Sul numero di giugno della rivista The Warwick Review uscirà questa recensione di The Mussolini Canal firmata da Caterina Sinibaldi.
Solo per voi la traduzione del vostro caro zaphod di quartiere...
Caterina Sinibaldi
The Mussolini Canal di Antonio Pennacchi
Su The Warwick Review, vol.7 n.2, Giugno 2013
In questa grande saga familiare Antonio Pennacchi segue le vite di due generazioni di Peruzzi, mezzadri in Veneto, dall’inizio del ventesimo secolo alle conseguenze della seconda Guerra Mondiale e alla caduta del fascismo. La prima parte del libro si svolge nelle cittadine venete di Copparo e Codigoro; nella seconda parte, in seguito alla rivalutazione della lira da parte del governo di Mussolini – la cosiddetta quota 90 – la famiglia Peruzzi è costretta a emigrare nel Lazio, e a prendere parte ai lavori di bonifica delle Paludi Pontine.
La vita quotidiana della famiglia e le loro vicende private si intrecciano con i grandi eventi storici offrendo così un avvincente resoconto del recente passato italiano. Il racconto si apre col personaggio del nonno, il patriarca del clan Peruzzi, che dopo la partecipazione a uno dei primi comizi socialisti nel 1904 inizia a chiamare i figli (maschi e femmine) come i leader del movimento socialista: Adelchi, Treves, Turati, Modigliana e Bissolata. I tre figli maggiori, che hanno partecipato alla prima guerra mondiale[?], portano i nomi particolari di Iseo, Temistocle e Pericle. La nonna, il vero pilastro della famiglia, è descritta come una donna forte e grintosa, che ama appassionatamente il marito e partorisce i figli nei campi, nelle pause del lavoro.
Pur avendo legami strettissimi tra di loro, costruiti intorno a una forte identità condivisa e a valori comuni, la famiglia Peruzzi è costituita da personalità molto diverse. Nello stesso tempo, tutti i personaggi sembrano possedere qualità che sono associate tradizionalmente alle comunità rurali. Dal modo in cui si comportano nelle occasioni sia pubbliche che private, uomini, donne e bambini appaiono forti, impetuosi, perseveranti e lavoratori. Il loro fatalismo e superstizione, che sono presentati come conseguenze dirette della vulnerabilità rispetto a imprevedibili disastri naturali, non si traducono mai in una visione del mondo pessimistica. I Peruzzi sono industriosi e ambiziosi e confidano in riti magico-religiosi per prevedere e manipolare le forze esterne.
L’uso di caratteristiche del racconto orale, che sono evidenti nel linguaggio e nel ritmo della narrazione, rende la storia particolarmente interessante. L’io narrante parla in prima persona, creando immediatamente un’intimità con il lettore, rinforzata dal fatto che si rivolge direttamente a un interlocutore. Anche se questo interlocutore non si manifesta mai, l’io narrante ripete le sue domande, rivelando che si tratta di un interlocutore più giovane e di differente estrazione sociale, che è probabilmente più vicina a quella del lettore. Attraverso questo pretesto narrativo, l’io narrante può offrire ulteriori spiegazioni e, più importante, può esprimere il suo punto di vista sui fatti che sta raccontando. Lo fa prendendo le distanze dal suo interlocutore e, per estensione, dal lettore, trasmettendo un’immagine di sé come di un rappresentante di una generazione precedente, e di una società che non esiste più.
Il mistero che circonda l’identità dell’io narrante tiene la suspense del lettore fino alle ultime pagine del libro.
Come risultato di questa inconsueta strategia narrativa, la sensibilità contemporanea viene spesso messa a dura prova. In uno dei frequenti scambi unilaterali tra l’io narrante e il suo interlocutore leggiamo: “Come dice? Che un prete non dovrebbe imbracciare le armi? Sì, è quello che diciamo oggi, ma alla fine non vedo tutta questa differenza tra sparare e benedire quelli che sparano al posto tuo” (pag.140)
Lo scontro tra la visione del mondo dell’io narrante, attraverso i cui occhi noi siamo testimoni sia delle esperienze normali che di quelle eccezionali dei Peruzzi, e quella del lettore contemporaneo, diventano particolarmente evidenti quando si va a discutere di politica. L’impegno della famiglia nel Socialismo, prima, e nel Fascismo, poi; il loro coinvolgimento nella Prima e Seconda Guerra Mondiale e nell’avventura coloniale Fascista; il loro generoso supporto a Mussolini e ai suoi metodi violenti non possono essere espressi usando i termini del discorso politico odierno.
In conseguenza di questo, quando il libro è stato insignito del prestigioso Premio Strega nel 2010, Pennacchi è stato accusato di offrire un contributo apologetico al Fascismo e di rinforzare lo stereotipo del regime di Mussolini come relativamente Benigno e tollerante.
Mussolini è ritratto come un amico di famiglia, seduto a cena a tavola con i Peruzzi prima di diventare il Duce. In una scena particolarmente inquietante, Pericle, uno dei personaggi principali uccide brutalmente un prete antifascista. Quindi va direttamente a casa di quella che diventerà sua moglie e i due fanno appassionatamente l’amore coperti da una tenda, mentre nella stanza a fianco i paesani stanno piangendo la morte di un altro uomo.
Comunque, anche se la relazione intima e solidale tra l’io narrante e i personaggi rende difficile biasimare i singoli membri della famiglia per il loro supporto a Mussolini, c’è una chiara condanna del Fascismo come regime politico.
L’ambiguità e inconsistenza dell’ideologia fascista si rivelano chiaramente dall’inizio, quando Mussolini si guadagna il supporto delle popolazioni rurali attraverso la propaganda demagogica. I Peruzzi stessi saranno terribilmente danneggiati dalle politiche economiche del Fascismo e il loro accanito supporto al regime causerà la loro rovina. In più, grazie allo stile colloquiale e ai commenti ironici dell’io narrante, il Fascismo è privato dei suoi aspetti retorici e leggendari. Per esempio, un mito fondativo come quello della Marcia su Roma è descritto come un bluff in cui: “ma prima di mandare [le camicie nere] indietro a casa era ragionevole che gli fosse permesso di entrare a Roma, marciare per le strade e che potessero credere che fosse stato tutto merito loro” (pag.136)
Il libro di Pennacchi ha il merito di spostare la prospettiva dominante del discorso storico presentando i grandi eventi della storia dal punto di vista del loro impatto sulla dimensione privata e individuale. Canale Mussolini, a questo proposito può essere visto come un contributo al campo della “micro-storia” perché mette in evidenza l’importanza della tradizione orale e mostra efficacemente come la storia sociale e culturale può gettare una luce su eventi storici di più ampia portata. Nello stesso tempo, come in tutte le grandi opere di narrativa, il racconto di Pennacchi costruisce un universo parallelo in cui il lettore sviluppa una relazione vera con i personaggi. Dopo aver riso con loro (e di loro), aver sofferto con loro, e aver partecipato alle loro lotte, non possiamo evitare di sentire la loro mancanza quando arriva il momento di separarci da loro.
Un ultimo riconoscimento va alla traduttrice, Judith Landry, che ha vinto la difficile sfida di rendere in inglese una lingua così densa e culturalmente ricca. Le apparizioni frequenti del dialetto e l’uso scorretto dell’italiano nelle lettere che arrivano dal fronte, sono state tradotte in un inglese fuori dagli standard che quasi uguaglia la struttura sintattica originale. Leggiamo nell’ultima pagina: “That’s the end of the filò” (536), il filò è il tradizionale racconto orale delle comunità ruarali del Nord-Est. Lasciandolo in italiano, senza fornire alcun commento esplicativo, la traduttrice chiude la storia aprendo una finestra sul contesto sociale originale e conserva una citazione di quel particolare tono narrativo