Non è che uno si aspetti granché da una biografia, ma che almeno si possa definire tale!
Il “Diario di una scrittrice” di Virginia Woolf, è interessante, nelle prime 200 pagine, poi diventa una storia insopportabile. Quello che ne viene fuori è un ritratto di una scrittrice compulsiva, nevrotica, maniacale, malata solo del suo ego e della sua capacità-incapacità di scrittura. Da lettore, vorrei dire che proporre come bio una selezione, sicuramente eccezionale ma monca, di un diario ben più complesso che arriva fino a 4 giorni dalla sua morte, è un’offesa alla scrittrice in questione e mancanza di rispetto.
La Woolf scrisse il diario in 27 anni (dal 1915 al 1941) di suo pugno su quaderni rilegati poi in 26 volumi, esclusivamente con la consapevolezza di poterlo pubblicare postumo. Questo è detto da lei più volte e auspicato. Ha conservato tutto con note, ben sottoscritte, la volontà era che il diario fosse in qualche maniera il suo testamento. Scrive addirittura in un passaggio che s’immagina lei vecchia che legge la Virginia giovane... Questi 27 anni sono stati condensati in poco meno di 500 pagine, quindi non si può certo considerare un diario, né tantomeno un testamento. Si sarà rivoltata nella tomba nel vedere che il suo amatissimo, quanto opportunista, maritino ha "tagliato" quella che è stata la sua vera vita, la sua sofferenza. Mi fa incazzare questa cosa... ma che doveva fare sta' povera Virginia più che dirlo e scriverlo a caratteri cubitali?
Vero, la minimum fax fa una breve prefazione di Ali Smith che dichiara che “Diario di una scrittrice” è la prima versione pubblicata dei molti diari della Woolf e l’introduzione di Leonard (uomo della Woolf) ci spiega l’esigenza e i motivi dei tagli atti solo a rivelare Virginia come scrittrice e null’altro. Ma un diario è un diario. Io lettore l’ho acquistato nella speranza di trovarci la sua vita raccontata da lei, non una delle versioni tagliate e rivisitate che alterano o dissimulano la vera personalità dell’autrice. Non sono tenuta a fare una ricerca delle varie case editrici che hanno pubblicato qualche diario della Woolf. Io ho comprato questo diario e diario credevo che fosse. Virginia non sarà stata solo la donna maniacale dedita alla scrittura, ci saranno stati eventi nella sua vita che hanno fatto di contorno e che hanno forse causato o perlomeno contribuito al suicidio. Questa vita non esiste nel diario, ma viene presentato come tale… trovo profondamente ingiusto, da lettore, che mi si possa proporre un’autrice di simili doti letterarie in questo modo, e ingannarlo sulla formula diaristica, per fare poi un filtro che castra la personalità e la complessità di una donna che con tutto il suo genio ha comunque deciso di farla finita con questa vita. Le case editrici dovrebbe valutare meglio i testi in traduzione e non accettare incondizionatamente le proposte di tagli in difesa di un falso pudore che non interessa nessuno, in questo caso soprattutto a Virginia Woolf.
Dico questo solo per affrontare una questione molto più ampia e spinosa, che non è solo di teoria letteraria ma soprattutto di etica. Si ha il diritto di pubblicare epistolari, scritti inediti, pensieri, affari personali di un autore dopo la sua morte e contro la sua volontà? Adesso con la Woolf il caso è ribaltato, lei voleva che si pubblicasse il diario, ma nella sua interezza. Il risultato è stato comunque una mancanza di rispetto, non si è tenuto conto della sua volontà, si è fatto qualcosa di diverso da ciò che era suo desiderio. Questo è il punto della questione: quali sono i diritti naturali degli autori? Si ha il diritto di diffondere post mortem scritti che l’autore stesso non ha dato in pasto al pubblico, o è una mancanza di privacy ed intimità?
Ci dovrebbero essere delle regole etiche ma alle quali sembra non faccia caso nessuno. Qualsiasi stralcio di lettera, rigo trovato, appartenente ad un autore (di fama naturalmente) viene subito gettato al pubblico senza chiedersi se l’autore avrebbe gradito o no. Il filologo risponderebbe che tutto il materiale trovato postumo serve per aver un quadro più completo dell’autore, del suo processo creativo, la parte umana quasi sempre celata, indispensabile per creare un profilo del personaggio- scrittore. Ma se lo scrittore stesso in vita non ha mandato in giro le sue lettere o i suoi insulti al vicino, o la lettera al suo primo amore, un motivo ci sarà no? Forse non voleva?