Documento storico:
E una storia fantastica, perche' ora Giovanni Brusca dice che lui si e' inventato tutto. Dopo una giornata estenuante, i magistrati di Palermo, Firenze e Caltanissetta riescono ad affermare: "Adesso e' tutto chiaro". Uno: il vero complotto era contro Violante. Due: non e' mai avvenuto l' incontro a quattrocchi tra il boss e l' alta "personalita' delle istituzioni ancora in carica". Tre: e' quindi una patacca il racconto che il padrino di San Giuseppe Jato ha consegnato al suo ex avvocato Vito Ganci secondo il quale Andreotti sarebbe stato incastrato da pentiti pilotati. Tutto frutto della fantasia. Ma purtroppo e' vero il piano destabilizzante studiato a tavolino da Cosa nostra per distruggere i collaboratori di giustizia. Tutta questa macchinazione di Cosa nostra nasce da una coincidenza: un volo Palermo Roma del 21 o del 22 dicembre 1991, il giorno in cui per un puro caso si sarebbero trovati sullo stesso aereo i fratelli Brusca (Giovanni non era ancora latitante) e Luciano Violante, a quei tempi vice presidente dell' Antimafia. Una bella concomitanza temporale, un colpo eccezionale, che ha poi indotto il mafioso Brusca a non buttare nella spazzatura quel preziosissimo biglietto Alitalia: la carta era troppo ghiotta per non essere messa in un cassetto fino al momento piu' propizio per lanciare l' offensiva contro i pentiti di mafia. Ma poi Brusca dice di voler collaborare e il piano diabolico salta. Ecco la ricostruzione dei magistrati impegnati a risolvere il rebus dell' anno. Violante non replica: "Nessun commento, ci sono i magistrati che si occupano del caso". Sono le 17.30, quando il procuratore aggiunto di Palermo Guido Lo Forte apre la porta del suo ufficio. Il vice di Caselli ovviamente non fa i nomi e non fornisce i particolari della manovra messa in piedi "non solo da Brusca". Si limita a ripetere: "Siamo in grado di chiarire tutto". E poi si gioca uno degli assi nella manica raccolti dai magistrati: "Ci sono le dichiarazioni di Giuseppe Monticciolo (pentito di San Giuseppe Jato, ex braccio destro di Brusca, ndr), che sono state rese in tempi non sospetti: il complotto inventato era una vecchia idea di Brusca". Infatti, nel giugno ' 96, proprio Monticciolo avrebbe messo a verbale le confidenze ricevute dal suo capo che piu' o meno gli disse: "Se mi arrestano diro' che sono finito nei guai perche' non ho voluto accusare Andreotti come ha fatto Balduccio Di Maggio". Tutto questo Ganci lo avrebbe appreso per la prima volta durante un incontro con il suo assistito ancora latitante. Era la fine del ' 95. Ma poi, con l' arresto di Brusca, il quadro cambia radicalmente. E ieri . quando Caselli, Tinebra e Vigna lo vanno a interrogare a Rebibbia . lo stesso Boss avrebbe ammesso: "I miei erano solo veleni. Volevo scrivere un memoriale da inviare al presidente della corte del processo "Agrigento", volevo difendermi cosi' ". In altre parole, il padrino si rimangia tutto, anche le dichiarazioni fatte in carcere durante i primi colloqui investigativi. Poi parla il suo nuovo avvocato: "Brusca e' un collaboratore credibile e non piu' un dichiarante come lo aveva definito Caselli. Ha dimostrato di essere un collaboratore serio e determinato". Li Gotti arriva al cuore del problema: "Ha chiarito il tentativo predisposto a tavolino che poi si e' prodotto in una sorta di complotto ordito da Cosa nostra". Il legale si ferma qui ma sembra di capire che Brusca, nel momento in cui decide di collaborare, avrebbe detto a Ganci che la sua storia era totalmente inventata. E allora perche' il legale di San Giuseppe Jato ha sparato cosi' in alto quando il boss decide di saltare il fosso? Da Palermo risponde indirettamente Lo Forte: "Ci domandiamo tutti perche' lo ha fatto. La Sicilia e' difficile da capire per tutti, spesso anche per i siciliani". Ma la giornata di interrogatori non e' finita. Non bastano le nuove dichiarazioni di Brusca e il pentito Monticciolo messo a verbale. Il cerchio si chiude a Palermo dove vengono convocati due medici di San Giuseppe Jato: Lino Maniscalco, il fratello del sindaco Maria Maniscalco (Pci Pds), e Giuseppe Migliore. Nel racconto fantastico di Brusca sono loro gli intemediari che avrebbero combinato l' incontro con Violante sull' aereo Palermo Roma. "La storia e' finita in una bolla di sapone", e' il commento di Migliore. Ma se a Palermo la calma torna con il tramonto, a Roma le acque sono ancora agitate. Il vice presidente della Camera, l' avvocato Alfredo Biondi, rivela: "Ganci mi chiese di difendere Brusca e io rifiutai per ovvi motivi di opportunita' ". Poi inizia una specie di corsa tra il Viminale e il ministero di Grazia e Giustizia: Caselli, Tinebra e Vigna corrono da Napolitano e da Masone e poi da Flick: lo fanno per spiegare il garbuglio di eventi e per rinnovare la piena solidarieta' al prefetto De Gennaro che per primo era uscito allo scoperto per denunciare il piano diabolico di Cosa nostra. I colloqui si susseguono all' ora di cena e a tarda sera i tre procuratori tornano nella sede dello Sco dell' Eur per interrogare l' avvocato Vito Ganci che rimane sotto torchio fino alle 22.30. Ma i magistrati non sono ancora convinti della sua "buona fede".
Martirano Dino
(29 agosto 1996) - Corriere della Sera