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Nessuno mi può giudicare (Rea Silvia)

(20 articoli)
  1. zaphod

    offline
    Fondatore

    Attenzione: il racconto che segue è frutto di invenzione, qualsiasi riferimento a fatti, persone e luoghi realmente accadudi ed esistenti è da considerare del tutto casuale.

    REA SILVIA

    I giudici sono riuniti in camera di consiglio.
    L'attesa sembra non finire mai.
    Aspetta la sentenza dal suo studio. Non vuole dare la soddisfazione ai suoi nemici di leggere la tensione sul suo volto. L'avvocato chiamerà al telefono appena annunceranno il rientro della corte in aula e potrà ascoltare la sentenza in diretta.
    Il telefono è appoggiato sulla scrivania.
    Muto.
    La mente torna a quando tutto era cominciato.

    1.

    L'igienista dentale sapeva che era arrivato il suo momento. L'ambulatorio era deserto. L'appuntamento era stato fissato dopo l'orario di chiusura. Ufficialmente per motivi di sicurezza, ma lui era consapevole che c'era qualcos'altro dietro quella scelta. Doveva giocare bene le sue carte, e non se ne sarebbe pentito. Così gli avevano detto.
    Per l'ultima volta si guardò nello specchio. Sperò di non aver esagerato col dopobarba mentre si passava la mano sul mento appena rasato. Dal camice bianco occhieggiava la t-shirt Armani nera. Slacciò un altro bottone.
    Il campanello.
    Aprì ed entrarono due uomini della scorta in completo nero, altri due rimasero fuori, ai lati della porta.
    Lei entrò.
    “Signora Presidente,” la accolse lui, mentre la scorta entrava a controllare tutte le stanze, “buonasera, si accomodi pure.”
    Lei – il primo capo del governo donna della storia della Repubblica – lo fissò negli occhi e gli porse la mano.
    “Mi hanno detto un gran bene di lei,” lo squadrò mentre lui portava la mano alle labbra, sfiorandola appena, “vedremo cosa sa fare.”
    “Avevo intenzione di fare del mio meglio,” rispose lui accompagnandola nello studio, “ma adesso che l'ho vista qui di persona sono sicuro che non potrò dare meno del massimo, è un onore e un piacere averla qui.”
    “Galante,” disse lei togliendosi il soprabito, e avvicinandosi alla sedia da dentista, “il che in un uomo non guasta, in un bell'uomo poi, è l'ideale.”
    Le prese il soprabito e lo appese all'attaccapanni. I due della scorta erano rimasti in sala d'attesa. Era il suo momento.
    “Nicola Mineo,” disse la Presidente leggendo il nome sugli attestati che tappezzavano le pareti, “non sarà mica parente di quel giornalista comunista della Televisione di Stato, vero?”
    “Ma scherza?” rispose lui, “io neanche la guardo la Televisione di Stato.”
    Rise mentre prendeva posto sulla sedia reclinata.
    Nicola approfittò per guardarla meglio. Era come in televisione, ma da vicino i suoi 72 anni si vedevano meglio. Da ancora più vicino sarebbero stati evidenti. Scacciò quel pensiero. C'era il suo futuro in ballo.
    La accompagnò sullo schienale tenendola per le spalle. Prese il bavaglino di carta e glielo sistemò davanti per evitare di sporcarle il tailleur. Gli sembrò che lei gonfiasse il petto per prolungare il contatto con le sue mani.
    “Quanti anni hai, Nicola?”
    “Ne compio 23 la settimana prossima.”
    “Mmmmh, ventitré anni,” fece lei chiudendo gli occhi e rilassandosi sullo schienale, “che età meravigliosa, il fiore della giovinezza...”
    Sollevò il braccio destro e glielo poggiò su un fianco.
    “Devi promettermi che non mi farai male.”
    “Sarò leggero come una piuma.”
    “Mah, però con questi muscoli,” e gli tastò il bicipite, “sei uno che va in palestra, vero?”
    “Sì, Presidente,” rispose Nicola inclinandosi su di lei e porgendole un bicchierino di plastica, “ecco sciacqui con questo, ci vado tre volte a settimana.”
    “Si sente,” e allungò la mano a sfiorargli i pettorali.
    Ci siamo. Nicola sbottonò il camice e lo aprì. La mano della donna gli accarezzò la pancia e salì a indugiare un po' più a lungo sui pettorali.
    La Presidente prese un sorso dal bicchierino, sputò nella vaschetta e si riappoggiò sullo schienale. Nicola le asciugò le labbra e il mento con la salvietta e prese lo specchietto per guardarle i denti.
    Intanto la mano destra della donna era arrivata al suo inguine e lo massaggiava delicatamente. Nicola non pensava a niente. Lo sguardo era fisso alla bocca di lei, ma la sua attenzione era concentrata a quella carezza sulle parti intime. Il suo corpo non tardò a reagire.
    “Mmmh,” fece ancora la Presidente mentre sentiva i pantaloni gonfiarsi sotto il suo tocco, “proprio quello che ci vuole dopo una giornata di lavoro.” E aveva inspirato profondamente. Nicola lo aveva preso per un invito e le aveva posato una mano sul seno, delicatamente, pronto a toglierla di scatto, con la scusa della salviettina, al primo accenno di contrarietà. La Presidente invece aveva inarcato la schiena a spingersi di più contro la sua mano. E adesso gli stava anche slacciando la cinta dei pantaloni.
    Nicola continuava a non pensare a niente.
    La sua mano si stava infilando sotto la gonna della donna, ma il suo cervello si rifiutava di elaborare le informazioni sensoriali che riceveva. Indossava un reggicalze, la Presidente. Voleva far colpo, indubbiamente.
    Lui la guardava sulla bocca, fisso. L'attenzione appuntata a mantenere salda quell'erezione.
    Non pensava ad altro, Nicola. Solo a quella mano che continuava a toccarlo.
    E al suo futuro.

    (continua?)

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. k

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    Membro

    Mamma li turchi...!

    Ma chi t'ha dato sta pensata?

    Pubblicato 13 anni fa #
  3. big one

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    Membro

    continua, forza, continua.
    anche prima del 6 aprile

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. SCa

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    Membro

    Ma che hai mangiato l'altra sera?

    Nicola Mineo troppo forte! E la presidente non sarà mica parente di quel cantautore?

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. Mitico Zaph. Pensata geniale.

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. zaphod

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    Fondatore

    La pensata l'aveva suggerita un amico mio qualche tempo fa. Poi st'amico s'è fatto un viaggetto a Casablanca e dice che ci si è pure trovato bene così ho pensato di rimescolare i generi...

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. A.

    offline
    Moderatore

    Te della rea progenie
    degli oppressor discesa,
    cui fu prodezza il numero,
    cui fu ragion l’offesa,
    e dritto il sangue, e gloria
    il non aver pietà,

    te collocò la provvida
    sventura in fra gli oppressi:
    muori compianta e placida;
    scendi a dormir con essi:
    alle incolpate ceneri
    nessuno insulterà.

    Don Lisander Manzoni

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. sensi da trento

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    Membro

    fico il testo del sor zaphod.
    come continua?? magari potresti fare che rea silvia una volta era un uomo che per sfuggire alle accuse di natura sessuale era andato a operarsi a casablanca, in modo da far cadere.... il corpo del reato o far sparire "l'arma del delitto" prima di un'eventuale inchiesta giudiziaria.

    ne potresti fare un legal thriller in stile grisham e poi proporlo a marina berlusconi. per la consulenza legale affidati al fer, che dice di essere avvocato.
    e dice anche di essere scrittore...

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. Sensi se proprio devi dire cazzate almeno fammi fare il giudice

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. rindindin

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    Membro

    72 anni? stai dicendo con questo che non è tutta una questione di soldi, ma di depravazione giovanile?:)

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. k

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    Membro

    "era un uomo che per sfuggire alle accuse di natura sessuale era andato a operarsi a casablanca, in modo da far cadere.... il corpo del reato o far sparire "l'arma del delitto" prima di un'eventuale inchiesta giudiziaria" (Sensi)

    Io l'ho sempre detto che quest'uomo è un genio.
    O Zaphod, è una proposta di variante stupenda.
    Sensi, ma si metta davvero a scrivere anche lei.

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. ahahaah l'arma del delitto, meraviglioso... ma come gli vengono, boh

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. zaphod

    offline
    Fondatore

    2.

    La sera dopo Nicola trovò una limousine nera ad aspettarlo all'uscita dal lavoro.
    Non si stupì.
    A mezzogiorno stava uscendo dallo studio per la pausa pranzo quando un corriere gli aveva consegnato un pacco. Dentro c'era un Rolex d'oro.
    A metà pomeriggio un Sms lo aveva avvisato che sul suo conto corrente erano stati accreditati tremila euro. Stava cavalcando l'onda.
    La macchina percorreva le vie del centro sfruttando tutte le corsie preferenziali. Alla fine si era infilata nel cortile di un palazzo nobiliare. Un domestico lo aveva accompagnato per scale e corridoi fino alla sala da pranzo.
    “Buona sera, Nicola,” lo aveva accolto la Presidente andandogli incontro, “posso presentarti due mie amiche?”
    Al tavolo erano sedute due donne. La prima l'aveva riconosciuta subito come Cecilia Fides, direttore del telegiornale Il Quarto Stato, che andava in onda su una delle televisioni di proprietà della famiglia della Presidente. L'altra gli fu presentata come Manuela Dario, detta La Mora, e di mestiere procurava artisti, soubrette e comparse per le suddette televisioni.
    Durante la cena Nicola era nervoso. Le pietanze erano squisite, ma aveva paura di non sapere come comportarsi con le posate o di commettere qualche gaffe. La Presidente raccontava aneddoti del suo passato, di quando da giovane faceva l'entreneuse sule navi da crociera o dei primi tempi in cui portò la televisione privata a fare concorrenza a quella di Stato. La Mora stava in silenzio e soppesava Nicola con lo sguardo. Rideva a qualsiasi battuta facessero le altre due.
    Cecilia Fides si girava continuamente a guardarlo con un sorriso troppo perfetto per essere vero. Gli occhi esprimevano desiderio e Nicola immaginava che la serata avrebbe richiesto uno straordinario.
    Finita la cena Cecilia aveva raccontato con dovizia di particolari di quella volta che a Montecarlo aveva rilanciato di venti milioni con l'Aga Khan avendo in mano una coppia di nove. La Presidente e la Mora dovevano averla sentita un milione di volte ma ridevano con cortesia nei punti giusti. Solo alla fine, quando aveva detto, “certo che è venuto a vedere, l'ho saputo solo dopo che - con tutti i soldi che aveva - andava a vedere TUTTE le puntate, qualunque punteggio avesse in mano, comunque a quel punto io gli ho offerto il mio corpo, e a quel tempo mi difendevo, quantunque anche ora...” e aveva guardato Nicola.
    “Lascia perdere,” lo aveva interrotto la Presidente, “non ci pensare nemmeno, vai a casa e fatti una bella doccia fredda, oppure fatti accompagnare da lei,” e ammiccò in direzione della Mora che – sotto lo strato abbondante di fondotinta – parve pure arrossire.
    “Pensavo,” disse invece la Mora dopo il primo momento di tentennamento, “che potrei inserire Nicola nella mia squadra, fargli fare qualche provino...”
    “Non se ne parla,” e la Presidente aveva fatto un gesto con la mano a troncare qualsiasi discussione, “Nicola ha il suo lavoro e non può trascurarlo, il vostro non è un ambiente sano, a lui ci penso io.” E lo aveva preso sottobraccio.
    “Comunque si è fatto tardi,” aveva tagliato corto Cecilia Fides, “è ora di tornare a casa.”
    “Avete ragione, ”aveva detto la Presidente congedando le sue ospiti, “e domani è una giornata pesante che c'è Consiglio dei Ministri – a proposito Cecilia, uscendo prendi quella cartellina che c'è il comunicato con quello che decideremo domani – l'hanno voluto fissare di mattina quindi non possiamo fare troppo tardi stasera.” Queste ultime parole erano dirette a Nicola.
    Uscite le due donne dalla stanza si era voltata verso di lui.
    “Ho bisogno di rilassarmi, domani voglio essere fresca e riposata, stasera ti faccio fare lo straordinario.”

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. "Entraineuse".

    Rido, comunque.

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. zaphod

    offline
    Fondatore

    Lo so, co'sta cadenza le puntate perdono di ritmo, però tempo per scrivere non è che ce ne sta tanto in questo periodo e bisogna prendere quello che viene. Però ci tenevo a chiudere questa parte per la ricorrenza dell'8 marzo.

    3.

    Tre anni dopo.
    Nicola sta per infilarsi nel letto. Vive da solo da quando si è lasciato con Annalisa, quella stronza che aveva rischiato di coinvolgerlo in una storia di cocaina. È indeciso se spegnere o no il cellulare quando il dubbio è fugato dal display che si illumina. Lo afferra prima che parta la suoneria. È lei, la Presidente.
    È parecchio che non ne frequenta più le lenzuola, ma – se possibile – il loro rapporto è diventato ancora più intimo. Nicola pensa che ci sia qualche problema con uno degli ospiti del Condominio. Di solito sono loro a chiamarlo direttamente. Più raramente mettono in mezzo la Presidente. Di solito sono gli ultimi arrivati, quelli che ancora si sentono speciali, che pensano di avercelo solo loro, che si fanno reggere. Non si accontentano dello stipendio e della sistemazione gratis nel Condominio - palazzo di lusso in un quartiere residenziale, mica le topaie in cui di solito li andavano a stanare – ma rompono il cazzo di continuo. E le tapparelle incastrate, e il sifone, e l'esposizione, e il cazzo che se li frega. Da quando si era separata da quell'ameba del marito poi la Presidente era diventata insaziabile. Se prima i festini a casa con più uomini contemporaneamente erano una cosa sporadica, adesso si erano trasformati in una consuetudine snervante.
    La Mora e la Fides selezionavano quelli che definivano i più bei “tocchi di manzo” man mano che passavano loro sotto mano, nei provini, nelle redazioni o anche semplicemente nelle cene e nelle feste a cui partecipavano. Poi – una volta verificatane la disponibilità e l'effettiva qualità – toccava a Nicola trovare una sistemazione ai più sprovveduti. Tanti di loro erano abbastanza scaltri da gestire da soli la fortuna che gli capitava. Tanti altri da soli non avrebbero nemmeno saputo allacciarsi le scarpe. Per loro c'era il Condominio. Almeno stavano tutti insieme e non doveva correre da una parte all'altra della città.
    “Pronto.”
    “Nicola,” la voce era scossa, la Presidente non stava bene, “Rubinho ha fatto una cazzata delle sue.”
    Porca troia zoccola. Rubinho era responsabilità diretta sua. Lo aveva arruolato lui, la primavera prima, quando lo aveva visto uscire dai provini della Prima, la squadra di calcio di cui la Presidente era proprietaria. Nicola era appena uscito dalla sauna e stava per andare a buttarsi sotto la doccia quando aveva incrociato sto pezzo di ragazzo. Un fisico da paura e un arnese non da meno. Secondo gli allenatori che lo avevano provinato era l'unico brasiliano che non sapeva nemmeno di che forma era un pallone, ma forse erano altre le sue doti. Lo aveva portato a casa della Presidente durante una delle famose cene e aveva fatto bingo. La Presidente era quasi uscita di senno, se l'era tenuto a casa qualche giorno, e poi ci era ritornato, più volte. E Nicola guardava Cecilia Fides e la Mora dall'alto in basso: “visto che non ci capite un cazzo, di uomini.”
    “L'hanno portato in questura, pare che ha rubato una macchina.”
    Lo sapevano che il passato di quel ragazzo non era proprio pulito. Glielo avevano detto che doveva rigare dritto. Ma lui niente. Si credeva più furbo di tutti.
    “Ho già chiamato la questura.”
    Come?
    “Ho detto al commissario che Rubinho era sotto la mia responsabilità.”
    Questa è impazzita.
    “Gli ho detto che era il nipote del presidente Lula, che era un affare di Stato e che l'avrebbero potuto tranquillamente affidare, seguendo tutte le procedure, al Consigliere Nicola Mineo che lo prenderà in custodia immediatamente.”
    Mi ha inculato.
    “Perciò vai immediatamente lì e risolvi la faccenda.”
    Le strade sono poco trafficate. Nicola guida lentamente verso la Questura. Da quando lo hanno fatto eleggere Consigliere è il primo incarico che gli danno di una certa responsabilità e ne avrebbe fatto volentieri a meno. Pensa alle pratiche che dovrà compilare. Pensa alla notte di sonno persa. A dove porterà Rubinho quando lo avrà tirato fuori. E a quello che gli dirà.
    Se questa storia diventa di dominio pubblico sono cazzi. Già l'estate scorsa le interviste di quello stronzo pugliese che si credeva staminchia avevano fatto il giro del mondo. Figuriamoci adesso se si veniva a sapere che la Presidente intercedeva per un criminale presso la Questura.
    Un criminale minorenne, continuava a ripetere una vocina nella sua testa.

    (Fine Prima Parte)

    [continua]

    Pubblicato 13 anni fa #
  16. k

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    Membro

    Zaph, o lasci perdere o ti sbrighi a finirlo. Pigliati quindici giorni di ferie, mettiti sotto notte e giorno, arriva a cento pagine e poi vediamo che succede.

    Pubblicato 13 anni fa #
  17. Oppure in alternativa pubblicalo in home, tipo le altre novelle a puntate.

    Pubblicato 13 anni fa #
  18. zaphod

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    Fondatore

    La prima parte è conclusa. La seconda inizia così (siamo a pagina 22)

    Parte seconda – Il quadro istituzionale

    1.

    Poi dice che non è vero che si divertono a travisare quello che dico. La Presidente era furibonda. Accartocciò il giornale e lo lanciò contro il muro. Prese il telefono e selezionò il numero del suo avvocato.
    “Hai letto il giornale? È un'indecenza!”
    “Che giornale?”Aveva provato a chiedere Nicoletta Bedin, la donna che – secondo tutte le opinioni – aveva contribuito più di chiunque altro a salvare il culo alla Presidente in svariate occasioni. In tribunale la chiamavano la Strega della Prescrizione. Ogni volta che c'era un processo contro la Presidente i pubblici ministeri pensavano di avercela fatta, di averla messa con le spalle al muro, si incaponivano a testa bassa con le loro ipotesi accusatorie e – un bel giorno – si ritrovavano fuori tempo massimo e con un pugno di mosche in mano. Però, con tutto questo, ogni volta che la Presidente la chiamava si irrigidiva e scattava sull'attenti come quando era praticante nello studio del padre e le rivolgevano la parola i fratelli grandi.
    “Vieni subito qua, stavolta li voglio denunciare.”
    “Ma Presidente, sono in commissione giustizia, fra un po' dobbiamo votare...”
    “Non me ne frega un cazzo quello che dovete votare, fai aggiornare la seduta e vieni qua.”
    Adesso pure le pulci si mettono a tossire. La Presidente posò il telefonino sulla scrivania. Si alzò a raccogliere il giornale, lo dispiegò sulla scrivania e lo riaprì alla pagina incriminata. Chiamò la segretaria e le chiese di convocare anche la vicepresidente.
    Pochi minuti dopo l'avvocato Bedin entrava nello studio bussando discretamente.
    “Guarda qua.”
    Democrazia oggi nelle pagine interne titolava a tutta pagina Gli uomini-oggetto della Presidente. L'occhiello recitava “L'aspetto fisico è essenziale, solo gli stupidi non se ne rendono conto.” La Vecchia Signora che tanto parla di meritocrazia e capacità individuali si lascia soggiogare dal fascino maschile e apre le porte del parlamento e dei governi locali ai favoriti del suo harem.
    “Ti rendi conto?”
    Nicoletta Bedin aveva inforcato gli occhiali e letto i titoli del giornale spiegazzato. L'articolo era un collage delle dichiarazioni della Presidente alla conferenza stampa del giorno prima e l'articolista lo condiva con un elenco di tutti i deputati, consiglieri locali e funzionari pubblici che secondo lui ricoprivano un posto in base alle caratteristiche fisiche.
    “Beh, effettivamente Vecchia Signora è un termine un po' forte, ma non so se ci sono i termini per una querela.”
    “Ma che cazzo dici, Nicole',” era sbottata la Presidente, “che cazzo me ne frega della Vecchia Signora, io sto parlando delle mie dichiarazioni. Tu ieri ci stavi alla conferenza stampa, dimmi un po' se io ho detto una cazzata così. Questi sono comunisti e in malafede, diglielo un po' tu, Enrica.” E si era rivolta alla vicepresidente che nel frattempo era stata fatta accomodare dalla segretaria nello studio.
    “Ecco, ho il testo della conferenza stampa di ieri.”
    “Non ho bisogno di leggerlo, figurati se non mi ricordo quello che ho risposto ieri pomeriggio a quello stronzo.”
    La Presidente si era versata un bicchiere d'acqua e aveva ripreso a parlare andando su e giù per lo studio.
    “Io ho dichiarato che l'aspetto fisico non andava sottovalutato, che una cura della persona nella sua intierezza – proprio intierezza ho detto, me lo ricordo come fosse ora – sia psichica che intellettiva non poteva non ripercuotersi anche sull'esteriorità, e che quindi chi non prestava attenzione all'aspetto estetico è uno stupido e un superficiale. Ditemi adesso se il testo che ha riportato quello stronzo corrisponde a queste parole.”
    “Lo so bene che non corrisponde,” aveva risposto, “ti ricordo che quella risposta te l'ho scritta io, ma che ci vuoi fare, figurati se i giornalisti politici di questa nazione conoscono Oscar Wilde.”
    “Enrica, mettiamo bene in chiaro che né tu, né un inglese frocio del secolo scorso siete in grado di insegnare qualcosa a me in fatto di uomini, qui il punto è che questi si permettono di scrivere qualsiasi cosa pur di offendermi.”
    Aveva preso il giornale, lo aveva ripiegato per bene e lo aveva messo in mano all'avvocato Nicoletta Bedin.
    “Studiatelo bene, e vedi se ci sono gli estremi per una querela, mi sono rotta le scatole di fare smentite in televisione, ogni tanto bisogna pure che se la facciano sotto e paghino qualche avvocato, a proposito, che dovevate votare in commissione?”
    “Il testo definitivo della legge che permette al Presidente della Repubblica e al Capo del Governo di sfangarla fino a fine legislatura, ma l'abbiamo rimandata alla settimana prossima.”

    Pubblicato 13 anni fa #
  19. k

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    Membro

    No, Zaph, la Presidente non dice parolacce. E' sempre tirata e su di tono, anche quando va da sola al gabinetto. Sono i maschi che dicono tutte quelle parolacce. La donna di classe no. Pure se è troia e tiranna.

    Pubblicato 13 anni fa #
  20. zaphod

    offline
    Fondatore

    Ricevuto.

    Pubblicato 13 anni fa #

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