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Scrivere per il cinema e il teatro

(60 articoli)
  1. Genesis

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    ops! Mi correggo: Mi fa davvero piacere. Scusate l'errore.

    Pubblicato 14 anni fa #
  2. rindindin

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    la lunga mano dell'anonima...

    Pubblicato 14 anni fa #
  3. k

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    Ma vaffanculo Genesis, mi piacevi di più quando menavi.

    Tata', sui duemila anni di Cisterna invece guarda un po' che cosa avevo scritto io due anni fa su Limes:

    CISTERNA E BASTA

    Cisterna di Latina è una piccola ma ridente città – così almeno di norma si suole dire – di oltre trentamila abitanti, posta nella sella che, giunti ai piedi di Velletri, divide i Colli Albani dai Monti Lepini. E’ la porta dell’Agro Redento – Ianua Agri – e fino all’altro giorno da qui si aprivano le infernali Paludi Pontine. Cisterna è la patria di Augusto Imperiali e dei suoi butteri, che nel 1890 batterono a Roma, in un’epica disfida, i cow-boys di Buffalo Bill. Fino al 1934 s’è chiamata Cisterna di Roma. I suoi confini arrivavano al mare: dalla foce del fiume Astura fino al lago di Caprolace. Poi c’è stata l’epopea della bonifica e Cisterna ne fu il primo avamposto e piazzaforte: tutti i trentamila operai bonificatori e, dopo di loro, gli altrettanti coloni sbarcarono qui uno ad uno alla stazione e da qui si diramarono prosciugando e popolando tutto l’Agro. Nel suo territorio – al Cancello del Quadrato – nel 1932 venne fondata Littoria e, con la sua dote, fatta comune. Dei 31.256 ettari che aveva prima, a Cisterna di Roma rimasero meno della metà (14.214) e – proclamata Littoria anche provincia – fu cambiato pure nome: Cisterna non più di Roma bensì di Littoria, poi Latina. Ora un gruppo di cittadini – oltre un migliaio – ha presentato una petizione al Sindaco, dr. Mauro Carturan, con la richiesta di ricambiare di nuovo denominazione, abolendo l’apposizione “di Latina” e chiamando la città “Cisterna” e basta. Il Sindaco ne ha chiesto parere anche all’umile sottoscritto e quella che segue è l’umilissima risposta.

    Caro Sindaco,
    pur non essendo un esperto di toponomastica e tanto meno un amministrativista, mi hai comunque voluto onorare con la richiesta di un parere sulla possibilità di modificare la denominazione della vostra città, eliminando l’apposizione “di Latina” secondo la proposta avanzata da un gruppo di cittadini in data 14 gennaio 2006. La loro idea sarebbe quella di chiamarla solo “Cisterna” – sic et simpliciter – senza alcuna altra specificazione, come peraltro sembrerebbe essere stato, per un migliaio d’anni circa, fino all’Unità d’Italia. Ti ringrazio della considerazione dimostratami e – nel ribadirti comunque l’insufficienza delle mie competenze e conoscenze – provo a dare di seguito, con sincerità e senza pregiudizio alcuno, il mio modesto parere. Fanne, per quello che vale, l’uso che vuoi.
    Per quanto riguarda le ragioni di fondo che dovrebbero sottostare a questo cambio di denominazione, è bene innanzitutto ricordare – come recita la formale richiesta del 14 gennaio 2006 – che “I motivi […] di ordine storico e pratico, sono tutti contenuti nel libello che alleghiamo” , ovvero: Cisterna non è di Latina di Umberto Pichi , primo firmatario della richiesta stessa.
    Ora è pure indubitabile che l’espressione “Cisterna non è di Latina” sia in sé – letterariamente – divertente, ironica e sicuramente mitopoietica, una vera e propria parola d’ordine o intuizione lirica che in Teoria e tecnica della comunicazione meriterebbe la lode. Sul piano però della rispondenza reale dei significanti – su quello cioè del significato – tutta la questione pare invece doversi ridurre ad un semplice equivoco linguistico, intendendo difatti i richiedenti quel “di”, che separa “Cisterna” da “Latina”, come la statuizione di una relazione di proprietà. Ergo, Cisterna non deve più chiamarsi “di Latina” perché non è proprietà di Latina; Cisterna è di Cisterna e basta, proprietà personale sua: “Il fatto che Cisterna debba avere quell’inutile aggettivo di appartenenza non mi è mai andato giù” , scrive Pichi.
    I proponenti sembrano quindi mossi dal bisogno – lodevole peraltro, seppure, in questo caso, erroneo e fuori luogo – di affermare con orgoglio la piena autonomia e la più antica e originaria storia della loro città rispetto a Latina, perché Cisterna c’era da prima, da molto prima; Latina è venuta dopo ed è Latina che si è appropriata, per nascere, dei terreni e territori di Cisterna e quindi, per loro, eventualmente è Latina che è di Cisterna e non il contrario: “Quando, nel 1934 fu costituita la provincia di Littoria, a Cisterna di Roma fu cambiato il nome in Cisterna di Littoria (anche se la storia avrebbe suggerito il contrario e cioè Littoria di Cisterna)” . Un “di” di proprietà quindi, da eliminare senza alcuna esitazione quasi che – ogni volta che si continui a leggere su qualche insegna o intestazione: “Cisterna di Latina” – il messaggio suoni inequivocabilmente offesa, sbandierando a tutti i venti ingiustamente che Cisterna è proprietà di Latina: “Ma quando mai?”, affermano i proponenti.
    Il significato e l’uso della preposizione “di” in italiano però – anche nelle sue articolazioni “del, dello, della, dei, degli, delle” – non è limitato esclusivamente ad indicare: 1) - le relazioni di possesso o di proprietà e appartenenza. Questo è solo uno dei tanti usi e significati. Ma essa può anche servire a stabilire, nell’ordine:
    2) - relazioni di specificazione: Il gelo dell’inverno, Il caldo dell’estate;
    3) - rapporti di paragone: Tu sei più bravo di me;
    4) - funzione denominativa: La città di Venezia;
    5) - moto da luogo: Non uscire di casa, Andare di male in peggio;
    6) - stato in luogo: Resto di qua;
    7) - moto a luogo: Vado di là;
    - origine e provenineza: Sono di Roma, Quel ragazzo è di bassa estrazione;
    9) - paternità: Francesco di Giorgio Martini;
    10) - argomento: Trattato di medicina, Parlare di politica, Un film d’amore;
    11) - introduzione a titoli di opere: Dei delitti e delle pene;
    12) - materia: Una collana d’oro;
    13) - mezzo: Riempire un fiasco di vino, Vivere d’espedienti;
    14) - modalità: Essere di cattivo umore, Ridere di gusto;
    15) - causa: Tremare di paura, Morire di stenti;
    16) - fine o scopo: Boa di salvataggio, Ti serva di esempio;
    17) - abbondanza: Una giornata piena di imprevisti, Un sacco di roba;
    18) - privazione: Una stanza priva di luce;
    19 - qualità: Uomo d’ingegno;
    20) - tempo: Verrò di sera, Di lunedì si lavora male, Di ora in ora, Di mese in mese;
    21) - età: Un vecchio di novant’anni;
    22) - colpa o imputazione: Imputato di omicidio, Accusato di peculato;
    23) - pena: Multato di cento euro;
    24) - stima o prezzo: Un quadro di grande valore;
    25) - peso e misura: Casa di trenta metri, Un carico di cento tonnellate;
    26) - limitazione: Soffre di cuore, Superiore di numero;
    27) - distributiva: Di dieci in dieci, ovvero dieci alla volta;
    28) - progressiva: Di mese in mese, Di giorno in giorno, ovvero un mese, un giorno alla volta;
    29) - funzione rafforzativa: Ne hai combinati di guai!;
    30) - appositiva: Quel birbante di tuo figlio;
    31) - unione o compagnia: La lunga barba e di pel bianco mista;
    32) - introduzione a proposizione soggettiva: Mi pare di conoscerlo;
    33) - oggettiva: Credo di avere ragione;
    34) - causale: Sono contento di vederti;
    35) - finale: Vi prego di entrare;
    36) - consecutiva: E’ degna di essere premiata;
    37) - funzione di collegamento di altre preposizioni: Invece di, A causa di, Dopo di, Prima di, Per mezzo di;
    38) - in locuzioni congiuntive: Di modo che, Dopo di che; e infine:
    39) - essa indica una relazione partitiva (Uno di voi, Alcuni dei soci, Nulla di nuovo, Il migliore della classe, Dammi del pane), che nel nostro caso pare proprio la più adeguata. E’ vero difatti che è già prevista al punto 4) anche una “funzione denominativa” (La città di Venezia, di Trento, di Trieste), ma ben più specificatamente, per quanto ci concerne, quel “di Latina” apposto dietro al nome di “Cisterna” significa non già che Cisterna appartenga o sia proprietà di Latina, bensì che – fra tutte le Cisterne che pure ci sono in Italia e perché nessuno faccia confusione, proprio perché tante – questa è la Cisterna che sta in provincia di Latina e da nessunissima altra parte, punto e basta. E’ un partitivo locativo, che vuol dire semplicemente: “E’ questa qui esattamente a 41° 36’ di latitudine Nord e 12° 50’ longitudine Est – questa e non un’altra di tutte le altre che pure ci sono – sennò tu ti sbagli e, magari, invece di venire qui vai a sbattere in Piemonte o nel Friuli”.
    Si dà difatti il caso che, in Italia, ci siano la bellezza di almeno altre sedici località (che con la nostra fanno diciassette, ma non è escluso che ce ne possano essere anche altre) che contengono nel toponimo, ovvero nel loro nome o denominazione, il termine “Cisterna”. Esse sono:

    1) - Cisterna (Perugia, Gualdo Cattaneo)
    2) - Cisterna (Ascoli Piceno, Ortezzano)
    3) - Cisterna d’Asti (Asti)
    4) - Cisterna del Friuli (Udine, Coseano)
    5) - Cisterna di Castel di Sasso (Caserta)
    6) - Cisterna di Latina (Latina)
    7) - Cisterna di Fontechiari (Frosinone)
    - Bric Cisterna (Cuneo)
    9) - Rifugio Cisterna (Frosinone, Sora)
    10) - Tempa Cisterna (Potenza)
    11) - Castello di Cisterna (Napoli)
    12) - Colle Cisterna (Roma, Colleferro)
    13) - Ca’ la Cisterna (Pesaro)
    14) - Cascata della Cisterna (Pescara, Bolognano)
    15) - Cozzo Cisterna (Siracusa, Rosolini)
    16) - Contrada Scolaro Cisterna (Catania, Adrano)
    17) - Contrada Cisterna (Macerata, Tolentino)

    A queste andrebbero poi anche aggiunte:

    18) - Cisterna di Rovigno (Istria)
    19) - Uvala Cisterna (Istria)
    più, naturalmente, tutte le “Cisterna” che debbono pure stare in Spagna – oltre che nei paesi di lingua spagnola come tutta l’America Latina ecc. – e le “Citerne” francesi.
    Ad almeno cinque delle suddette diciassette località italiane, inoltre, non corrispondono semplici denominazioni di cosiddetta geografia fisica – quali picchi montani, rivi, ruscelli o contrade boschive – ma centri abitati (tra cui tre Comuni) con tanto di codice ed uffici postali; ovvero:

    1) - Cisterna d’Asti – 14010 (At)
    2) - Cisterna del Friuli – 33030 (Ud)
    3) - Cisterna di Castel di Sasso – 81040 (Ce)
    4) - Cisterna di Latina – 04012 (Lt)
    5) - Castello di Cisterna – 80030 (Na)

    Ora sarà quindi forse vero, come affermano i richiedenti, che era “Cisterna” e basta – senza alcun altro appellativo o apposizione – il “nome originario appartenuto alla (…) comunità per quasi un millennio” fino a quasi tutto il 1870, ma non è un caso che questa situazione cessi proprio al pieno compimento del processo unitario italiano (e non è nemmeno un caso che, se pure è vero che a partire dal 1159 nei primi documenti medievali redatti da mano italiana anche se filo-imperiale la località sia chiamata Cisterna e basta, in tutti i coevi documenti redatti da mano tedesca essa appare sempre, già dal 1165, come Cisterna Neronis o Cisterna di Nerone: “l’appellativo Neronis è usato dai tedeschi e non dagli italiani, i quali conoscono la regione” e non si possono sbagliare anche omettendolo, mentre “il motivo per il quale Cisterna viene dai Tedeschi indicata come Cisterna Neronis potrebbe rispondere anche all’esigenza di individuarla rispetto ad altri centri conosciuti con lo stesso nome. Ci si riferisce, nella fattispecie, a Cisterna in Piemonte (oggi d’Asti) già attiva nel 1140 ed estranea a politiche antimperiali” ).
    Fino al 1870, difatti, Cisterna apparteneva agli Stati della Chiesa – al cosiddetto Stato Pontificio – e lì, nello Stato Pontificio, di città che si chiamassero Cisterna c’era solo questa e non erano possibili equivoci di sorta. Ma nel 1870 – quando arriva lo Stato Italiano dopo essere entrato coi bersaglieri a Porta Pia – i funzionari piemontesi, esattamente come i loro colleghi tedesco-imperiali di settecento anni prima, non possono non rendersi immediatamente conto, visto che loro un’altra Cisterna con tanto di castello medievale ce l’avevano già per conto loro su in Piemonte, che qui si rischia di fare troppa e pericolosa confusione nelle poste, negli atti amministrativi, nel fisco, nelle tasse, nel catasto, nel trasferimento dei funzionari e dei carabinieri, nella leva, nei finanziamenti, nei lavori pubblici, nei medici condotti e perfino nei disastri e nei terremoti: devi mandare i soccorsi in un posto e magari ti vanno nell’altro. Quelli erano piemontesi e i funzionari – ma pure gli Stati unitari – li sapevano fare. E allora la prima cosa che fanno – questi funzionari piemontesi del nuovo Stato unitario – a quella la chiamano “Cisterna d’Asti” per far capire che sta là e, a questa, “Cisterna di Roma” per far capire che sta qua; e non perché all’improvviso sia diventata proprietà di Roma, sennò ti ci chiamavano anche prima, quando ancora stavi solo nello Stato Pontificio. E’ solo quindi per distinguerti da quell’altra, per far capire che non stai nel Nord-Italia ma che sei quello dell’Italia Centrale in provincia di Roma, stop. Poi è chiaro che il giorno del 1934 in cui cambiano i confini di provincia avendone istituita una nuova denominata prima Littoria e poi dal 1945 Latina, è chiaro che cambino nome anche a te – “Cisterna di Littoria e poi Latina” – mica stai più in provincia di Roma. Che c’è da offendersi o starsi a risentire? Roma andava bene e Latina no?
    La realtà è che alla base esiste – pur non essendo espresso formalmente nel libro, ma comunque percepibile in ogni bar – un desiderio nascosto di richiamarla “Cisterna di Roma”; desiderio che rende esplicito come la questione non stia tanto nel “di” ma proprio nel “Latina”. C’è con ogni evidenza, nella comunità cisternese, un sentimento diffuso di antagonismo e révanche nei confronti di Latina-Littoria, rea di essere venuta dopo e d’essersi, soprattutto, “posta al di sopra” e sempre più accresciuta proprio con le terre ed i beni sottratti a chi c’era prima.
    Non è compito mio entrare nel merito di questa “percezione” o “mito”, starli a valutare, criticare, storicizzare, strutturare o destrutturare. Qui dobbiamo solo discutere di un possibile cambio di denominazione e, a questo scopo, dobbiamo solo prendere atto – senza entrare minimamente nel merito se sia poi giusto o sbagliato – che in quella che si suole definire “identità collettiva cisternese” permane ed agisce un forte sentimento e mito anti-Latina. Il cisternese moderno sembrerebbe ancora doversi strutturare – in quanto cisternese – in funzione antilatinese, fino a sognare, appunto, di potersi tornare a chiamare “Cisterna di Roma” (questa cosa – ripeto – non viene pudicamente esplicitata nel libro né, tanto meno, nella richiesta; però è stata più che raccolta nella personale indagine “da bar” dello scrivente).
    Ora è chiaro che nessuno vieta ai cisternesi – se lo vogliono – di fare tutte le domande ed esperire tutte le pratiche per cambiare al più presto di provincia e ritornare da Latina a Roma. Pare ci stiano seriamente pensando a Ponza – che in provincia di Roma non ci sono mai stati in vita loro, essendo sempre stati fino al 1934 in provincia di Napoli, prima di essere incorporati in Littoria-Latina – perché non lo dovrebbero poter fare i cisternesi? Il nostro consiglio però – volendo per forza cambiare provincia – sarebbe quello di scegliersi Trento o Bolzano, che almeno paghi meno tasse e arrivano più contributi. Ma a Roma che guadagno c’è? E’ l’affare di MariaCazzetta. E comunque – se non cambi prima provincia – “Cisterna di Roma” non ti ci puoi chiamare.
    In ogni caso io posso pure capire che Roma è più importante di Latina – dà più blasone – però alcune considerazioni vanno anche fatte. In primo luogo, sul piano della stratificazione storica è oramai passato più tempo che ti sei chiamato “di Latina o Littoria” che “di Roma”: 73 anni – dal 1934 al 2007 – contro i 64 soli che vanno dal 1870 al 1934. In secondo luogo, le ragioni di fondo – e cioè che tu c’eri già da prima, mentre Latina è venuta dopo e s’è insediata sulle terre tue – anche con “di Roma” non sarebbero affatto risolte: pure Roma è nata dopo di te e s’è insediata, se si vuole, sulle terre tue.
    Non è questa la sede per discettare sulla esatta collocazione della antica città scomparsa di Suessa Pometia, da cui prende nome l’intera regione dell’Agro Pontino (Pomptinus-Pometinus). Gli olandesi che scavano a Satrico sostengono che stia là : sarebbe la stessa Satricum che, dopo la conquista volsca, avrebbe cambiato nome. Quelli che invece studiano le evenienze archeologiche provenienti dal colle Caprifico-San Valentino, posto al centro del triangolo Cisterna Vecchia-Torrecchia-Le Castella, a circa un chilometro dall’abitato, dicono che sta qua: Suessa Pometia starebbe a Cisterna . Ora è noto come tutti coloro che studino qualcosa si innamorino da sempre di ciò che stanno studiando, mentre tutto quello che invece studiano gli altri non vale più – per loro – ipso facto una cicca. E’ vero quindi che non è questo il luogo per fare l’oroscopo di Suessa Pometia, però rimane il fatto che – seppure il Bianchini ritenesse che essa dovesse cercarsi in un territorio compreso nel più vasto triangolo “Anzio-Velletri-Cori” – alcune brevi cose sono pure da dire:
    a) - che se da Pometia prende nome l’intero Ager Pometinus, è più che evidente che – in quanto caput eponimum – essa debba situarsi al centro almeno, o pressappoco, delle sue campagne: in aperta pianura quindi, e non già all’estremo margine collinoso della piana;
    b) - che di essa, nella tradizione, si perde letteralmente ogni traccia allo spuntare del 492 a.C., fondazione di Norba “quae arx in Pomptino esset” : “perché fosse”, su in montagna, la «nuova» “roccaforte nel Pontino”, da cui appunto il nome “Norba”, contrazione di “Noua-Urbs” ;
    c) - che se essa stava primieramente in pianura e viene spostata poi – “duplicata” e “sostituita” nel suo ruolo e funzione da Norba, dopo l’arrivo degli alieni nell’Agro – essa non può non essere ricercata che nel triangolo “Satrico-Norba-Cisterna”. Dentro il triangolo – all’interno – non ai vertici; cosa che di fatto esclude sia Satrico che Cisterna;
    d) - non è un caso quindi che già a suo tempo il Pais ed il De Sanctis , per ragioni in primo luogo di topografia antica ma avvalorate pesantissimamente dalla toponomastica, segnalassero la proposta di ubicazione di Suessa Pometia – avanzata dal Fraschetti con la benedizione del Beloch – a Sessano, oggi Borgo Podgora.
    Sia come sia, rimane comunque:
    1) - che Suessa Pometia stava nel triangolo “Satrico-Norba-Cisterna” – o quanto meno, seppure in via subordinata, in quello più ampio “Anzio-Velletri-Cori” – che dava il nome all’intero Agro Pontino e che questo era civilmente abitato ab antiquo, molto più ab antiquo di Roma (v. i resti di Caracupa, ma cfr. anche Plinio e Catone, infra);
    2) - che in località Caprifico, nei pressi di San Valentino-Cisterna, c’era un insediamento che non sappiamo come si chiamasse, ma che sicuramente anch’esso era più antico di Roma e che, probabilmente, potrebbe corrispondere ad una delle 23 o 24 città scomparse di cui parla Plinio (anche se più avanti parlerà di ben 53 popoli che “dall’antico Lazio […] sparirono senza lasciare traccia” );
    3) - che tutto questo territorio, prima dell’invasione volsca di V-VI sec.a.C., era parte costituente e fondativa della prima Lega Latina, quella di Alba che – quando Roma ancora doveva nascere, e ancora doveva nascere la madre della madre della lupa che allattasse Romolo – si riuniva “a mangiare la carne assieme” sul monte Albano per stringere i patti federativi e stabilire ed allargare il proprio e incontrastato dominio “a Tiberi Cerceios” , dal Tevere al Circeo.
    Ergo: quando Roma è nata, Cisterna esisteva già. Non sappiamo come si chiamava, però esisteva. E Roma, quando poi è cresciuta, è lei che pure lei – come e più di Latina – è cresciuta sulla roba degli altri: dei cisternesi pure, e di tutti gli altri Prisci Latini, vecchi alleati e federati loro. Mi spieghi allora perché “di Latina” non va bene e “di Roma” sì? Non dovrebbe essere “Roma di Cisterna” pure lei?
    Dice: “Vabbe’, però i richiedenti non è che abbiano proprio chiesto di chiamarsi Cisterna di Roma” – no, anzi: questo la gente lo dice solo nei bar, però pure i bar contano nella vita di questo Paese – “loro hanno chiesto di chiamarsi Cisterna e basta, senza nessun’altra apposizione: solo il numero di codice postale”. Ma è proprio qui la questione caro Sindaco, perché tutto si può fare eccetto questo. Tu puoi cambiare il nome della tua città in tutti i modi che vuoi, ma c’è un solo modo in cui non la puoi proprio chiamare: ed è “Cisterna” e basta. Qualche cosa ci devi aggiungere per forza – quello che ti pare, pure la più astrusa – però qualcosa ce la devi mettere, perché l’unica che non puoi fare è non metterci niente.
    Io posso pure capire che nell’animus cisternese, nel super-Io collettivo e nell’identità fondante e non tanto inconscia della communitas, permanga questo forte sentimento della originarietà pontina, degli unici che a cavallo – per secoli e secoli – hanno percorso e dominato le vaste plaghe delle Paludi Pontine: “Al Quadrato, ddo’ sta mo’ Littoria, ce ivo a caccia co’ ‘o pulledro”, diceva Augusto Iannarelli. E quindi capisco pure – e non giudico in alcun modo, ma mi limito a registrarlo – che questo sentimento mal sopporti una presunta o vantata primazia latinese. Sta a voi – i legittimi rappresentanti di questo popolo – valutare in tutti i suoi aspetti la situazione e decidere, se del caso, di togliere “Latina” dal toponimo. Ma se levate “Latina” ci dovete mettere qualcos’altro, non si scappa: “Cisterna” e basta non può andare.
    I nomi – e a maggior ragione i toponimi – servono per distinguere e non fare confusione. A tutti è capitato, prima o poi, di vedersi recapitare nella buca delle lettere la posta di un vicino che ha nome, cognome e numero civico diversi. Figùrati se era uguale. L’errore è connaturato alla natura umana – tutti possono sbagliarsi prima o poi – ma compito della ragione è prevenire l’errore, inventandosi e stabilendo norme e procedure che abbassino al minimo ogni possibilità d’errore, non che le innalzino al massimo. Se io ho davanti a me un gruppo di diciassette persone che si chiamano tutte quante Antonio e mi metto a strillare: “Anto’!”, è chiaro che si voltano tutte e diciassette. Io ho quindi la necessità – se voglio parlare con un Antonio specifico tra tutti quei diciassette e con nessun altro, invece, dei restanti sedici – io ho la necessità di specificare bene: quale, come, dove e perché. Soprattutto nell’epoca della globalizzazione poi – in quella che viene oramai definita “civiltà dell’informazione” – io debbo aggiungere ancora più informazioni, e non sottrarle, se voglio essere riconosciuto e giustamente individuato sulla scena del mondo e del web. Non mi posso far chiamare Antonio e basta, soprattutto se ce ne stanno altri sedici. Ma sai quanta posta mia può arrivare a loro e viceversa?
    Dice: “Vabbe’, ma i richiedenti allegano, nel libretto, tutta una serie di altri posti, come Samona in provincia di Trento e Samona in provincia di Torino, che pure si chiamano nello stesso modo ”. Vero, ma il fatto che a questo mondo ci sia già chi ha dei guai, non significa per forza che me li debba andare a cercare pure io. E chi lo ha detto?
    C’è un borgo di fondazione in provincia di Foggia – pure lui degli anni Trenta come i nostri – che si chiama Borgo Cervaro ed ha come codice di avviamento postale 71020. C’è poi una Cervaro più antica 03044 in provincia di Frosinone ed un’altra Cervaro ancora, 64040 in provincia di Teramo. Il direttore dell’ufficio postale di Borgo Cervaro in provincia di Foggia affermava però che regolarmente, di tanto in tanto, arriva a loro della posta indirizzata invece a queste altre due Cervaro e viceversa (più quella di Frosinone in verità che di Teramo, forse perché più grossa; e quindi è la vostra, perché la più grossa fra tutte le Cisterne, la posta che ha più probabilità di andarsi a perdere altrove) e loro dopo se la debbono riscambiare, nonostante abbiano codici postali e province diverse. L‘errore è sempre in agguato per chi ha il peccato della natura umana e quando abitavo ancora a Latina in via Cellini 30 dalla parte dell’ospedale e mi chiamavo già Pennacchi Antonio come adesso, c’era però dall’altra parte della strada – dopo la circonvallazione, verso il consorzio agrario – un dentista che si chiamava Pennacchia di cognome, e quindi nemmeno proprio uguale, ma di nome tutto diverso (mi pare Silla, se non ricordo male). In più erano assai diversi numero civico e professione. Bene, a me per una vita è arrivata la posta sua, pure coi pacchi di filo interdentale e, ogni tanto, i pazienti che suonavano alla porta pretendendo che gli levassi il mal di denti.
    Tu devi specificare bene chi sei e dove stai, perché già la percentuale d’errore è elevatissima così, ma se tu poi davvero levi tutto e lasci solo “Cisterna” e basta, tu allora vai a caccia di guai e corri davvero il rischio che un qualche viaggiatore, o meglio ancora un businesman che dall’America o Taiwan volesse venire a fare affari qui, li vada invece a fare ad Asti o nel Friuli – “Oramai so’ capitato qua” – o a Napoli e Caserta (comunque una riunione fra tutte queste Cisterne – una sorta di gemellaggio che, magari, ci scappa davvero pure qualche affare – si potrebbe pure fare).
    La soluzione ideale sarebbe a questo punto – viste le predisposizioni umane all’errore; visto l’aumento sempre più vorticoso dello scambio di informazioni via internet e nella realtà globale; e visto che l’alto numero delle Cisterne non può non essere esso stesso che causa primaria ed esponenziale del cosiddetto “accumulo di errore” – l’ideale sarebbe prendere il toro per le corna e cambiare tutto il nome: non solo “di Latina” ma anche proprio “Cisterna”. Datevene, Sindaco, uno nuovo di zecca che non abbia già nessun altro a questo mondo, né in toto né in parte, né prima e né dopo: né Cisterna di Questo e Quest’Altro, né Questo e Quest’Altro di Cisterna. Solo voi. Così non si fa più casino e chi vuole venirvi a cercare sa, finalmente, dove, quando, come e a chi, venire a bussare.
    Anche in questo caso, però, il mio consiglio sarebbe quello di rifarsi comunque ad un nome a forte appeal e tradizione storica.
    Essendo naturalmente fuori gioco Suessa Pometia – e non solo perché è improbabile che stesse qui, ma anche perché oramai inflazionato sia sul versante di Sessa, con Sezze e Sessa Aurunca, sia su quello di Pomezia – la scelta non potrebbe che ricadere su Ecetra, antica e gloriosa città latina scomparsa che per secoli combatté fieramente, prima contro la penetrazione volsca e poi contro quella romana nell’Agro Pontino.
    E’ vero che secondo alcuni ipercritici Ecetra potrebbe anche non essere mai esistita, dovendosi magari la sua notizia solo ad un errore di trascrizione di un “et cetera” qualunque. Ma le citazioni in Livio e Dionigi di Alicarnasso sono tali e tante – dei suoi interventi armati, del suo ruolo strategico (a volte se ne parla come di una “capitale volsca”) e dello spirito fiero e battagliero dei suoi abitanti per tutto il corso del V e IV secolo a.C., ma già a partire dal VI – che non è possibile attribuire la sua esistenza ad un mero refuso.
    Va pure detto, per la verità, che ci sono anche altre città che già dicono loro d’essere Ecetra: da Artena a Supino a Morolo a Carpineto Romano e giù giù fino a Priverno. L’equivoco è in effetti determinato dal fatto che le fonti parlino sempre di Agro Pontino come terra dei Volsci, intesi come unico popolo stabilmente stanziato sia di qua che di là dei monti Lepini. Livio e Dionigi difatti scrivono alla fine deI I secolo a.C, traendo le rispettive fonti loro nei più antichi annalisti Romani i quali però – essendo nata Roma quando i fuochi erano già cominciati da un pezzo – da queste parti si sono affacciati solo tra V e IV secolo a.C. e, quando si sono affacciati loro, è chiaro che ci abbiano già trovato i Volsci. Ma questi – i Volsci – ci erano appena arrivati. Ci erano arrivati un po’ prima di loro – dei Romani – ma ci erano appena arrivati anche loro. Qui prima, in Agro Pontino, c’erano solo i Latini – i Prisci Latini – e i Volsci se ne stavano al di là dei Lepini, sull’altro versante e nella valle del Sacco. Ma i Romani – proprio perché arrivati dopo – che vuoi che ne sapessero? Per loro eravamo tutti Volsci. Da qui la confusione.
    Ma se uno si va a leggere per benino tutte le operazioni militari, le direttrici di marcia, le riunioni strategiche, le alleanze, gli ambasciatori – e si mette davanti ad una carta geografica – si rende perfettamente conto che Ecetra non può stare né ad Artena-Montefortino né a Morolo, Supino e tanto meno Priverno. Ecetra sta rispetto a Roma – secondo un minimo di ricostruzione topografica di quei racconti – ai margini nordoccidentali estremi del cosiddetto Agro Pontino, sulla linea di confine cioè tra la pianura e la montagna e, più in particolare:
    1) - un po’ più a Nord di Suessa Pometia;
    2) - un po’ più a Est o Sud-Est di Velletri e, soprattutto:
    3) - sulla direttrice Anzio-Velletri: tra Anzio e Velletri ma facilmente raggiungibile anche da Anzio.
    Ora io non so se Ecetra sia proprio Cisterna, ma certo a questi requisiti Cisterna corrisponde esattamente in pieno, soprattutto ove si adotti l’individuazione di Suessa Pometia al Casale di Sessano (cfr. supra: Pais e De Sanctis).
    Io non so se Ecetra è proprio a Torrecchia o al Caprifico – lì i resti sembra siano solo di VI-VII secolo – ma se c’era un insediamento serio ed antico nei più immediati dintorni di Cisterna, per me quello è Ecetra e non si scappa. Premesso inoltre che in antico la “c” ha sempre suono gutturale “k” – ovvero si leggeva “Eketra”, come peraltro si leggeva anche “Kisterna” – non si può non notare come nei due toponimi insista e nella stessa successione, oltre al gruppo vocalico “e-a”, il gruppo consonantico “ktr“: gutturale “c”, dentale “t” e vibrante “r”. Manca la sibilante “s”, ma che ci posso fare? Sennò erano buoni tutti. Comunque Ecetra non ce l’ha nessun altro a questo mondo. Se ve lo pigliate, nessuno di sicuro si confonde più.
    Se invece la comunità di Cisterna dovesse essere ancora così affezionata al suo nome dal volerselo tenere ad ogni costo – eliminando però nel contempo ogni possibile riferimento a Latina – allora la questione si fa più complicata: “Cisterna” e basta abbiamo detto che non ci può stare e per “Cisterna di Roma” bisogna prima cambiare provincia. Si tratta quindi di vedere che cosa metterci al posto “di Latina”. Non, naturalmente, che non esistano soluzioni – ce ne sono anzi un’infinità – si tratta solo di scegliere l’opzione più adeguata. Di seguito proviamo ad indicarne qualcuna:
    1) - Cisterna di Nerone sarebbe in fin dei conti il toponimo propriamente più antico. E’ almeno dal Medio Evo – 1165 – che nei documenti ed atti ufficiali viene difatti denominata: “Cisterna Neronis”. E’ un nome peraltro assai denso di significato e sex-appeal, poiché Nerone è conosciuto in tutto il mondo e – avendo il tempo sedimentato l’orrore degli esecrabili eventuali delitti – non ne ha però minimamente scalfito il fascino e la notorietà, sennò non si capirebbe perché gli americani continuino a fare tutti questi kolossal d’ambientazione romana. Giocatevi Nerone, visto che ce lo avete;
    2) - Cisterna Ecetra o Cisterna di Ecetra, anche se non suona tanto bene – sembra uno scilinguagnolo oltre ad essere una tautologia – sarebbe meglio Ecetra e basta, ripeto; oppure:
    3) - Cisterna di Sessano, perché in fin dei conti Ecetra era assai importante, sì, ma la capitale vera e originaria di tutto l’Agro Pontino era appunto Sessa Pometia; però mi rendo conto che – se per i cisternesi è già duro stare sotto Latina – figuriamoci sotto Sessano;
    4) - Cisterna Tres Tabernae (rispetto alla quale è però innanzitutto doveroso rilevare come la prima ed esatta individuazione al Km. 58 dell’Appia – bivio della Ninfina – appartenga all’oramai obliato ma ben spesso saccheggiato La Blanchère ) lo escluderei senza battere ciglio. La sua identificazione o paternità genetica con Cisterna parrebbe un falso: è tutto da dimostrare difatti che Tres Tabernae nasca prima di Cisterna o che, anzi, Cisterna stessa nasca da lei, come pure tramandano alcune leggende o interpretazioni molto tarde. La prima notizia più certa di Tres Tabernae è data difatti dalla Tabula Peutingeriana, le cui fonti sono del IV secolo dopo Cristo. Ora è vero che “[m]entre il territorio circostante continua a restituire documenti archeologici, nessuna testimonianza antica risulta offerta nell’ambito dell’attuale perimetro urbano di Cisterna” , ma le evenienze del Caprifico sono invece almeno del VI avanti Cristo: mille anni prima. Il toponimo stesso Cisterna Neronis, inoltre, rimanda a fatti e accadimenti del I secolo, ossia trecento anni prima della Tabula Peutingeriana. Dice: “Sì, però le evenienze archeologiche di Tres Tabernae sono dello stesso periodo e, soprattutto, è a Tres Tabernae che i cristiani di Roma vanno incontro sia a San Paolo che a San Pietro”. Vero. Tres Tabernae, che è in pianura e all’incrocio di strade importanti, gode sicuramente in età imperiale di un forte sviluppo edilizio, consentaneo appunto alle politiche di intervento che mano mano si susseguono sull’Appia e intorno ad essa. Ma come evidenziato dalla villa rustica di Borgo Carso ; dalla “villa di Domiziano” a Sabaudia; e soprattutto dai toponimi Fossa di Nerone e/o di Agrippina – con perfino un Ponte dell’Agrippina rimasto in piedi fino all’altrieri – gli interventi maggiori e di carattere propriamente “dirigistico” che vengono fatti in questa regione sono di età neroniana (oltre al fatto che anche San Pietro e Paolo arrivino a Roma, e poi ci muoiano, sotto Nerone). E’ quindi evidente – o almeno così a noi pare però non è mai detto, perché la botta del coglione può sempre capitare a tutti – che Cisterna Neronis debba venire prima di Tres Tabernae. Se difatti d’una qualche “cisterna” avrà pure da trattarsi – combinata evidentemente pure allo scavo di più di qualche “fosso”, dell’Agrippina o di Nerone che sia – e se le ragioni progettuali-generali di questo intervento dirigistico di tipo pre-keynesiano sono in primo luogo (come saranno poi per la bonifica fascista degli anni Trenta) d’ordine idraulico ed idro-geologico, pure un bambino capisce che con l’acqua è sempre consigliabile partire dal più alto che dal più basso. Adesso vedi tu se sta più alta – e quindi viene prima – Cisterna o Tres Tabernae. Ma come non pensare poi – Sindaco – che non debba esistere pure una qualche relazione tra: 1) - il nome di “Cisterna”; 2) - la strabiliante rete di grotte e cunicoli che ancora vi ritrovate sotto i piedi e, 3) - quello che il La Blanchère chiama “sistema di drenaggio profondo dei terreni delle campagne Latine” a rete cunicolare che, secondo lui, dai Colli Albani arrivava fino al mare e che è stato peraltro riconosciuto almeno fino a Giulianello ma che è tuttora ravvisabile anche sul fronte della “cava di Sessano”. E’ difficile difatti pensare – come tramanda qualche interpretazione pure piuttosto tarda – ad una “cisterna” fatta costruire da Nerone per alimentare semplicemente delle pur prestigiose terme ad Anzio. Sembra, appunto, un tentativo di razionalizzazione ma molto a posteriori. E perché mai da Anzio sarebbero dovuti venire a prendere l’acqua fin qui? Non ne avevano già abbastanza della loro? Non c’era – volendo – tutto il fiume Astura più a portata di mano? Il presunto acquedotto termale però, pur in tutta la sua fantasiosità, restituisce comunque la notizia di un rapporto-legame assai stretto – anche se qui è di natura specificatamente idraulica, e non comprovatamente anche geopolitica – tra la città di Anzio e quella di Cisterna; rapporto, peraltro, di cui a noi sembrerebbe già di avere sentito parlare ancora più in antico: “Il comando supremo delle operazioni (contro i Romani, ndP) era stato posto ad Anzio; ad Ecetra i coloni anziati tenevano pubbliche adunanze: questo era il centro, queste erano le forze della guerra” . Ed è difatti il La Blanchère stesso a ritenere fortemente che quel “sistema di drenaggio profondo dei terreni” a rete cunicolare – che arrivava fino al mare e quindi ad Anzio, e di cui le “grotte” di Cisterna è assai improbabile che non facciano parte così come quelle di Sessano oggi Borgo Podgora – quel “sistema” per La Blanchère è di fattura pre-romana: prima che nell’Agro, dopo i Volsci, sbarcassero pure questi altri Alieni. Chissà che gli Ecetrani del V sec. a.C. – ogni volta che arrivavano i Romani ad assalirgli e devastargli la città – non si andassero a nascondere proprio in quelle stesse grotte, con le greggi e con gli armenti, come poi faranno sotto i bombardamenti i Cisternesi del 1944 d.C.? No, Tres Tabernae no – meglio di no – anche perché poi bisognerebbe andarlo a spiegare alle Castella, poiché le fonti parlano anche di loro: “Ad Castellum” stazione di posta o “mansio”, sull’Appia, tale e quale a Tres Tabernae; riconosciuta perfettamente lì, con tanto di resti antichi, insediamenti, templi, chiese paleocristiane e sepolcreti, anche se per altre fonti si chiamava “Ad Sponsas” . Perché Tres Tabernae sì e Le Castella no? Che sono, più stupidi? Vuoi allora forse fare, o Sindaco:
    5) - Cisterna Le Castella? Fai come ti pare. Ricordati però che c’è già Castello di Cisterna in provincia di Napoli e Cisterna di Castel di Sasso in provincia di Caserta. Ah, c’è un castello medievale pure a Cisterna d’Asti e uno a Cisterna in provincia di Perugia, nel comune di Gualdo Cattaneo. Non finiamo più. Anche con:
    6) - Cisterna Ulubrae o di Ulubrae non ci starei a perdere troppo tempo. A parte il fatto che, come Tivera, l’ubicazione di Ulubrae nei pressi di Doganella – al Castellone, quasi sotto la montagna – è oramai piuttosto acclarata , l’idea che ne tramanda Orazio nelle Epistole (ma anche Giovenale nelle Satire ) è quella di uno sperdutissimo ed isolato pagus, una specie di Roccacannuccia in capo al mondo, ideale per chi vuole stare tranquillo e lontano da tutti, al riparo da ogni possibile rumore. Tu quindi capisci che un posto del genere non può stare troppo a ridosso dell’Appia, che a quei tempi era Regina Viarum e pertanto una specie di Autostrada del Sole. Chi vuoi che si ritiri in clausura – finalmente in santa pace – all’uscita di un casello o in mezzo a un autogrill? Ma manco un autista di Tir. Andiamo quindi avanti:
    7) - Cisterna Latina, inteso solo come qualificativo, ossia dei Prisci Latini, quelli che c’erano prima di Volsci e Romani, e quindi anche pure:
    - Cisterna dei Latini; oppure anche:
    9) - Cisterna dell’Agro Pontino (Cisterna del Lazio no, perché nel Lazio ce ne stanno almeno altre tre; Cisterna Laziale nemmeno, perché troppo offensivo per i romanisti);
    10) - Cisterna Pontina;
    11) - Cisterna delle Paludi Pontine;
    12) - Cisterna Imperiali, in onore di Augustarello Imperiali che batté Buffalo Bill;
    13) - Cisterna Calcabrini, in onore del pugile che si laureò campione europeo dei medi quando il pugilato era ancora il pugilato;
    14) - Cisterna dalle Belle Donne, che è una cosa che sul baedeker fa sempre un certo effetto e comunque è un giusto riconoscimento alle donne cisternesi;
    15) - Cisterna Caetani, anche se a me non piace molto e comunque i Caetani sono venuti molto dopo che c’era già Cisterna e, se proprio si deve scegliere un cittadino illustre, a me pare che Augusto Imperiali ed Elio Calcabrini abbiano illustrato, onorato ed amato la loro città più di tutti i Caetani messi assieme;
    16) - Cisterna di Ninfa o dell’Oasi di Ninfa la inserisco giusto per dovere di cronaca perché è assai famosa, ma non la starei a pigliare troppo in considerazione perché quelli già si fa fatica a tenerli per terra adesso – ci vogliono i pioli per non farli levitare – figùrati se ti metti il nome loro: ti ci vuole la contraerea per riportarli giù. Allora, se permetti, rotta per rotta davvero è meglio:
    17) - Cisterna e Basta, anche se scritto così potrebbe sembrare troppo strano ed equivoco e quindi uno, magari, passata Cisterna va a cercare pure Basta. Meglio quindi la versione:
    18) - Cisterna Ebbasta o, meglio ancora, Cisterna Ebasta, che fa molto più esotico e ricercato e di sicuro un giorno – fra qualche migliaio d’anni – gli storici faranno a gara per scrivere tomi e tomi sull’antico popolo degli Ebasti ;
    19) - Cisterna di Cisterna; oppure anche:
    20) - Cisterna delle Quattro Strade;
    21) - Cisterna del Kiwi; però se fra qualche anno il kiwi passa di moda, bisogna ricambiare nome un’altra volta;
    22) - Cisterna delle Grotte;
    23) - Cisterna del Cavallo Cisternese;
    24) - Cisterna che batté Buffalo Bill; però mi pare un po’ troppo lungo;
    25) - Cisterna di San Rocco, dal nome del Patrono;
    26) - Cisterna della Ricalata;
    27) - Cisterna dei Butteri dell’Agro Pontino o, meglio ancora:
    28) - Cisterna dei Butteri, che mi pare tutto sommato il migliore perché capace di contenere, in quest’unica espressione, tutto l’epos di secoli di storia.

    Conclusioni
    Nel ringraziarti di nuovo della considerazione accordatami, ti ripeto però caro Sindaco che un esperto di toponomastica ne saprebbe sicuramente più di me e, meglio ancora, un amministrativista che – a differenza mia – saprebbe anche dire quanto costa un’operazione del genere. Io non ne ho la più pallida idea e non ho nemmeno la più pallida idea di cosa consigliarti per davvero. Sei tu che lo devi decidere – tu e la tua città – perché, come si dice, siete voi che conoscete i fatti vostri e siete voi che dovete valutare eventualmente che peso è, per davvero, quel “di Latina” sopra le spalle vostre. A lume di naso mi sentirei di consigliarvi di lasciare le cose come stanno, però – lo ripeto – lo sapete voi che croce è. Ve la volete levare? Levàtevela. Fatevi i conti e levàtevela. Avete, del resto, una serie quasi infinita di opzioni tra cui poter scegliere:
    a) - potreste cambiare completamente nome anche a Cisterna;
    b) - potreste cambiare provincia e tornare di Roma;
    c) - potreste mettere al posto di Latina tutto quello che vi pare e – in questa eventualità – io ho indicato 28 possibili soluzioni, ma se ne possono trovare pure 28mila, la potete chiamare pure:
    29) - Cisterna Pichi;
    30) - Cisterna Pennacchi o, meglio ancora:
    31) - Cisterna Carturan se proprio vi piace.
    L‘unica cosa che non potete proprio fare – almeno secondo la logica del mio modesto avviso – è chiamarla Cisterna e basta. Questo no, caro Sindaco. Questo significa volersi impiccare con le mani proprie, perché pure gli Angeli ogni tanto – secondo la Bibbia – si sbagliano. E voi davvero correte il rischio che il giorno del Giudizio Universale – quando tutti saranno chiamati a rispondere davanti a Dio, nella valle di Giosafat – l’Angelo del Signore si sbagli e chiami voi a rispondere dei peccati di quelli di Asti o del Friuli o, meglio mi sento, di Napoli o Caserta. Ma manco ai cani Sindaco, chi te lo fa fare?
    Poi naturalmente ognuno fa quello che gli pare. Decidi tu. Che me ne frega a me? Io abito a Borgo Podgora già Casale di Sessano – l’antica Suessa Pometia, per intenderci – strada Santa Croce, comune di Latina. A me l’Angelo del Signore mi trova quando gli pare. Sempre però che non mi confonda anche lui con un dentista che – a colpi di trapano – di bestemmie e maledizioni ne ha collezionate di sicuro più di me.

    (a.pennacchi - luglio 2007)

    Pubblicato 14 anni fa #
  4. Genesis

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    Per Fernando Bassoli.
    Il sito l'ho scoperto per caso, mentre cercavo qualcosa che mi mettesse alla prova...un giorno mi è capitata fra gli occhi la prima foto di Fototerapia, e con essa tutto il bando e le motivazioni di Anonima. Ho partecipato. Ho scoperto che questo era un mettersi alla prova continuo, perché ogni tre mesi veniva posta una foto diversa e a noi stava il compito di interpretarla. Mentre mandavo il mio contributo per il Bit dell'avvenire, qualcuno di voi mi ha chiesto di partecipare, se mi andava, al laboratorio di Anonima. Poi da lì è stato facile scovarvi anche qui.

    Pubblicato 14 anni fa #
  5. rindindin

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    perchè qui non c'è l'opzione per allegare e scaricare i documenti come nel forum del laboratorio?

    Pubblicato 14 anni fa #
  6. tataka

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    K, il suo articolo é bellissimo.

    Le dispiace, se lo faccio girare nella Cisterna su Facebook?

    Pubblicato 14 anni fa #
  7. k

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    Ma figurati. Comunque sarebbe meglio - se proprio vuoi - pubblicare la versione completa di note, che non avendo il tuo indirizzo mando a Torquemada a cui la puoi richiedere, e che stava in Limes 1-2008. Nel numero successivo invece, Limes 2-2008, c'era - se ti interessa - una lettera di protesta di Umberto Pichi e la mia stringatissima risposta. Ciao a te e Genesis. (A proposito: hai deciso a che facoltà ti iscrivi? Guarda di non farmi incazzare, Tata'.)

    Pubblicato 14 anni fa #
  8. zaphod

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    Fondatore

    Per tornare sul tema del copyleft.
    Questo è un purissimo esempio di come l'unico frequentatore di questo forum che quando si parla di copyleft gli si rizzano tutti i capelli sulla testa - "se volete la roba mia me la dovete paga'" - sia pure il primo a far circolare suoi materiali liberamente e a larghissimo raggio.
    Ed è - tra parentesi - pure l'unico i cui materiali sarebbero legittimamente protetti da diritto d'autore inteso nel senso più classico, trattandosi di articoli e saggi pubblicati su libri e riviste a diffusione nazionale. Mentre - e l'ho detto pubblicamente nel dibattito sul copyleft che abbiamo avuto a Viterbo con KaiZen, Zgt e altri - molto spesso perfetti sconosciuti sbandierano il copyleft per pubblicizzare contenuti che nessuno andrebbe mai a cercare, ma non appena c'è un minimo di interesse da parte di qualcuno allora la bandiera della condivisione della conoscenza viene ammainata e si cominciano a piantare paletti.
    Il copyleft è uno strumento e, come tale, bisogna imparare a usarlo.

    Pubblicato 14 anni fa #
  9. tataka

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    Temo che si incazzerà perché ormai vado dritto a Scienze Politiche.

    Pubblicato 14 anni fa #
  10. tataka

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    Membro

    La ringrazio per la concessione. Mandi pure la risposta furiosa di Umberto Pichi, sono curioso di leggerla. Però, credevo avesse più senso dell'umorismo.

    Pubblicato 14 anni fa #
  11. Genesis

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    Membro

    Per tataka
    Bravo collega!!!! Ci sono anch'io...io sono nel ramo Relazioni Internazionali!!!!

    Pubblicato 14 anni fa #
  12. Tatà, prendi Lettere. Davvero. Non ti far tentare.

    Pubblicato 14 anni fa #
  13. tataka

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    Membro

    Ciao collega! Io invece penso di andare a Scienze dell'Amministrazione. Le lingue non fanno proprio per me.

    Torque, io a Lettere ci andrei anche volentieri ma poi come campo? Se non riesco a diventare giornalista, dovrei darmi all'insegnamento e credimi é meglio di no, non sarei un buon professore. Invece SP mi da molte più opportunità. Poi boh, sono ancora in tempo per ripensarci.

    Pubblicato 14 anni fa #
  14. Genesis

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    Membro

    Si, è molto bello anche quel ramo...in effetti le lingue sanno farsi odiare!!!! Anche io dopo il diploma avevo intenzione di scegliere Lettere Moderne, ma i miei stessi professori mi hanno detto che non c'era lavoro. Non se ne trova quasi quasi neanche con SP ma almeno ci sono più possibilità...i giornalisti li possiamo fare ugualmente, così come insegnare o lavorare nell'amministrazione.

    Pubblicato 14 anni fa #
  15. Questa storia delle possibilità, ve lo dico da subito, è una delle più grandi baggianate che ci vengono raccontate subito dopo la maturità. Dici: "poi come campo?". E perché a Scienze Politiche, invece, come camperesti? Ricorda che per essere competitivo, in settori intasati, conta anche quanti ci metti, che conoscenze hai ecc. ecc. E credi che tutti quelli che hanno preso Giurisprudenza - io tanti anni fa -, Economia e Commercio o altro poi fanno esattamente quello per cui hanno studiato? L'unica è andare a fare l'ingegnere. Lì sei sicuro che lavori e che fai esattamente quello per cui hai studiato.

    Adesso non so se a te piace Lettere (non esiste più Moderne o Antiche, ci sono diversi dipartimenti). Io ti consiglio Studi Italiani. E' dipartimento di Italianistica e Spettacolo. Se vuoi, alla fine della laurea triennale, puoi accedere anche alla specializzazione in Editoria e Giornalismo. Se ti posso dare un consiglio fraterno: non ti mettere in testa alcun mestiere nello specifico o vedere quali possano essere le prospettive. Se rispetti i tempi, prima che esci laureato e specializzato, ti ci vogliono 5 anni. Potrebbe cambiare tutto. Per ora segui il tuo istinto e fai quello che ti piace. Se vuoi fare il giornalista, studia lettere. Dai retta.

    Pubblicato 14 anni fa #
  16. zaphod

    offline
    Fondatore

    Ma soprattutto studia, compa'. Studia. Il cazzo che ti pare, ma studia. Lasciatelo dire da uno che rimpiange ogni pagina non letta quando ne aveva tempo e possibilità...

    Pubblicato 14 anni fa #
  17. Ascoltali questi due disperati, io senza quel che mia ha dato il mio molto poco vendibile corso di laurea non sarei qui...

    Pubblicato 14 anni fa #
  18. tataka

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    Membro

    Boh ho ancora un po' di tempo, ci rifletterò meglio

    Pubblicato 14 anni fa #
  19. Genesis

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    Membro

    Forse hanno ragione loro Tataka, Studi Italiani, come ti suggerisce Torquemada sembra interessante...e poi hanno ragione, bisogna studiare...(anche se non si farà il lavoro per cui si studia). Bisogna essere pronti e saper fare un pò di tutto. Decidi con calma...
    Per Torquemada
    Gira brutta aria anche per gli ingegneri: io ho due cugini laureati in ingegneria (uno in quella edile e uno in architettura e nessuno dei due fa l'ingegnere) per non parlare del mio fidanzato, laureato in ingegneria elettronica... Bisogna solo studiare e cercare di riuscire bene in più campi, al di là della laurea che si prende... (quasi quasi mollo la specializzazione e mi iscrivo in lettere pure io...tanto nel consolato non ci entrerò di sicuro.)

    Pubblicato 14 anni fa #
  20. cameriere

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    Membro

    non cianno ragione manco per niente.
    ciai ragione tu, tataka.
    è oggettivamente vero che co' lettere
    non ci fai niente.
    certo, non è che co' scienze politiche va meglio.

    non è vero niente che con l'impegno ce la puoi fare.
    l'impegno non basta.
    è però vero che ciai 18 anni.
    ce ne hai di tempo di fare cazzate.

    come dice il torque,
    fai solo quello che vorresti fare.
    lascia stare la programmazione sistematica della vita.
    magari domani metti in cinta la prima che capita
    e ti cambiano le prospettive,
    o ti scopri gay e te ne vai a vivere in spagna e apri un ristorante,
    oppure appena laureato ti fai tentare da un concorso pubblico
    e entri alle poste,
    o riesci scrivere un romanzo di esordio che vende 150.000 copie,
    ci traggono un film, ne scrivi la sceneggiatura,
    che concorre agli oscar, vieni contattato dagli americani
    per fare l'autore los angeles.
    ecco, piuttosto, impara l'inglese e,
    non si sa mai, anche lo spagnolo,
    hai visto mai che ti metti a cucinare paella.

    Pubblicato 14 anni fa #
  21. Woltaired

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    Membro

    Ascoltali questi due disperati, io senza quel che mia ha dato il mio molto poco vendibile corso di laurea non sarei qui...

    ah Faust....
    che dici che lo devo dare l'ultimo esame?
    sarà per questo che non sono ricco?

    Pubblicato 14 anni fa #
  22. sensi da trento

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    Membro

    L'unica è andare a fare l'ingegnere. Lì sei sicuro che lavori e che fai esattamente quello per cui hai studiato.

    devo correggerti.
    l'unica è andare a fare il perito alle scuole superiori.
    lì è sicuro che, quando vedi un ingegnere che fa il tuo stesso lavoro e prende il tuo stesso stipendio, gli puoi ridere in faccia.
    (e non sto scherzando)

    Pubblicato 14 anni fa #
  23. tataka

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    Membro

    è però vero che ciai 18 anni.
    ce ne hai di tempo di fare cazzate.

    19! Ho 19 anni!

    Pubblicato 14 anni fa #
  24. Wolt, con quell'ultimo esame il jackpot del superenalotto ti fa 'na sega.

    Pubblicato 14 anni fa #
  25. k

    offline
    Membro

    Tata', ogni mestiere ha le regole, le istituzioni e l'apprendistato suo. Se io da grande voglio fare il giocatore di basket, non vado a scuola calcio o di pallanuoto. Pure per fare il muratore peraltro, devi avere prima fatto il manovale.
    E' vero che ancora non sai che mestiere ti capiterà. Con l'aria che tira adesso, non lo saprai prima dei trenta o trentacinque anni. Ergo, ognuno fa il mestiere che gli capita.
    Il sommo della felicità però - a questo mondo - sta nel fare un mestiere che ti piace, perchè fai tutto il giorno e per tutta la vita quello che più ti piace. Il contrario invece - il sommo dell'infelicità - sta nel fare un mestiere che proprio non ci piace. La mediocritas - quello cioè che capita alla maggior parte delle persone - è fare un mestiere che non ci dispiaccia troppo. Io non capisco però perché - visto che non sai ancora e non lo saprai prima dei trentacinque anni cosa ti capiterà - tu ti voglia preparare subito a un lavoro che non ti piace. Studia per quello che ti piace intanto, poi si vedrà, no? In ogni caso con lettere non si può solo insegnare, ma puoi fare lo storico, l'archeologo, il redattore, il giornalista, lo spazzino, l'impiegato al comune o alla regione, il vigile urbano, il becchino, il camionista, l'imprenditore, l'editore o attore porno, un banco al mercato, un negozio di frutta e verdura.
    E quindi ricapitoliamo: a te che ti piace? Sembrerebbe la scrittura. E allora, Tata', se ti piaceva fare il medico, tu non ti andavi a iscrivere a ingegneria. E se volevi fare l'ingegnere non ti andavi a iscrivere a agraria. Ogni mestiere la scuola sua. E la scuola della scrittura qual'è: scienze politiche e stronzologia? Ma vaffanculova'.
    (A che cazzo ti serve - per scrivere - sapere tutto dell'amministratività degli atti e non sapere un cazzo di teoria della letteratura e della narratologia?)

    Pubblicato 14 anni fa #
  26. lo storico, l'archeologo, il redattore, il giornalista, lo spazzino, l'impiegato al comune o alla regione, il vigile urbano, il becchino, il camionista, l'imprenditore, l'editore o attore porno

    Sì ma sappi che l'attore porno è una carriera non priva di rischi.

    Pubblicato 14 anni fa #
  27. tataka

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    Membro

    Forse non mi sono spiegato bene qualche post più su. A me piace anche Scienze Politiche. Ero indeciso fra questa facoltà e, naturalmente, Lettere. Non è che vado a fare una cosa che non mi piace, questo mai e poi mai sarebbe davvero il massimo dell'infelicità. E poi non è vero che con SP non puoi scrivere, molti grandi giornalisti si sono laureati in quello e lo consigliano agli aspiranti colleghi.

    Si k, a me piace scrivere. Ma il mondo della letteratura e -ancor di più- quello del giornalismo sono chiusi come un'ostrica. E non entro? Che faccio? Voi avrete pure ragione a dire che a trentacinque anni inizierò a lavorare ma devo iniziare a pensarci adesso.

    E' presto? Forse avrete ragione, dopotutto vedete le cose da un'altra prospettiva. Però io ho la sensazione di essere ad un bivio fondamentale della mia vita, che tutto il mio futuro dipende da questo momento, che non è il caso di fare cazzate o salti nel vuoto (può darsi anche che andare lì invece che a lettere sia una cazzata). Sarà la tendenza ad esagerare tipica della mia età. Poi è ovvio che la vita non si puo' programmare a tavolino, che è imprevedibile come dice il cameriere.

    Comunque vi ringrazio per i vostri consigli. Sono comunque utili in questo momento di riflessione, dai, può essere anche che faccio un colpo di testa e me ne vado a lettere

    Pubblicato 14 anni fa #
  28. rindindin

    offline
    Membro

    Sì ma sappi che l'attore porno è una carriera non priva di rischi.

    sì e bisogna avere un talento naturale...per la recitazione.

    Pubblicato 14 anni fa #
  29. Woltaired

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    Membro

    ora capisco perchè non volesti condividere il B&B con Faust....

    Pubblicato 14 anni fa #
  30. k

    offline
    Membro

    Ma va' ndocazzo te pare, che me frega a me? Mica mi danno la percentuale.

    Pubblicato 14 anni fa #

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