Grande wolt,
appena rientro ti mailizzo a proposito della trattoria numero 14
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COSA HO SCRITTO OGGI
(768 articoli)-
Pubblicato 13 anni fa #
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Lo metto io in home quando rincaso.
Vi lovvo.
Pubblicato 13 anni fa # -
Fatto, ma non mi capacito del colorito... sarà la filiera corta.
Pubblicato 13 anni fa # -
bell'articolo Torque, analisi attenta, circoscritta, e pure poetica per certi versi. è vero che il sapore del pane lo fa l'affetto e i gesti d'amore che ti circondano...non solo la farina bio...il finale è "illuminato"...
Pubblicato 13 anni fa # -
grazie Danie'
Pubblicato 13 anni fa # -
14, 15, 16 risposti a zaph
Pubblicato 13 anni fa # -
Girameli sulla mia mail personale, por favor.
Pubblicato 13 anni fa # -
Il racconto breve "Fino al centro della terra" nel libro Lineagialla, in distribuzione gratuita in tutti gli uffici postali.
Pubblicato 13 anni fa # -
...devo giusto fare una raccomandata!Bene!
Pubblicato 13 anni fa # -
Era una bella opportunità, anche io ho partecipato ma non mi è andata bene.
Bravo Luigi.Pubblicato 13 anni fa # -
L'ho letto ieri in coda, bello! (avrei preferito fosse diventato l'Uomo Ragno, ma vabbé...)
Pubblicato 13 anni fa # -
Grazie, a presto, Luigi.
Pubblicato 13 anni fa # -
La prima cosa che gli tocca fare appena sveglio è andare di corsa alla tinozza dell’acqua per lavarsi. Gli tocca sbrigarsi e fare prima dei fratelli perché se tarda ancora un minuto dovrà mettersi in coda, aspettare il suo turno e prendersi anche
qualche calcio negli stinchi.
Lui è ancora in mutande con i capelli per aria e mentre tutto infreddolito prova ad infilarsi i calzettoni, Costante gli piglia il maglione riducendolo a una palla buona per giocarci a calcio attraverso la stanza.
“Smettila o chiamo la mamma!” urla Onorato
“Oh, povero bambino, a la bisuogna di so mari!... Ha bisogno della mamma! Ah ah ah !”
Cerca di non ascoltarlo, ma quello non la smette.
“Sì, sì, prendimi pure in giro tu. Ma vedrai quant chi sarai grant i ti fasi vedi iò !”
Onorato piglia le braghe e se le tira su, mentre Costante alle sue spalle fa boccacce e smorfie tanto da non riuscire a trattenere le risate.
Costante, quindici anni, fa il facchino alla fornace, mentre lui di anni ne ha appena compiuti sette e ha davvero un bel da fare a cercare di difendersi da quel tiranno che si ritrova come fratello.
Quanto gli piacerebbe fargliela pagare a quella faccia da schiaffi!
Onorato lo guarda sperando che la finisca presto o che salga di corsa la mamma su per la scala e allora sì che gliela farebbe vedere lei una bella lezione, gli darebbe proprio quello che si merita.
Sul letto seduto che guarda divertito c’è Arduino, il più piccolo della compagnia, appena sei anni, moccio al naso e un sorriso senza denti.
“E tu che ti ridi, tu? Ti ci metti pure tu? Dai, ai ora da siii !” fa Onorato rivolto al piccoletto.
Fuori fa un freddo cane.
La mamma e la colazione in tavola li aspettano di sotto e finalmente il tiranno gli restituisce il maglione che una volta indossato gli provoca un maledetto prurito tutto il giorno.
Quel maglione che indossa è proprio uno straccio ormai, deve aver visto tempi assai migliori, è tutto rattoppato e l’ha ereditato dal fratello maggiore.
Se sopravvivrà ancora finirà per indossarlo anche Arduino.
E’ pronto, scende in cucina, saluta la mamma e va nel sottoscala dove l’aspetta la tinozza. Ma che coraggio ci vuole a lavarsi con quest’acqua così gelata?
Velocemente come farebbe un gatto, Onorato si toglie le cispe dagli occhi, si asciuga con il telo che è appeso al chiodo che fa da appendino e da una bella alitata sulle mani per scaldarsi.
“Brrrrrr…. Mama se freit !!” dice tornando e gli viene da pensare che anche i tubi dell’acqua che arrivano fin solo in cucina hanno freddo, dal momento che la mamma li ha coperti con stracci e pezzuole e sembrano tante sciarpe attorno a un collo.
C’è odore di buono, odore di latte caldo e pane nero tostato, odore di legna bruciata e di polenta e frico della sera prima, odore di panni lavati e messi ad asciugare accanto alla stufa, c’è odore della sua mamma, quell’odore che avverte quando le dà un bacio tra la guancia e l’orecchio.
Onorato divora la sua colazione in un attimo mentre i fratelli scendono solo ora dalla camera.
“Muveivi vos doi !"” li richiama finalmente la mamma.
La mamma, una donna alta e dai tratti poco femminili, continua a trafficare in cucina vicino la stufa a legna, con le pinze piglia dei piccoli tizzoni di legna e di carbone ardente per preparare gli scaldini.
Ogni ragazzo che va a scuola ne ha uno e anche Costante che a scuola non ci va più da un pezzo ormai, ha il suo.
Non è facile trovare i barattoli di latta per fare lo scaldino, ma la mamma è riuscita a farsene mettere da parte tre dal droghiere, di quelli che si usano per tenerci il caffè. Con un bel chiodo e un martello ha fatto dei buchi ai lati del barattolo e ha intrecciato un po’ di filo di ferro per farne il manico.
Certo al negozio vendono quelli in rame, già belli e fatti, ma la mamma dice che costano troppo e che anche questi fatti con i barattoli del caffè sono bellissimi perché hanno la stampa con le scritte colorate attorno.
Lo scaldino in inverno non serve solo a tenerti al caldo, ti fa compagnia e ti fa da lampada per illuminare la via quando esci di casa la mattina che è ancora un po’ buio.
Un rumore improvviso forse quello delle ruote di un carro sulla strada o forse l’uscio che i fratelli si sono chiusi alle spalle, lo fa ripiombare nella realtà, questa volta è proprio ora di andare.
Onorato prende la sacca, ci infila i quaderni e il pezzo di pane nero che è rimasto sul tavolo, prende lo scaldino, mette in spalla anche i pattini da ghiaccio ed esce di casa.Pubblicato 13 anni fa # -
A 17 anni dalla morte...
"Don Cesare Boschin, eroe dimenticato"
Borgo Montello è una piccola frazione di tremila abitanti, quasi tutti discendenti dai pioneri arrivati dal Veneto negli anni della bonifica fascista, e che ancora vivono coltivando la fertile campagna strappata alle paludi. Ma dietro l’immagine bucolica, si nasconde una storia maledetta. Ai tempi dello Stato della Chiesa qui si nascondevano i criminali in fuga dalla polizia pontificia. Qui si consumò l’omicidio di Santa Maria Goretti, dopo che si ribellò ad un tentativo di stupro. Terra maledetta perché quando la palude fu sconfitta, furono scelti proprio i dintorni del Borgo per installarvi una delle discariche più grandi d’Italia.
Le terre che ospitano discariche sono sempre maledette. Oltre alle conseguenze ecologiche e sanitarie, intorno al ciclo dei rifiuti girano milioni di euro e i milioni di euro attirano la criminalità organizzata. A Borgo Montello la camorra casalese sarebbe arrivata –così dicono alcuni pentiti– nei primi anni ’90. Sempre secondo i pentiti è in quel periodo che in quella discarica iniziano a finire anche rifiuti tossici e chimici. Roba pericolosa. Parlano di disoccupati locali reclutati a 500.000 lire a volta per andare a scaricare di nascosto. Uno di loro, licenziato, si vendica denunciando i traffici.
Borgo Montello vive d’agricoltura e quelle notizie spargono il panico fra la gente. Temono che sulla loro pelle si stia giocando una partita sporca. Ma le persone da sole hanno paura e si limitano a maledire i grossi tir che sentono la sera, diretti alla discarica.
È l’anziano parroco di Borgo Montello, don Cesare Boschin, a dare fiato alle preoccupazioni della sua gente. Don Cesare ha ottant’anni e origini venete come i suoi parrocchiani. E dal 1950 che serve questa comunità, ne conosce tutti i segreti, i silenzi, i ricordi, le paure. Sente che il suo dovere di pastore lo chiama ad agire. Capisce che non è diventato prete per nascondersi e far finta di nulla.
Mette in piedi un comitato per la legalità e inizia a protestare, a far rumore. Convicono l’allora sindaco di Latina, Ajmone Finestra, a chiedere un’indagine su ciò che si nasconda nella discarica. È l’inchiesta accertò la presenza di “un’anomala massa metallica”. La notizia fa scalpore e inizia ad occuparsene anche la questura.
Ma tutto questo a qualcuno non piace. Sui muri di Borgo Montello compiaiono scritte minacciose, l’anziano parroco riceve intimidazioni. Ma don Cesare non si fa fermare, decide solo di muoversi con maggiore cautela. Prende il telefono e chiama un potente politico romano. Gli chiede la fine dei traffici dei rifiuti tossici.
La mattina del 30 marzo 1995, la signora Franca Rosato entra nella canonica e si trova davanti una scena agghiacciante: sul letto, incaprettato c’è il cadavere di don Cesare. Una corda gli lega mani, piedi e collo. Il volto scavato e il corpo magro sono ricoperti di lividi. La mascella è fratturata. Le percosse subite gli hanno fatto ingoiare la dentiera. “Morte per soffocamento” stabilirà l’autospia.
Quel terribile omicidio fa scendere in fretta e in furia il silenzio sulla discarica. Le indagini neanche provano a cercare in quella direzione. Si pensa ad un tentativo di furto andato a male e si scava ai margini della società: fra i Rom, gli extracomunitari, i tossicodipendenti. Ma nella canonica non è stato toccato niente: il portafoglio del sacerdote con le 700.000 lire della pensione è rimasto intatto. I presunti ladri non hanno toccato neppure i cinque milioni nascosti fra i libri raccolti per alcuni lavori in chiesa. Gli unici oggetti scomparsi sono le due agende del parroco, agende in cui don Cesare annotava qualunque cosa. Due agende come quelle di Paolo Borsellino, anche quelle mai più ritrovate.
Qualcosa non quadra. La polizia allora inizia a dare credito ad alcune voci che girano nel Borgo dalla morte di don Cesare. Anche buona parte della stampa, dopo aver descritto l’anziano prete come un vecchio rimbambito, riporta quelle chiacchere: pare infatti che quel sacerdote conducesse una doppia vita, che il suo nome fosse abbastanza noto fra gli ambienti gay della zona, che pagasse qualche ragazzo per una notte insieme. Si arriva a dire che avesse mostrato bizzarre attenzioni verso i cherichetti. Si fa strada una nuova teoria: la notte dell’omicidio don Cesare avrebbe ospitato in casa giovani sbandati in cambio di un rapporto sessuale ma poi la situazione sarebbe degenerata. Arrivano anche le televisioni nazionali a scavare nel fango e nel torbido. A nessuno viene il dubbio che é difficile che un uomo di 81 anni, anziano e per di più con una cronica malattia ai polmoni che gli rendeva difficile anche dormire, possa avere una vita sessuale così intensa. Nessuno sembra ascoltare le smentite sdegnate ("Sono solo calunnie") di tutti i collaboratori della parrocchia, compresi quelli più giovani. Ma anche le indagini volgono con decisione in questa direzione: la polizia arriva ad interrogare più di trecento persone senza trovare la minima prova. Alla fine si opta per l'archiviazione del caso. Come accaduto sulla discarica, anche sulla storia di don Cesare cala il silenzio. Il silenzio inghiottisce tutto e fa sparire ogni cosa, come un buco nero. La straordinaria operazione di pulizia della memoria collettiva riesce con successo: nella nostra provincia la gente ricorda ogni minimo dettaglio dell'omicidio dei fidanzatini di Cori ma cade dalle nuvole quando sente parlare di questa storia. Il ricordo di don Boschin rimane per anni confinato nella rassegnazione della piccola comunità di Borgo Montello dove gli dedicano l'oratorio. Tuttavia grazie alla solitaria battaglia di alcune persone, la vicenda lentamente esce dal dimenticatoio. Nuove indagini commissionate a partie dal 2003 hanno dimostrato l'esistenza di fusti tossici sotto la discarica. I casi di Fondi, Sabaudia, Ponza, Nettuno certificano che non si può più fingere che la criminalità organizzata non abbia messo le radici nel nostro territorio. Il grido di chi chiede giustizia per questo prete-profeta è arrivato fino alle orecchie sensibili dell'associazione Libera e del suo fondatore, don Luigi Ciotti, che il 29 luglio del 2009 si è appellato direttamente al Presidente della Repubblica. Secondo Libera la sua morte è tipico esempio di omicidio camorristico: le minacce, l’incaprettamento, le calunnie post mortem. Ma la lotta per uscire dal buco nero è ancora molto dura e difficile: ancora nel 2009 un quotidiano locale ricordava quest'omicidio senza il minimo accenno alla camorra. Fra tutte le associazioni locali, solo l'Azione Cattolica diocesana e l'Agesci si sono unite alla battaglia di Libera. La maggior parte della società civile e della politica, invece, ancora tace. Ancora più assordante è il silenzio dei vertici della Curia pontina, come se anche alla Chiesa vada bene che un suo sacerdote sia ricordato come un presunto pedofilo piuttosto che come un martire della giustizia. Eppure rompere questo silenzio è fondamentale: capire chi ha ucciso don Cesare Boschin potrebbe far scardinare il sistema di potere che domina l'Agro pontino. Ma sopratutto abbiamo il dovere di ricordarlo e far conoscere la sua figura, perché a ottant'anni poteva tranquillamente girarsi dall'altra parte e fingere di non sapere, non vedere e non capire. A morire per i veleni della discarica sarebbero stati altri, non lui che alla vita aveva poco da chiedere ancora. E invece ha scelto di mettersi in gioco fino al sacrificio più estremo.Pubblicato 13 anni fa # -
Scusate, ma se "la polizia arriva ad interrogare più di trecento persone senza trovare la minima prova", com'è che il collegamento con la discarica e la definizione di tutta questa storia come "omicidio di mafia" esce solo ora e non uscì già allora? Cosa raccontarono tutti quei trecento interrogati dalla polizia? Com'è che nessuno parlò allora della discarica? E' un collegamento tutto post eventum dei savonarola di libera o furono la polizia e i trecento borgomontellani che insabbiarono allora? Io non so adesso e non sapevo allora come stanno e come stessero le cose. Pietas in ogni caso per la persona che venne uccisa. Ma credo che come occorrano delle prove certe e non solo desideri e sentimenti per poter dichiarare dei colpevoli, così occorrano delle prove certe e non solo dei desideri e dei sentimenti per poter dichiarare dei santi e degli eroi. L'interpretazione del reale deve essere fatta con criteri quanto più possibile oggettivi. Diffido per natura delle interpretazioni fondate sullo spirito di savonarola.
Pubblicato 13 anni fa # -
Quelle trecento persone erano tutte personaggi legati agli ambienti gay clandestini della zona, non erano (solo) gente di Borgo Montello. La polizia indagava cercava prove di queste presunte frequentazioni.
I borgomontellani reagirono in due modi: la maggior parte si trincerò dietro la paura, una piccola parte insisteva sulla discarica ma (così dicono) vennero ignorati e alcuni anche sospettati. Ci fu anche il pentito della camorra, Carmine Schiavone, che disse chiaramente ai magistrati che don Cesare lo avevano ucciso loro, indicando nomi e mandanti. Anche lui fu ignorato. E il fascicolo sulla sua morte, secondo "La Provincia", è scomparso dalla Procura. Anche lui ignorato.
Dopotutto la storia d'Italia è piena di misteri insabbiati.
Pubblicato 13 anni fa # -
K, Savonarola era una degnissima persona (aveva l'unico torto di far fare pochi affari ai ricchi fiorentini, e lottava contro un bel tomo di papa, cui il legame con Firenze premeva) era mica come Torquemada (quello vero, non il nostro amico)!
A parte gli scherzi, non mi piace che si parli così dei miei amici di Libera.
Pubblicato 13 anni fa # -
Tra Savonarola e i Medici, io starò sempre dalla parte dei secondi.
Pubblicato 13 anni fa # -
a.p.
IN MEMORIA DI AJMONE FINESTRAMedaglia di bronzo al valor militare e tre croci di guerra – prima dell’8 settembre 1943 – conferite dal regio esercito italiano. Poi, medaglia d’argento al valor militare della Rsi e due croci di ferro tedesche, prima e seconda classe. Questo il medagliere di Ajmone Finestra – che s’è spento ieri all’età di 91 anni – e questo lui avrebbe voluto che venisse soprattutto ricordato.
Quando ho scritto Palude, nel 1995, erano ventisette anni che non ci parlavamo, da quella volta, nel 1968, che avevamo fatto a botte in piazza San Marco davanti all’Opera Balilla – c’era pure il povero Nando Cappelletti – e tutti si aspettavano che lui si offendesse. Anzi, ancora adesso, quando vado in giro per l’Italia, tutti mi chiedono: “Ma Finestra che dice, non s’è arrabbiato?”.
No, Finestra rideva, poiché nell’anima non era un politico, era rimasto un soldato e ciò che gli era bastato – in Palude – era che gli avessi dato atto del coraggio e delle virtù militari. Per il resto potevo dire quello che volevo, non gliene fregava più niente. Ciò che contava era appunto l’onor di soldato. È così che ci eravamo rappacificati – pur nelle più diverse, oramai, opinioni politiche – e avevo ripreso a frequentarlo e chiamarlo scherzosamente Federale, proprio come lo chiamavo da ragazzo, mentre lui ogni volta rideva di nuovo (anche se, a dir la verità, dopo Palude non ha più detto “ecco è vero”).
È uno dei personaggi principali dei miei libri. Sta in tanti racconti, sta in Palude, nel Fasciocomunista, in Viaggio per le città del Duce e soprattutto nelle Iene del Circeo, dove è il vero deus ex machina, che arriva all’improvviso e risolve il rebus. Ma a te ti pare possibile, che in mezzo a tutte le cose che ha fatto, questo era riuscito pure a entrare dentro la grotta Guattari sotto San Felice, il 24 febbraio 1939, a vedere e pigliare in mano il famoso cranio del Circeo il giorno prima che lo trovasse lo scopritore ufficiale Carlo Alberto Blanc? Pure con l’uomo di Neandertal aveva avuto a che fare (e non a caso, nelle Iene del Circeo, il pezzo che lo riguarda si intitola “Camerata Neandertal”).
Nel momento della sua perdita, però, più che al Finestra pubblico il mio pensiero va al Finestra privato, alla sua famiglia, alla moglie, ai figli Paolo e Carlo, alla nipotina. Con lui, io perdo una figura importante della mia esistenza, una figura paterna, poiché questo è stato il ruolo – pur nella profonda diversità di opinioni – che ha avuto in fondo con me. Mi mancheranno le discussioni, le risate, l’autoironia, le bevute, e anche “i ragazzi di Salò!” quando partiva per la tangente. È stato paterno fino all’ultimo, anche se a me non è mai riuscito – proprio come a Stefano Gori o al povero Nando Cappelletti – di dargli del tu come faceva lui. Sempre del lei. Del tu non ci riusciva. Ora in me c’è solo pietas ed affetto. “Ei fu”, direbbe il Manzoni, e il suo spirito adesso, abbandonate le spoglie ed i crucci mortali, io son sicuro che viaggia placato verso la Luce.
Il Finestra pubblico, invece, è quello che rimane alla città. Figlio di pionieri – pioniere della bonifica egli stesso – l’ha vista sorgere e l’ha anche governata. Il suo operato non è ovviamente – come ogni essere umano – scevro da errori. Ha sbagliato anche lui, e di taluni errori era consapevole egli stesso. Ma ciò che è fuori discussione è che egli è uno dei Padri della Patria, intesa come la nostra identità di “Latina Littoria”. È lui, è nel suo governo, che l’idea della città acquista orgoglio e consapevolezza. Fino ad allora ci sentivamo quasi figli di un dio minore e non era raro trovare nostri concittadini che dicessero proprio: “Latina fa schifo”. In questo senso, se il fondatore di Littoria è Valentino Orsolini Cencelli, Ajmone Finestra è il suo più degno e diretto successore. Certo in termini storiografici c’è anche un altro grande sindaco che non va dimenticato, Vittorio Cervone, che negli anni del dopoguerra consentì e difese la sopravvivenza di quel sogno e la sopravvivenza stessa della città e della provincia in quanto tali. Ma nel mito la figura di Finestra non potrà che proiettarsi come seconda solo a quella di Cencelli. Certo avrà fatto pure tanti errori, ripeto, ma le generazioni future non potranno dimenticare la battaglia per il nuovo piano regolatore “Cervellati”, che approvato in consiglio comunale con i voti determinanti anche della sinistra, venne poi sabotato, rimosso e battuto dalle maggioranze di centrodestra An-Forza Italia. Questa resta la più grande sconfitta di Finestra, sconfitta ad opera dei suoi: la “città delle acque” contro quella degli interessi speculativi di calce e mattone. Mai sconfitta fu più gloriosa però, consegnando di fatto e per sempre il suo attore al mito. Corretegli appresso, mo’, se siete capaci.
Ciao Federa’, poi dice che non eri fasciocomunista. Riposa in pace.a.p. - 26 aprile 2012
Pubblicato 13 anni fa # -
mi sono svegliato, stamattina, con l'idea di poter leggere questo ricordo del Federale: l'unico autentico, in mezzo a chissa' quante fregnacce...
Pubblicato 13 anni fa # -
Si è bello.
K, scriva ancora.Pubblicato 13 anni fa # -
A tutti
5 cose positive che attribuite al Finestra politico grazie (i meriti imprenditoriali sono sotto gli occhi di tutti)
Pubblicato 13 anni fa # -
Bello il ricordo di Finestra. Bello e toccante anche per me che sono sempre stato dall'altra parte della barricata. Un avversario onesto, come se ne trovan pochi. Peccato che a sinistra circoli ancora la leggenda della condanna a morte e dell'amnistia.
Pubblicato 13 anni fa # -
Be'... ne stanno girando parecchie... Io posso dire che l'unica volta in vita mia in cui ho visto una ricevuta fiscale per un campo da calcetto è stata proprio al centro sportivo di via dell'Agora.
Pubblicato 13 anni fa # -
Parlo di politica, di cose realizzate in concreto per Latina.
L'uomo Finestra e l'imprenditore Finestra, ripeto, non sono in discussione.
Pubblicato 13 anni fa # -
Non stavamo rispondendo a te, Bassoli. Seguivamo un altro filo...
Pubblicato 13 anni fa # -
L'ha amata veramente questa citta': questo vale per cinque, vale per qualsiasi lato della barricata, vale per tutto.
Pubblicato 13 anni fa # -
Sì, ma politicamente è stato solo un incidente della storia.
Senza Tangentopoli Finestra non avrebbe mai vinto le elezioni e sarebbe rimasto una figura politicamente minimale in quanto - preciso - elemento di un partito infinitesimale. Questo senza voler togliere nulla all'uomo che era simpatico anche a me.Pubblicato 13 anni fa # -
allora sono stati incidenti della storia pure bassolino e rutelli, che hanno vinto le elezioni nelle stesse condizioni e nello stesso periodo storico.
e mi sa tanto che è stato un incidente della storia pure il primo sindaco repubblicano della storia di latina, che si trovò a essere nominato (manco eletto, pensa un po' te) solo perchè era caduto il fascismo.
vedi un po' te.Pubblicato 13 anni fa # -
Si contenga, Bassoli, non sta dando bella prova di sé.
Pubblicato 13 anni fa #
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