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Canale Mussolini

(382 articoli)
  1. Mamma78

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    Anche all'Isola del Giglio è arrivato Canale Mussolini... affiancato in scaffale da "Acciaio" :p

    Ho finito di leggerlo oggi, comunque. Bellissima e struggente la storia tra Armida e Paride... catartica direi. Per il resto, non sono capace di fare recensioni, quindi non aggiungo altro se non: bello, bello e intenso.

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. zaphod

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    In uscita il 15 aprile la traduzione inglese di Canale Mussolini.

    Pubblicato 11 anni fa #
  3. cameriere

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    The Mussolini Canal?
    ma chi l'ha tradotto?

    Pubblicato 11 anni fa #
  4. k

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    Ma perché, Camerie': me lo volevi tradurre tu o lo volevi far fare a Ursula?

    Pubblicato 11 anni fa #
  5. zanoni

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    Fantastico, cosi' posso finalmente farlo leggere ad alcuni amici!

    ce lo anticipi l'incipit ?

    Pubblicato 11 anni fa #
  6. zaphod

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    Se segui il link che ho postato c'è un capitolo campione... comunque:

    "Hunger. That’s what drove us south. Why else would we have left? Except for hunger, we’d have stayed put. We belonged up there. Why would we want to come down here? That was where we’d always been, that was where all our relations were. We knew every nook and cranny of that place, we knew every thought that went through our neighbours’ heads. We knew every tree. Every canal. Why would we want to come down here?"

    Pubblicato 11 anni fa #
  7. llux

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    Tradotto bene invece, incipit da brivido anche in inglese. Maestoso come Melville.

    Pubblicato 11 anni fa #
  8. k

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    Mi fa piacere, grazie.

    (Melville? Va bene, va'... Ci possiamo stare.)

    Pubblicato 11 anni fa #
  9. zaphod

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    Inedito assoluto:

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  • A.

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    mettilo anche in kappatube

    Pubblicato 11 anni fa #
  • zanoni

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    Zaphod, grazie!

    tra l'altro, la traduzione mi sembra funzioni splendidamente (poi magari il traduttore s'e' concentrato sulla prima pagina e tutto il resto e' una schifezza: ma io che ne so?)...

    Pubblicato 11 anni fa #
  • k

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    Che cazzo avete fatto, per allungare così questi cosi?

    Pubblicato 11 anni fa #
  • Faust Cornelius Mob

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    Molto bella la prima frase, ma dopo south mi perde un poco di ritmo. Credo tuttavia fosse il meglio che si poteva fare.

    Pubblicato 11 anni fa #
  • SCa

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    ma dopo south mi perde un poco di ritmo

    Cavolo, dopo la sesta parola? Non è che conosca proprio bene l'inglese, ma mi sono letto buona parte del capitolo di esempio sul sito e mi sembrava quasi di leggere quello in italiano, almeno per come me lo ricordo. La traduttrice poi, mi sembra molto british.

    Pubblicato 11 anni fa #
  • zaphod

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    Sul numero 64 della Historical Novel Review una breve (entusiasta) recensione per The Mussolini Canal da Alan Fisk

    The Mussolini Canal
    BY ANTONIO PENNACCHI, JUDITH LANDRY (TRANS.)

    Many dictators from Nero to Napoleon had set out to drain the Italy’s malarial Pontine Marshes, but it was Mussolini who finally succeeded. The Peruzzi family, sharecroppers from northern Italy who had lost their livelihood, become part of the 30,000 migrants who settled in the marshes to build the Mussolini Canal, which carried away excess river water that would resurrect the marsh if given a chance.

    There is no hero in this novel, but instead a whole crowd of heroes and heroines in the vast, tough Peruzzi family, who take whatever the 20th century can throw at them and throw as much as they can back at it. Their lives are moved by Socialism and then Fascism, including their very personal relationship with Mussolini himself.

    No hero, and no plot, but instead an absorbing and lively story of the Peruzzi family and their lives of poverty and struggle, love and hate. This is a long novel, but I was sorry to see it end, and I can’t remember when I last said that about a book.

    Leggi la recensione sul sito.

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Sul numero di giugno della rivista The Warwick Review uscirà questa recensione di The Mussolini Canal firmata da Caterina Sinibaldi.

    Solo per voi la traduzione del vostro caro zaphod di quartiere...

    Caterina Sinibaldi
    The Mussolini Canal di Antonio Pennacchi

    Su The Warwick Review, vol.7 n.2, Giugno 2013

    In questa grande saga familiare Antonio Pennacchi segue le vite di due generazioni di Peruzzi, mezzadri in Veneto, dall’inizio del ventesimo secolo alle conseguenze della seconda Guerra Mondiale e alla caduta del fascismo. La prima parte del libro si svolge nelle cittadine venete di Copparo e Codigoro; nella seconda parte, in seguito alla rivalutazione della lira da parte del governo di Mussolini – la cosiddetta quota 90 – la famiglia Peruzzi è costretta a emigrare nel Lazio, e a prendere parte ai lavori di bonifica delle Paludi Pontine.

    La vita quotidiana della famiglia e le loro vicende private si intrecciano con i grandi eventi storici offrendo così un avvincente resoconto del recente passato italiano. Il racconto si apre col personaggio del nonno, il patriarca del clan Peruzzi, che dopo la partecipazione a uno dei primi comizi socialisti nel 1904 inizia a chiamare i figli (maschi e femmine) come i leader del movimento socialista: Adelchi, Treves, Turati, Modigliana e Bissolata. I tre figli maggiori, che hanno partecipato alla prima guerra mondiale[?], portano i nomi particolari di Iseo, Temistocle e Pericle. La nonna, il vero pilastro della famiglia, è descritta come una donna forte e grintosa, che ama appassionatamente il marito e partorisce i figli nei campi, nelle pause del lavoro.

    Pur avendo legami strettissimi tra di loro, costruiti intorno a una forte identità condivisa e a valori comuni, la famiglia Peruzzi è costituita da personalità molto diverse. Nello stesso tempo, tutti i personaggi sembrano possedere qualità che sono associate tradizionalmente alle comunità rurali. Dal modo in cui si comportano nelle occasioni sia pubbliche che private, uomini, donne e bambini appaiono forti, impetuosi, perseveranti e lavoratori. Il loro fatalismo e superstizione, che sono presentati come conseguenze dirette della vulnerabilità rispetto a imprevedibili disastri naturali, non si traducono mai in una visione del mondo pessimistica. I Peruzzi sono industriosi e ambiziosi e confidano in riti magico-religiosi per prevedere e manipolare le forze esterne.

    L’uso di caratteristiche del racconto orale, che sono evidenti nel linguaggio e nel ritmo della narrazione, rende la storia particolarmente interessante. L’io narrante parla in prima persona, creando immediatamente un’intimità con il lettore, rinforzata dal fatto che si rivolge direttamente a un interlocutore. Anche se questo interlocutore non si manifesta mai, l’io narrante ripete le sue domande, rivelando che si tratta di un interlocutore più giovane e di differente estrazione sociale, che è probabilmente più vicina a quella del lettore. Attraverso questo pretesto narrativo, l’io narrante può offrire ulteriori spiegazioni e, più importante, può esprimere il suo punto di vista sui fatti che sta raccontando. Lo fa prendendo le distanze dal suo interlocutore e, per estensione, dal lettore, trasmettendo un’immagine di sé come di un rappresentante di una generazione precedente, e di una società che non esiste più.
    Il mistero che circonda l’identità dell’io narrante tiene la suspense del lettore fino alle ultime pagine del libro.

    Come risultato di questa inconsueta strategia narrativa, la sensibilità contemporanea viene spesso messa a dura prova. In uno dei frequenti scambi unilaterali tra l’io narrante e il suo interlocutore leggiamo: “Come dice? Che un prete non dovrebbe imbracciare le armi? Sì, è quello che diciamo oggi, ma alla fine non vedo tutta questa differenza tra sparare e benedire quelli che sparano al posto tuo” (pag.140)

    Lo scontro tra la visione del mondo dell’io narrante, attraverso i cui occhi noi siamo testimoni sia delle esperienze normali che di quelle eccezionali dei Peruzzi, e quella del lettore contemporaneo, diventano particolarmente evidenti quando si va a discutere di politica. L’impegno della famiglia nel Socialismo, prima, e nel Fascismo, poi; il loro coinvolgimento nella Prima e Seconda Guerra Mondiale e nell’avventura coloniale Fascista; il loro generoso supporto a Mussolini e ai suoi metodi violenti non possono essere espressi usando i termini del discorso politico odierno.

    In conseguenza di questo, quando il libro è stato insignito del prestigioso Premio Strega nel 2010, Pennacchi è stato accusato di offrire un contributo apologetico al Fascismo e di rinforzare lo stereotipo del regime di Mussolini come relativamente Benigno e tollerante.

    Mussolini è ritratto come un amico di famiglia, seduto a cena a tavola con i Peruzzi prima di diventare il Duce. In una scena particolarmente inquietante, Pericle, uno dei personaggi principali uccide brutalmente un prete antifascista. Quindi va direttamente a casa di quella che diventerà sua moglie e i due fanno appassionatamente l’amore coperti da una tenda, mentre nella stanza a fianco i paesani stanno piangendo la morte di un altro uomo.

    Comunque, anche se la relazione intima e solidale tra l’io narrante e i personaggi rende difficile biasimare i singoli membri della famiglia per il loro supporto a Mussolini, c’è una chiara condanna del Fascismo come regime politico.

    L’ambiguità e inconsistenza dell’ideologia fascista si rivelano chiaramente dall’inizio, quando Mussolini si guadagna il supporto delle popolazioni rurali attraverso la propaganda demagogica. I Peruzzi stessi saranno terribilmente danneggiati dalle politiche economiche del Fascismo e il loro accanito supporto al regime causerà la loro rovina. In più, grazie allo stile colloquiale e ai commenti ironici dell’io narrante, il Fascismo è privato dei suoi aspetti retorici e leggendari. Per esempio, un mito fondativo come quello della Marcia su Roma è descritto come un bluff in cui: “ma prima di mandare [le camicie nere] indietro a casa era ragionevole che gli fosse permesso di entrare a Roma, marciare per le strade e che potessero credere che fosse stato tutto merito loro” (pag.136)

    Il libro di Pennacchi ha il merito di spostare la prospettiva dominante del discorso storico presentando i grandi eventi della storia dal punto di vista del loro impatto sulla dimensione privata e individuale. Canale Mussolini, a questo proposito può essere visto come un contributo al campo della “micro-storia” perché mette in evidenza l’importanza della tradizione orale e mostra efficacemente come la storia sociale e culturale può gettare una luce su eventi storici di più ampia portata. Nello stesso tempo, come in tutte le grandi opere di narrativa, il racconto di Pennacchi costruisce un universo parallelo in cui il lettore sviluppa una relazione vera con i personaggi. Dopo aver riso con loro (e di loro), aver sofferto con loro, e aver partecipato alle loro lotte, non possiamo evitare di sentire la loro mancanza quando arriva il momento di separarci da loro.

    Un ultimo riconoscimento va alla traduttrice, Judith Landry, che ha vinto la difficile sfida di rendere in inglese una lingua così densa e culturalmente ricca. Le apparizioni frequenti del dialetto e l’uso scorretto dell’italiano nelle lettere che arrivano dal fronte, sono state tradotte in un inglese fuori dagli standard che quasi uguaglia la struttura sintattica originale. Leggiamo nell’ultima pagina: “That’s the end of the filò” (536), il filò è il tradizionale racconto orale delle comunità ruarali del Nord-Est. Lasciandolo in italiano, senza fornire alcun commento esplicativo, la traduttrice chiude la storia aprendo una finestra sul contesto sociale originale e conserva una citazione di quel particolare tono narrativo

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Per continuare a seguire le vicissitudini del nostro Canale preferito in Terra d'Albione pare che sul Times Literary Supplement di questa settimana ci sia una recensione. Appena riesco a metterci le mani sopra ve la passo...

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Prima anticipazione dal Times:

    "... a powerful portrait of the tensions that brought Mussolini to power and kept him there, at a time when workers and peasants had no rights, and Italy was ruled by the church and a selection of powerful and rich landowners.'You say that Fascism did away with freedom in Italy', Pennacchi's narrator declares,'but there has never been freedom in Italy...not for the poor.' "

    Caroline Moorhead in The Times Literary Supplement

    Quando lo recupero integrale ve lo posto.

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Nel frattempo si può leggere questa simpatica recensione in cui si vede che tutto il mondo è paese uscita invece sul sito Atheist Spirituality:

    This is a long but charming tale of the Peruzzi family who are evicted from their sharecropping life in northern Italy, and join an exodus south to tame and farm the Pontine Marshes. Steinbeck’s ‘Grapes of Wrath’ is mentioned in the text, and has echoes in this exodus, as it does in the moving finale for Armida. But the charming family story too readily becomes a device to excuse fascism. Socialism is for intellectuals and the truly destitute, who burn the haystacks of farmers who refuse to take on an extra quota of labour. The hardworking poor who have some chance of survival and improvement cling to a stable social structure, and oppose the very poor who have no chance but to overthrow the feudal order. So feudalism morphs into fascism. Similarly, protection of endangered species and of the environment are luxuries the farmer striving to survive cannot afford. Bring on the DDT!

    For Pennacchi, fascism just happened. This is pure narrative history. There is neither approval nor approbation, but a moral indifference. He presents Hitler and Mussolini as blundering chums, almost cartoon joke figures. He shows that in the unfolding events, ‘everyone has his reason’, as though this understanding might evoke some note of mild sympathy or endorsement. In retributive anger, Pericles kills a priest. In Abyssinia, the army massacres whole clergy groups. So what? appears to be the message. As Donald Rumsfeld said ‘stuff happens’.

    Pennacchi does very successfully show how ordinary people can so easily comply, and how whole social moods can quickly switch allegiance. But he leaves it there. There is no comparative study of the resistance hero, of the role of moral conviction, other than of the petty sort which is sufficient to condemn Armida, here explicitly echoing Nathaniel Hawthorne’s ‘Scarlet Letter’. He mocks society’s hypocrisy, inconsistency and fickle allegiance, but fascism is presented without moral comment.

    Of course, the reader is free to form a moral judgment on fascism themselves, and perhaps this is Pennacchi’s intent. But his coverage of fascism is too limited, and his style too easily lulls the reader into the view that fascism was inevitable, that it just happened, that nice folks did it, that it was therefore excusable.

    Geoff Crocker

    Pubblicato 10 anni fa #
  • llux

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    Non competo con un letterato, non ne ho né gli strumenti né le capacità.
    Siccome sono rupestre, mentre leggevo pensavo che è un inglese, che ne sanno gli inglesi padroni dell'ultimo impero di esodi e fame? Forse per quello gli è sfuggito il focus fondamentale di tutta la storia. Fosse stato un irlandese, loro sì che ne sanno di fame ed esodi, ma un inglese.

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Ecco una veloce traduzione del vostro affezionatissimo Zaphod di quartiere della recensione della Spiritualità Atea su Canale Mussolini:

    "È la lunga ma affascinante storia della famiglia dei Peruzzi che, sfrattati dalla loro vita di mezzadri nel Norditalia, si uniscono a un esodo verso il sud delle Paludi Pontine per domarle e coltivarle. Il Furore di Steinbeck è citato nel testo e ha i suoi echi in questo esodo, così come il commovente finale dell’Armida. Ma questa affascinante storia familiare diventa troppo facilmente un espediente per giustificare il fascismo. Il socialismo è per gli intellettuali e i veri indigenti, che bruciano i pagliai dei contadini che rifiutano di prendere una quota extra di lavoratori. I poveri laboriosi che hanno qualche possibilità di sopravvivenza e miglioramento si aggrappano a una struttura sociale stabile, e contrastano i miserrimi che non hanno altra possibilità che rovesciare l’ordine feudale. Così il feudalesimo si trasforma in fascismo. Allo stesso modo la protezione delle specie in pericolo e dell’ambiente sono lussi che i contadini in lotta per la sopravvivenza non possono permettersi. Avanti col Ddt!

    Per Pennacchi il fascismo è solo accaduto. È puro romanzo storico. Non c’è benestare né approvazione, solo disinteresse morale. Presenta Hitler e Mussolini come goffi amiconi, quasi personaggi da cartone animato. Mostra come nello svolgersi degli eventi “ognuno ha le sue ragioni” come se questa comprensione potesse suscitare una leggera nota di simpatia o di sostegno. In un momento di rabbia vendicatrice Pericle uccide un prete. In Abissinia l’esercito fa strage di interi gruppi di sacerdoti. E allora? sembra essere il messaggio. Come disse Donald Rumsfeld “le cose accadono”.

    Pennacchi mostra con pieno successo come la gente comune possa così facilmente conformarsi, e come gli umori della società possano rapidamente cambiare le lealtà. Ma lo lascia lì. Non c’è nessuno studio comparativo sull’eroe della resistenza, sul ruolo della condanna morale, se non di quel trascurabile tipo che porta alla condanna dell’Armida, che esplicitamente richiama La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne. Deride l’ipocrisia della società, l’assurdità e la mutevolezza della fedeltà verso le istituzioni, ma il fascismo è presentato senza commento morale.

    Naturalmente il lettore è libero di formarsi da solo un giudizio morale sul fascismo e forse questo è l’intento di Pennacchi. Ma la sua copertura del fascismo è troppo limitata e il suo stile culla il lettore troppo comodamente nella visione che il fascismo era inevitabile, che era solo una cosa che accadde, che è stato fatto da gente simpatica e che era perciò perdonabile."

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Segnalato da Reader's bench un video di Daniele Campanari che legge un brano di Canale Mussolini

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    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Questa è firmata da Scarlet McGuire per il Tribune.

    'It is the voice that lifts this novel from being a fascinating story of a peasant exodus from northern Italy to the Pontine Marshes, as part of a fascist bid to reclaim agricultural land, to a magnificent rollicking saga offering a cockeyed version of modern Italian history (while sticking to the facts) which begs to be read. The irreverent voice of the narrator relates,with humour,the adventures of his 17 uncles and aunts under the grip of a gran whose bottom was much appreciated by Mussolini.
    This is not a heart-wringing story of poverty and suffering, for the Peruzzi family refuse to be victims; they are the stars of their own soap opera. Pennacchi brilliantly brings them to life, from mild Unclce Adelchi, whose obsession with uniforms ultimately leads him to become a policeman, to Uncle Themistocles, who went off to fight the German in Great War. Uncle Pericles gets the lead role;fascist thug as amiable hothead. Pennacchi makes his characters loveable but they follow Mussolini.
    Il Duce decided to drain the Pontine Marshes,near Rome, and bring 2,000 fascist families from northern Italy to work the reclaimed land abutting the newly built Mussolini Canal. Two storey houses were built for each family as part of an enormous model town project. While the narrator lampoons the vanity and excesses of fascism, in particular the fat dictator, he also explains its lure, and documents its failure, through the eyes of the Peruzzi family, and he understands the nostalgia of many Italians for a country which worked.
    Pennacchi, in his introduction, calls his tale "the book I came into the world to write";he is a descendant of those people and still lives in Latina, outside Rome, where he was born, only stopping work on the night shift at a local factory when he could make a living from writing. While the characters are fictional he says there were no settlers "who did experience at least some of the events in which the Peruzzi family were caught up'. If he never writes another novel he will have added more to literature than many authors alive today.
    This glorious mishmash of a peasant's eye view of the first half of 20th century Italy deservedly won the Strega Prize. A book of many layers, beneath the history, political commentary, and humour, it is a novel about the strength of the family. right or wrong, they stick together and that is how they survive.
    Credit must go to the translator Judith Landry, for capturing the spirit of the work, even if some turns of phrase are a tad too English. A book not to be judged by its cover, which makes it look like a worthy foreign tome, rather than a spectacular work of earthy humour.'

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Solita traduzione volante del sottoscritto:

    È la voce che porta questo romanzo dall’essere un’affascinante storia di un esodo di contadini dal Norditalia alle Paludi Pontine, come parte del tentativo fascista di bonifica di terre a uso agricolo, a diventare una splendida scatenata saga che offre una versione strampalata della storia italiana moderna (ma sempre aderente ai fatti) che chiede di essere letta. L’irriverente voce del narratore racconta, con umorismo, le avventure dei suoi 17 zii sotto il controllo di una nonna il cui fondoschiena era molto apprezzato da Mussolini.
    Non è una storia strappalacrime di povertà e sofferenza; i Peruzzi si rifiutano di recitare il ruolo delle vittime; sono invece le stelle della loro soap opera. Pennacchi dona loro la vita in maniera brillante, dal mite zio Adelchi, la cui ossessione per le uniformi lo porta alla fine a diventare poliziotto, allo zio Temistocle, che partì in guerra per combattere i tedeschi durante la Grande Guerra. Zio Pericle ha il ruolo principale; fascista convinto e amabile testa calda. Pennacchi rende amabili tutti i suoi personaggi, ma seguono comunque tutti Mussolini.
    Il Duce decise di prosciugare le Paludi Pontine vicino Roma e di portare duemila famiglie fasciste dal Norditalia per lavorare alla bonifica delle terre che si basava sull’appena scavato Canale Mussolini. Per ogni famiglia fu costruita una casa a due piani come parte di un enorme pianificazione territoriale. Nel prendere di mira con la sua satira le vanità e gli eccessi del fascismo, in particolare il grasso dittatore, il narratore spiega anche le sue attrattive e documenta il suo fallimento, attraverso gli occhi della famiglia Peruzzi, e comprende la nostalgia di molti italiani per un paese che funzionava.
    Pennacchi, nella sua introduzione, definisce il suo racconto “il libro per cui sono venuto al mondo”; è un discendente di queste persone e vive ancora a Latina, alle porte di Roma, dove è nato, e ha lasciato il lavoro ai turni notturni in una fabbrica locale quando è riuscito a fare dello scrivere un mestiere. Anche se tutti i personaggi sono inventati dichiara che non esiste colono “che non ha avuto esperienza di qualcuno dei fatti che sono capitati ai Peruzzi”. Anche se non scrivesse più romanzi avrebbe comunque aggiunto alla letteratura più di molti autori contemporanei.
    Questo magnifico intreccio di visioni contadine della prima metà del ventesimo secolo gli ha fatto meritare la vittoria del Premio Strega. Un libro a molti strati, sotto allo storico, al politico, al divulgativo e all’umoristico c’è un romanzo sulla forza della famiglia. Giusto o sbagliato agiscono insieme e così riescono a sopravvivere.
    Un riconoscimento va alla traduttrice Judith Landry, per aver catturato lo spirito del lavoro, anche se la resa di qualche espressione è un po’ troppo inglese. Un libro che non deve essere giudicato dalla copertina che lo fa sembrare un serio volume straniero invece che uno straordinario lavoro di un umorismo sanguigno.

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Fondatore

    [Recensione di The Mussolini Canal sul Sunday Herald firmata da Rosemary Goring]

    In the week that the last old-style Man Booker prize was awarded, one can’t help wishing that in its bid to widen its horizons, the prize organisers had decided in future to include English translations as well as all works in English published in Britain.

    Were that the case, a novel such as The Mussolini Canal would be a shoo-in.

    Winner of Italy’s prestigious Strega Prize in 2010, this is Antonio Pennacchi’s second novel, his first, Il Fasciocomunista, having won the Premio Napoli. As the labyrinthine story unfolds, the reader scarcely needs Pennacchi’s prefatory note that: “For what it’s worth, this is the book I came into the world to write.” In every line The Mussolini Canal feels personal, as if its plot and cast emerge not from the writer’s imagination but from his marrow. A hefty work, of more than 500 pages, it is so beguiling one does not want it to end. Rambunctious and picaresque, it is the story of a generation of poverty-stricken peasants from the Veneto and Tuscany, who were enticed south in the 1930s by the promise of land in the dreaded Pontine marshes, near Rome. Until that time, nobody sane would have gone there, the place a mosquito-infested swamp. But under Mussolini’s fledgling rule, the marshes were properly drained for the first time in history, allowing land to be reclaimed, and many lives with it.

    The author, a former nightshift factory worker who only left that job when his writing brought him success, is the descendant of those who migrated. Recounted in the first person by a spirited but unnamed narrator, The Mussolini Canal offers an affectingly vivid portrait of Italy at a time when it was, as the narrator says, the laughing stock of Europe. The Peruzzi clan at the heart of the story do not like to be laughed at, nor do they enjoy going hungry. As their story unreels, it becomes clear why they, and so many others, enthusiastically embraced Fascism.

    To his listener’s occasional interjections and protests, the narrator replies: “There’s never been freedom in Italy, so how could Fascism have done away with it?” Later he describes the tomatoes, specially selected by Il Duce to grow on the Pontine marshes, of which the children would parrot: “These tomatoes are quite simply better. They’re modern, and they’re fascist.” Years later, when the enchantment had faded, the narrator reflects, “But now, I’m told – and this may not be true, you could try looking into it more thoroughly – they use the skins of [these] tomatoes to make bullet-proof vests.”

    Disillusionment extended far beyond tomatoes, but the Peruzzi family for all their flaws – violence, murder, theft and lust – remained unswervingly true to themselves throughout this period, exhibiting a rare sort of honesty in their dealings, whether nefarious or saintly. One other constant is their courage.

    As the story ducks and weaves, a carousel of Italian domestic life and politics emerges. Anchoring the tale are the grandparents, Peruzzi senior a gentle man who is good with children, his wife both beautiful and gutsy. Rumour has it that she slept with Mussolini. Il Duce may have wished he had, and she certainly flirted with him whenever he visited, but she would never have betrayed her husband, whose death years later led within days to her own.

    The offspring of these turtle doves, and their many cousins, created a tribe so vast that “soon there’d be enough of us to work the whole of the Po Valley on our own”. In those days, children were cheap labour. Quick to grow up, they could be found imitating their fascist forebears before they could walk: “In our houses, even the youngest children, those who were still crawling around on their hands and knees … moved around under the table with knives between their teeth.”

    One such was Uncle Pericles, around whom the novel revolves. A thug, a family man, as short-tempered as he is brave, he is a model fascist, and a tender husband. As the reader follows him from headstrong youth to the battlefields of Italy, the novel’s grip tightens. How could the Peruzzis cope if Pericles perished?

    Though The Mussolini Canal is a keyhole on the most venal, dark period of Italy’s modern history and those who played a role in its shaping, it is above all a depiction of the peasantry whose life in this era had barely changed in essentials – and hardship – since the middle ages.

    Brilliantly controlling his material, retracing his steps, repeating stories from fresh angles, or simply reminding the reader of what they already know, Pennacchi’s style holds an echo of early Gunter Grass, but is infused with a spirit and tone that are entirely original. High among its charms is his rich vein of humour, a mordant leavening to otherwise grim material, as the Peruzzi family picks its way through the debris of half a century of troubles.

    Gathering pace slowly, as one grows familiar with its dizzying cast and the tale’s back and forth telling, it builds in tension like a spring being tightly coiled, creating a vigorous, unrepentant, anarchic picture of a clan surviving despite chaos all around. It is a truly fine novel, demonstrating a remarkable talent, Antonio Pennacchi’s high ambition matched word for word by his artistry.

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Traduzione by zaphod:

    VITE IN MISERIA

    Nella settimana in cui è stato consegnato l’ultimo Man Booker prize della vecchia formula [fino a oggi il Booker prize premiava solamente cittadini del Commonwealth, Irlandesi o dello Zimbabwe, dal prossimo anno sarà aperto a tutti gli scrittori del mondo che abbiano pubblicato in inglese nel Regno Unito N.d.T] non ci si può esimere dallo sperare che nella prospettiva dichiarata di allargare i propri orizzonti, gli organizzatori decidano per il futuro di includere le traduzioni inglesi così come hanno già inserito tutti i libri in inglese pubblicati nel Regno Unito.

    Nel caso, un romanzo come Canale Mussolini sarebbe una bella dritta.
    Vincitore del prestigioso Premio Strega nel 2010, questo è il secondo romanzo di Antonio Pennacchi, il precedente, Il fasciocomunista, vinse invece il Premio Napoli. Nel dispiegarsi della labirintica storia il lettore non ha certamente bisogno della nota nella prefazione di Pennacchi che dice “per quel che vale, questo è il libro per il quale sono venuto al mondo”. Canale Mussolini è intimo in ogni sua riga, come se la trama e i personaggi non affiorassero dall’immaginazione dello scrittore ma dal suo midollo. Un lavoro ponderoso di più di 500 pagine ma così seducente che non si vuole mai arrivare alla fine. Turbolento e picaresco, è la storia di una generazione di contadini veneti e toscani colpiti dalla povertà allettati negli anni 30 dalla promessa di una terra nelle paludi Pontine prosciugate, vicino Roma.Fino ad allora nessuno si era azzardato ad abitare quei luoghi, paludi infestate dalle zanzare. Ma durante i primi anni del governo di Mussolini le paludi vennero completamente prosciugate per la prima volta nella storia, e le terre bonificate permisero a molti di insediarsi in quei luoghi.
    L’autore, un operaio ai turni di notte in fabbrica che ha lasciato il suo lavoro quando la scrittura lo ha portato al successo, è un discendente di questi migranti. Raccontato in prima persona da un narratore vivace ma senza identità. Canale Mussolini offre un commovente e vivido ritratto di un’Italia che al tempo dei fatti narrati era, come dice il narratore, lo zimbello d’Europa. Al clan dei Peruzzi, il cuore della storia, non piace che gli si rida dietro, né si divertono a essere affamati. E nello svolgersi della loro storia appare chiaro il motivo per cui loro, e molti altri con loro, abbracciarono entusiasticamente il fascismo.
    Alle occasionali proteste e intromissioni del suo interlocutore, il narratore risponde: “Non c’è mai stata molta libertà in Italia, che t’ha potuto levare il fascismo?” Più tardi descrive i pomodori, scelti direttamente dal Duce per essere coltivati nelle Paludi Pontine, e i bambini ripeteranno a pappagallo: “Questi pomodori sono meglio. Sono moderni e sono fascisti”. Anni dopo, quando l’incantesimo svanisce, il narratore riflette: “Ma adesso mi dicono – ma potrebbe non essere vero, bisogna che questa cosa la controlli meglio – che usano la buccia di questi pomodori per fare i giubbotti antiproiettili”.
    Il disinganno si estese molto oltre i pomodori, ma i Peruzzi con tutti i loro difetti – violenza, omicidi, furti e lussuria – rimasero fermamente fedeli a sé stessi durante questo periodo, mostrando nei loro comportamenti una onestà rara, che siano malvagi o da santi. L’altra costante è il loro coraggio.
    Nel dipanarsi della storia emerge una giostra di vita domestica e politica italiana. Il punto di ancoraggio della storia sono i nonni, il Peruzzi anziano è un uomo gentile, buono con i bambini, e sua moglie, bella e forte. Le chiacchiere dicono sia andata a letto con Mussolini. Il duce potrebbe averlo desiderato, e lei sicuramente ha flirtato con lui quando è capitato a visitarli, ma lei non ha mai tradito il marito, la cui morte anni dopo ha preceduto di pochi giorni la sua.
    La prole di questa chioccia, e i loro molti cugini, ha generato una tribù così vasta che “presto saremmo stati così tanti da poter lavorare l’intera valle del Po con le nostre mani”. In quei giorni i bambini erano mano d’opera a buon mercato. Precoci nella crescita li vediamo imitare i loro progenitori fascsti già prima di imparare a camminare: “a casa nostra anche i bambini più piccoli, quelli che ancora camminavano carponi sulle ginocchia e sulle mani… si muovevano sotto il tavolo col coltello tra i denti”.
    Uno di questi era zio Pericle, intorno al quale ruota il romanzo. Un facinoroso, un uomo di famiglia, irascibile quanto coraggioso, è un fascista modello e un marito affettuoso. Mentre il lettore lo segue dalla gioventù testarda ai campi di battaglia la presa del romanzo si stringe. Come potrebbero farcela se Pericle morisse?
    Anche se Canale Mussolini è uno squarcio sul periodo più corrotto e oscuro della storia moderna italiana e su coloro che giocarono un ruolo nella sua formazione, è però soprattutto una descrizione dei contadini la cui vita a quei tempi era cambiata di poco, nei punti essenziali – e nella sofferenza – rispetto al Medioevo.
    Nel brillante controllo del suo materiale, ripercorrendo i suoi passi, ripetendo le storie da nuovi punti di vista, o semplicemente ricordando al lettore ciò che già conosce, lo stile di Pennacchi riecheggia quello del primo Gunter Grass, ma è infuso di uno spirito e di un tono che sono del tutto originali. Tra i tratti più affascinanti c’è la sua ricca vena umoristica, un impregnante caustico per un materiale altrimenti macabro, mentre i Peruzzi scelgono la loro via attraverso le macerie di mezzo secolo di problemi.
    Guadagnando adagio il giusto passo, mentre il lettore familiarizza con il numero da capogiro dei personaggi e l’avanti e indietro nel tempo del racconto, costruisce la tensione come una molla che viene avvolta e tesa al limite, e crea un quadro energico, incorreggibile e anarchico di un clan che sopravvive nonostante il caos che impera intorno. È un romanzo veramente bello, che dimostra un notevole talento, l’ambizione di Antonio Pennacchi rispecchia parola per parola la sua arte.

    Pubblicato 10 anni fa #
  • A.

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    Moderatore

    Sono molto contento ed entusiasta del successo internazionale che sta arridendo a k. Se lo merita

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Fondatore

    E adesso tutti in libreria a ordinare Storia di Karel.
    Qua un assaggio della copertina. Tra Kundera e e Papa Francesco.

    Pubblicato 10 anni fa #
  • SCa

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    Membro

    Bella e suggestiva la copertina, ricorda molto quelle del mitico Karel (ma guarda un po') Thole.
    Qual è l'Intendenza di Finanza?

    Pubblicato 10 anni fa #
  • zaphod

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    Fondatore

    Quella sulla sinistra.

    Pubblicato 10 anni fa #

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