Per Zaphod:
Del Prete, il portiere roscio, aveva fatto il secondo a Lauro, che è poi morto in un incidente stradale.
Il Fatigati che hai visto tu era a fine carriera, prima era ancora più forte.
Capelli lunghi e barba lunga, Mario Faccenda era bravo e umile, un bravo ragazzo, quell'anno giocando da libero fece molti goal e volò in serie A. Giocò con Genoa e Fiorentina.
Questo forse l'avrete già letto, lo ripropongo per soddisfare la tua richiesta.
Inchinatevi: ecco il Latina!
Forse non ci crederete, ma c’è stato un anno in cui il Latina è giunto a pochi passi dalla serie B. Giuro che non scherzo: siete voi che avete la memoria corta. Ma ora vi racconto tutto. Era la stagione 1978-’79 e i nerazzurri erano allenati dal mitico Lamberto “Bebo” Leonardi. In campo scendevano undici corsari indiavolati: Lauro, Ronzulli, Carannante, Pezzuoli, Bernabucci, Rispoli, Venturini, Petrella, Morano, Fadigati, Caiazza. Che partite si sono viste al Comunale! Avete presente i film di Sandokan, quando i tigrotti di Mompracem vanno all’assalto all’arma bianca? Be’, al confronto delle sfide di cui parlo, quelle sono gite di piacere… Lo Stadio era sempre stracolmo, la curva scoppiava d’entusiasmo e c’era uno striscione degli Ultras con scritto Inchinatevi: ecco il Latina, che faceva venire i brividi a tutti, soprattutto agli avversari, che scendevano in campo in evidente soggezione psicologica. Ma torniamo ai nostri eroi: in porta c’era Lauro, portiere grande e grosso, di classe. A Catania, quando il Latina vinse 1-0 con una storica rete di Caiazza, si esaltò e parò tutto, ché quand’era davvero in forma, non si passava. A destra stava Ronzulli: lo chiamavano “Ercole”, e con questo ho detto tutto. Era un marcatore roccioso, alla Gentile, un lottatore di greco-romana portato su un campo di calcio, con la mascella squadrata e lo sguardo fiero. La fascia sinistra era territorio del leggendario Carannante: atleta formidabile, con la faccia da guerriero greco, con tanto di barbona e riccioletti corvini. Al centro della difesa stavano Bernabucci e Pezzuoli: il primo era una colonna e il secondo un armadio. Poi c’era Rispoli, il capitano: il cuore della squadra. Nel complesso, la difesa era veramente insuperabile. Fu per anni tra le più forti della serie C. Il regista era Enrico Fadigati, arrivato dalla Juventus. Vero Direttore d’orchestra, era stato ribattezzato “Toscanini”. Testa fredda e piede di velluto, non sbagliava un passaggio, ché lui era davvero da serie B. Le sue aperture per Caiazza e Venturini erano delle opere d’arte. Al fianco di Fadigati, stava “Moto perpetuo” Petrella, che correva più di tutti: un maratoneta. Avete presente la canzone di Ligabue “Una vita da mediano”? be’, sembra scritta per lui. Durante la partita faceva veramente di tutto: passava pure in Tribuna a vendere le noccioline e lavava lo spogliatoio nell’intervallo. Il numero 9 stava sulle spalle di Franco Morano, detto “Furia” per la progressione irresistibile. Quando si liberava per il tiro era una gioia per gli occhi: mollava delle bordate micidiali, da sfondatore di reti, che in effetti sforazzava spesso. Perché lui era il nostro bomber. Le punizioni dal limite, però, le calciava Rispoli, anzi: “Rispolone”. I suoi tiri erano missili terra-aria! La porta la beccava di rado ma, in compenso, abbatteva gli avversari come i birilli di un biliardo. Un giorno, però, ci fu la partita con l’Arezzo. Frenato da infortuni e avversità di ogni genere, il Latina, secondo in classifica alla fine del girone d’andata, aveva fatto registrare un ritorno disastroso. Mancavano due partite alla fine del campionato, l’ultima delle quali in programma a Torre del Greco, campo all’epoca pressocché inespugnabile. In sintesi, con l’Arezzo bisognava vincere a tutti i costi. Negli spogliatoi, Bebo Leonardi chiese una prova d’orgoglio da dedicare ai tifosi, accorsi in massa e scesi pure dalle montagne. L’undici nerazzurro affrontò l’avversario a testa bassa, giocando col sangue agli occhi in una bolgia dantesca. L’Arezzo, ahinoi, si rivelò una squadra catenacciara come poche altre e puntò tutto sullo 0 a 0. Quella volta, poi, la fortuna voltò le spalle al Latina. Assatanati, ma anche precipitosi, i nostri colpirono tre pali e i nervi saltarono di botto, in campo e sugli spalti, perché la porta sembrava stregata. Il portiere avversario, poi, pareva un marziano. Dinanzi alle sue prodezze, i nostri si guardavano smarriti: si sentivano colpiti da una maledizione. Sugli spalti, intanto, sembrava di stare alla Fiera della bestemmia: chi prendeva a pugni i sediletti, chi si strappava i capelli… ma il risultato non si sbloccava. A pochi minuti dal termine, uno dei nostri incornò di testa il millesimo cross, schiaffeggiando la parte interna della traversa. La palla rimbalzò dentro la porta e lo Stadio esplose di una gioia autentica. E a questo punto accadde il fattaccio. Mentre i giocatori si abbracciavano, l’arbitro combinò uno dei memorabili disastri che solo gli arbitri riescono a combinare: annullò la rete. La palla, infatti, era stata scacciata dalla porta da un difensore aretino. Non solo: nonostante mezzo Latina fosse sul piede di guerra e in campo volasse di tutto, il gioco era proseguito. Gli avversari ne approfittarono di brutto e si portarono in vantaggio in contropiede, grazie ad un beffardo autogol di Ronzulli. “Clamoroso al Comunale: Latina 0 Arezzo 1!” annunciò la radio. Fu il caos, perché sconfitta significava retrocessione. Mancavano pochi minuti alla fine e i tifosi si preparavano all’invasione, mentre un coro minaccioso si levava dalle tribune: “Non esci vivoo…”. L’arbitro capì d’averla fatta grossa. Per farsi perdonare, inventò un rigore a favore dei nerazzurri. Ma era ormai il 90°: troppo tardi per credere ai miracoli. Pezzuoli andò incerto sul pallone, perché la rabbia annebbia la vista e fa tremolare le gambe. E tirò fuori. Fu la fine di un ciclo glorioso. Negli spogliatoi, all’appello mancò il guardalinee che non aveva fatto convalidare la rete. Per salvare l’arbitro, la polizia si era dimenticata di lui. E così lo avevano preso a mattonate A lungo assediato negli spogliatoi, quell’arbitro non diresse più una partita, perché capì d’aver sbagliato mestiere. Il giorno successivo, le immagini di Telelazio dimostrarono la regolarità del goal annullato: avrebbe cambiato la storia del Latina Calcio, che retrocesse in C2 nel modo più rocambolesco possibile. Proprio nell’anno in cui la città aveva accarezzato l’idea di assaporare, per la prima volta, la serie B.
(da Storia sociale del Latina Calcio, Multimedia Edizioni)