1 maggio 2012
Vede Leon, in realtà hanno ragione loro: s'è trattato proprio d'un comizio, almeno la parte sul piano regolatore. Tutto il resto no, era un'orazione funebre. Ma sul piano regolatore era un comizio o, meglio, un j'accuse che ho deliberatamente fatto perché era quello che lui voleva che facessi. E perché, se no, avrebbe lasciato detto espressamente alla famiglia che dovevo parlare io e soltanto io? Perché sapeva che non avrei tradito e avrei detto quelle cose. Non era uomo - mi creda - da potersene andare senza dire fino all'ultimo, a chi lo aveva tradito, che lo aveva tradito. Essì, no? E mo' Finestra gli lasciava a quelli la soddisfazione di venire al suo funerale a fare pure la scena di piangere e addolorarsi? "Ci pensa Antonio", avrà detto ai figli e a Stefano Gori: "Lasciate parla' lui".
Poi - è chiaro - diventa molto più comodo, per chi non ha la coscienza in ordine, spostare tutto il discorso su fascismo/antifascismo, sui saluti romani, sui "presente!" e i presunti misfatti di Finestra settant'anni fa. A loro sono i misfatti loro d'adesso che gli interessa coprire e nascondere, contro la Latina di ieri e d'adesso.
Su queste cose tornerò, ma è bene chiarire che la città di Littoria nasce nel 1932-34 con una forma ed piano generale che la vedono totalmente "di servizio" ad un territorio bonificato e appoderato dall'Opera Nazionale Combattenti, che aveva tolto le terre ai grandi proprietari e le aveva distribuite ai "poveri". Quando nel 1944-45 cade giustamente il fascismo e anche a Littoria arriva la democrazia, le cambiano nome in Latina e si fanno le elezioni. Il primo sindaco sarà un repubblicano - nel senso di iscritto al partito repubblicano - ma poi tutti gli altri sindaci saranno democristiani. Anche il primo sindaco repubblicano passerà però poi alla Democrazia Cristiana, divenendone perfino capogruppo in consiglio comunale.
In ogni caso dal 1944-45 in poi, tutta la politica urbanistica della città di Latina sarà determinata non più da una visione o dall'interesse generale e collettivo del territorio, bensì dalla pura logica del "fare" edilizio, dalla logica imprenditoriale e speculativa. Ergo, a quella che era una visione della città come coordinato corporativo o comunque pianificato, subentra la pura logica liberal-capitalista: "Famo un palazzo qua, famo un palazzo là, famo tutti i palazzi che riuscimo a fà". In quella fase - dal '44-45 in poi, fino al 1974 - quella ideologia si muove nei fatti, in re, senza probabile razionalizzazione: costruire e costruire, con continue lottizzazioni fuori piano. Tutta la politica cittadina è fortemente determinata in prima persona anche in giunta ed in consiglio comunale dai costruttori edili (per inciso va detto che anche il primo sindaco repubblicano era un costruttore edile).
Quel pragmatico "fare" mercantil-capitalista trova infine forma ed ideologizzazione urbanistica compiuta nel 1974 con il piano regolatore "Piccinato & c.". Se lei lo guarda in pianta, lei capisce subito che quel piano intende proprio negare, obliterare ed annullare nei suoi fondamenti concettuali la vecchia città di bonifica chiamata "Littoria". Intende letteralmente umiliarla. Lei vedrà difatti che alle geometrizzazioni della vecchia città radiale e dell'intero territorio dell'Agro Pontino, la nuova città di Piccinato giustappone un tessuto viario di tutte curve, barocco se non rococò, in cui costante è la perdita di senso e d'orientamento: lei lì non capisce mai dove cazzo sta. Quel grattacielo previsto in quel punto, serve proprio per "ammazzare" la prospettiva del decumano e la stessa torre comunale. L'obliterazione dei vecchi percorsi di Via Lunga, Via Persicara, Via dell'Agora, serve proprio per cancellare la bonifica considerata "fascista", ma - e questo è il punto quia absurdum - anche "democratica" e "proletaria", visto che era stata fatta a danno di pochi ricchi ma a vantaggio della masse di poveri e diseredati. La città nuova di Piccinato si ripiglia tutto, e non solo disorienta e spaesa i suoi abitanti, ma in quei quartieri - quartieri ghetto - non prevede un solo spazio pubblico, una sola piazza: ma solo centri commerciali, solo calce e cemento. Una città, cioè, disegnata solo nell'interesse dei gruppi immobiliari e della proprietà capitalistica.
Il piano regolatore di Finestra invece, il piano "Cervellati", la “città delle acque”, intendeva rimettere al centro una visione della città subordinata all'interesse generale e collettivo del territorio e della "gente" come diceva Finestra, ossia della masse, come lei capisce, saldando proprio la città e il territorio a quelle che erano le visioni collettive della bonifica. Chi ha tradito il piano Cervellati ha tradito la città e la bonifica. Non è colpa mia se Visari in consiglio comunale sostenne la battaglia e votò a favore di Finestra e del piano Cervellati, mentre De Marchis attaccò quel piano e votò contro, non mi ricordo se insieme a Nasso e ai costruttori.
Mo' basta che è tardi. Sui saluti romani e sui "presente", però, è chiaro che se lei fa il saluto fascista allo stadio o durante una manifestazione, quello diventa un evidente messaggio di provocazione e di sfida. Ma ogni cosa va vista nel suo contesto, e il rito funebre del "presente!" non è in alcun modo un messaggio politico, è un rito che precede l'avvento stesso del fascismo, è un rito "militare" già in uso tra gli arditi della prima guerra mondiale. In ogni caso è un rito funebre, si fa per salutare il morto che se ne va, non per provocare o intimorire qualcuno che resta. Tu saluti lui e arrivederci e grazie, il suo spirito che affronta il viaggio verso la luce. C'è chi prega, ogni religione ha i suoi riti, c'è chi brucia i morti sulla pira, chi gli dice le preghiere che gli pare. Perchè solo questi non dovrebbero essere liberi di salutare i morti loro come gli pare a loro? Ma dì' che vadano affanculo (non loro, ma gli azzeccagarbugli de sto cazzo). Anzi, sa che le dico? Quando sono uscito dalla chiesa (e sono uscito un po' prima perchè dovevo partire subito, visto che alle 18 ero atteso a Pietrasanta) ho visto il picchetto schierato e ho capito che dovevano fare il "Presente!". Allora sono andato lì da Stefano Savino che era in seconda fila, e ho cercato di dissuaderlo: "Ma vieni via, ma che cazzo stai a fà". E lui invece niente: "No, glielo debbo fare". E allora sono venuto via io e mi sono messo dietro. E quando hanno fatto il primo "Comandante Ajmone Finestra!", "Presente!", dentro di me ho detto: "Ma tu guarda sti cazzo de fasci". Poi hanno fatto il secondo "Comandante Ajmone Finestra!", "Presente!", e io ho ridetto un po' più forte, ma ridendo: "Sti cazzo de fasci". Poi che le debbo dire? Quando il terzo stronzo ha riurlato per l'ultima volta "Comandante Ajmone Finestra!", io non ce l'ho fatta più, il braccio m'è partito da solo e ho urlato pure io, ridendo e piangendo: "Presente!". Mo', secondo lei, io volevo essere fascista? No, io volevo solo salutare, nel modo che avrebbe voluto lui, lo spirito del mio Federale che se ne andava nella Luce. Ciao Federa'! Non gli ho voluto sempre bene. Ma in questi ultimi anni, dopo la battaglia sul piano regolatore, io glien'ho voluto molto e mi sento letteralmente onorato che la famiglia abbia affidato a me l'orazione funebre. E chi non gli sta bene, se la pigliasse in quel posto.
(La sinistra? Finestra era di sicuro più a sinistra di De Marchis.
Viva il Primo Maggio rosso e proletario.)