Mi sono sempre proposto di essere equilibrato, quando scrivo. Non solo per una forma di rispetto nei confronti dei lettori, ma anche per le leggi vigenti. A volte, però, il legislatore, nazionale e/o europeo sembra proprio mettersi d’impegno per fare vacillare le nostre convinzioni.
È il caso di una Direttiva Ue approvata nei giorni scorsi, che prevede che gli animali “vaganti”, cioè randagi, possano essere utilizzati (è il caso di usare questo verbo, dato che vengono quasi considerati degli oggetti) per la sperimentazione, “se non è possibile raggiungere altrimenti lo scopo della procedura di ricerca”.
40 eurodeputati hanno abbandonato l’aula in segno di protesta, mentre le associazioni animaliste di tutto il mondo sono mobilitate per spiegare alla pubblica opinione le conseguenze di tale scelta.
Di fronte a questi provvedimenti viene da domandarsi a cosa serve inasprire le pene a carico di quanti maltrattano – o addirittura uccidono – animali propri o altrui, come previsto dal nostro codice penale, se poi si aprono “finestre” dalle quali fare rientrare, più o meno silenziosamente, ciò che, con grande enfasi mediatica, si è sbattuto fuori dalla porta principale.
Se penso che già i latini affermavano che “Saevitia in bruta est tirocinium crudelitatis in homines”, mi riesce veramente complicato comprendere come si possa non vedere la dolorosa ferita che l’Europa, sempre più deludente nei fatti e ora anche nelle intenzioni, ha aperto nel sistema etico che regola, anzi: dovrebbe regolare, la pacifica convivenza. Perché la realtà è questa: se abbiamo un cane o un gatto che girano liberamente per le strade, presto sarà bene dotarli di un collarino identificativo o qualcosa del genere. Con la Direttiva europea sulla sperimentazione animale approvata nei giorni scorsi, dopo anni di duro contraddittorio e infiniti emendamenti, gli animali “vaganti” rischiano infatti di finire… sotto il bisturi.
Quel che è certo è che, con questa discutibile decisione, il Parlamento europeo dimostra di non essere l’isola felice che ci era stata promessa per decenni. Con qualche eccezione. C’è infatti chi ha votato contro e merita dunque di essere citato e ricordato: Sonia Alfano (IDV), Francesca Balzani (PD), Paolo Bartolozzi (PDL), Rita Borsellino (PD), Rosario Crocetta (PD), Francesco De Angelis (PD), Andrea Cozzolino (PD), Gianni Vattimo (IDV), Cristiana Muscardini (PDL), Debora Serracchiani (PD), Tiziano Motti (UDC), Luigi De Magistris (IDV), Guido Milana (PD), Niccolò Rinaldi (IDV), Crescenzio Rivellini (PDL), Gianluca Susta (PD), Giommaria Uggias (IDV). Si sono astenuti: Silvia Costa (PD), Leonardo Domenici (PD). Non hanno votato: Salvatore Caronna (PD), Patrizia Toia (PD).
Particolarmente significativa la testimonianza dell’On. Tiziano Motti: “Come era ormai ovvio, la Direttiva è passata con la maggioranza assoluta dei voti. A nulla è valso il nostro tentativo di rimandarla in Commissione per un esame più approfondito (scelta disperata invocata da Sonia Alfano seguita dai quaranta deputati che, come me, si sono alzati in segno di protesta). Inutile anche l’appello della Muscardini e del sottoscritto. A nulla, infine, è valso il tentativo di far passare alcuni emendamenti (proposti dai Verdi europei) che tentavano di rimandare ai singoli Stati la possibilità di applicare anche norme più garantiste per gli animali a livello nazionale o di dare la precedenza, qualora esistenti, a metodi alternativi. Mi spiego meglio: uno degli emendamenti chiedeva semplicemente che qualora in taluni casi esista già (esista già, non si debba cercare) un metodo alternativo, si dia la precedenza a quello piuttosto che a sperimentare su animali facendoli soffrire. E l’aula ha votato contro! Ho sentito di tutto: colleghi che sostengono che tanto i cani e gatti randagi non saranno utilizzati per la ricerca (allora cosa li inseriamo a fare nell’articolo 11 nella Direttiva?), altri che chiariscono che la sperimentazione sugli animali per la cosmesi è abolita da tempo (poco male: la Direttiva approva la sperimentazione su animali vivi a scopi didattici!). Mi sembrava un circo equestre in cui ogni deputato sparava l’ultima notizia che aveva sentito poco prima nei corridoi, pur di trovare una giustificazione plausibile per rispettare il voto indicato dal proprio gruppo. E quando la Sinistra europea e la Destra europea si accordano sul voto, definendo che dovrà essere a favore, non c’è obiezione di coscienza che tenga: l’aula vota a favore. Provocatoriamente ho detto che ora si scatenerà la caccia a cani e gatti randagi a scopo sperimentazione, con soddisfazione del Belgio che soffre da anni il problema del numero elevatissimo di gatti randagi. La realtà, mi auguro, è differente ma rimane il senso di impotenza nei confronti di una scelta che disonora il grado di “civiltà” che ci vantiamo di avere raggiunto e che sono convinto si misuri anche nella capacità di garantire alle altre specie animali la salvaguardia da sofferenze che possono essere evitate”.
Un’ultima cosa: quando leggo che la regolamentazione della vivisezione passa per l’impegno di determinare “il minimo di dolore, sofferenza e angoscia” negli animali non so se ridere o piangere. Mi chiedo, infatti, chi è in grado di stabilire cosa sta provando una cavia. O forse i vivisezionatori si basano sull’intensità delle “urla” di dolore? Come funziona questa storia? Più l’animale grida, più soffre?