31 marzo – 2 maggio 2010
Queste erano le cosine che avevo cominiciato a mettere giù – dopo alcune polemiche che c’erano state – il 31 marzo, poi tra il ricovero in ospedale, l'operazione eccetera, se ne è passato un altro po' di tempo ed eccoci finalmente qui. Sicuramente il testo è un po' verboso, sono le prolissità di un allettato. Chi ha pazienza se le suchi.
CANALE MUSSOLINI E L’ANONIMA SCRITTORI
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1 – L’ANONIMA SCRITTORI E I SUOI RAPPORTI CON K (PENNACCHI)
L'Anonima Scrittori è una creatura dei cugini Massimiliano e Graziano Lanzidei (rispettivamente Zaphod e Torquemada). Non è di Antonio Pennacchi. E' loro. A loro, nel tempo, si sono associati - con frequenti avvicendamenti - anche altri. Il nucleo duro oggi è costituito da loro, da Cameriere, da Faust, Woltaired, Sensi, Rindi, BigOne, Zanoni anche se è un po' di tempo che manca e fino a qualche giorno fa Darcy (che mo' però mi sta facendo girare un po' i coglioni). Questo è il "nucleo d'acciaio" - come diceva il Presidente Mao - che costruisce e tiene in piedi l'Anonima come sito, come progetto e come associazione, rendendola disponibile ed aperta in ogni sua attività alle centinaia di Anonimi Scrittori che di volta in volta partecipano con i loro testi ai singoli Progetti o intervengono sul Forum. Tra questa massa generale degli Anonimi e il nucleo cosiddetto d'acciaio, c'è però un secondo cerchio - assolutamente vitale per l'intero progetto - di frequentatori più o meno assidui, sempre sicurissimamente stimolanti, ma oggettivamente meno coinvolti dal patto associativo, che nella fase attuale sono ravvisabili in Fernando Bassoli, A, Tataka, Mjolner, GabSan, Urbano, Genesis, Timecod. Il passaggio dal secondo cerchio al primo, quello del nucleo duro, non solo non è chiuso o sbarrato - anzi, è sempre aperto - ma soprattutto non avviene per cooptazione dall'alto, bensì solo e soltanto con l'assunzione da parte del singolo della pratica sodale della reciprocità e del contributo effettivo. Stop. Uno può girare qui intorno per anni senza sentirsi parte integrante del sodalizio - prendere cioè solo quello che gli interessa, senza magari dare quello che gli si chiede - e resta nel secondo cerchio per anni. Chi gli dice niente? Uno invece può arrivare domani, dare subito il suo contributo reciprocamente sintonico, ed entra nel primo cerchio domani. Che cazzo ci sta di male? Poi se si stufa esce (a proposito, Darcy: in che cazzo di cerchio sta sti giorni?)
Questa è l'Anonima comunque, che è e resta di Zaphod e Torquemada.
Pennacchi - che da adesso in poi chiameremo solo k - è entrato in contatto con loro solo dopo qualche anno che erano già partiti. Lui conosceva già Cameriere, ossia Roberto Cerisano, giovane scrittore di cui era amico (giovane scrittore un po' testadecazzo però - altro che "sguatteri o miei adulatori" - capace di farmi fare un viaggio sano da Bologna fino a Latina, dopo un reading, senza rivolgermi una parola e così per mesi, finchè non gli ho dovuto chiedere scusa io e perdono a lui, che ancora non ho capito che cazzo gli avessi fatto, anzi, secondo me avevo proprio ragione io, anche se mia moglie invece dice sempre che ha ragione lui. Io bisogna che ci scavi a fondo a questa cosa). E' Cameriere che m'ha portato qua.
Io non sono l'Anonima. K è una cosa e l'Anonima è un'altra. Io non so se m'abbiano adottato come padre nobile e se loro sono o meno miei allievi o discepoli (cosa di cui dubito molto peraltro, visto come mi trattano). Sono miei amici. Gente a cui voglio bene e con cui mi piace ogni tanto stare assieme, passeggiare, discutere e litigare.
L'Anonima è un posto - e il Forum ne è un esempio - in cui si litiga spesso. In passato, di quel nucleo duro e fondativo hanno fatto parte essenziale altre persone - DjMelonarpo per primo (Carlo Miccio), ma poi anche Angelo Camba, Jacopo e Matteo Ninni, CharlieBronte, Euriloca, Aldomovar, BdM-Bruno Di Marco ed altri - che hanno lasciato un contributo ed un segno che resta di sicuro nel nostro essere odierno, ma con cui poi il rapporto s'è rotto vuoi, in alcuni casi, perchè la gente a un certo punto sceglie di fare altro, vuoi perchè con qualcuno abbiamo proprio litigato a male parole. La nostalgia ti resta, a volte, gli vuoi ancora bene (ad alcuni), li vorresti ancora qua. Magari tornassero. Ma se non è proprio possibile stare assieme, se ogni volta sono scintille, e se non ci si sente tutti quanti parte d'un tutto, allora, compa', arrivederci e grazie: "In bocca al lupo e tanti auguri, ognuno per la strada sua".
Ecco, noi la strada nostra, o almeno un altro pezzo da farsi assieme, noi la stiamo facendo con questo nucleo qua, nucleo che col tempo s'è consolidato attorno ed evidentemente a un minimo di consentaneità e sodalità. Dice: "Ma tu perchè dai sempre ragione a Zaphod e Zaphod dà sempre ragione a te?" (lasciamo perdere Cameriere, che lì non sono io ma è mia moglie). E a chi cazzo debbo dare ragione, abbi pazienza, a te che la pensi diversamente da me? E allora gliela davo a Melonarpo, a-riabbi pazienza, che così me lo tenevo amico. Non è umanamente possibile essere amici nello stesso modo con tutti, questo lo dovrebbe capire pure un professore di filosofia. Tu diventi amico con quelli che stanno pressappoco sulla stessa lunghezza d'onda tua, con quelli con cui ti capisci e quindi, con il passare del tempo, questi te li tieni e quegli altri li lasci (oppure ti lasciano, come è stato il caso appunto del Dj e di BdM). Con questo ci sono diventato amico perché stavamo e stiamo sulla stessa lunghezza d'onda. Poi naturalmente - essendo di Latina ed avendo questo vizio d'origine di pionieri bonificatori con la sindrome dell'accerchiamento e con l'istinto primordiale di unirsi e fare gruppo per difendersi dagli attacchi dell'uomo, della natura e delle potenze avverse del cosmo a cui abbiamo sacrilegamente strappato le terre e le acque - noi siamo abituati a tutti per uno, uno per tutti. Io i miei amici me li difendo. E pretendo che difendano me, quando sto sott'attacco. Tutto qua. Io ai Lanzidei avevo detto - quando li ho conosciuti la prima volta - "Va bene, vengo con voi; però voi prima venite con me a fare in mezzo alla strada il FUNERALE DI EUCALIPTO che Qualcuno aveva appena ammazzato?". E quelli hanno preso e sono partiti. E così per CITTA' NUOVE E FALSI STORICI, e poi le INVETTIVE CONTRO I TRADITORI DELLA BONIFICA, sotto l'acqua ad attaccare i manifesti, e i panchetti in piazza, e i comizi, e le urla sotto il comune. Ergo, questi non sono solo i miei amici, non sono solo dei giovani scrittori, non è solo gente che parla con me di scrittura, di calcio, di politica, di letteratura: questi sono i miei compagni di lotta, tali e quali a quelli della Fulgorcavi, e come quelli della Fuolgorcavi noi ci facciamo un sacco di risate soprattutto, ogni volta che stiamo assieme o che facciamo qualche cazzata. E non solo quelli di Latina: basta chiedere a Wolt, a Faust, a Sensi. Noi ridiamo. E poi litighiamo.
Pensare quindi che qualcuno di loro sia una specie di servo o un mio zerbino, un imitatore o un adulatore, è offensivo per me e per loro.
Loro si difendano come credono, ma per quanto mi riguarda, chi lo pensa si rivolgesse subito altrove, poiché non sono uomo - né lo sono mai stato - d'approfittarmi di chicchessia. Ogni mio rapporto con qualunque essere - anche animale, vedi il mio gatto - è sempre stato improntato sulla totale reciprocità. E questa mia reciprocità non ha solo carattere etico, ma proprio utilitaristico e funzionale, poichè in quanto marxista-maoista io credo che tutti i rapporti - compresi quindi anche quelli più didattico-pedagocici - siano sempre dialettici e quindi, nello specifico, solo se se uno non è scemo questi rapporti divengono sempre dialetticamente pedagoci. E mi spiego meglio.
Io non so se - e fino a che punto - questo Forum e soprattutto questa Anonima siano riusciti a divenire il Laboratorio di Scrittura che i Lanzidei avevano in mente quando m'hanno avvicinato. Le loro scritture mi interessano, come mi interessa quella del Cameriere (sono diventato in primis amico suo, dicevo prima, proprio perchè m'era piaciuto il suo romanzo). Dove possano arrivare le loro scritture non lo so, non faccio il mago. Certo però questo progetto - l'Anonima Scrittori in sé - è un fatto concreto e una presenza oramai riconosciuta, piccola o grande che sia, nel panorama culturale del Paese. Avessero fatto solo questo, i Lanzidei già stanno a posto: con (r)esistenza, col Beat, con Modica Quantità - ma, ripeto, con l'Anonima in sé - il loro piccolo mattone lo hanno portato già a quella più grande costruzione complessiva che si suola chiamare Literaturgeschichte. Dove possano arrivare poi le loro scritture, non lo so. Non so le mie, figuriamoci le loro.
Qualcuno però sostiene che imitino la mia, si muovano alla mia "maniera", mi scimmiottino.
Non so se via vero, come non so se sia vero che servano davvero a qualcosa i Corsi di Scrittura Creativa (che non ho mai tenuto né fatto) o i laboratori come questo. Quello che però so - con quel pochissimo di auctoritas che bene o male oramai ritengo d'avere conquistato sul campo - è che se davvero fosse vero non ci vedrei alcun un male. Magari - se sul serio ho qualcosa da insegnare - qualcuno di voi riesca a prenderlo. Sennò che cazzo ci venite a fare qui sopra? Solo a farmi perdere tempo? In ogni caso - per fortuna - io qualcosa da loro sono riuscito ad impararlo, e lo vediamo meglio al punto 3.
2 - LE FONTI PRIMARIE DI CANALE MUSSOLINI E I DOLORI DELL’ONDIVAGO URBANO
Io ho sentito - proprio come ogni bambino "sente" la luce ed il giorno, o sente il bisogno di correre, di respirare, di cantare, di ridere, di piangere, di non essere punito, di essere amato - io ho "sentito" per la prima volta che dovevo scrivere questa storia (la storia del mio podere e della mia famiglia che dall'Altitalia era venuta in Agro Pontino) all'età di 6 o 7 anni, quando fatta durante l'estate la prima elementare a Borgo Carso in campagna dai miei zii, ho iniziato ad ottobre del 1956 la seconda elementare a Latina alla Casa del Contadino. E' lì, tra gli ultimi mesi del '56 e i primi del '57 che ho sentito - come si dice - la "chiamata", il mio dàimon. Avevo già il titolo, doveva essere Il podere; poi a vent'anni ho scoperto che c'era già Il podere di Federigo Tozzi ed ho dovuto cambiarglielo.
Ora è chiaro che come in tutti i libri di qualsiasi autore, anche in questo ci siano dentro tutti i libri che l’autore s’è letto e digerito nel corso della vita. Tu, come autore, sei esattamente come tutti gli altri uomini: un prodotto, storicamente determinato, di tutte le cose, visioni, accadimenti e suggestioni che ti si sono riversate addosso. Poi ognuno le filtra e le ripropone in una nuova visione. Questa è la mia, e dentro Canale non possono quindi non esserci anche Steinbeck, Mark Twain, Jules Verne e Senza famiglia, pure se non so dire dove o se non me ne rendo proprio conto. Si chiama intertestualità, più o meno consapevole.
Certo, però, alcune fonti primarie ce le avevo bene fisse in mente. Il tipo di libro su cui fin dall'inizio avevo deciso di modellare il mio era Il mulino del Po di Riccardo Bacchelli, cento anni di storia italiana raccontati attraverso la vita di una famiglia di mugnai - gli Scacerni, per tre generazioni - dell'Emilia. Poi altri libri si sono aggiunti a questo (parlo sempre di modelli sulla base dei quali costruire il mio, e non di misurarne il valore; il valore, quello che veniva, veniva. Non sembri quindi presunzione o altro, i modelli è chiaro che uno se li prefigga alti, mica se li va a prefiggere bassi), dal Placido Don di Solochov al Grande Sertao di Guimaraes Rosa, a Guerra e Pace, al Doktor Zivago. E poi certo c'è Jorge Amado, c'è Osvaldo Soriano, ma c'è soprattutto De Roberto, I Viceré, e c'è l'Eneide, la Bibbia, l'Iliade, l'Odissea, c'è Beppe Fenoglio, c'è Piero Chiara, c'è Cassola, c'è Via col Vento. C'è il canto e c'è l'epica dei vinti, la pietas per tutti, e c'è il gusto e l'orgoglio del lavoro. Non la “robba”, il lavoro. I Peruzzi vogliono la terra solo per poter lavorare da uomini liberi. I Peruzzi sono classe, sono massa, sono popolo che vuole essere libero. O almeno questo era quello che volevo che ci fosse nel libro. Se poi non ci cono riuscito, è un altro paio di maniche.
Quello che assolutamente non c'era tra le mie fonti primarie o secondarie - consce od inconsce - è il film Novecento di Bertolucci, che Urbano invece si ostina in continuazione a tirare fuori come: "Vedi qua? E' così che si fa, no come hai fatto tu".
Urba', e che ti devo di'? Vatti a vedere Bertolucci, che me ne frega a me? Io a Bertolucci non me lo inculo per niente. Quello era un filmaccio a tesi, di moda, di propaganda e politically correct. Non è arte, perchè l'arte è universalistica, l'arte deve saper cogliere tutto, sia il momento del bene che il momento del male sul volto ritratto. Quello no, invece. Lì è tutto chiaro fin dall'inizio, e lungo tutto il film - era pure in due puntate, li mortacci sua - non si smentiva mai: i buoni erano buoni e i cattivi erano cattivi. I fascisti? Tutti come Attila (Donald Sutherland), bestie assolute. Non archetipi o prototipi, ma proprio stereotipi. Vallo a chiedere a tuo padre se era come Attila, se davvero sbatteva pure lui i bambini addosso ai muri e se quel film racconta il vero, o se non racconta invece verità-di-comodo, doxa, opinioni, propagaganda. Io invece - nel mio piccolo - provo sempre a mettermi nei panni anche del cattivo. Lo so che è difficile per te. Per te è più facile credere sempre d'avere ragione tu e torto gli altri.
E ora arriviamo anche al perché bertolucci fa il processo proletario ai ricchi e io no. Intanto per cominciare t'ho già detto che il mio racconto termina nel '44 e a Sud della linea Gotica. Il suo invece si svolge nel '45 e a Nord di quella linea. E finisce tutto a rose e fiori. E al padrone gli fanno il processo però nemmeno lo ammazzano, lo lasciano andare. Ancora fuffa, Urba', ancora bubbole. Hollywood. I fatti non andarono così. Leggiti Pansa – oppure chiedilo a tuo padre che lo ha letto – e poi vedi come andarono, vatteafadànculotuebertolucci. Comprati le supposte di Preparazione H se proprio ti rode, ma smettila di sparare cazzate che sfiorano il ridicolo. E comunque, anche su questo, aspetta pure tu il punto 3.
3 - IL CONTRIBUTO DI ANONIMA SCRITTORI ALLA LAVORAZIONE DI CANALE MUSSOLINI
C'è la tendenza prevalente in estetica a considerare ogni opera d'arte come creazione individuale dell'artista. Io credo che la creatività individuale conti molto - e su questo non si discute - ma credo allo stesso modo che da sola non basti per arrivare all'opera. Proprio perché l'autore è innanzitutto "uomo nel mondo" - storicamente dato, come si diceva prima - egli non può, nel suo atto creativo, non riverbererare tutto quello che la storia, cioè gli altri, ha indotto in lui. Io in particolare poi - che mi sento narratore e voce dei miei amici e parenti, dei miei compagni di fabbrica e di tutte le classi subalterne da cui proveniamo a che così ci hanno prodotto - ritengo che la mia eventuale creatività artistica non sia che al servizio della costruzione di opere (storie e racconti nel mio caso, e qualche poesia) oggettivamente collettive. Io mi sento la voce di tanti. Stop.
In ogni caso, non c'è nessuno - anche tra i più grandi - che lavori completamente da solo. Ognuno fa leggere, vedere, controllare, chiedere pareri. Ti è assolutamente necessario un minimo di "controllo qualità", se no parti per le tangenti autoreferenziali e perdi la sintonia con chi poi ti deve leggere e capire.
C'è Ugo Foscolo, per esempio, che in Dei Sepolcri scrive:
All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove più il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d'erbe famiglia e d'animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l'ore future,
né da te, dolce amico, udrò più il verso
e la mesta armonia che lo governa...
Ecco, nella stesura iniziale non era così. Gli ultimi due versi suonavano: "né da te, dolce amico, udrò più il verso / con la mesta armonia che lo governa". E' Vincenzo Monti, quando erano ancora amici e prima che si rompessero per via della moglie, che gli dice: "Ma leva quel con e metti e, che lo rafforzi facendo un'unica cosa di verso e d'armonia mesta". Foscolo, giustamente, non ci pensa un minuto e accoglie come propria la variante proposta dall'amico.
E veniamo - nel nostro piccolo - a noi. Io non c'è pagina di Canale Mussolini che appena finito di scriverla non sia corso a leggerla in libreria da Piermario a chiunque trovassi lì. E con chiunque ho discusso pezzo per pezzo, brano per brano, per vedere se quello che volevo dire s'era capito o se invece non aveva funzionato, e allora bisognava rimettere mano e cambiare. E così per tutto il libro. Rompendo i coglioni a tutti. E poi - finito di leggere - via a camminare sotto i portici a discutere: "Ma mo' a Pericle che gli fai fa'? Adelchi mo' dove lo mandiamo?". Ecco, io poi non so se sono servito a loro, ma certo a me l'Anonima Scrittori m'è servita per scrivere Canale Mussolini. Lui è così - e non è in un altro modo - pure perché in questo periodo avevo tra le mani loro. Avessi avuto qualcun altro, sarebbe venuto un Canale altro.
Tre soli esempi, e poi ci avviamo veramente alla fine.
Esempio A: l'incipit
Come credo tutti sappiano, l'incipit di Canale Mussolini suona così: "Per la fame. Siamo venuti giù per la fame. E perché se no? Se non era per la fame restavamo là. Quello era il paese nostro. Perché dovevamo venire qui? eccetera eccetera eccetera".
Bene, l'incipit iniziale non era questo. Io all'inizio lo avevo scritto in un altro modo e così era rimasto scritto per almeno due o tre anni. Ovvero era: "Come dice, scusi? Perché siamo venuti giù? Per la fame. Siamo venuti giù per la fame. E perché se no? Se non era per la fame restavamo là. Quello era il paese nostro. Perché dovevamo venire qui? eccetera eccetera eccetera".
Ora io non so se a voi sembri proprio la stessa cosa, ma a me no (come pare anche ai lettori e critici). Come m'è venuto in mente - a un certo punto - di togliere "Come dice, scusi? Perché siamo venuti giù?" e partire invece direttamente con "Per la fame. Siamo venuti giù per la fame"?
Elementare Watson: me lo ha detto Zaphod (tale e quale a Foscolo e Vincenzo Monti, se uno si volesse allargare un po').
Esempio B: la catarsi d'Adelchi
Chi sentirà l'uggio di guardarsi con un certo scrupolo la prima ristampa che dovrebbe essere in commercio già da questa settimana, troverà ovviamente numerose correzioni di sviste o refusi che nella prima stesura erano purtroppo capitati. Alcune di queste segnalazioni - specie quelle d'ordine storico - sono di Zanoni (Giuseppe Mancini). A pagina 268 però, alla fine del II Capitolo, ci si troverà di fronte a qualche rigo in più, una "variante instaurativa", come si suole dire.
Cos'era successo? Era successo che al Cameriere non gli era proprio piaciuto come finiva il capitolo, non era convinto: "Ma come può essere che zio Adelchi si pente all'improvviso, e dopo tanti anni, solo perché glielo dice Manrico piccolino? E subito così, senza neanche ripensarci un attimo sopra? E che è, San Paolo, sto cazzo de Manrico?".
Hai voglia io a dirgli: "Guarda che è andata proprio così, me possino cecà, io gli dissi quelle cose e lui all'improvviso, lì per lì, si fece scuro e mi diede ragione: Non ci avevo mai pensato, disse".
"Sarà vero, ma non è verosimile" ha detto il Cameriere: "Il lettore, così, fa fatica a digerirla". E io allora ho pensato che lui avesse ragione, ero andato troppo di fretta alla conclusione, non avevo lasciato il giusto tempo tecnico per far salire le temperature interne - la gradazione, il climax - ed arrivare alla catarsi. Cosa che ho tentato di fare adesso, in ristampa, grazie al Cameriere.
Esempio C: la giusta fine degli Zorzi Vila
Ora non è che ci vogliano per forza Urbano o Bertolucci a pensare a fare il processo ai cattivi e finalmente punirli. Eravamo capaci pure noi (come tutta la gente peraltro che l’ha fatto per davvero dalle parti dei miei Peruzzi, in Emilia, nel Triangolo Rosso). E una sera passeggiando sotto i portici del Supercinema - stavamo ancora a metà del secondo capitolo - Zaphod disse proprio: "Ma a sti Zorzi Vila che fine glie famo fa'? E mica se la possono cava' così".
"Ma sarai matto?" gli ho detto io: "Debbono cacare sangue. Mo' non lo so se ne faccio incontrare qualcuno in campo di prigionia con zio Iseo e ci pensa lui, o se invece ci pensa proprio Paride, quando va con la Rsi su al Nord, poi lì però si incontra con un cugino-gemello della parte dei Peruzzi che erano rimasti sopra e che è un partigiano comunista, e così diventa partigiano pure Paride e dopo il 25 aprile vanno a Ca' Bragadìn tutti e due a cercare tutti i Zorzi Vila maladéti e chiudiamo per sempre la questione. Se li devono magnà, je devono beve il sangue diretto come sgorga dalla trachea, a quei fìdenamignotta".
"Ma che state a di'?" è saltato allora su Torquemada: "Agli Zorzi Vila non gli deve succedere niente, debbono restare nel vago, perchè loro oramai, con quella maledizione che è un ritornello, non sono più umani, sono un'entità metafisica oramai, rappresentano il destino avverso, semidivino, che ti può saltare addosso a capriccio, e l'unico modo di difendersi è appunto la preghiera o la maledizione. E' il trickster, come si dice in demo-etno-antropologia".
"Ammazza, ahò", abbiamo detto io e Zaphod: "Che cazzo abbiamo fatto a farlo studiare".
Questo è quanto. Io ripeto che adesso proprio non lo so se qualcuno di voi - come pure ardentemente spero - ha imparato qualcosa da me. Io da voi sì. E pertanto mi basta e mi va bene così. Grazie e ciao.