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Riscrittura del Fasciocomunista

(105 articoli)
  1. A.

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    grazie.

    Pubblicato 12 anni fa #
  2. A.

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    Glielo dico a voce, quando ci vediamo per le vacanze. sto a latina fino al 4.

    Pubblicato 12 anni fa #
  3. k

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    Mi sento come uno che si sveglia all'improvviso e non capisce più un cazzo del mondo che lo circonda...

    ... Grazzia', ma mi sono perso per caso qualche passaggio?

    Pubblicato 12 anni fa #
  4. zaphod

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    Fondatore

    Spiego.
    A aveva scritto una cazzata. Stavo per rispondergli, poi ho visto che aveva cancellato e gli ho risposto: bravo.

    Pubblicato 12 anni fa #
  5. cameriere

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    caro torque,
    non dico che casa pound sia da chiudere, epperò non mi si dica che quelli non sono fasci, o mussoliniani (a loro ci piace quest’omone col suo capoccione e tutta la gaggettistica che ci gita intorno).
    certo, non voglio arrivare a dire che casa pound crei <<condizionamenti così forti dall’esterno>> da essere responsabile della follia di casseri, ma sono anche certo che gli estremisti (e i matti) si irrobustiscono quando si fa finta che gli estremismi e la loro “influenza” non esistano, e si stigmatizzi la follia come gesto isolato di uno squilibrato.
    vi ricordate cosa si diceva a proposito del brodo di coltura, di indulgenze e teorie nel quale sarebbe cresciuta il terrorismo di sinistra?
    per cui, caro toque, ti chiedo: c’è differenza tra il brodo di coltura di una certa sinistra anni ’70, in continua lotta, e la rinascita di pensieri e retoriche (fascismo di ritorno?) di cui si nutre una destra molto contemporanea?

    perciò, non dico di chiudere casa pound, anzi, non ci farei nemmeno una discussione sopra, tanto l’idea mi risulti aberrante, ma sicuramente il matto casseri là intorno è cresciuto, con quella gente s’è frequentato, c’è andato allo stadio, e quando io li sento parlare, alcuni di questi di destra, non dico di casa pound, di destra e basta, il loro vocabolario sugli africani che vendono calzini per le nostre strade è raccapricciante, e non posso non pensare che quello che dicono con disprezzo è l’espressione di ciò che grossolanamente pensano, e poi finiscono col pensare, sempre grossolanamente, <<2 di meno>>.

    l’ultima cosa che hai scritto non l’ho proprio capita.

    Pubblicato 12 anni fa #
  6. A.

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    Moderatore

    Comunque, caro Zafod, cazzata te la stoppi veramente in culo!
    Sono stato zitto per pena davanti a questo pezzo fascista e antisemita. Ma ora lo dico.
    E mo' cacciame.

    Pubblicato 12 anni fa #
  7. zanoni

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    e' possibile che Torque abbia scritto delle gran cazzate: e io in effetti trovo che minimizzi l'influenza devastante del considerare gli stranieri 'diversi'. detto questo, definire il pezzo 'fascista e antisemita' fa sorgere in me - rivolta ad A. - una semplice domanda: che senso ha sparare parole volutamente offensive e infamanti a casaccio?

    Pubblicato 12 anni fa #
  8. k

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    Sono completamente d'accordo con il Cameriere.
    So che dovrei scrivere qualcosina di più sull'argomento, ma mi riservo di farlo più in là, dopo averci riflettuto bene. In ogni caso so che non si deve "chiudere" nessuno come so che al mondo esistono anche i matti, ma so benissimo però che quando i matti agiscono, delinquono ed uccidono non solo in forza della loro follia, bensì in forza di una loro follia caratterizzata in qualche modo da una qualche ideologia, questa ideologia non può non avere funzionato da detonatore, vettore ed amplificatore stesso di quella potenziale follia; specie se quella ideologia è chiaramente connotata da sentimenti di fondo aggressivi e violenti, quali sono appunto la xenofobia, l'elitarismo ed il razzismo. Che questi sentimenti pervadano al fondo lo zoccolo duro del neofascismo di massa - come dice il Cameriere - mi pare fuori discussione. Ovunque vai, quelli li senti dire: "Fini traditore!". Stanno con Berlusconi, gli hanno retto il sacco e coperto il bordone qualunque malefatta facesse, ma per loro il nemico è Fini perché è "traditore", ed è "traditore" da quando è andato a Gerusalemme a dire che le leggi razziali erano "il male assoluto". Mo' dimmi tu che cosa vuol dire.
    Io credo infine che - ripeto - qui non s'ha da chiudere nessuno, ma credo pure che nessuno possa "chiudere" le proprie menti e le proprie coscienze: "Io non c'entro, quello era matto". La responsabilità oggettiva non può valere solo per Doni e l'Atalanta, vale per tutti, e ognuno di noi dovrebbe pensare bene alle cose che dice e agli effetti che quelle cose possono avere sulle menti dei giovani o dei meno strutturati.
    Io per primo mi debbo porre il problema se possa essere - o possa essere stato - un "cattivo maestro".

    (Poi però, Torque, famme pure capì' che passaggi me so' perso. Io vorrei capì', per esempio, perchè il giudizio sulla strage del folle norvegese coinvolgeva pure la sua ideologia nazista, e quello italiano no. Fammelo capì'. A e Zafod, non ho capito perché avete litigato.)

    Pubblicato 12 anni fa #
  9. rindindin

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    Pubblicato 12 anni fa #
  10. A.

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    Dopo due settimane posso dire che in realtà ho sbagliato a usare quegli appellativi per il pezzo di toque, 8soprattutto antisemita, non c'entrava nulla, effettivamente) chiedo scusa a lui e a zafod. ero e resto in dissenso sul contenuto, e condivido quanto hanno detto cameriere e K.

    Spero che questo dibattito continui

    Pubblicato 12 anni fa #
  11. A.

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    Moderatore

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    Pubblicato 10 anni fa #
  12. zaphod

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    Più che una recensione, un lungo riassunto, abbastanza esauriente, a parte l'omissione della citazione di piazza Fontana nel riepilogo dell'escalation verso la lotta armata. Ma lui lo dice chiaramente all'inizio che sta sia contro i fascisti che contro i comunisti, e che c'è di meglio di una bella bomba democristiana per farla finita con tutti e due?

    Pubblicato 10 anni fa #
  13. zaphod

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    Fondatore

    Qualche giorno fa se ne è andato Serse, purtroppo.

    IN MORTE DI DARIO EVANGELISTA

    È morto a Terracina di malattia Dario Evangelista ed è stato sepolto venerdì 14 nel cimitero di Borgo Hermada. Per tanti anni aveva lavorato in banca, prima a Anagni e a Latina, poi a Sabaudia e Terracina. Aveva 69 anni. Talentuoso pittore e finissimo poeta, lascia la moglie Patrizia e la figlia Eloisa. E lascia – affranti anch’essi – gli amici ed i vecchi compagni. A lui è fortemente ispirato il personaggio di Serse nel romanzo Il fasciocomunista, ma ricorre anche in quasi tutti gli altri miei libri.
    Era arrivato con la famiglia dal bellunese a Latina nel 1967. Il padre Paolo era primo medico all’Inam e abitavano in via Garibaldi 5, vicino piazza Quadrata. Noi ci conoscemmo il 1° ottobre di quell’anno, all’inizio delle scuole – quarantotto anni fa, quindi – sui banchi di quinto geometri al Vittorio Veneto.
    Non eravamo studenti modello. Ma esattamente come già per mio fratello Gianni, parecchie delle intuizioni che ho poi sviluppato e su cui ho lavorato tutta la vita, se non proprio originariamente sue sono però sicuramente il frutto delle interminabili chiacchierate camminando a piedi di notte per le strade di Latina – avanti e indietro avanti e indietro all’infinito sulla circonvallazione o dal bar Dante al bar Poeta, che allora erano sempre aperti – fino alle prime luci del giorno, o facendo l’autostop sull’autostrada del Sole insieme a Pippo Muraglia. Senza quelle chiacchierate, senza quei chilometri a piedi nelle notti bianche, senza quegli amici, non ci sarebbero – per quel poco che valgono – i miei libri. A lui – a Dario Evangelista – debbo la scoperta della fantascienza e di tanti svariati autori. A lui – probabilmente – debbo anche l’approdo a sinistra.
    Riposa in pace, Dariu’. Ti sia lieve la terra.

    antonio pennacchi – 15 agosto 2015

    Pubblicato 8 anni fa #
  14. k

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    Membro

    A parziale modifica e integrazione, domenica 30 agosto 2015 è uscito sul Fatto Quotidiano:

    a.p.
    “BELLA NOTTE DI LUNA SENZA TEMPO”

    1 – Dario

    Dario Evangelista era stato sepolto in terra venerdì 14 agosto 2015, nel cimitero di Borgo Hermada, comune di Terracina. Per tanti anni aveva lavorato in banca, prima a Anagni e a Latina, poi a Sabaudia e Terracina. Aveva 69 anni. Talentuoso pittore e finissimo poeta, lascia la moglie Patrizia e la figlia Eloisa. E lascia – affranti anch’essi – gli amici ed i vecchi compagni. A lui è fortemente ispirato il personaggio di Serse nel romanzo Il fasciocomunista, ma ricorre anche in quasi tutti gli altri miei libri.
    Era arrivato con la famiglia dal bellunese a Latina nel 1967. Il padre Paolo era primo medico all’Inam e abitavano in via Garibaldi 5, vicino piazza Quadrata. Noi ci conoscemmo il 1° ottobre di quell’anno, all’inizio delle scuole – quarantotto anni fa quindi – sui banchi del quinto geometri al Vittorio Veneto di Latina.
    Non eravamo studenti modello. Ma esattamente come mio fratello Gianni, parecchie delle intuizioni che ho poi sviluppato e su cui ho lavorato tutta la vita, se non proprio originariamente sue sono però sicuramente frutto delle interminabili chiacchierate camminando a piedi di notte per le strade di Latina – avanti e indietro avanti e indietro all’infinito sulla circonvallazione o dal bar Dante al bar Poeta, che allora erano sempre aperti – fino alle prime luci del giorno, o facendo l’autostop sull’autostrada del Sole insieme a Pippo Muraglia. Senza quelle chiacchierate, senza quei chilometri a piedi nelle notti bianche, senza quegli amici, non ci sarebbero – per quel poco che valgono – i miei libri. A lui – a Dario Evangelista – debbo la scoperta della fantascienza e di tanti svariati autori. A lui – probabilmente – debbo anche l’approdo a sinistra.
    “Riposa in pace Dariù, ti sia lieve la terra” gli avevo detto gettando sulla cassa il rituale pugno di sabbione sedimentario giallo, che c’è a Borgo Hermada.

    2 – Eloisa

    Questa notte ho sognato Dario.
    Prima c’era Eloisa – la giovane figlia – che mi mostrava nella carrozzina il suo bambino piccolo, pacioso e sorridente, di pressappoco un anno. Capelli castano scuri, visetto tondo paffuto, carnagione chiara, a me pareva proprio di vedere Dario: “Somiglia tutto a lui”.
    “Davvero?” ha fatto Eloisa tutta contenta, e se lo guardava e riguardava: “Tu dici?”
    Poi eravamo Dario ed io sulla circonvallazione di notte e camminavamo camminavamo come nei tempi giovanili andati. Però era adesso, non era allora: lui era morto ed io quello di ora, ma nel fisico eravamo trenta o quarantenni nel pieno delle forze e camminavamo camminavamo come allora nella notte.
    Stavamo sul lato esterno della circonvallazione – sul curvone Damiani – provenienti dallo stadio verso piazza Quadrata, a due passi proprio, in linea d’aria, da casa sua. O meglio, da quella che era stata casa sua in via Garibaldi 5 da appena arrivato a Latina nel 1967 e fino, credo, a metà degli anni Ottanta. Stavamo là sul curvone, memori della luna tutta piena sulla nostra sinistra – immensa immensa e bassa bassa sul tetto delle poste e i terrazzi di piazza Quadrata, che avevamo visto poco prima, partendo da piazza del Popolo – rossogiallastra, plenilunio sereno che pervadeva l’infinità del cielo e la città notturna, i pini, lo stadio, le cicale mute dormienti, la silente circonvallazione.
    E Dario era sereno tranquillo – mentre camminavamo camminavamo – lirico, atarassito, pacificato direi, lungimirantemente cosmicizzato come mai era stato, ma come se lo fosse sempre stato.
    “Bella notte di luna senza tempo” ha detto camminando camminando verso piazza Quadrata, ed io pensavo: “Che gli è successo? Queste cose qui non le ha mai dette. E di chi è poi il verso? Io lo conosco, l’ho sentito, lo so bene di chi è, ma non me lo ricordo”. E invece no, non era di nessuno, mi confondevo a basta con “Dolce e chiara è la notte e senza vento” della Sera del dì di festa, l’esatto opposto del sentimento generale suo raggiunto, oramai.
    Di colpo però non eravamo più sulla circonvallazione, ma in una stanza grande interna di casa sua a via Garibaldi 5 – al quinto piano, dove avevano traslocato dopo i primi due anni al secondo – quelle che davano sul cortile e i giardini dei palazzi Incis.
    Nella stanza su un letto grande – o un lettino, o una culla, una poltrona, un divano – c’era questo figlietto paffuto pacioso di Eloisa che sorrideva, e Dario s’è chinato a guardarlo bene: “Ma tu davvero dici che mi somigli? A me non pare proprio” e sorrideva di scherno quasi, verso di me, ma con affetto comunque verso il bambino. “Chissà a chi somiglia...”
    “Come no? È tale e quale a te!”
    “Mah?! Forse gli occhi...”
    “Solo gli occhi? Tutto quanto, Dariù” e sorridevamo sia noi che il bambino.
    Adesso però, di nuovo all’improvviso, stavo in un’altra stanza di quelle davanti, sulla strada – nel salone – e c’erano il padre di Dario in poltrona che, riponendo con una mano un libro sul tavolo di fianco, s’alzava per venirmi incontro e la madre radiosa che arrivava dalla cucina; belli ed in forze come allora, come neanche morti da più di vent’anni.
    “Come sta?”, m’hanno chiesto contenti che lo avessi visto: “Davvero sta bene, sta tranquillo? E il bambino sul serio gli somiglia?”
    “Sì”.
    Poi non ero neanche più lì, ma al telefono con Eloisa e piangendo piangendo le dicevo nel sogno che avevo sognato suo padre, e che c’era pure però, insieme a noi, il bambino felice che un giorno lei farà.
    Riposa in pace, Dariù. Ti sia lieve la terra, e sempre splendida immensa la luna.

    ap – 15-29 agosto 2015

    Pubblicato 8 anni fa #
  15. Come già scrissi in passato, Igor Man, pace all'anima sua, pubblicò un libro che si intitolava "I morti non muoiono". Era vero.

    Pubblicato 8 anni fa #

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