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TORINO FILM FESTIVAL - DISCONTINUO LIVE REPORT

(17 articoli)
  • Avviato 13 anni fa da Faust Cornelius Mob
  • Ultima replica da parte di Faust Cornelius Mob
  1. Direttamente da una sala stampa del Torino Film Festival, il vostro inviato speciale vi offre un live report a singhiozzo, nel senso che vi aggiorno quando ho tempo, in attesa di uno speciale post-festival più nutrito.

    Parte male, malissimo questo TFF con la visione del pessimo "DAMNED BY DAWN", di Brett Anstey. Rivisitazione in chiave moderna della leggenda irlandese della Banshee, lo spirito urlante che reclama le anime dei morti, questo film è uno slasherino fuori tempo massimo nelle idee proposte e fuori controllo di quelli che sono i meccanismi più basilari, sia in senso narrativo che in senso contenutistico, dell'horror.
    Sceneggiatura banale, spaventi telefonati, pessimi effetti speciali e vistosi buchi (quando non errori tout court) di sceneggiatura valgono una sonora stroncatura a un film che potrebbe salvarsi buttandosi sul cazzaro consapevole preferendo, purtroppo, prendersi pienamente sul serio. Scene pretestuose come la lunga camminata con il fucile in mano che la protagonista compie verso la parte finale del film o la spiegazione del tutto didascalica lasciano trasparire una storia povera e costruita sul quasi niente mentre errori quali la caratterizzazione quasi assente (e quando c'è è pure sbagliata) e il salto sbagliatissimo in quanto ingiustificato dall'alba alla notte nelle ultime scene tradiscono una profonda immaturità da parte del regista.
    Sul piano narrativo, i clichè della narrativa orrorifica, in particolare la violazione etica che scatena il massacro, sono sfruttati in maniera piatta e senza un minimo di coraggio.
    Meno che scolastico, davvero da dimenticare.
    L'unica cosa che ancora mi chiedo è cosa dicesse la capoccia a chi lo ha prodotto, visto che due soldi lì dentro ci sono.

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. Visioni programmate per oggi :

    Vanishing on 7th Street ( Brad Anderson )
    Recent Anthropologies (Ben Russell)
    127 Hours ( Danny Boyle)
    The Special Relationship - I due presidenti ( se riesco a prendere posto)

    Pubblicato 13 anni fa #
  3. Piega sempre peggio questa prima giornata del Torino Film Festival. Perso "Vanishing on the 7th Street" per via dielle imbarazzanti capacità organizzative degli addetti alla sala, incapaci di creare file distinte per distinte priorità d'ingresso, ho optato per il successivo "RECENT ANTHROPOLOGIES", selezione di cortometraggi di Ben Russell.
    Che dire... l'impressione di fondo non è buona. Un paio di intuizioni felici ci sono, specialmente nel suggestivo corto di apertura "Black and white trypps number three", ma in generale ci troviamo davanti a, passatemi il francesismo, una raccolta di seghe mentali. Russell non è privo di talento ma si pone volutamente troppo oltre una fruibilità ottimale risultando ostico e, in più di un caso, pretenzioso. Narrativamente parlando siamo al grado zero, qualche particella seminata qua e là in mezzo a sequenze inutili come, per esempio, i dieci minuti buoni di immagini stroboscopiche verso il finale. E' davvero un peccato perchè, se dette particelle in episodi come "The red and the blue gods" riescono a suggerire una storia dai toni profondamente evocativi, exploit come "Last Days" rivestono concetti molto semplici di una patina di intellettualismo irritante.

    Secondo buco nell'acqua, in definitiva, speriamo di rifarci in serata.

    Il vostro inviato passa e chiude.

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. Grande Faust.

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. rindindin

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    Membro

    bravo! ma ci sono i pop corn?

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. Terza brutta sorpresa per questo festival è "THE SPECIAL RELATIONSHIP - I DUE PRESIDENTI" DI Richard Locraine. Film realizzato per la TV, "The Special Relationship" racconta dell'amicizia personale e dell'intesa politica fra Bill Clinton e Tony Blair.
    Il film è essenzialmente uno spottone per quello che nei paesi anglosassoni si può definire come centrosinistra, nella fattispecie di quanto ottenuto in termini elettorali e di politica estera dalle due amministrazioni in oggetto.
    Televisivo nella qualità dell'immagine, nella scrittura e nella caratterizzazione dei personaggi, "The Special Relationship" è un film molto, molto furbo a livello di marketing in quanto Locraine è stato sicuramente previdente nelle possibili accuse di agiografia che si possono muovere a chi si misuri con un'opera di questo genere e, di conseguenza, ha inserito nel film dei momenti critici ma non troppo, buttando lì un po' di realpolitik da bar insieme con un generico "mah, sai, i politici sono tutti un po' puttane". La verità è che gli assunti di partenza non vengono mai realmente messi in gioco e, alla fine, i buoni e i cattivi sono riconoscibili senza dubbio alcuno, con tanto di uscite patetiche a rimarcare il tutto.
    Progetto debole, semplificatorio (soprattutto nel trattare episodi come l'intervento in Kosovo) e assolutorio, questo falso tentativo di dare un gratuito volto umano a due importanti uomini politici risulta in definitiva falso e stucchevole per quanto formalmente pulito.
    Notevole, comunque, la somiglianza degli attori all loro controparti reali.

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. Chiudiamo la giornata con un film interessante.

    "127 Hours", l'ultima fatica di Danny Boyle ( The Beach, 28 giorno dopo), narra dell'esperienza estrema di uno sportivo rimasto intrappolato in un canyon per diversi giorni. La pellicola risulta efficace sia sul piano delle scelte formali sia sul piano della narrazione vera e propria spostando gradualmente il fuoco del conflitto dal confronto uomo-natura al confronto uomo-se stesso. L'incidente che costringe il protagonista in una prolungata situazione di prostrazione psicofisica diventa, infatti, un'occasione per un'autoanalisi dai toni spesso onirici in cui un uomo si trova faccia a faccia con il proprio egoismo e comprende come, in definitiva, il suo destino se lo sia costruito da solo giorno dopo giorno.
    Boyle con la macchina da presa è bravo e su questo non ci piove, tuttavia questo suo ultimo lavoro tradisce in più di un'occasione un compiacimento del regista nei confronti dei propri stessi virtuosismi e, soprattutto nella parte centrale, un certo eccesso nell'uso di una narrazione decompressa che dilata un po' troppo un'introspezione un po' facile rallentando il ritmo della narrazione. Tutto ciò è, tuttavia, perdonabile : non è semplice girare un film che si regge per un'ora e mezza abbondante pressochè su un solo attore e su una sola location e, visto che il tutto viene narrato in maniera convincente e mai troppo tirata per i capelli qualche lungaggine ci può pure stare.
    Efficaci, tremendamente efficaci alcuni momenti, soprattutto verso il finale, dove le sensazioni del protagonista bucano lo schermo e prendono corpo in maniera molto concreta nello spettatore.
    Una bella prova, forse un pelino facile e non troppo coraggiosa ma in definitiva ben riuscita.

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. k

    offline
    Membro

    Bella prova anche la tua, Faust. Vai così, che vai bene.

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. Tripletta di qualità altalentante per aprire questa seconda giornata del Torino Film Festival by Anonima Scrittori.

    Partiamo con il coreano "ANIMAL TOWN", di Kyuhwan Jeon, pellicola che racconta delle vite di un pedofilo in cura e di un tipografo in difficoltà economica nella Seoul contamporanea. E' la città stessa e, in essa rappresentata, la società tutta il vero oggetto del film, organismo di dimensioni ciclopiche ma cieco, sordo e comunque non interessato ai destini di protagonisti e comprimari che, in fin dei conti, altro non sono minuscole cellule che ne costituiscono parte della struttura.
    Seoul ogni giorno ti sovrasta, ti ingoia, ti mastica e di tanto in tanto si prende la briga di risputarti tutto intero, o quasi, con i tuoi drammi personali che giorno dopo giorno scandiscono la tua vita nell'altrui indifferenza, perchè bene o male le cose devono andare avanti.
    "Animal Town" è un lavoro dal ritmo lento, costruito sulla ripetizione e sull'attesa e su un registro molto, molto contenuto e quasi mai sopra le righe, seppur di poco.
    Peccato per il finale che, nonostante non rovini realmente la pellicola, tutto sommato non è necessario in quanto le storie in essa raccontate si reggono tranquillamente sulle proprie gambe.
    In definitiva un buon film, non eccezionale nè imprescindibile ma ben degno di una visione, soprattutto i suoi ritratti vivi e frontali nella propria freddezza rappresentativa.

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. Continuiamo con "LAS MARIMBAS DEL INFIERNO", coproduzione franco-messicano-guatemalteca a opera di Julio Fernandez Cordon.
    Parlando in tutta franchezza, io quando mi trovo di fronte a lavori come questo mi chiedo sul serio dove avessero intenzione di andare a parare autore e produttore.
    La storia narra di un suonatore di Marimba, tipico strumento centroamericano,che trovatosi disoccupato si trova a tentare la strada della sperimentazione fondando, insieme a un musicista Heavy Metal passato attraverso diverse conversioni religiose, un gruppo che mischi la musica tradizionale con il metallo pesante.
    Entrato in sala convinto di vedere una commedia, mi sono trovato spiazzato di fronte a un'opera a cui gli autori non sanno imprimere una direzione. In un'ora e dieci di film, numerosi sono quelli che altro non saprei definire se non sbalzi di registro, cambi di tono della narrazione che tutto sembrano fuorchè controllati e tutto sono fuorchè efficaci. Il risultato è un ibrido senza identità che scorre piatto per una durata percepita lungamente superiore a quella reale. I personaggi sono detestabili nel migliore dei casi, quando non tristemente incolori, e non si intravede nessuno sviluppo per nessuno di essi se non una serie di strade imboccate e abortite poco dopo.
    Un Ufo cinematografico nella più deteriore delle accezioni.

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. Chiudiamo questa prima parte del report di oggi con "RED HILL", di Patrick Huges.
    Opera piacevolmente sorprendente, "RED HILL" si apre come un western contemporaneo ambientato nell'outback australiano con protagonista un poliziotto da poco trasferito in un paesino di campagna con tanto di moglie incita appresso alle prese con le differenze di mentalità fra paese e città. La svolta inaspettata, tuttavia, si ha quando il passato torna nel borgo di Red Hill e vecchi crimini tornano a galla.
    Con questo inedito tributo allo slasher anni '80, Huges rispolvera il canovaccio sin troppo collaudato della vendetta a catena ricontestualizzandolo in un'ambientazione poco frequentata dal genere. Dopo una partenza tranquilla, la pellicola acquista un ritmo serrato in una corsa a denti stretti in un crescendo di violenza e situazioni adrenaliniche ben scritto adeguatamente dosato nei tempi. Da tempo non si vedeva una bodycount del genere sullo schermo, spietata senza istrionismi nè compiacimenti eccessivi. Convincenti le caratterizzazioni dei personaggi a cui viene concesso lo spazio giusto per non risultare piatte ma non più di quello necessario per essere funzionali a una trama che lascia poco spazio all'introspezione in favore di un'azione ben rappresentata ed efficace.
    Ci sono, c'è da dirlo, alcuni errori tutto sommato perdonabili in quanto non realmente dannosi nell'economia generale dell'opera.
    In definitiva un lavoro semplice e onesto, certamente non originale ma adatto allo scopo in termini di intrattenimento.

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. big one

    offline
    Membro

    bravo Faust in prima linea!

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. Procediamo di gran carriera verso la conclusione di questo report con la penultima delle visioni in programma : “JACK GOES FISHING”, di Philip Seymour Hoffman, storia di quattro persone e dei loro tentativi, più o meno fruttuosi, di superare le proprie nevrosi. L’opera è tutta costruita sui personaggi, sulle loro relazioni e, soprattutto, sulla loro incapacità di avere un rapporto sereno con se stessi e con il mondo. A tratti divertente e a tratti amaro, il film segue un percorso lineare che si evolve in un climax davvero forte e inaspettato. Ben rese le trasformazioni speculari delle vite del protagonista, Jack, e dell’amico Clyde, l’uno intento a venire a patti con i propri evidenti limiti nel tentativo di costruire un rapporto con l’altrettanto problematica Connie e l’altro che si riscopre incapace, proprio malgrado, di superare il proprio passato al punto di minare le fondamenta del proprio matrimonio cercando di dimostrare a se stesso il contrario. I ritratti che emergono dalla rappresentazione di Hoffman sono vivi e realistici e i personaggi sono commoventi quanto divertenti in tutta la loro vulnerabilità e nel loro essere, nonostante tutto, fragili rispetto al contesto che li circonda. Il registro della narrazione è discreto e quasi mai sopra le righe e la trama lascia moltissimo spazio ai dialoghi, esilaranti in più di uno scambio e metro di misura di una caratterizzazione ben approfondita. Una commedia agrodolce fruibile ma non facilissima, mai premiata sinora dal successo commerciale, “JACK GOES FISHING” è una prova solida soprattutto in termini di scrittura.

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. Chiudiamo il nostro report del Torino Film Festival con il ritorno di un grande maestro dell’horror. Sto parlando di John Carpenter e del suo “THE WARD”, preceduto dall’esilarante cortometraggio musical “THE LEGEND OF THE BEAVER DAM”, di Jerome Sable. Dopo quasi un decennio torna sulle scene il regista di “La cosa” e lo fa con un back to basics alla sua maniera, ovvero con un film piccolo ma agguerrito e molto, molto artigianale. La vicenda è ambientata in un ospedale psichiatrico, evergreen del genere, entro le cui mura la protagonista si troverà rinchiusa a lottare con tutta la propria determinazione. Semplice, diretto, aggressivo e pervaso da un’atmosfera febbrile e claustrofobica, “THE WARD” è un lavoro che omaggia e riprende in maniera scoperta gli anni ’70 sia nei toni che in un modo di fare cinema schietto e poco propenso ad andare per il sottile. Carpenter racconta con piglio deciso e senza curarsi della scarsità di mezzi, costruendo molto sull’atmosfera e su una vicenda che tiene alta l’attenzione nel suo svelarsi poco per volta. Una trama, per certi versi, a orologeria in cui tutto torna ma solo a posteriori e una caratterizzazione dei personaggi a ciò funzionale danno vita a un prodotto di intrattenimento semplice ma onesto e non privo di trovate interessanti. Da manuale l’utilizzo del meccanismo colpa-punizione che sta alla base della narrativa horror, suggerito ma mai apertamente svelato se non alla fine del film. Un’opera certamente meno coraggiosa e meno divertita del precedente “Fantasmi da Marte” e autoreferenziale nello stile, “The Ward” è un lavoro godibilissimo di un regista capace di intrattenere senza pur segnare alcun passo in avanti nell’evoluzione della propria poetica.

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. La mia impressione finale è che il Torino Film Festival sia un'iniziativa tutto sommato minore che di ciò non sembra soffrire eccessivamente.
    Sia sul piano del riscontro mediatico che su quello della presenza cittadina il TFF è a mio avviso poco sentito e sinceramente non percepisco alcun reale impegno verso un'evoluzione di detta situazione visti anche le ingenuità organizzative e la mancata presenza di pellicole di grande richiamo.

    Pubblicato 13 anni fa #
  16. Faust, non te fa caccià

    Pubblicato 13 anni fa #
  17. Quel che è giusto è giusto.

    Se la cosa piace conterei di ripetermi in altre occasioni.

    Pubblicato 13 anni fa #

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