secondo numero
47 MORTO CHE PARLA
Il Piano di Recupero del centro urbano della città interessa una superficie di quasi sessantaquattro ettari.
Sembrerebbe tutto il quartiere RO, che è di 68 ettari.
E invece no.
Questo piano di recupero del quartiere RO interessa solo trentatre ettari e mezzo il resto, ben trenta ettari, è area di altri quartieri.
Se si disegna una planimetria del piano salta agli occhi che la gran parte del “centro”, quello enfaticamente detto storico, è esclusa da questo piano di recupero.
E allora?
Operetta!
Ricordate Milly?
…. si fa ma non si dice,
e chi l’ha fatto tace lo nega e fa il mendace e non ti dice mai la verità,
si fa ma non si dice
si fa e si rifà
però nessun lo dice ma si sa
che ciò si fa
si fa
si fa.
Con profusione di parole ci si limita a ipotizzare i cosidetti progetti pilota ma nessuna risposta tecnica viene data a problemi veri.
Ad esempio:
la città puzza.
Si, poichè i punti di raccolta sono quei mucchi che un mio cliente di Napoli chiama o’ montone, il fiore all’occhiello della raccolta differenziata produce un gran fetore che impasta le narici.
Almeno al centro, tante volte detto “salotto buono”, una idea tecnica, e ce ne sono, capace di garantire la raccolta senza imporre la puzza e la vista di metri cubi di rifiuti.
Niente! Manco una delle migliaia di parole scritte nelle relazioni.
Un provvedimento legislativo obbliga le amministrazioni alla razionalizzazione delle reti, in altre parole dice, basta bucare strade e marciapiedi un giorno si e uno no, ogni nuovo intervento urbanistico deve prevedere un piano di utilizzazione del sottosuolo.
Niente di niente, solo idee di parcheggi multipiano interrati sotto le strade, improbabili perché non si sa chi dovrebbe farli e con la sola funzione di colmare, almeno sulla carta della programmazione, la carenza di standard di parcheggio.
Nessuna concertazione con i cosidetti enti erogatori: i tubi del gas, le colonnine dell’enel, i cavi del telefono.
Continueranno ad aggrapparsi ai muri come rampicanti selvaggi.
Telecomunicazioni?
Dico parabole e antenne di telefonia. Nulla: continueranno a stare dove meglio parrà.
Gli impianti di condizionamento, almeno quelli del centro?
Macchè, benchè lo stillicidio sia trattato dal codice civile cosa ci si può aspettare da una amministrazione che sversa la condensa delle sue macchine sulla testa dei suoi cittadini?
Fonti di produzione di energia? Buio pesto.
Pubblicità e comunicazione sociale? Niente! Succederà che pure le mondane avranno il loro cartello indicatore.
Sistema del verde ed in genere del confort urbano?
E allora? Che razza di piano sarebbe?
Un piano pilota che deve rendere possibile quattro interventi edilizi, di cui si potrebbe anche discutere, ma dopo averli visti.
A questa esigenza viene piegata la logica e la disciplina.
Infatti, se pure ancora molto fumoso è il discorso sul valore storico del centro della città che, al di la dell’ovvio, è alquanto incerto se non prudentemente preceduto da un maiuscolo PECULIARE, è comunque fuori di dubbio che una qualità del centro urbano è la unitarietà, l’essere un oggetto edilizio a scala urbana.
Ecco questo mica ce l’hanno tutti.
Soprattutto dal dopoguerra in poi si può dire che non è quasi più successo.
Salta evidente agli occhi che il pezzo che va da piazza quadrata al tribunale è un solo articolato edificio incrociato con quello, non finito, che da piazza roma va a palazzo emme.
Dunque un discorsetto, seppure al volo, c’era da aspettarselo sulla nozione di unità di paesaggio.
Errore! Mai aspettarsi da uno quello che non ha.
Il centro urbano, e il suo contorno, sono stati trattati come “isolati” all’interno dei quali sono le Unità Minime di Intervento.
Giustissimo, ma è solo aridità parametrica, che ha sempre fallito, e ha distrutto le nostre città, dove la valorizzazione è stata risolta con uno sbrigativo vincolo di conservazione alla maniera di “ ’n ce se fa ‘ncazzo”, che poi invece è la porta del tutto.
Gli interventi di riqualificazione consistono nella sostituzione del vecchio patrimonio edilizio e del vecchio tessuto urbano, interventi di demolizione e ricostruzione.
Esempio: la zona a villini tra viale 21 aprile e via reni e bonaparte pur non essendo centro urbano è però una tipologia insediativa estensiva che difficilmente si trova in un centro urbano.
Per il piano è solo una zona con ancora un sacco di spazio dove la vecchia casetta potrà essere demolità per essere sostituita da quelle casone in stile klingon piene di palme sul tetto.
Tutto il paesaggio urbano tipico sparirà per quel peculio li.
Si chiamava caratteri stilistici degli edifici, era un esame dove si studiavano gli alfabeti le parole le frasi di architettura, fondamentale, per poter colloquiare, come quando vai all’estero per capire e farti capire.
Dava molta importanza all’abaco degli elementi costruttivi, ai colori, alle connessioni tra le parti e alla caratterizzazione simbolica dell’edificio.
La base si diceva attacco a terra e il tetto si chiamava attacco al cielo.
Nel comparto nord c’è, sicuramente scappato, un labile accenno alle coloriture, dei toni del bianco, ed un corrivo rimando a portici e travertino.
Poi basta.