Fernà, D'Alema è uno che ci vede lungo. Uno che la politica la mastica da quando ancora era feto nel pancione della madre. Certo che voleva riscrive le regole, che cazzo di domanda è? Sennò non faceva la bicamerale, che dici?
ASSEMBLEA (RI)COSTITUENTE
Il problema per l'assemblea costituente è vedere quanto e come dura st'ultima fase del governo Berlusconi. Ormai che sia ostaggio dei finiani è assodato. Fini se l'è rigirato come voleva, rischiando tanto e andando avanti, nonostante tutto. Per ora, al contrario del centrosinistra, è lui ad avere un think thank con i controcoglioni (da Flavia Perina a Filippo Rossi). Di Pietro, Bossi e Grillo sbraitano come cani affamati d'elezioni. S'erano cresi che ci si andava subito, senza passare da una nuova legge elettorale. E invece il Bersanone, insieme agli altri alleati momentanei suoi, ha dato fiducia all'ex presidente di An e incassa un risultato che dà un po' d'ossigeno a sè e ai suoi.
Veltroni se l'è presa in saccoccia. Il soccorso rosa non ha funzionato. Le uova nel paniere non le ha rotte perché ha trovato poche sponde. In più, con la scelta di candidare Calearo - ora passato di là - non credo abbia fatto una bellissima figura.
Si va avanti, col PDL ostaggio di FLI e MPA. Il PD alla finestra e un Vendola depotenziato visto l'allontanarsi dell'appuntamento elettorale e, quindi, delle primarie.
VOGLIA D'ETICHETTE E ALAMBICCHI TRANSGENICI
A Latina, invece, calma piatta. Oggi ho letto su un giornale che Creo proponeva un repulisti del Pdl da tutte le persone non allineate. Ce l'ha sto vizio, Creo, dell'ordine. Un po' manicheista. Ieri da assessore: tu artista e tu no. Oggi da dirigente Pdl: tu pidiellino e tu no. Gli piace mettere le etichette. Oltre la curiosità, però, la cosa che mi chiedo è: che fine hanno fatto i finiani? Cianno campato tanti anni, a Latina, con una sua frase: "è il laboratorio politico della destra". Era una cosa che riempiva d'orgoglio. Il capo in persona ti individuava come un punto nevralgico, sperimentale. Era l'epoca di Zaccheo deputato, Finestra sindaco e Pedrizzi al senato. Storace in Regione, loro a governare lo Stato e in Provincia, mi pare, Martella. Ma si vede che qualcosa di transgenico dev'essere circolato tra gli alambicchi e le provette. Perché oggi tutti hanno fatto il salto: da missini a pidiellini convinti. Pure co Storace o la Santanché so disposti ad andare, tranne che con l'ex capo loro. E pensare che hanno pure attraversato il deserto insieme a lui, ed è bastato un gesto. L'unica paura mia - perchè Fini potrebbe stabilizzare una politica bipolare con una destra decente, in attesa che decente ci diventi pure la sinistra - è che a forza d'attraversà deserti, montagne, pianure desolate, la gente si rompa un po' i coglioni e dica: "Gianfrà, noi se fermamo qua". L'unico, titubante, che sembra sia stato disposto a seguirlo è De Monaco. Dicono i bene informati, però, che si tratta di un segnale lanciato da Zaccheo: "Gianfrà, simm' sempre noi". Solo che a quel poveraccio, di cui qualcuno s'è messo subito a ridiscutere l'incarico in provincia, ha un po' tentennato. "Vincenzo, sei sicuro?". "Si, si, non ti preoccupare". "Ma perché non vieni pure te?". "Meglio tenere la posizione nel Pdl". Come se stesse tentando di tenere insieme il tesoretto, di voti, che s'è guadagnato tutto l'ex Msi negli anni.
PRIMARIE SINISTRE
Dice: "e il centrosinistra". Ho paura che la luce, là da quelle parti, non arrivi mai. A Latina meno che nel resto del mondo. C'è chi dice che il candidato voglia farlo Moscardelli, più per rafforzare la propria leadership che per reali speranze di farcela. Alla lunga s'è dimostrato vero quello che avevamo detto (almeno parecchi di noi): non si doveva firmare la sfiducia dettata da Fazzone. Al massimo, si dovevano chiedere le dimissioni di Zaccheo in consiglio comunale. "Vincè, noi non annamo a firma' solo per farti dimettere". Non rimaneva che vedere cosa il destino riservava in quei 20 giorni in cui il sindaco deve provare a formare una nuova maggioranza. E invece no, qualcuno ha pensato che si poteva subito incassare il risultato. Quando? Nessuno s'è mai preoccupato di chiederlo. E allora il rinvio è stato talmente tanto lungo che s'è arrivati alla primavera. E l'autunno, come si sa, porta consiglio. Ti passi la primavera e l'estate a fare lo scemo, a goderti la vita, a fare quello che ti dice il sole e la gente e l'acqua salata e poi, ai primi freschetti, rientri in te e ti inizi a guardare intorno. E infatti a destra si sono messi d'accordo con Cirilli. "Vai te Fabbrì, ti prendi la rivincita". A Zaccheo e company gli ha dato un po' di fastidio, ma quelli il cecio se lo devono tenè. "O te magni sta minestra...". Invece a sinistra si litiga. "Vado io". "No, vado io". "Beh, se ci vai te perché non ci posso andare pure io?". E allora sono riuscite fuori queste primarie. Che ormai sono diventate come la morfina. Le facciamo soltanto perché sono le uniche elezioni che riusciamo a vincere. Rappresentano il paese ideale di ogni 'compagno'. Non c'è vera opposizione. Alla fine, chiunque ne esca vincitore, puoi sempre dire: "vabbè, però anche lui è portatore dei nostri valori, è un democratico, è uno che s'è fatto le notti a cucinà le salsicce alla festa de l'unità". Insomma... dove ce la cantiamo e ce la suoniamo. E, un po' come in Corea del Nord, i candidati outisder o antagonisti sono in genere finti - tranne il caso Puglia - perché già tutto è stato deciso prima. Insomma, la vedo male.