? Il Critico? Il Lettore? Tutte questioni importanti e interessanti. Lasciamole per un momento, io sono di un’altra opinione.

    Un film, un romanzo, una canzone, un input umano è informazione, è un dato. E non c’è dato giusto o sbagliato, perché il dato è oro. Anzi, la proliferazione di dati, quando spinta all’infinito, fornisce l’immagine esatta di una certa realtà.

    La proliferazione dei dati quindi non può essere il problema. Piuttosto abbiamo bisogno di metodi adeguati che ci permettano di districarci nell’infinità informativa che ci sommerge.

    Questa è secondo me la ragione per cui le Digital Humanities sono fondamentali, perché, impiegando strumenti computazionali, si pongono come scopo quello di digitalizzare, catalogare, analizzare la quantità immensa di testi prodotti dal genere umano.

    Lettura ravvicinata, lettura distante.
    In un’intervista a Nature Podcast, Matthew L. Jockers, Assistant Professor of English at the University of Nebraska, racconta le Digital Humanities e l’importanza di questa disciplina emergente.

    Finora, sostiene Matthew L. Jockers, lo scopo principale della critica letteraria è stato quello di studiare singoli testi, in quello che definisce come “close reading”, lettura ravvicinata.

    Con la digitalizzazione di centinaia di migliaia di testi, alla “close reading” si affianca la possibilità di studiare la letteratura individuando andamenti, modelli, leggi nascoste e catalogando i testi in funzione del tempo, della lingua, dell’origine geografica. Questa è quella che Matthew L. Jockers definisce macroanalisi della letteratura o che il suo collega alla Stanford University, Franco Moretti, chiama “distant reading“, lettura distante. (se te lo stai chiedendo, ti rispondo sì, Franco è il fratello di Nanni)

    Il metodo scientifico nella critica letteraria
    Attraverso l’analisi computazionale di migliaia di testi digitalizzati, questo approccio permette la raccolta di evidenze che possono confermare ipotesi formulate attraverso la tradizionale lettura ravvicinata.

    Matthew L. Jockers, in un studio ripreso dal Science Daily, fa un esempio che trovo molto interessante, il capolavoro di Melville, Moby Dick.

    Che l’opera di Melville fosse fuori dagli schemi era già evidente con il tradizionale approccio del “close reading”. Lo studio computazionale di circa 3500 testi pubblicati tra il 1700 e il 1900 e la conseguente analisi comparativa ha rivelato che Moby Dick è “statisticamente fuori dagli schemi”, essendo il cluster Melville un outlier nella Literature Map ottenuta da Matthew L. Jockers.

    Trovo notevole che la macroanalisi del testo possa introdurre un elemento scientifico nello studio della letteratura. Se le ipotesi proposte da un critico mediante la lettura “ravvicinata” di singole opere possono essere confermate o confutate attraverso una macroanalisi statistico-computazionale, allora la critica letteraria acquisisce un mezzo simile a quello utilizzato dalla scienza.

    Il critico computazionale
    Sarà che ho letto troppi romanzi di fantascienza, sarà che ogni giorno, per il mio lavoro di ricerca, uso i computer per simulare reazioni chimiche, riprodurre interazioni tra DNA e farmaci, predire la struttura e la dinamica di proteine. Sono un chimico che per rispondere alle domande relative a problemi di (bio)chimica utilizza matematica, algoritmi e strumenti computazionali.

    L’uso di computer, di modelli matematici e statistici sta travalicando i confini della scienza, addentrandosi in territori finora stranieri, come, per esempio, la letteratura. E’ forse arrivato il momento che il critico letterario accenda il computer, studi la matematica oltre alla letteratura, familiarizzi con la statistica e affianchi all’analisi ravvicinata di singoli testi, la macroanalisi della lettura distante.

    Perché, come scrive Franco Moretti, un campo immenso come la letteratura non può essere capito cucendo insieme pezzi scollegati di conoscenza; la letteratura non è una somma di singoli casi, piuttosto è un sistema collettivo, che andrebbe compreso nel suo insieme.

    Qua si può leggere l'articolo originale.

    Pubblicato 11 anni fa #
  8. Per Z: Dams. Si chiama ancora così?

    Pubblicato 11 anni fa #
  9. A.

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    Moderatore

    Scritti di fretta? O.o

    Pubblicato 11 anni fa #
  10. zanoni

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    Membro

    io non ho capito una cosa: ma 'sti critici computazionali, alla fine, i libri se li leggono o no?

    Pubblicato 11 anni fa #
  11. Mi sembra un articolo interessante... 10 anni fa. Non so se mi spiego.

    Pubblicato 11 anni fa #
  12. llux

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    Membro

    @Zanoni, nel caso in cui non l'avesse letto. Io sto leggendo Il Museo dell'Innocenza.

    IL MURO DEL BOSFORO COME È TRISTE L' EUROPA VISTA DA ISTANBUL
    Ho passato la vita intera ai margini dell' Europa continentale: dalla finestra della mia casao del mio ufficio guardavo oltre il Bosforo e vedevo l' Asia sull' altra riva; perciò, quando pensavo all' Europa e alla modernità, mi sentivo sempre, come il resto del mondo, un pochettino provinciale. Come i milioni e milioni di persone che vivono al di fuori del mondo occidentale, dovevo comprendere la mia identità guardando l' Europa da lontano, e nel processo di elaborazione della mia identità mi sono spesso domandato che cosa poteva rappresentare l' Europa per me e per noi tutti. È un' esperienza che condivido con la maggioranza della popolazione mondiale, ma dal momento che Istanbul, la mia città, è situata proprio dove comincia l' Europa - o forse dove finisce l' Europa - i miei pensieri e i miei risentimenti sono stati un po' più pressanti e costanti. Provengo da una delle tante famiglie dell' alta borghesia di Istanbul che hanno abbracciato con convinzione le riforme in senso laico e secolare introdotte negli anni ' 20 e ' 30 da Kemal Atatürk, il fondatore della Repubblica turca. Per noi, che a metà Novecento conducevamo una vita altoborghese a Istanbul, l' Europa non era semplicemente un posto dove poter trovare un lavoro, un luogo con cui commerciare o da cui attrarre investitori: era in primo luogo un faro di civiltà. A questo punto è il caso di sottolineare un fatto importante. Storicamente, la Turchia non è mai stata colonizzata da una potenza occidentale, non ha mai subito l' oppressione dell' imperialismo europeo. Questi ci ha consentito di coltivare più liberamente i nostri sogni di occidentalizzazione all' europea, senza risvegliare troppi ricordi brutti e sensi di colpa. Otto anni fa cercavo di convincere chi mi ascoltava di quanto sarebbe stato bello per tutti se la Turchia fosse entrata nell' Unione Europea. Nell' ottobre del 2004, le relazioni fra la Turchia e l' Unione Europea erano all' apogeo: l' opinione pubblica turca e gran parte della stampa apparivano soddisfatte dell' avvio ufficiale dei colloqui per l' adesione. Alcuni giornali turchi ipotizzavano con ottimismo che la faccenda non sarebbe andata per le lunghe, che Ankara sarebbe entrata a pieno titolo nell' Unione Europea entro dieci anni, nel 2014. Altri scrivevano resoconti fiabeschi dei privilegi che i cittadini turchi avrebbero finalmente ottenuto una volta entrati nella Ue. Cosa più importante di tutte, ci sarebbero stati investimenti e i tesori infiniti dei vari fondi comunitari avrebbero preso la via della Turchia, consentendo anche a noi, come i greci, di salire un gradino più su nella scala sociale e vivere nel comfort come gli altri europei. Nel frattempo diventava sempre più forte, specialmente in Germania e in Francia, il coro delle proteste di gruppi nazionalisti e conservatori contro il possibile ingresso della Turchia nell' Unione. Io mi ritrovai invischiato in questo dibattito e cominciai a interrogarmi (e a interrogare gli altri) sul reale significato dell' Europa. Se è la religione a definire i confini dell' Europa, pensavo, allora l' Europa è una civiltà cristiana: e in questo caso la Turchia, la cui popolazione al 99 per cento è di fede islamica, geograficamente fa parte dell' Europa, ma non ha posto nell' Unione Europea. Ma una definizione tanto ristretta del loro continente sarebbe soddisfacente per gli europei? Dopo tutto non è il cristianesimo che ha trasformato l' Europa in un modello per le persone che vivono al di fuori del mondo occidentale, ma una serie di trasformazioni sociali ed economiche, e le idee che tali trasformazioni hanno generato nel corso degli anni. Questa forza intangibile che negli ultimi due secoli ha fatto dell' Europa una calamita fortissima per il resto del mondo è, per dirla in parole semplici, la modernità. Come i nostri fidati libri di storia ci hanno insegnato, la modernità è il prodotto di fenomeni squisitamente europei come il Rinascimento, l' Illuminismo, la Rivoluzione Francese e la Rivoluzione Industriale. E l' elemento chiave è che le forze trainanti di questi cambiamenti di paradigma non sono state religiose, ma "laiche". Qualche anno fa, ogni volta che veniva fuori l' argomento dell' Unione Europea, dicevo che la Turchia doveva entrare nell' Unione se dimostrava di essere in grado di rispettare i principi di libertà, uguaglianza e fratellanza. «Ma la Turchia rispetta questi principi?», mi chiedeva giustamente la gente, e ripartiva il dibattito. Ripensando a quei giorni non posso fare a meno di provare un senso di nostalgia per la passione con cui si discuteva, sia in Turchia che in Europa, dei valori che l' Europa doveva difendere. Oggi, con l' Europa che si dibatte nella crisi della moneta unica e il processo di espansione che ha subito un rallentamento, pochissimi si preoccupano ancora di ragionare e discutere su questi argomenti. E purtroppo è anche scemato l' interesse positivo che circondava il possibile ingresso della Turchia. In parte perché la libertà di pensiero rimane, tristemente, un ambito in cui il mio Paese è ancora in ritardo. Ma la ragione principale sta indubbiamente nel consistente afflusso di immigrati musulmani dal Nordafrica e dall' Asia in Europa, che agli occhi di molti europei getta un' ombra cupa di dubbio e paura sull' idea che un Paese a maggioranza musulmana entri nell' Unione. È evidente che questa paura sta spingendo l' Europa a erigere muri ai suoi confini, e ad allontanarsi gradualmente dal mondo. Mentre il motto Liberté, égalité, fraternité cade pian piano nel dimenticatoio, l' Europa si trasforma tristemente in un luogo sempre più conservatore, dominato da identità etniche e religiose. (Traduzione di Fabio Galimberti) © Orhan Pamuk 2012

    La Repubblica 27.10.2012

    Pubblicato 11 anni fa #
  13. zanoni

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    grazie (avevo in ogni caso letto)... che ne pensi del romanzo?

    Pubblicato 11 anni fa #
  14. llux

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    E' il primo che leggo di Pamuk, ma non l'ho ancora finito, mi mancano meno di duecento pagine. E' un libro lento, poco occidentale nei ritmi, ma è giusto che sia così. E' l'amore in tutte le sue facce: un'ascesa rapida verso il Paradiso in cui ogni desiderio diventa possibile, un precipitare all'Inferno senza aver speranza di uscirne vivi e poi un lungo, lunghissimo Purgatorio in cui i pezzi "devono" andare a posto per forza di cose, per poter continuare a vivere in qualche maniera. La dilatazione dei tempi di narrazione forse serve proprio a lasciare che Kemal percorra tutti i labirinti che un amore così totale può produrre nell'animo umano.
    Mi piace come sullo sfondo ci sia Istanbul e la Turchia, i conflitti politici degli anni settanta, una realtà sociale divisa in due in maniera molto netta, la bella e difficile eredità di Atatürk in un Paese che non è Occidente ma neanche Oriente, come reso bene da Pamuk stesso nell'articolo di Repubblica.
    Ho letto qualche critica in cui si contesta all'autore il fatto di aver reso asse portante della storia la raccolta di oggetti appartenuti a Fusun, imputandogli un feticismo delirante. Barthes in "Frammenti di un discorso amoroso" scrive "ogni oggetto che sia stato toccato dal corpo dell'essere amato diventa diventa parte di questo corpo e il soggetto vi si attacca appassionatamente": io suppongo che tutti abbiamo avuto reliquiari privati di amori finiti, il Museo è un'iperbole che fa da giusta cornice ad una storia molto particolare. A me comunque è venuta voglia di vederlo sul serio il Museo di Cukurcuma.
    Ho sentito parlare un gran bene di "Il mio nome è rosso" e "Istanbul", credo che li leggerò.

    Pubblicato 11 anni fa #
  15. zanoni

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    Membro

    Buonsera, invio la nota del Sindaco di Gatina, Giovanni Di Giorgi, sulla scomparsa di Pino Rauti.
    Grazie

    MORTE DI PINO RAUTI: CORDOGLIO DEL SINDACO GIOVANNI DI GIORGI

    “Con la scomparsa di Pino Rauti viene meno una delle figure storiche della destra italiana ma soprattutto un uomo politico che ha contribuito al dibattito sociale e politico del nostro Paese, di cui, anche da diverse posizioni politiche, non si può disconoscere la profonda onestà intellettuale e la passione per il confronto come strumento di crescita. Una onestà intellettuale palesata anche come segretario dell'MSI, chiamato a raccogliere l'eredità di Giorgio Almirante, e come europarlamentare.

    Alla famiglia Rauti, alla figlia Isabella, al genero Gianni Alemanno, giunga il mio cordoglio e quello della città di Latina”.

    dico: ma all'ufficio stampa del comune di Latina non potevano metterci qualcuno che ha almeno finito il liceo? perche' chi ha scritto una roba del genere non credo lo abbia mai finito...

    Pubblicato 11 anni fa #
  16. Ma perché deve dare il cordoglio a nome dell'intera città? Non penso fosse obbligato. Che mica quando uno diventa sindaco smette di essere persona ed è sempre costretto a girare con la fascia tricolore...

    Pubblicato 11 anni fa #
  17. Sto studiando 'La congiura di Catilina' per l'esame di latino. E sto leggendo, nei momenti di libertà, uno dei romanzi di Mo Yan: Sorgo Rosso. Un narratore solido, sto Mo Yan, che inserisce all'interno di una struttura narrativa solidissima, piena di digressioni fatte ad arte, momenti di poesia. Mi ricorda tanto il modo di narrare di Pennacchi in Canale Mussolini. Finalmente il Nobel scopre un narratore solido. Speriamo che a breve ne scopra un altro, più vicino a noi.

    Pubblicato 11 anni fa #
  18. Ammazza pe' scrive un comunicato, un testo cos'è? boh, bisogna impegnarsi, mica è da tutti...

    Pubblicato 11 anni fa #
  19. zanoni

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    Bassoli, indignati: questo qui (quello del comunicato) e' pagato anche coi soldi tuoi...

    Pubblicato 11 anni fa #
  20. A.

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    Moderatore

    Io penso che bisogna parlare di tante cose, su Latina. Ad esempio, di gran parte degli alloggi che la areonautica militare comprò nella lottizzazione Cucchiarelli, e che erano abitati da persone appartenenti a Gladio e da appartenenti ai servizi deviati. Non credo sia u caso, che a pochi km da qui ci fosse una base Nato...

    Pubblicato 11 anni fa #
  21. k

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    Oddìo! Ma mo' la musa bassoliana s'è impossessata anche di A? Manco fosse, appunto, una reincarnazione di Ximen Nao?

    Pubblicato 11 anni fa #
  22. sensi da trento

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    Membro

    romano... 39 anni come me....

    magari questo lo conosco pure; magari abbiamo frequentato qualche corso insieme.

    certo, però, come ci siamo ridotti male noi ingegneri. Una volta dire ingegnere voleva dire ricco e oggi invece vuol dire disoccupato.

    http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Roma-ingegnere-rapinava-farmacie-Dovevo-pagare-le-rate-della-Mercedes_313866117177.html

    Pubblicato 11 anni fa #
  23. zanoni

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    Sensi, ti assicuro che certi ingegneri di mia conoscenza e' MOLTO MEGLIO che rimangano disoccupati a vita. fidati...

    Pubblicato 11 anni fa #
  24. A.

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    Moderatore

    Ringrazio K dell'apprezzamento, ma io sono io. Saluti

    Pubblicato 11 anni fa #
  25. Sempre nel senso di una delle tue personalità immagino

    Pubblicato 11 anni fa #
  26. A.

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    Moderatore

    Concedo. Avete vinto.

    Pubblicato 11 anni fa #
  27. k

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    Membro

    Ricevo e socializzo:

    SEZZE: ALLE ORIGINI DELLA ROCCAFORTE “ROSSA”
    Esce il nuovo libro di Dario Petti dedicato a Temistocle Velletri, primo sindaco socialista di Sezze nel 1920.

    “La Palude Rossa” è il titolo del nuovo libro di Dario Petti, giornalista e scrittore pontino, che ha ricostruito la vita del primo sindaco socialista di Sezze il prof. Temistocle Velletri, classe 1868, docente di latino e greco nel locale ginnasio “Pacifici-De Magistris”, l’iniziatore della tradizione politica di sinistra del comune setino, pioniere del socialismo nella terra pontina e lepina. “La Palude Rossa” spiega l’autore nell’introduzione, “non è uno slogan nostalgico bensì il modo in cui l’ “Avanti”, quotidiano del Psi, definì l’Agro pontino all’indomani delle elezioni politiche del 1921 che confermarono lo straordinario radicamento dei socialisti nei “paesi della palude” “. Dunque paradossalmente la “provincia fascistissima” di Littoria sorse proprio sulla “palude rossa”, cancellando con la bonifica non solo i terreni malarici e palustri, opera lodevole, ma anche la memoria politica precedente sepolta sotto l’epopea dei coloni e dei pionieri. Il libro ricostruisce come a Sezze e negli altri comuni pontini la massa bracciantile si ribellò al dominio dei grandi latifondisti conquistando, attraverso la lotta politica organizzata, migliori condizioni di vita, il diritto ad un lavoro umano, fino alla vittoria nelle elezioni comunali del 1920, quando i contadini scalzarono dagli scranni consiliari i “signori”. “La scintilla che incendiò l’Agro pontino – scrive Petti – partì da Sezze il 4 agosto del 1912 quando mille contadini sfilarono in corteo per inaugurare la Lega di resistenza contadina” fondata da Temistocle Velletri, destando grande impressione nella stampa borghese dell’epoca, come in un contagio leghe contadine sorsero contemporaneamente a Roccagorga, Maenza, Bassiano e in ogni comune pontino. L’eccidio di Roccagorga del gennaio 1913 ebbe l’effetto di accelerare il processo di politicizzazione in atto nella classe contadina.
    Una ricerca profonda basata sulla stampa dell’epoca, sugli archivi del Ministero degli Interni come su quelli giudiziari, grazie ai quali Petti ha ricostruito nei dettagli la clamorosa rivolta antifascista che esplose a Sezze il 17 giugno del 1923, quando i contadini assediarono le camicie nere invocando il ritorno in paese del prof. Velletri esiliato dal fascismo nell’omonimo comune di Velletri dove morì nel 1940. Nelle 200 pagine del libro, ricche anche di inediti dati elettorali sulle elezioni politiche in Agro pontino dal 1913 al 1924, riemergono figure dimenticate dalla storia ma profondamente rappresentative della vita dell’epoca come il capolega Lidano Budelli, la portabandiera Maria Maiorani, la maestra Clementina Caligaris, moglie del prof. Velletri, che nel 1945 sarà una tra le prime 13 donne italiane a entrare in un’istituzione politica: la Consulta nazionale per la Costituente. Quando cadde il fascismo i contadini setini, come in un romanzo epico, si recarono a Velletri per riportare in paese dopo vent’anni di esilio Carlo Velletri, primogenito di Temistocle, che fu nominato primo sindaco del paese dopo la Liberazione. Sarà Carlo Velletri a guidare il passaggio a Sezze dal vecchio Psi verso il Pci.
    Quella che intraprese Temistocle Velletri all’inizio del ‘900 per l’emancipazione della classe contadina fu una lotta dura e coraggiosa, egli scriverà nel luglio del 1913: “A cagione dell’opera spiegata fra i contadini e per i contadini […] ho subito persecuzioni di ogni sorta […] da parte dei più grandi proprietari di terre”. Un impegno politico e ideale che gli verrà riconosciuto dai braccianti, i quali secondo le forze di polizia, lo seguirono “con una tale intensità da sfiorare il feticismo” fino a conquistare il comune nel 1920. La storia di un capopopolo la cui semina politica, basata sugli ideali di giustizia ed eguaglianza sociale, darà frutti così durevoli da resistere un intero secolo.

    Presentazione libro. Il libro “La Palude Rossa. La vita del prof. Temistocle Velletri (1868-1940) primo sindaco socialista di Sezze e pioniere del socialismo Lepino” edito dalla cooperativa Annales (200 pagine, 15 euro il prezzo di copertina) verrà presentato venerdì 16 novembre alle ore 17:30 presso il Museo Archeologico di Sezze con la presenza del sindaco Andrea Campoli, che ha curato la prefazione del libro, di Domenico Di Resta e Fausto De Angelis.

    Pubblicato 11 anni fa #
  28. Scandalo slot machine, scontati 96 miliardi di euro. Il governo li recuperi per il welfare
    Giovedì, 15 novembre 2012 - 09:07:00
    da affariitaliani.it

    Di Barbara Benedettelli

    98 MILIARDI di euro equivalgono a ben 5 manovre economiche. Sono i soldi che alcune concessionarie di slot machine avrebbero dovuto allo Stato secondo la condanna di primo grado. Di quei 98 MILIARDI (lo scrivo maiuscolo perche' sia chiaro che non sono milioni) ne abbiamo recuperati 2,5.

    Gli altri 96, che potrebbero impedire i tagli al welfare, che potrebbero diminuire i costi del lavoro e creare occupazione, che potrebbero essere dati al volontariato per sostenerlo nella fondamentale opera sociale, che potrebbero evitare tagli lineari alla sanità, che potrebbero permettere incentivi per gli insegnanti, che potrebbero andare all'università per abbassare le rette, alla ricerca delle energie alternative, che potrebbero impedire i tagli alle forze dell'ordine e quindi alla sicurezza dei cittadini, che avrebbero potuto impedire di portare l'IVA al 21% e il rialzo che arriverà, che avrebbero potuto impedire l'IMU sulla prima casa ecc., gli altri 96 sono stati SCONTATI!

    Quei NOVANTASEI MILIARDI DI EURO mancati che potrebbero perfino abbassare parte del nostro debito pubblico, non li ha recuperati neanche un governo che parla ogni istante di rigore, che chiede ai cittadini lacrime e sangue, che taglia da una parte, quella essenziale per la persona, e aumenta dall'altra i costi della vita rendendoci tutti un po' più poveri, insomma: tutti uguali nella povertà, niente più classi intermedie. Solo i "poveri" (la maggioranza) da una parte e i ricchissimi (pochi) dall'altra. Situazione che mi ricorda regimi che spero non tornino mai.

    Prima del 2002 le slot machine (o videopoker) erano illegali e facevano gola alla criminalità organizzata che se l'è vista brutta quando lo Stato ha giustamente deciso di regolarizzare il settore. Lo ha fatto obbligando i gestori a collegare ogni macchina al sistema telematico di controllo della Sogei, società di Information and Communication Technology del Ministero dell'Economia e delle Finanze. In questo modo non può sfuggire nessuna giocata al controllo e l'entrata delle tasse è garantita. Ma a quanto pare le società non hanno provveduto. Di chi è la colpa? Questo è uno dei temi del procedimento a loro carico. Di certo il mancato allacciamento ha permesso loro di risparmiare, e molto, sulle tasse. Possiamo chiamarla evasione fiscale? Le società concessionarie, a leggere la sentenza, si erano impegnate perché tutto funzionasse a puntino ed è per questo che parte cospicua della sanzione, oltre ai sospetti di evasione, è costituita da quelle che vengono definite “inadempienze contrattuali”. C'è poi il caso del colonnello Umberto Rapetto, per anni comandante del Nucleo speciale frodi telematiche,“dimessosi” recentemente dopo l'appello, che ha suscitato non poche perplessità soprattutto nel mondo di internet. Ci sarà un fondo di verità in quanto sostiene la rete?

    Quei 98 MILIARDI sono quanto diverse concessionarie di slot machine sono state condannate a pagare dalla sentenza di primo grado poi scontati del 96% in appello e i 98 MILIARDI diventano 2 e mezzo. Rigore? Lacrime e sangue? Moralità? Legalità? Guerra aperta all'evasione? O al pensionato al quale l'INPS, per suo errore magari (e quindi il pensionato neanche dovrebbe pagare), ha dato 10 euro in più e con cui ci si è comprato un filetto?

    Le società incriminate sono: Atlantis World Giocolegale limited, Snai spa, Sisal spa, Gmatica srl, Cogetech spa, Gamenet spa, Lottomatica Videolot Rete spa, Cirsa Italia srl, H.b.G. Srl e Codere spa che avrebbero “cagionato l’inefficace funzionamento del servizio pubblico, nonché causato lo sperpero delle molteplici risorse finanziarie pubbliche impiegate, nella prevenzione e nel contrasto del gioco illegale; per il mancato avviamento della rete telematica; per il mancato completamento dell’attivazione della rete; per il mancato inserimento in rete di molti apparecchi installati; per il mancato rispetto dei livelli di servizio”.

    La guerra all'evasione deve essere in primis una guerra di fermezza, di certezza della pena, anche lì, di annullamento degli sconti fiscali che anche culturalmente permettono il perpetrarsi di comportamenti illegali. Deve essere una "guerra" per l'uguaglianza: niente sconti al piccolo evasore verso il quale si procede subito al pignoramento dei beni? A maggior ragione niente sconti al grande evasore, e se proprio dobbiamo stare ai principi costituzionali, il grande evasore dovrebbe pagare perfino di più mentre il piccolo potrebbe essere, in casi di provata indigenza, sostenuto. É, per di più, in questo caso, gioco d'azzardo, anche se “legale”, e può provocare in alcune persone una dipendenza pari alla peggiore delle droghe. La ludopatia è una malattia grave. La fermezza, la severità, la forza della legge devono dunque essere perfino maggiori. Invece no.

    Lo Stato, con le sue leggi che lo permettono, regala ben 96 MILIARDI DI EURO a chi per distrazione, per superficialità o per atteggiamento più o meno velatamente illegale (non chiamiamola furbizia), li ha sostanzialmente esso stesso rubati ai cittadini. Poi a quegli stessi cittadini chiede tutto il denaro che hanno, raccontando che il paese può crescere, che l'economia può ripartire, che la disoccupazione può calare, che l'illegalità generalizzata deve sparire. Eppure è alimentata proprio dalla mancanza di severità verso chi non rispetta la legge, e l'aggira. Il principio di responsabilità soltanto ci può salvare e dovrebbe essere al primo posto nella nostra Costituzione. Un altro problema da risolvere, al più presto, è quello relativo al conflitto d'interessi, che, al di là di Berlusconi a cui è sempre e solo stato riferito, riguarda molti molti altri. Un esempio banale: si sa, da tempo sono vicina ai familiari delle Vittime della strada. Vi siete mai chiesti perché non si riesce a rendere le pene certe in questo settore? Semplice e inquietante. Perché in parlamento e in Commissione giustizia ci sono deputati che esercitano la professione di avvocato penalista. Le leggi possono dunque essere imparziali? Tutte le leggi votate in Commissione Giustizia possono essere certe? Ce la prendiamo sempre con i magistrati, ma le colpe della mancanza di certezza della pena non sono sempre e solo loro. Sono invece, spesso, del legislatore che non dovrebbe svolgere altra professione se non quella di parlamentare.

    Ma torniamo ai 96 MILIARDI MANCATI. Da un governo tecnico ci aspettiamo ora, alla fine del mandato, una puntata di piedi per restituire agli italiani ciò che è stato tolto loro, recuperando tutti o molta parte di quei soldi. Ci si aspetta che siano cambiate leggi sempre meno leggi e sempre più "consigli per gli acquisti" che però gli italiani non possono fare, tartassati e schiacciati nei diritti fondamentali quali il lavoro,la salute, la dignità.

    Di miliardi da recuperare dalle frodi e dall'evasione, e già scoperti da bravi investigatori della finanza, ce ne sono. Vediamo che fine fanno, per esempio, i soldi che derivano dalla maxi frode che coinvolge "47 imprenditori e professionisti di tutta Italia denunciati dalla Guardia di finanza di Pescara. Una forde fiscale internazionale, attuata mediante società fittizie e trust con sede nel paradiso fiscale di Madeira. In ballo ci sono altri 36 MILIONI QUESTA VOLTA di euro, ma i nomi degli imputati sono noti a livello nazionale e operano nei più disparati settori. Vediamo se anche questa volta tutto viene messo a tacere per evitare meno soldi ai partiti, meno pubblicità ai media, meno favori, o se invece prevale il rigor mortis montiano.

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    98 miliardi di Euro... e poi fanno i fermi amministrativi alle auto intestate a vecchiette che non pagano il canone Rai...

    Pubblicato 11 anni fa #
  29. k

    offline
    Membro

  30. Capirai Cassano è di Bari, Conte di Lecce... come dire Sezze e Priverno...

    Pubblicato 11 anni fa #

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