continua la saga dei vizi capitali! Esce il 5 giugno l'antologia sull'Accidia con un mio racconto per la Perrone Editore (Lab). Posto il racconto sempre tratto da un mio romanzo breve,molto oscuro, mai dichiarato... 8)Però a pezzi mi sembra che funzioni, a parte la Gola (a cui non ho partecipato!) non me ne hanno fatto saltare uno!
Accidia (di Daniela Rindi)
Non si può andare contro al proprio destino, si può andargli incontro.
Nessuno può salvarci, solo noi stessi. Ma come fare? Ci si proietta tutti verso qualcosa di più grande (illuminazione, nirvana o paradiso), e poi si agisce da animali, preferendo l'oblio, la non consapevolezza, perché la tentazione di non essere perfetti, la tentazione di perdersi…è una tentazione. Elisa sta accarezzando il suo gatto, morbido, tenero, rassicurante. E' in salotto seduta sul divano, sola, con la voglia di restarci, svuotata. Non sa cosa stia succedendo dentro di lei, vorrebbe solo un tempo infinito per poterlo decifrare.
Elisa vorrebbe essere libera come un gatto e come lui, scegliere di osservare il mondo dalla finestra. Ma Elisa non ha scelto, è solo un gatto stanco, un gatto che non ha più energia. Si ritrova dietro ad un vetro...a guardare. Le hanno domandato se è veramente così triste la sua vita…non lo sa. Certo non è un'ingenua. E' una persona complessa, le è difficile decifrarsi. Il codice non è in mano sua. Però la sua richiesta di aiuto è lampante, come la sua paura.
Vorrebbe essere più semplice, più facile. Elisa è complicata anche a se stessa, figuriamoci agli altri! E’ schiava di tutti i vizi, deviazioni mentali, in un’altalena di fughe, per poi ritornare al reale. Ma non se ne vuole rendere conto. Le piace che tutto possa assumere una dimensione diversa, lasciarsi andare a qualcosa che non vorrebbe, ma a cui poi anela. E vomita..vomita non sa che cosa, non è consapevole del suo malessere, però vomita e si sente liberata. Non è colpa sua, vomita qualcosa che non le appartiene, vomita qualcosa che non sa…le colpe del padre, della madre, vomita qualcosa che non ha generato lei.
Elisa sta bene con quello che ha, ama ciò che ha generato, però a volte un alieno s’impossessa del suo corpo, si sollazza, si diverte. E' qualcosa che non comprende. Cede, si lascia andare a lui e poi, con il vomito, se ne libera. Cosa avete fatto ad Elisa? Cosa sta scontando? Qual è il mostro che deve rigettare?… E le assale nuovamente la paura di non farcela, di non controllarsi, di perdersi. Cosa c'è nel suo inconscio che non vuole vedere? Cosa c'è che le dà tanto malessere? Vomita perché è anoressica, vomita perché diventa bulimica, vomita perché si ubriaca… ma la domanda costante è una sola…perché vuole vomitare sempre? È una cosa che le fa anche un po' schifo.
Detesta vomitare, odia vomitare! Qualcosa le è rimasto sullo stomaco. La paura è sempre lo stesso baratro. Oggi non c'è un'evoluzione, c'è un pentimento per gli errori fatti, un pentimento, non un superamento. Fa piccoli passi verso la redenzione, quando sono necessari balzi da gigante, ma la sola cosa che si concede è il pentimento fine a se stesso. Ma questo non è motore, non è energia, è passività, apatia, codardia. "Mi pento dei miei peccati, così sono giustificata dal commetterne altri!" Ci si pente, e questo è tutto. Ma è troppo comodo. L'evoluzione è molto più complessa, prevede uno sforzo più “scomodo”.
Elisa è convinta che la religione abbia creato dei grossi drammi, almeno ai miscredenti! Per i religiosi, pii, i devoti, c'è la completa sottomissione, ma per i non credenti, per gli atei? Quelli che ascoltano realmente i discorsi di un papa, che cercano di capire il significato dei suoi gesti, delle sue parole, che si emozionano davanti alla sua umanità, senza preconcetti, che non fanno fare la comunione ai loro figli solo perché il sistema glielo impone, dandogli realmente la possibilità di scegliere, con consapevolezza, nella loro vita? A questi individui cosa aspetta? Non è giusto che a loro sia dato solo la paura… la paura di essere soli, di non avere un Dio che li consoli e che li accompagni.
Elisa vorrebbe un Dio tutto suo, che vada oltre, o al di qua, non importa, ma suo, che veda lei, e solo lei, che la conforti, che la guidi, che l’aiuti a non aver paura, a non sentirsi così terribilmente… sola.
La solitudine, non solo quella fisica, a detta di tutti è una brutta bestia, ma ad Elisa non le ha mai disturbato rimanere sola, essere sola. Nel sentirsi così si è veramente liberi, c'è una libera esplosione del pensiero, come una bomba a mano, una deflagrazione, le riflessioni si fanno in miliardi di pezzi…e chissà chi o cosa colpiscono! E' bello liberare la mente, con la solitudine dentro si aumenta la capacità di percezione delle cose, si sente la vibrazione del mondo, si ha quasi la capacità di capirlo. Ci si lascia navigare nell'assoluto.
Il problema sorge se si rimane incastrati in questo senso di solitudine, se questa dimensione diventa prevaricante. Allora sono guai perché una mera speculazione diventa malattia, incapacità di vivere con gli altri, sentirsi rifiutati, diventa depressione e paura. Allora c'è solo un modo. Guardare all'obiettivo. Domandarsi cosa si vuole essere e cosa si vuole fare. Rientrare nel mondo reale ed attivarsi, non aspettare, non crogiolarsi, non isolarsi. Non è facile. Si può finire per cercare a tutti i costi un "Dio", una fede, perché questa ci aiuti a giustificare la nostra indolenza o incapacità di fare, la nostra perdizione. S’invoca, si prega, …"Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso, la saggezza di conoscerne la differenza". E' la preghiera laica degli A.A. alcolisti anonimi. Come lo sa Elisa? …