Il “vaffa” di Pennacchi: «Don Gallo pensi alla Chiesa»
di Andrea Plebe su Il Secolo XIX del 25/08/2010
«DON GALLO? Ma che vada affa... anche lui... Ma chi è? Che andasse in chiesa... Lui uno stipendio comunque a fine mese lo prende, no? Io mi sono sempre fatto un culo così...».
Non ha peli sulla lingua Antonio Pennacchi, 60 anni, di Latina, una vita da operaio alla Fulgorcavi - nata da un’azienda genovese - e poi il successo da scrittore, prima con l’editore Donzelli e dal 2001 con Mondadori, che ha portato alla vittoria all’ultimo Premio Strega il suo “Canale Mussolini”. Pennacchi è stato iscritto al Msi, poi si è spostato a sinistra, si dichiara marxista, leninista e stalinista, è stato cacciato dalla Cgil per «le mie forme di lotta», oggi è iscritto al Partito democratico, che però - dice - «è alla canna del gas»: «Il partito erede del Pci è passato da Marx e Engels a Ermete Realacci... Invece di promuovere il progresso, lo sviluppo economico e le fabbriche si è fatto portatore di valori di destra». Mondadori,la casa editrice di Pennacchi, è finita nel mirino a causa di un decreto legge che consentirà all’azienda di proprietà di Berlusconi di risparmiare svariati miliardi dovuti al fisco per un contenzioso ventennale. Un comportamento “non etico” che ha spinto il teologo Vito Mancuso a interrogare se stesso e gli altri autori del gruppo Mondadori-Einaudi - tra cui Saviano, Scalfari, Ammaniti - se sia il caso di continuare a pubblicare per la casa di Segrate.
Don Andrea Gallo, di cui è uscito con successo da Mondadori “Così in terra come in cielo” è stato il primo a dire no. Antonio Pennacchi, invece, dice no a tutti quelli che contestano la sua casa editrice.
«Io sono inca... come una bestia. Penso a Mancuso e dico: ma come ti permetti, ma chi sei? Ma vergognati. E anche don Gallo può andare affa... Io sono andato a lavorare a tredici anni nella campagna, sono stato in officina fino a cinquanta... Ma questi di cosa parlano? Che andassero a lavorare...».
Secondo lei Mondadori non è dunque colpevole di comportamento non etico?
«La realtà è che sotto schiaffo è Mondadori, che gioca con l’handicap di Berlusconi. Sono gli altri editori, Rizzoli, Feltrinelli, che fanno campagne speculative sulle mignotte e le malversazioni di Berlusconi. è in atto una campagna di intimidazione nei confronti degli autori»
Un autore non ha un legame etico con il proprio editore?
«Io come scrittore sono responsabile di quello che scrivo, non di altro. Mondadori pubblica i miei libri, mentre tutti gli altri li hanno rifiutati, 55 volte, prima di Donzelli. Ma le sembra che un operaio si dovrebbe licenziare perché il suo padrone non è comunista? Gli operai non dovrebbero lavorare per Elkann e Montezemolo? Secondo lei Rizzoli e Feltrinelli sono dei rivoluzionari? Ma non diciamo cazzate...».
Però lei si dichiara marxista, leninista, stalinista...
«Certo. Io sono ancora per la dittatura del proletariato, però viviamo in democrazia, nell’economia di mercato. Chi coltiva pomodori li deve vendere e per farlo si rivolge a un negoziante. Se poi quello evade le tasse, stupra, io cosa c’entro? Allora dovrei essere responsabile della rete commerciale, del gestore dell’Autogrill che tiene il mio libro sullo scaffale...».
L’editore è una controparte oppure no per un autore?
«Sì. È Silvio Berlusconi che frega i soldi a me, non Antonio Pennacchi che li prende a lui. Anzi, vorrei un aumento dei diritti d’autore».
Di Berlusconi lei che cosa pensa, visto che è la “palla al piede” della Mondadori?
«Può andare affa... all’istante».
La casa editrice, invece...
«Senta, io non ho rapporti con Marina Berlusconi, ma con i redattori, gli editor, sono loro i miei compagni di lavoro. In fabbrica noi facevamo gli scioperi, i cortei, menavamo pure i capireparto. Però eravamo orgogliosi del nostro lavoro, non pensavamo che la fabbrica fosse del padrone, ma nostra. La contraddizione tra Berlusconi e me è quella tra borghesia e proletariato, quella fra Travaglio e Berlusconi è in seno alla borghesia, così come quella tra Mondadori e gli altri editori».
Non dica però che senza Mondadori il suo libro avrebbe vinto lo stesso il Premio Strega...
«Certo che no, con la tipografia Ferrazza di Latina non avrei vinto, ma neanche Mondadori lo avrebbe vinto senza di me. Nessuno alla casa editrice se lo aspettava, mi davano per perdente perché Mondadori vinceva da tre anni. Ma le sembra normale, questo? E la qualità del libro dove sta? È vero che ognuno ha un proprio pacchetto di voti allo Strega, ma sono stati i lettori liberi che hanno valutato le opere a fare la differenza, alla fine».
Come valuta lo stato di salute della letteratura italiana?
«Ci sono autori bravi come Michela Murgia ed Edoardo Nesi, ma la tradizione della nostra letteratura è sempre stata fatta da chierici e figli di chierici, autori che non parlano al popolo, figli di intellettuali che si guardano l’ombelico, gente che non ha mai lavorato. Per questo, escluso Manzoni, non abbiamo mai avuto il romanzo popolare».