Dopo i Casalesi, sul tavolo della discussione comune c’è il fenomeno ‘Ndrangheta al nord. E scusate se è poco.
Secondo Beppe Severgnini, “Saviano non è un predicatore. Neppure un magistrato, o un poliziotto. È un ottimo divulgatore, e riesce a spiegare cose complesse in modo semplice”. Ma c’è anche chi la pensa diversamente.
Pino Daniele, ad esempio, uno che il Sud lo conosce bene, ha osservato, con un certo cinismo, che “se fosse pericoloso, l’avrebbero fatto fuori da un pezzo”.
Di sicuro Roberto Saviano, il gomorrista, ha fatto scuola. I lettori sono interessati, of course. Perché le rivelazioni sul Male fanno sempre audience.
Pochi giorni dopo le esternazioni televisive sui presunti rapporti tra la ‘Ndrangheta e la classe politica del nord (come se davvero si potesse pensare che la criminalità organizzata fosse circoscritta al sud, quando anche un ragazzino capisce che essa ha interessi, di ogni genere, in tutto il mondo), ecco, tra squilli di trombe e recensioni-fiume, il libro “Metastasi”, autori Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli (editore “Chiarelettere”), con le scottanti rivelazioni del pentito Giuseppe Di Bella, per un quarto di secolo al servizio del boss Trovato, che subito dichiara: “Io al 99% verrò ucciso.” con buona pace dei fessi che sostenevano che i libri fornissero solo occasione di evasione dalla realtà, modello “Signore degli anelli”.
Ma non c’è solo “Metastasi”. Da segnalare, alla faccia del vicino Natale e dei relativi buoni sentimenti, ci sono almeno questi libri, freschi di stampa, con titoli che sono tutto un programma:
“A Milano comanda la ‘Ndrangheta” (editore “Ponte alle Grazie”, di Davide Carlucci e Giuseppe Caruso): evidenzia come, pur in presenza di arresti ed inchieste, i politici del nord preferiscono spostare l’attenzione – mourinianamente – su banali vicende legate a rom o prostitute;
“’Ndrangheta padana” (“Rubbettino”, di Enzo Ciconte) la descrive come l’unica organizzazione criminale con sedi a Reggio Calabria e… Milano;
“Fratelli di sangue” (“Mondadori”, di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso) promette la mappa delle cosche presenti sul territorio italiano;
infine “Primo sangue” (“BUR” di Aldo Pecora) dove si racconta, col contributo della figlia Rosanna, la vicenda dell’esecuzione del giudice Antonino Scopelliti, avvenuta nel 1991, ma anche il patto tra Mafia e ‘Ndrangheta, che diede inizio alla cosiddetta stagione delle stragi. Proprio un bel quadretto, non c’è che dire. Rassicurante come un film di Dario Argento…
Quando cominciai a coltivare il sogno di scrivere libri, partii da un’idea forse troppo romantica della letteratura che ora, però, un po’ rimpiango.
Pensavo che nei libri si potesse sperare di trovare/costruire mondi migliori, dove innamorarsi non solo di luoghi e personaggi, ma soprattutto di grandi e nobili ideali sui quali fare leva, per tentare di progettare/costruire una società più giusta e tollerante. Una società più intelligente. Una Polis ben lontana dal Do ut des di questi tempi.
Oggi, invece, devo rilevare che la realtà del mercato editoriale librario mostra sempre maggiore interesse per atmosfere alla Mario Puzo, come se non bastassero le puntualissime cronache riportate su quotidiani e periodici, che invadono le edicole.
Il pericolo è quello di restituire ai lettori/cittadini un’immagine troppo negativa di una nazione che ha mille problematiche di ogni genere, ma che non sembra ridotta, nei fatti, al punto di non avere spazio nemmeno per la speranza in un futuro diverso.
Ma evidentemente questo proliferare di libri a tema è un segno dei tempi e delle logiche di mercato. È innegabile che soddisfano le curiosità morbose di lettori cresciuti a narrativa Pulp, film a luci rosse e Romanzi criminali vari. Lettori che amano, evidentemente, danzare con la morte e mescolare, pericolosamente, realtà e fantasia, finendo per confonderle, col rischio, paradossale, di esaltare/celebrare le “gesta” dei boss.
Gli editori italiani se ne sono accorti e, badando al sodo, non mancheranno, nei prossimi mesi, di partorire opere e operelle in serie sulle più varie organizzazioni criminali (ce ne sono per tutti i gusti).
La domanda che mi pongo è sempre la stessa: “Quando le medesime vicende uscivano sui giornali più o meno locali, raccontate con nomi, cognomi e indirizzi, i lettori dove stavano? Quando certi cronisti del sud venivano raggiunti in redazione e minacciati per quanto scritto, quando gli venivano bruciate le auto, le scorte dove erano?”
Va anche rilevato, ad onor del vero, che nella nostra città, Latina, zona strategica di traffici criminali, anche perché intermedia tra Roma (la Banda della Magliana ben raccontata da De Cataldo) e Napoli, mancano editori e autori che abbiano firmato un libro su questo tema. E sì che ce ne sarebbero, di cose da raccontare…
Per leggere “A Latina comanda la Mafia?” dobbiamo forse aspettare un Saviano pontino che per ora non si vede all’orizzonte. Forse è ancora troppo impegnato a mettere insieme i pezzi delle complesse vicende che hanno sconvolto la città, e i suoi misteriosi equilibri, nel corso dell’ultimo anno.