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Cosa ho scoperto oggi

(61 articoli)
  1. Povero pantofola... si è scavato la fossa da solo...

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    Pubblicato 14 anni fa #
  2. Pantofola selvaggia

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    Finché ti scavi la fossa da solo sei ancora vivo. E' quando te la scavano gli altri che è molto probabile che tu sia morto.

    Pubblicato 14 anni fa #
  3. leon8oo3

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    Non male questa.

    Pubblicato 14 anni fa #
  4. uncialtronequalunque

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    "L'Anticristo può nascere dalla stessa pietà, dall'eccessivo amor di Dio o della verità, come l'eretico nasce dal santo e l'indemoniato dal veggente. Temi, Adso, i profeti e coloro disposti a morire per la verità, ché di solito fan morire moltissimi con loro, spesso prima di loro, talvolta al posto loro." (Il nome della rosa)

    Pubblicato 14 anni fa #
  5. Pantofola selvaggia

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    Promuovo su questo forum una campagna per la moratoria universale del copia e incolla.

    Pubblicato 14 anni fa #
  6. rindindin

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    qui la fantasia la sprechiamo tutta per trovarci i nick...

    Pubblicato 14 anni fa #
  7. pigiamino spaiato

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    "Nulla è originale. Rubate qualsiasi cosa risuoni di ispirazione o alimenti la vostra immaginazione.

    Divorate film, musica, libri, quadri, fotografie, poesie, sogni, conversazioni occasionali, architetture, ponti, segnali stradali, alberi, nuvole, luci e ombre.

    Scegliete tra le cose da rubare solo quelle che parlano direttamente alla vostra anima. Se lo fate, il vostro lavoro (e il vostro furto) sarà autentico.

    L'autenticità è impagabile.

    L'originalità è inesistente.

    Non prendetevi la briga di nascondere le vostre ruberie - se vi va, celebratele.

    Ricordate quello che diceva Jean-Luc Godard: 'non è questione di dove prendete le cose - è questione di dove le portate.'" (Jim Jarmusch)

    Pubblicato 14 anni fa #
  8. senediconodicazzate

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    Fenomenologia di Mike Bongiorno.

    L'uomo circuito dai mass media è in fondo, fra tutti i suoi simili, il più rispettato: non gli si chiede mai di diventare che ciò che egli è già. In altre parole gli vengono provocati desideri studiati sulla falsariga delle sue tendenze. Tuttavia, poiché uno dei compensi narcotici a cui ha diritto è l'evasione nel sogno, gli vengono presentati di solito degli ideali tra lui e i quali si possa stabilire una tensione. Per togliergli ogni responsabilità si provvede però a far sì che questi ideali siano di fatto irraggiungibili, in modo che la tensione si risolva in una proiezione e non in una serie di operazioni effettive volte a modificare lo stato delle cose. Insomma, gli si chiede di diventare un uomo con il frigo rifero e un televisore da 21 pollici, e cioè gli si chiede di rimanere com'è aggiungendo agli oggetti che possiede un frigorifero e un televisore; in compenso gli si propone come ideale Kirk Douglas o Superman. L'ideale del consumatore di mass media è un superuomo che egli non pretenderà mai di diventare, ma che si diletta a impersonare fantasticamente, come si indossa per alcuni minuti davanti a uno specchio un abito altrui, senza neppur pensare di possederlo un giorno.

    La situazione nuova in cui si pone al riguardo la TV è questa: la TV non offre, come ideale in cui immedesimarsi, il superman ma l'everyman. La TV presenta come ideale l'uomo assolutamente medio. A teatro Juliette Greco appare sul palcoscenico e subito crea un mito e fonda un culto; Josephine Baker scatena rituali idolatrici e dà il nome a un'epoca. In TV appare a più riprese il volto magico di Juliette Greco, ma il mito non nasce neppure; l'idolo non è costei, ma l'annunciatrice, e tra le annunciatrici la più amata e famosa sarà proprio quella che rappresenta meglio i caratteri medi: bellezza modesta, sex-appeal limitato, gusto discutibile, una certa casalinga inespressività.

    Ora, nel campo dei fenomeni quantitativi, la media rappresenta appunto un termine di mezzo, e per chi non vi si è ancora uniformato, essa rappresenta un traguardo. Se, secondo la nota boutade, la statistica è quella scienza per cui se giornalmente un uomo mangia due polli e un altro nessuno, quei due uomini hanno mangiato un pollo ciascuno — per l'uomo che non ha mangiato, la meta di un pollo al giorno è qualcosa di positivo cui aspirare. Invece, nel campo dei fenomeni qualitativi, il livellamento alla media corrisponde al livellamento a zero. Un uomo che possieda tutte le virtù morali e intellettuali in grado medio, si trova immediatamente a un livello minimale di evoluzione. La "medietà" aristotelica è equilibrio nell'esercizio delle proprie passioni, retto dalla virtù discernitrice della "prudenza". Mentre nutrire passioni in grado medio e aver una media prudenza significa essere un povero campione di umanità.

    Il caso più vistoso di riduzione del superman all'every man lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna. Idolatrato da milioni di persone, quest'uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita (questa è l'unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o finzione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure il più sprovveduto. Lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti.

    Per capire questo straordinario potere di Mike Bongiorno occorrerà procedere a una analisi dei suoi comportamenti, ad una vera e propria "Fenomenologia di Mike Bongiorno", dove, si intende, con questo nome è indicato non l'uomo, ma il personaggio.

    Mike Bongiorno non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlando, un grado modesto di adattamento all'ambiente. L'amore isterico tributatogli dalle teen-agers va attribuito in parte al complesso materno che egli è capace di risvegliare in una giovinetta, in parte alla prospettiva che egli lascia intravvedere di un amante ideale, sottomesso e fragile, dolce e cortese.

    Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all'oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla.

    In compenso Mike Bongiorno dimostra sincera e primitiva ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le qualità di applicazione manuale, la memoria, la metodologia ovvia ed elementare: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della cultura. Di essa ha un criterio meramente quantitativo. In tal senso (occorrendo, per essere colto, aver letto per molti anni molti libri) è naturale che l'uomo non predestinato rinunci a ogni tentativo.

    Mike Bongiorno professa una stima e una fiducia illimitata verso l'esperto; un professore è un dotto; rappresenta la cultura autorizzata. È il tecnico del ramo. Gli si demanda la questione, per competenza.
    L'ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quando, in base alla cultura, si viene a guadagnar denaro. Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. L'uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di far studiare il figlio.

    Mike Bongiorno ha una nozione piccolo borghese del denaro e del suo valore ("Pensi, ha guadagnato già centomila lire: è una bella sommetta!").
    Mike Bongiorno anticipa quindi, sul concorrente, le impietose riflessioni che lo spettatore sarà portato a fare: "Chissà come sarà contento di tutti quei soldi, lei che è sempre vissuto con uno stipendio modesto! Ha mai avuto tanti soldi così tra le mani?".
    Mike Bongiorno, come i bambini, conosce le persone per categorie e le appella con comica deferenza (il bambino dice: "Scusi, signora guardia...") usando tuttavia sempre la qualifica più volgare e corrente, spesso dispregiativa: "signor spazzino, signor contadino".
    Mike Bongiorno accetta tutti i miti della società in cui vive: alla signora Balbiano d'Aramengo bacia la mano e dice che lo fa perché si tratta di una contessa (sic).
    Oltre ai miti accetta della società le convenzioni. È paterno e condiscendente con gli umili, deferente con le persone socialmente qualificate.

    Elargendo denaro, è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosina che di guadagno. Mostra di credere che, nella dialettica delle classi, l'unico mezzo di ascesa sia rappresentato dalla provvidenza (che può occasionalmente assumere il volto della Televisione).

    Mike Bongiorno parla un basic italian. Il suo discorso realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a tendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sempre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è rigorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neo-posi­tivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi spettatore avverte che, all'occasione, egli potrebbe essere più facondo di lui.

    Non accetta l'idea che a una domanda possa esserci più di una risposta. Guarda con sospetto alle varianti. Nabucco e Nabuccodonosor non sono la stessa cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è fermamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico per difetto, la sua pedagogia è di con seguenza conservatrice, paternalistica, immobilistica.

    Mike Bongiorno è privo di senso dell'umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l'interlocutore sia simpaticamente anormale; rifiuta di sospettare che dietro il paradosso si nasconda una verità, comunque non lo considera come veicolo autorizzato di opinione.

    Evita la polemica, anche su argomenti leciti. Non manca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente di pittura, una disciplina astrusa... "Mi dica un po', si fa tanto parlare oggi di questo futurismo. Ma cos'è di preciso questo futurismo?"). Ricevuta la spiegazione non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l'opinione dell'altro, non per proposito ideologico, ma per disinteresse.

    Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli spettatori scarterebbe subito perché troppo banale: "Cosa vuol rappresentare quel quadro?" "Come mai si è scelto un hobby così diverso dal suo lavoro?" "Com'è che viene in mente di occuparsi di filosofia?".

    Porta i clichés alle estreme conseguenze. Una ragazza educata dalle suore è virtuosa, una ragazza con le calze colorate e la coda di cavallo è "bruciata". Chiede alla prima se lei, che è una ragazza così per bene, desidererebbe diventare come l'altra; fattogli notare che la contrapposizione è offensiva, consola la seconda ragazza mettendo in risalto la sua superiorità fisica e umiliando l'educanda. In questo vertiginoso gioco di gaffes non tenta neppure di usare perifrasi: la perifrasi è già una agudeza, e le agudezas appartengono a un ciclo vichiano cui Bongiorno è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un nome e uno solo, l'artificio retorico è una sofisticazione. In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quando la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provocazione; la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei cri­tici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l'uomo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta portando la gaffe a dignità di figura retorica, nell'ambito di una etichetta omologata dall'ente trasmittente e dalla nazione in ascolto.

    Mike Bongiorno gioisce sinceramente col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince il pubblico; indi trasvola ad altre cure confortafo sull'esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita.

    Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.

    Umberto Eco, Diario Minimo, 1961

    Pubblicato 14 anni fa #
  9. aspadatratta

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    nomina nuda tenemus.

    Pubblicato 14 anni fa #
  10. k

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    Senti coglione, noi di uno che si cambia i nick come le mutande ce ne abbiamo per fortuna già uno, ma è molto più bravo di te, perchè ogni volta che si presenta lo fa con puttanate originali sue autonome che tu ti togli il cappello per la cinica ironia, l'intelligenza e la sagacia. Non t'ammoscia i coglioni come invece fai tu con citazioni banali e d'accatto. Vattenaffanculo, va'.

    Pubblicato 14 anni fa #
  11. k

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    (Se invece è lei, darcy, se ne vada a fare in culo più ancora di lui. Che cazzo mi significano questi compitini tirati giù alla carlona? Può fare di più, darcy, e lei lo sa. Si applichi. E non si presenti più con questa robaccia che chiamo sua madre.)

    Pubblicato 14 anni fa #
  12. pantofolaselvaggia

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    una degna sepoltura.

    Pubblicato 14 anni fa #
  13. unapantofolaselvaggia

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    se mi dà ancora del coglione mia madre la vado a chiamare io.

    Pubblicato 14 anni fa #
  14. pantofolaselvaggia

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    ... friendly fire

    Pubblicato 14 anni fa #
  15. mb che c

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    mbè che c'è?

    Oggi giocheremo al piccolo chimico.
    Prendiamo un principio attivo, il Saccharomices Cerevisiae, emulsioniamolo assieme ad olio di fegato di pescecane e cosa otterremo?
    Semplice: una miscela portentosa, meglio conosciuta come preparazione H, il farmaco antiemorroidale più famoso al mondo.

    La preparazione H, inventata in America negli anni cinquanta dal dottor George Sperti e commercializzata in seguito dalla casa farmaceutica Whitehall, è in vendita nelle farmacie al prezzo di 7,30 euro sotto forma di pomata o supposte.
    La caratteristica confezione gialla e blu della pomata contiene un tubo da 50 g. a cui è annesso un utile applicatore lavabile per medicazioni interne.

    Ma andiamo ad analizzare i motivi del successo di questo unguento:
    Se è vero, come sostengono alla Whitehall, che un individuo su quattro almeno una volta nella vita soffrirà di emorroidi, prurito anale e ragadi, allora è facile capire come mai la preparazione H, complice l’imbarazzo associato alla patologia che cura, stia al secondo posto nella hit parade dei farmaci più “rubati” dalle farmacie, preceduta solo dai preservativi.

    Il merito dell’illegale primato è certamente attribuibile alle proprietà antiemorroidali del medicinale... ma non solo.
    Da qualche anno circola voce negli ambienti dello spettacolo, che l’efficace unguento rappresenti un valido rimedio anche contro gli inestetismi cutanei.

    A dar retta alle notizie raccolte all’indirizzo prep-h.com, sito americano non ufficiale dedicato alla preparazione H, sembrerebbe proprio che l’untuosa pomata sia in grado di dispensare miracoli.
    Sentiamone alcuni:
    Usata regolarmente dalle partecipanti di Miss America, serve ad ottenere una pelle vellutata e a contrastare ritenzione idrica e cellulite, i culturisti invece la impiegano per rendere più tonici bicipiti e tricipiti.

    Anche il mondo della moda ne fa un uso massiccio.
    Secondo i più quotati make up artist, la preparazione H è infatti in grado di cancellare le borse e i gonfiori dal volto delle modelle reduci dai bagordi della sera precedente.

    E ci sono anche i testimonial illustri come Conan O Brien, attempato presentatore TV, che la usa contro le rughe, lo stesso impiego caldeggiato da Diane Irons, autrice di guide di bellezza di gran successo.

    La Irons suggerisce di utilizzare la preparazione H al posto delle ben più costose creme anti-aging, ma aggiunge un utile avvertenza: visto lo sgradevole odore del composto dovuto all’olio di fegato di pescecane, non dimenticate di miscelarlo con qualche goccia del vostro profumo preferito prima dell’applicazione.

    Insomma da adesso in poi dovrete unire l'utile al dilettevole, con la prodigiosa PREPARAZIONE H

    Pubblicato 14 anni fa #
  16. H

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    Sempre nell'ambito delle celebrazioni della moratoria universale del copia e incolla in corso su questo forum ormai da quattordici ore:
    riceviamo e volentieri pubblichiamo:

    "Nei dizionari il contrario di ’archistar’ ancora non c’è. Io l’ho trovato e lo propongo ai lessicografi:" Andrea Pacciani". Al contrario di Fuksas vive nell’ombra: ha lo studio a pochi metri da casa mia e nemmeno sapevo esistesse. Al contrario di Zaha Hadid (adesso biasimata pure da Gregotti che come la gente di una canzone di De Andrè ’dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio’) costruisce pareti diritte. Al contrario di Gehry usa materiali tradizionali e quindi nei suoi edifici non ci piove dentro. Al contrario di Botta non è zavorrato dagli stilemi: la sua opera è volutamente irriconoscibile. Mi ha mostrato un suo palazzo, sembrava lì da secoli. Pacciani non crea (non pensa di essere Dio) ma restaura, ripristina. Il suo lavoro è l’opposto dell’architettura egocentrica dei sopraindicati, è architettura altruista, che allarga il cuore di ci abita o lavora. E’ architettura burkiana. "per i vivi, i morti e i non ancora nati". Il suo motto non è Hybris bensì Humilitas. Prego di diventare ricco: gi commissionerò una chiesa e un giorno un bambino ci passerà davanti, si volterà verso la mamma e sorridendo dirà:"Chiesa!"."

    p.s.
    dedicata ad un mio amico architetto... in piccole cose.

    Pubblicato 14 anni fa #
  17. ungiocodiruolo

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    NESSUNO TOCCHI (il) CRETINO.

    Pubblicato 14 anni fa #
  18. Pantofola selvaggia

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    Quindi smettila di toccarti.

    Pubblicato 14 anni fa #
  19. unapantofolaselvaggia

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    ... al tre!

    Pubblicato 14 anni fa #
  20. pantofolaselvaggia

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    c'è una pantofola di troppo...

    Pubblicato 14 anni fa #
  21. big one

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    tempo addietro questo forum era più intelligente

    Pubblicato 14 anni fa #
  22. H

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    il tempo addietro corrompe tutto...

    Pubblicato 14 anni fa #
  23. SCa

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    ...e qualcuno di tempo corrente ce n'ha da buttar via.

    Pubblicato 14 anni fa #
  24. rindindin

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    io tiro l'acqua...magari qualcuno va giù.

    Pubblicato 14 anni fa #
  25. k

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    avanti così darcy, è tutta invidia (e intanto faccia largo uso lei di Preparazione H, che dopo quel servizio degli afroamericani al Carroceto ne dovrebbe avere davvero bisogno).

    Pubblicato 14 anni fa #
  26. rindindin

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    Darcy ricordati che Ruscoroid è meglio. la preparazione H consiglio di spalmarla in faccia, dicono sia un potente antirughe. chissà io dove mi credevo di metterla...

    Pubblicato 14 anni fa #
  27. rindindin

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    comunque il pezzo sull'archistar è molto bello.:)

    Pubblicato 14 anni fa #
  28. Pantofola selvaggia

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    Archistar? No grazie!
    Data di pubblicazione: 11.06.2008

    Autore: Erbani, Francesco

    In una intervista a Franco La Cecla sul suo ultimo libro, “Contro l’architettura”, la prova scientifica: i progettisti griffati fanno male alle città. La Repubblica, 14 maggio 2008 (f.b.)

    Le chiamano archistar. Volteggiano fra aeroporti, molti dei quali hanno progettato, saltano da Occidente a Oriente, dal Pacifico all’Atlantico. Megalopoli e piccole città. Centri antichi e new towns. Ovunque possibile lasciano il marchio, una firma flessuosa e svolazzante. L’architettura come brand. La definizione di archistar, munita persino di copyright, si deve a due studiose italiane, Gabriella Lo Ricco e Silvia Micheli. Di archistar, di quegli architetti «che costeggiano i canali della moda, del design, dello spettacolo, del marketing e spesso cercano una scorciatoia verso una posizione riconosciuta, che li esima da una continuazione della ricerca», scrive Leonardo Benevolo, fra i padri riconosciuti della moderna urbanistica.
    Contro le archistar e il loro sistema si scaglia Franco La Cecla, cinquantasettenne palermitano, architetto di formazione che poi ha virato verso gli studi antropologici (insegna al san Raffaele di Milano e al Politecnico di Barcellona, è stato professore a Parigi e a Venezia) e che ora ha scritto un pamphlet dallo stile impertinente e veloce che si intitola Contro l’architettura (Bollati Boringhieri, pagg. 117, euro 12). La Cecla ha lavorato con Renzo Piano e poi ha fondato un’agenzia per valutare l’impatto sociale delle opere di architettura, ciò che succede in una città in cui avviene una trasformazione urbana. Ed è stato impegnato in contesti molto diversi, da Tirana a Barcellona.
    La Cecla, chi sono le archistar?
    «Artisti al servizio dei potenti di oggi. Sono grandi, abilissimi professionisti addetti a stabilire trends, a stupire e richiamare il grande pubblico con trovate che hanno pochissimo di un edificio e moltissimo invece a che fare con una messa in scena. Costruiscono enormi cartelloni pubblicitari sedotti da un foglio accartocciato».
    Lei si riferisce a Frank Gehry che, nel film a lui dedicato da Sidney Pollack, entra nello studio, appallottola un foglio di carta e dice ai suoi: «Voglio questo»? Il Gehry del Guggenheim di Bilbao?
    «Così si vaporizza l’architettura, che diventa una specie di cipolla, solo strati, superfici e niente spazio: è più importante il packaging che non il prodotto. L’architettura è ridotta al rango di tessuto, perde la volumetria. Jean Nouvel promette superfici leggere, vetrate impalpabili, come a dire che l’architettura è solo bidimensionale, deve entrare nelle pagine di una rivista patinata».
    Jean Nouvel e Frank Gehry sono considerati due fra i massimi architetti contemporanei.
    «Sarà pur vero. Ma per quanto riguarda Gehry vada a leggere cosa scrive John Silber».
    Silber è un critico?
    «No, è un profano, ma è il rettore della Boston University. Ed è cliente di Gehry, il quale realizzando lo Stata Center, il cuore delle indagini scientifiche all’Mit, avrebbe, secondo Silber, completamente ignorato le esigenze dei ricercatori, inscatolati in spazi comuni, tutti trasparenze e lavagne curve, mentre quel tipo di procedimenti e di studi esigevano una certa intimità, compresa la possibilità di chiudersi una porta alle spalle».
    Come ha reagito Gehry?
    «Si è molto risentito. D’altronde ad architetti come lui importa poco che la gente non accetti. Ci si traveste subito da geni incompresi. È accaduto per Massimiliano Fuksas, al quale era stato chiesto, progettando il padiglione per il mercato di Porta Palazzo a Torino, di prevedere delle porte scorrevoli. Ma non c’è stato nulla da fare: l’opera d’arte è intangibile».
    Torna il paragone con gli artisti?
    «Le archistar sono artisti, ma in un senso rinnovato. L’architetto è un "trend setter", uno che lancia una tendenza. Rem Koolhaas ha aperto nuove direzioni al marketing di Prada. È diventato un guru di atmosfere, non ha fornito solo involucri, ma anche uno spirito tutto nuovo all’azienda di moda. L’archistar non lavora solo per la moda, diventa moda egli stesso, diventa logo, garanzia per poter firmare un negozio, ma anche un museo o un pezzo di città».
    Rem Koolhaas non è solo moda.
    «Assolutamente no. È forse lui che ha inventato la nuova maniera di essere architetti. È il più colto di tutti. Parla del capitalismo globale come Toni Negri. L’ho visto commentare accoratamente le scene di un caterpillar che demoliva le misere stamberghe di una bidonville con tanta gente che faceva appena in tempo a fuggire dalle baracche. Ma contemporaneamente costruisce grattacieli a Dubai, dove nella più totale ingiustizia distributiva e nella più ideologica imitazione dell’Occidente, si innalzano villaggi avveniristici, milioni di tonnellate di cemento per fare una Malibu nel Mar Rosso. Koolhaas usa la vecchia arma del "siamo realisti": visto che il mondo è così lasciate almeno che io lo descriva».
    Forse l’architettura è pressata da corposi interessi - costruttori, immobiliaristi, grandi investitori. Deve contribuire a produrre profitti. Lei che dice?
    «È vero, ma queste ragioni non spiegano tutto. Ci sarebbe da aspettarsi maggiore autocritica e invece è tutta una corsa ad accaparrarsi committenze in ogni angolo del pianeta».
    Lei scrive che l’architettura non fa i conti con l’abitare, che «non sa nulla di quell’essenza propriamente narrativa di cui gli spazi sono fatti».
    «Prenda l’esempio di New York. Mai come in questi anni a Manhattan si parla di architettura. Lavorano grandi architetti, da Renzo Piano a Gehry a Libeskind. Ma tutta questa effervescenza c’entra poco con la città, è un dibattito di vetrina che risponde alla trasformazione di Manhattan in un "marchio", in una piattaforma costellata di monumenti da consumare come l’intero sistema di shopping a cui New York sembra pericolosamente ridursi».
    L’architettura non produce il senso della città, lei aggiunge, non crea le caratteristiche di attrattiva, di mescolanza, di urbanità...
    «Caratteristiche che rivivono nel Bronx, mentre tramontano a Manhattan. Nel Bronx si trovano magnifiche architetture déco, boulevards, ma soprattutto un attaccamento al luogo rielaborato dalle comunità che vi erano e che vi sono insediate. Nulla di speciale, per carità, ma nel Bronx c’è più spazio pubblico di quanto ne abbia prodotto qualsiasi scatola di vetro e latta costruita a Manhattan».
    È la seduzione dei luoghi di cui parla lo storico dell’architettura Joseph Rykwert?
    «Secondo Rykwert, l’architettura può ancora essere il punto d’incontro di coloro che vogliono costruire una città più giusta. Ma altrove lo stesso Rykwert indica nell’incapacità di produrre simboli condivisi la principale carenza dell’architettura contemporanea. E fa anche un esempio specifico: il concorso per costruire a Ground Zero, la povertà di idee offerta anche da uno come Daniel Libeskind. Non si può immaginare che l’unico modo per aggregare una città ferita sia un banale "costruiamo come prima e più in alto ancora"».
    A proposito, che cosa pensa dei tre grattacieli che dovranno sorgere a Milano nell’area dell’ex Fiera, uno dei quali firmato da Libeskind?
    «Sono l’esempio di un’architettura autoreferenziale, che si cita reciprocamente. Sono un prodotto glamour, l’unico che si sia in grado di realizzare in una città che sembra una città di provincia».
    Lei ha lavorato a Barcellona, chiamato da Josep Acebillo che dirige il piano per le trasfomazioni della città. Da quell’esperienza ha ricavato un’impressione contraddittoria. Perché?
    «Barcellona attrae per la sua singolare maniera di vivere, per la socialità densa che esprime. Ricordo interi pomeriggi passati ad ammirare la semplicità dell’arredo urbano, la manutenzione di panchine e muretti, che erano uno dei punti di forza del piano di Oriol Bohigas. Ora la città sembra tornata a vecchie forme di nazionalismo catalano. Credo non ne possa più di quel cosmopolitismo che si è realizzato negli ultimi decenni e che i giovani di tutto il mondo ancora vanno a cercare».
    Troppo turismo?
    «Barcellona è visitata da cinquanta milioni di persone ogni anno. Si è superato un limite. E la città funziona in modo schizofrenico: la parte antica è un tritacarne di turisti, la parte ottocentesca ha alzato barricate contro i turisti. Non si è realizzato lo sposalizio fra le due anime. I risultati di quanto fatto in questi decenni sono ben visibili e di splendida qualità. Ma anche Barcellona rischia di diventare un logo. E se una città si trasforma in un logo è meglio andare a vivere altrove».

    Pubblicato 14 anni fa #
  29. leon8oo3

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    Manon è tutto fragorosamente Off topic?

    Pubblicato 14 anni fa #
  30. dirtydancing

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    forse è tutto in ... vidia

    Pubblicato 14 anni fa #

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