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(122 articoli)
  1. Io recentemente mi trovavo a parlare della condizione della donna con una signora e madre da poco separata, che ha detto: "La donna ha un potere che l'uomo non ha... una potenza creatrice... quella di fare figli... per questo gli uomini ci temono e devono trattarci in un certo modo..." (poi si meraviglia se il matrimonio è fallito...).

    Ma l'obiettivo comune non dovrebbe essere formare una famiglia? Mettere al mondo figli da crescere insieme etc...
    Io a volte ho l'impressione che molte donne non abbiano capito che il figlio è stato generato da entrambi i genitori.

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. A

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    Membro

    Invece a me interessa quella cosa del Dio dormiente risvegliato dall'uomo che ha tirato fuori K. Mi ricorda molto l'ultimo Schelling. La natura è l'Odissea dello Spirito. E Dio stesso deve essere (ri)destato
    Sono daccordo con Torque, qua c'è roba da vetrina di Murano.

    Pubblicato 13 anni fa #
  3. Sono d'accordo.

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. sensi da trento

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    Membro

    Io a volte ho l'impressione che molte donne non abbiano capito che il figlio è stato generato da entrambi i genitori.

    soprattutto non si rende conto che i figli li fai e un attimo dopo non sono più tuoi.
    povero marito. e poveri figli

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. magda

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    Membro

    No noi donne non lo capiamo che "il figlio è generato da entrambi i genitori". Noi femmine non lo sappiamo. Nando, ma tu credi ne la famiglia procreativa? E tutto ciò che nasce fuori da questa costruzione? Che fai, non lo pensi?

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. A

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    Membro

    Magda, Lei sa chi è Rashi di Troyes?

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. A Magda: infatti ho scritto: ma non DOVREBBE...
    Capisco che oggi parlare di famiglia sia diventato un po' velleitario...
    Intendiamola allora in senso molto lato, questa famiglia ipotetica della quale vado parlando.

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. magda

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    Nando, io e la mia compagna abbiamo due figli, una femmina ed un maschio. Di uno dei due sappiamo l'origine genetica, dell'altro dei due no. Li amiamo.
    Mi dica A di Rashi, mi dica di Shlomo, ascolto.

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. cameriere

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    ?

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. Un tipico caso di nucleo familiare postmoderno, si direbbe.

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. k

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    Sia chiaro, Magda, che io ho un assoluto rispetto delle scelte sue e di chiunque altro in materia sessuale od affettiva. E come me, credo anche tutti gli altri in questo forum. Ma il fatto che ognuno preferisca come oggetto delle proprie pulsioni sessuali ed affettive un certo sesso rispetto all'altro, non significa che quest'altro debba divenire automaticamente il male ed il segno del male, nella propria interpretazione dell'universo mondo. E' questo automatismo - se mi permette - che non sembra avere molto di razionale.

    Stia più serena, Magda, e tanti auguri a lei e alla sua famiglia (ma non mi ricominci a rompere i coglioni con la difesa delle zanzare).

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. Mr Darcy

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    se parla serio magda cià le palle.

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. A

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    Per Magda:

    Rashi di Troyes, Commento alla Genesi (Marietti, 2005, p . 22)

    I due diverranno una sola carne

    commento :
    Il bambino è formato per mezzo di entrambi i genitori, ed è in lui che essi diventano una carne sola.

    Mia nota (A):
    Molto più interessante questo commento, che quello solito che si ode risuonare nella teologia platonico-cristiana, ovvero "la carne sola" come l'unione del maschio e della femmina nel matrimonio. Qui è nel dinamismo della procreazione che i due divengono una carne sola.

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. magda

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    Membro

    Non vedo molta differenza, una sola carne o la sola carne. Io so che è attivare la vita. E dopo quel poco di dinamismo convulso dell’eiaculazione la vicenda si svolge, avviene e viene portata a termine, ancora, tutta nel nostro corpo. Ritengo tutto il resto una costruzione di potere, un sistema per poterla controllare la vita. Non so che pensa il Rabbi Rashi, ma nel sistema noi donne o femmine che sia, siamo al massimo nutrici, regine, ma del focolare, custodi del patri monio. Non è contemplato il piacere, il godere del corpo senza doverne per forza fare un altro. Da che tempo è tempo se accade ci definite impure, anche se non smettete di sognarci. Ma sempre altre da quella sola carne.

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. Guarda Magda, io vado pensando da tempo che gli uomini dovrebbero accordarsi per uno sciopero del sesso per 1 anno. Forse capireste, una volta per sempre, che, senza il nostro pur modesto contributo, nessuna donna in quell'anno resterebbe incinta!

    Pubblicato 13 anni fa #
  16. magda

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    Membro

    Ah, ah, ah ! Mi piacerebbe vederti, un anno di dieta, patito, magrolino, smunto. Non ce la faresti Nando, ne tu, ne voi, tutti a sbattervi di qua e di la al primo angolino, non oso pensare alla disseminazione. Ragazzi che spettacolo! Neanche a Artaud era venuto in mente. Basta un condom. E poi non si deve mai generalizzare il gruppo con l'individuo, la donna non si accoppia mica con i maschi, se lo fa lo fa con un maschio. E chi ti dice che non sia una serrata? O che si ricorrerebbe al crumiraggio? O che semplicemente andremmo in vacanza con voi e se non volete tra noi? E se propio non ce la faccessimo a restare non incinte ci son le banche. Per me sbagli, poi fai tu.

    Pubblicato 13 anni fa #
  17. A

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    Membro

    Magda, se non vedi differenza non so che farci. Rimani a quella di genere, a me non interessa. Ce ne sono molte altre di differenze. Saluti

    Pubblicato 13 anni fa #
  18. LO SCIOPERO DEL COMPAGNO PAOLO.

    Ci vedevamo tutti i giorni alla Federazione del Pds di Latina. Rimanevamo lì fino a tarda notte a ragionare di politica, a preparare nuove iniziative o, più semplicemente, a giocare a carte o a fare feste a base di alcol e fumo. Avevamo tra i 18 e i 20 anni. Studiare si studiava – poco e male – e di lavorare non se ne parlava proprio. La politica era la nostra missione ma ci sbagliavamo, di grosso. Era l'epoca di Mani Pulite – mi iscrissi a Giurisprudenza proprio per fare il magistrato – e delle tangenti rosse che non uscivano fuori. Ogni giorno una tortura, con obbligatorio giro nell'emeroteca per andare a controllare se pure 'noi' c'eravamo zozzati in qualche maniera. Alla fine di tutto, quando i giochi sembravano fatti e noi ci apprestavamo ad andare al potere con tutta la gioiosa macchina da guerra, arrivò Berlusconi e fu come una tempesta. O un coitus interruptus. Non ci volle molto tempo per capire che, noi compagni, non andavamo più di moda. Non eravamo più gli estremisti di un tempo, c'eravamo democraticizzati ma eravamo rimasti senza potere. Basta coi Soviet, ormai credevamo nelle sorti mirabili e progressive a cui ci avrebbe portati il maggioritario. Niente rivoluzione ma una lenta riforma dello Stato per eliminare le ingiustizie. Se una volta ci si riempiva la bocca con citazioni di Marcuse o Che Guevara o Mao Tse Tung, ora non ci rimaneva che Dahrendorf e qualche altro tedesco socialdemocratico. Il bello è che non serviva leggerli. Tu dicevi una cosa, che magari ritenevi importante, e poi non ti serviva che anteporre la formula: “come dicono i compagni in Germania”, oppure “come dice Darhendorf o Cohn Bendit o Pinen Radiolinen”. Nessuno sarebbe andato a controllare. Triste dirlo, ma eravamo intellettuali verbosi senza il fascino dell'azione. E se qualcuno pensava di fare a botte coi fasci, la scoperta fu amara. Non erano più quelli di una volta. Ora, a Latina e in tutta Italia, stavano al potere. “Che vi meniamo a fare?” ci dicevano quando ci incrociavamo ad attaccare i manifesti.

    Ai macroproblemi sopra descritti e alle beghe che dovevamo affrontare per far andare avanti una sezione giovanile di un partito, sommavamo le esigenze di ogni ragazzo o ragazza della nostra età. Per noi che perdevamo tempo la sera in sezione, il problema era: quale ragazza ti si poteva avvicinare con tutta la tristezza che emanavamo? Vivevamo nella speranza di poter partecipare ai raduni dell'ECOSY, la gioventù socialista europea. Tutti, dal nazionale al regionale per arrivare fino agli ex giovani comunisti, parlando di questi raduni internazionali ci strizzavano l'occhio in cerca di complicità. “Non potete capire cos'è successo l'anno scorso a Lisbona”. Quando ci arrivò la comunicazione che erano aperte le iscrizioni per il raduno di Berlino, penso che la Federazione di Latina abbia battuto tutti i record. 15 persone prenotate il minuto successivo. E da quel momento, per 4 mesi, pensammo solo a quell'appuntamento. Nel corso delle settimane se ne imbucarono altri e alla fine arrivammo a 27 partecipanti. Diciamo 26 più uno perché Carlo decise di portare un'amico suo di Cisterna. E fu l'unico a destreggiarsi in mezzo a quella marea delle persone. Saltava tutte quante le riunioni, la mattina e il pomeriggio, per conservare le energie. E poi la sera la faceva da padrone. Dopo due o tre giorni, cercammo di adeguarci al suo comportamento. “Porterà bene”. E invece no, il nostro limite era antropologico. Noi ci credevamo, all'amico di Carlo non gliene fregava niente. La dimostrazione pratica ci fu la penultima sera. Partenza del gruppo spagnolo e grande festa. Carlo e il suo amico riuscirono ad avvicinare due greche. Un po' di ballo, qualche cocktail e poi la passeggiata. Ci raccontò poi Carlo che si mise a parlare, in un inglese rabberciato, di socialismo e ideali e del fallimento del mondo comunista che comunque era poi solo il fallimento del socialismo reale, non delle teorie di Marx ed Engels. “Communism is another thing”. Guardandosi intorno, per non cogliere lo sbadiglio della greca diventata sua amica, Carlo non trovò più il suo amico. Solo la mattina dopo ha scoperto che s'era appartato con l'altra ragazza greca. Anche se nell'inglese rabberciato col cisternese, era riuscito a fare colpo. Dice Carlo che gli erano bastate tre parole.

    Se eravamo partiti per la riunione plenaria dell'ECOSY con il morale alle stelle, tornammo depressi. Ci buttammo nella politica, raccogliendo firme per qualsiasi causa. Iniziò a circolare più gente. Le donne che entravano erano sempre preda di quelli più grandicelli, a metà tra l'organizzazione giovanile e il partito. Loro andavano avanti coi dischi dei Clash, dei CCCP, con i libri alternativi – quelli di Curcio su tutti – e riuscivano quasi sempre nel loro intento. Noi no. Noi stavamo lì con la musica sconosciuta e un po' più intimista e il massimo della protesta civile erano i Litfiba, quelli dei primi dischi. Impiegammo settimane a capire cosa c'era che non andava.

    “La sezione... tu dovevi vedere... quella volta di qua... quella volta di là... non ci si riesce a credere... il mondo è proprio cambiato” ripetevano tutti i compagni che avevano il doppio dell'età nostra. E anche se cercavamo di fare come gli altri prima di noi, di dire che a Berlino erano successe cose turche, quello ci fermava e ripeteva: “non potete capire”. Visto che sapevamo tutti com'era andata a Berlino, non proseguimmo oltre con la pantomima. Avevamo individuato un'età dell'oro a cui fare riferimento: gli anni 70. E volevamo tenercela stretta. Così anche noi prendemmo a dire: “magari ad averci pure noi gli ideali degli anni 70. Lì sì che succedevano cose inenarrabili”. Andammo avanti un bel po' con questo ritornello. La domanda più frequente dei nostri incontri era diventata: “ma come mai non ritorna quella militanza degli anni 70?”. Per dare una risposta a questo tormento, organizzammo anche degli incontri a tema.
    Fino a che, nell'ultimo o nel penultimo di questi appuntamenti, un compagno ci svelò la verità, che poi leggemmo ne 'Il fasciocomunista'.
    “Certo che c'impegnavamo nelle sezioni, non ciavevamo un cazzo di altro da fare. Mica come oggi che ci sono i pub, le discoteche, i ristoranti. Poi le donne, era la scusa per uscire. Metti che nascevo mo', chi me lo faceva a farmi fare due palle così?”
    Una rivelazione, l'ennesima. Eravamo tedeschi dell'Est il giorno dopo la caduta del muro. Avevamo scoperto che la protagonista di quell'epoca, più della musica, della coscienza civile, della voglia di cambiare il mondo, era stata la noia. La noia li aveva tenuti tutti inchiodati alle sedie a parlare per ore, con linguaggi astratti. Non avevano nessun altro posto dove andare, chiaro che potevano nascere gli amori, che alla fine ci si arrivava a scambiare i ragazzi o le ragazze. Stavano tutti lì, dove altro potevano succedere ste cose?
    La costante era la stessa: la noia. Era sempre lei che pure a noi ci teneva lì a discutere di tutte le cazzate che ci venivano in mente. Non si contavano più le serate perse a parlare del conflitto tra Israele e Palestina, di come Berlusconi stesse portando alla deriva il Paese, del fatto che il compagno D'Alema era il migliore e che Occhetto era solo un pallido ricordo. Ripetevamo sempre le stesse cose, perpetuando sempre le solite divisioni. I movimentisti contro quelli dell'apparato.
    Paolo non parlò per tutta la serata. Poi, quando tutti scendevamo le scale e ci davamo appuntamento per il pomeriggio successivo, lui se ne uscì: “non vengo più, sciopero”. E tutti a guardarlo strano. “E dove cazzo vai?” chiedemmo tutti quasi in coro. Mica era consentito che uno di noi si togliesse dal pantano. “Non lo so, ma entro in sciopero, in Federazione non vengo più”. Ripassammo mentalmente la serata, ci chiedevamo cosa avesse infastidito così tanto il compagno Paolo da fargli abbandonare la militanza politica. “E perché fai sciopero?” da segretario politico dovevo prendere in mano la situazione.
    “Domani voglio smettere di non scopare”.
    Ridemmo, ma di quel sorriso nervoso, a mezza bocca, che ti guardi pure intorno per cercare conforto.
    “E come fai?”.
    “Intanto provo a non venire più qui”.

    Pubblicato 13 anni fa #
  19. magda

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    smack!

    Pubblicato 13 anni fa #
  20. k

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    Bel pezzo, Torque.

    Pubblicato 13 anni fa #
  21. egon

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    Complimenti!

    Pubblicato 13 anni fa #
  22. big one

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    Bello, molto.

    ma non avevi chiuso per ferie?

    Pubblicato 13 anni fa #
  23. cameriere

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    quale ragazza ti si poteva avvicinare con tutta la tristezza che emanavamo?

    bellissimo

    Pubblicato 13 anni fa #
  24. zanoni

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    “Tanto provo a non venire più qui”.

    e la prova com'e' andata ?

    Pubblicato 13 anni fa #
  25. k

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    O Torque, quel "tanto" però non va bene. Metti "Intanto", e se per caso stona perché ce n'è qualcun altro poco prima, leva quello prima.

    Dice: "Ma perché intanto e non tanto?".
    Intanto per ragioni semantico contenutive, secondo poi per ragioni metriche. Con intanto è un endecasillabo.

    Pubblicato 13 anni fa #
  26. Corretto.

    Pubblicato 13 anni fa #
  27. Il “vaffa” di Pennacchi: «Don Gallo pensi alla Chiesa»
    di Andrea Plebe su Il Secolo XIX del 25/08/2010

    «DON GALLO? Ma che vada affa... anche lui... Ma chi è? Che andasse in chiesa... Lui uno stipendio comunque a fine mese lo prende, no? Io mi sono sempre fatto un culo così...».

    Non ha peli sulla lingua Antonio Pennacchi, 60 anni, di Latina, una vita da operaio alla Fulgorcavi - nata da un’azienda genovese - e poi il successo da scrittore, prima con l’editore Donzelli e dal 2001 con Mondadori, che ha portato alla vittoria all’ultimo Premio Strega il suo “Canale Mussolini”. Pennacchi è stato iscritto al Msi, poi si è spostato a sinistra, si dichiara marxista, leninista e stalinista, è stato cacciato dalla Cgil per «le mie forme di lotta», oggi è iscritto al Partito democratico, che però - dice - «è alla canna del gas»: «Il partito erede del Pci è passato da Marx e Engels a Ermete Realacci... Invece di promuovere il progresso, lo sviluppo economico e le fabbriche si è fatto portatore di valori di destra». Mondadori,la casa editrice di Pennacchi, è finita nel mirino a causa di un decreto legge che consentirà all’azienda di proprietà di Berlusconi di risparmiare svariati miliardi dovuti al fisco per un contenzioso ventennale. Un comportamento “non etico” che ha spinto il teologo Vito Mancuso a interrogare se stesso e gli altri autori del gruppo Mondadori-Einaudi - tra cui Saviano, Scalfari, Ammaniti - se sia il caso di continuare a pubblicare per la casa di Segrate.

    Don Andrea Gallo, di cui è uscito con successo da Mondadori “Così in terra come in cielo” è stato il primo a dire no. Antonio Pennacchi, invece, dice no a tutti quelli che contestano la sua casa editrice.

    «Io sono inca... come una bestia. Penso a Mancuso e dico: ma come ti permetti, ma chi sei? Ma vergognati. E anche don Gallo può andare affa... Io sono andato a lavorare a tredici anni nella campagna, sono stato in officina fino a cinquanta... Ma questi di cosa parlano? Che andassero a lavorare...».

    Secondo lei Mondadori non è dunque colpevole di comportamento non etico?

    «La realtà è che sotto schiaffo è Mondadori, che gioca con l’handicap di Berlusconi. Sono gli altri editori, Rizzoli, Feltrinelli, che fanno campagne speculative sulle mignotte e le malversazioni di Berlusconi. è in atto una campagna di intimidazione nei confronti degli autori»

    Un autore non ha un legame etico con il proprio editore?

    «Io come scrittore sono responsabile di quello che scrivo, non di altro. Mondadori pubblica i miei libri, mentre tutti gli altri li hanno rifiutati, 55 volte, prima di Donzelli. Ma le sembra che un operaio si dovrebbe licenziare perché il suo padrone non è comunista? Gli operai non dovrebbero lavorare per Elkann e Montezemolo? Secondo lei Rizzoli e Feltrinelli sono dei rivoluzionari? Ma non diciamo cazzate...».

    Però lei si dichiara marxista, leninista, stalinista...

    «Certo. Io sono ancora per la dittatura del proletariato, però viviamo in democrazia, nell’economia di mercato. Chi coltiva pomodori li deve vendere e per farlo si rivolge a un negoziante. Se poi quello evade le tasse, stupra, io cosa c’entro? Allora dovrei essere responsabile della rete commerciale, del gestore dell’Autogrill che tiene il mio libro sullo scaffale...».

    L’editore è una controparte oppure no per un autore?

    «Sì. È Silvio Berlusconi che frega i soldi a me, non Antonio Pennacchi che li prende a lui. Anzi, vorrei un aumento dei diritti d’autore».

    Di Berlusconi lei che cosa pensa, visto che è la “palla al piede” della Mondadori?

    «Può andare affa... all’istante».

    La casa editrice, invece...

    «Senta, io non ho rapporti con Marina Berlusconi, ma con i redattori, gli editor, sono loro i miei compagni di lavoro. In fabbrica noi facevamo gli scioperi, i cortei, menavamo pure i capireparto. Però eravamo orgogliosi del nostro lavoro, non pensavamo che la fabbrica fosse del padrone, ma nostra. La contraddizione tra Berlusconi e me è quella tra borghesia e proletariato, quella fra Travaglio e Berlusconi è in seno alla borghesia, così come quella tra Mondadori e gli altri editori».

    Non dica però che senza Mondadori il suo libro avrebbe vinto lo stesso il Premio Strega...

    «Certo che no, con la tipografia Ferrazza di Latina non avrei vinto, ma neanche Mondadori lo avrebbe vinto senza di me. Nessuno alla casa editrice se lo aspettava, mi davano per perdente perché Mondadori vinceva da tre anni. Ma le sembra normale, questo? E la qualità del libro dove sta? È vero che ognuno ha un proprio pacchetto di voti allo Strega, ma sono stati i lettori liberi che hanno valutato le opere a fare la differenza, alla fine».

    Come valuta lo stato di salute della letteratura italiana?

    «Ci sono autori bravi come Michela Murgia ed Edoardo Nesi, ma la tradizione della nostra letteratura è sempre stata fatta da chierici e figli di chierici, autori che non parlano al popolo, figli di intellettuali che si guardano l’ombelico, gente che non ha mai lavorato. Per questo, escluso Manzoni, non abbiamo mai avuto il romanzo popolare».

    Pubblicato 13 anni fa #
  28. tataka

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    Membro

    A proposito di lavoratori:

    "E' incredibile che ci sia ancora una minoranza di operai Fiat che si lamenta della propria azienda che tanto sta facendo per loro. Sul caso di Melfi l'atteggiamento della Fiom è inaccettabile, la Fiat ha rispettato la legge (cinese?)" (Emma Marcegaglia)

    Pubblicato 13 anni fa #
  29. k

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    Tatà, non me sta a rompe pure tu i coglioni con la Fiom. Ora è fuori discussione che nei casi in specie - Melfi e Pomigliano d'Arco - abbiano torto marcio la Fiat e Marchionne. Ma è anche fuori discussione che i casi in specie debbano essere valutati nel contesto più generale del cosiddetto clima delle relazioni industriali all'interno dell'azienda negli ultimi quindici o vent'anni. E questo clima - Tatà - è fortemente contrassegnato dalla rottura dell'unità sindacale. Chi ha un minimo di conoscenza delle relazioni sindacali e della loro storia, sa che quando i sindacati sono divisi è inevitabile che mentre una loro parte s'arrocca sempre di più su posizioni d'intransigenza e di massimalismo - e man mano lo fa sempre più - l'altra parte, man mano, scivoli su posizioni sempre più arrendevoliste. E in mezzo, normalmente, "passa" l'azienda. Ora, Tatà, si tratta di vedere di chi è la responsabilità della rottura dell'unità sindacale. In sede storica, è fuori discussione che questa rottura risalga tutta al referendum sulla scala mobile del 1984, mentre la responsabilità sia tutta nostra, nostra in senso di Pci-Cgil: Berlinguer, Garavini, Bertinotti. Dopo d'allora, tutte le altre categorie - tessili, chimici, edili, etc. - hanno cercato in qualche modo di mantenere quanto più possibile l'unità d'azione, trattando e firmando sempre congiuntamente sia gli accordi aziendali che, soprattutto, i contratti nazionali. I metalmeccanici no, invece. La Fiom-Cgil sono dieci o quindici anni che non firma più un contratto nazionale o un accordo alla Fiat. Gli altri firmano e loro no. Gli altri trovano un accordo - magari al ribasso come dicono loro - per garantire la normale prosecuzione del lavoro, e loro non ne trovano mai nessuno, instaurando quindi oggettivamente in azienda un clima di conflittualità permanente. E secondo te, Tatà, in un periodo di pesantissima crisi economico-finanziaria e di concorrenza spietata sul mercato globale, un'azienda può pensare di poter investire e competere con qualche speranza di riuscita, quando nei suoi reparti ogni giorno qualcuno s'alza a sbraitare: "Non se po' lavorà così, qua non funziona questo, qua non funziona quell'altro: lavoramo al ribasso, rompemoglie il culo all'azienda"? (poiché questo significa "conflittualità permamente). Io ti vorrei vedere a te a gestire un'azienda così e a farci ulteriori investimenti.

    Ergo, Tatà, è chiaro che a Melfi e Pomigliano - se tu li guardi solo come casi in sé - cià torto marcio Marchionne. Lui che sta facendo, in pratica? Sta provando ad ammazzare la Fiom, sta provando a stravincere: "Mo' metto paura a tutti gli altri: guai a chi s'avvicina alla Fiom, e così vediamo se riusciamo a lavorare", ed è certo che è sbagliato. Ma la colpa, in sede storica, è tutta della Fiom. Mica siamo più ai tempi del "sindacalismo rivoluzionario", mica stiamo più nel 1919-21. Compito d'un sindacato è riuscire a trovare "accordi" che soddisfino i lavoratori, ma che tengano anche conto della situazione generale e di tutte le compatibilità aziendali. Se le fabbriche poi chiudono, dove cazzo te la sbatti la rivoluzionarietà del tuo pseudo-sindacalismo? Ricostruiscano l'unità con Cisl e Uil – e possibilmente Ugl - e trovino finalmente anche loro gli "accordi".

    Pubblicato 13 anni fa #
  30. la lavandaia

    offline
    Membro

    L'unità...
    unità sindacale e non solo.
    La dignità dell'essere umano DEVE tornare ad essere il cardine di ogni qualsivoglia forma di trattativa.
    Finchè si continua a vedere il prossimo - padrone o lavoratore che sia - come un nemico o peggio ancora come un gradino per far carriera, non si approderà mai a nulla.
    E' risaputo che spesso chi si avvicina al sindacato lo fà per meri scopi personali, per " fare" politica e se ne sbatte tre cazzi e mezzo se un compagno di lavoro si trova in difficoltà.
    L'importante è arrivare alla segreteria provinciale e da lì spiccare il volo senza, però, aver prima creato le basi per "sistemare" mogli, figli, cugini, amanti e parenti affini.
    E questo vale per tutte le sigle sindacali!!!
    Per quanto riguarda l'UGL, forse, K non è a conoscenza che già gli accordi in penombra vi sono ( accordi di carriera ovviamente).
    Non a caso negli ultimi mesi alcuni " dirigenti" UIL sono passati all'UGL.
    Se fossi una lavandaia piena di soldi penserei a comprare dei regalini di Natale per TUTTI i sindacalisti: una copia di "Furore".
    Steinbeck insegna!

    Pubblicato 13 anni fa #

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