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(125 articoli)
  • Avviato 13 anni fa da FernandoBassoli
  • Ultima replica da parte di FernandoBassoli
  1. A.

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    Giancarlo Puecher Passavalli

    Di anni 20 - dottore in legge - nato a Milano il 23 agosto 1923 -. Subito dopo l'8 settembre 1943 diventa l'organizzatore ed il capo dei gruppi partigiani che si vanno formando nella zona di Erba-Pontelambro (Como) - svolge numerose azioni, fra cui rilevante quella al Crotto Rosa di Erba, per il ricupero di materiale militare e di quadrupedi -. Catturato il 12 novembre 1943 a Erba, da militi delle locali Brigate Nere - tradotto nelle carceri San Donnino in Como - più volte torturato -. Processato il 21 dicembre 1943 dal Tribunale Speciale Militare di Erba -. Fucilato lo stesso 21 dicembre 1943, al cimitero nuovo di Erba, da militi delle Brigate Nere -. Medaglia d'Oro al Valor Militare -. E' figlio di Giorgio Puecher Passavalli, deportato al campo di Mauthausen ed ivi deceduto.

    Muoio per la mia Patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato: Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. Iddio mi ha voluto... Accetto con rassegnazione il suo volere.

    Non piangetemi, ma ricordatemi a coloro che mi vollero bene e mi stimarono. Viva l'Italia. Raggiungo con cristiana rassegnazione la mia mamma che santamente mi educò e mi protesse per i vent'anni della mia vita.

    L'amavo troppo la mia Patria; non la tradite, e voi tutti giovani d'Italia seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale. Perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non sanno che l'uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia.

    A te Papà l'imperituro grazie per ciò che sempre mi permettesti di fare e mi concedesti.

    Gino e Gianni siano degni continuatori delle gesta eroiche della nostra famiglia e non si sgomentino di fronte alla mia perdita. I martiri convalidano la fede in una Idea. Ho sempre creduto in Dio e perciò accetto la Sua volontà. Baci a tutti.

    Giancarlo

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. A.

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    Pubblicato 13 anni fa #
  3. "I napoletani non nascono, debuttano."

    (Sociologo di cui ora mi sfugge il nome, letta sul giornale, quale non ricordo)

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. Non è che te la sei sognata?

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. k

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    Ma quale sociologo? E' di Massimo Ranieri.

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. Non posso verificare perché il gatto ha pisciato sul giornale.
    Ma è vero che lo dice anche Ranieri.
    Era un pezzo che metteva in luce l'attitudine alla teatralità dei napoletani che emergeva anche dalla vivace discussione Mussolini vs Carfagna ("Vaiassa!").

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. Trovato. Pezzo del Corsera a firma Goffredo Buccini che cita Mimmo De Masi, definito "sociologo dell'immateriale e cultore del genius loci".

    “I napoletani non nascono, debuttano. Qui ci sono una finta vajassa e una finta nobildonna, il rovesciamento dei ruoli è perfetto… quella che fa la vajassa, che insomma gioca a fare la cafona, è pur sempre nipote di un pezzo di storia italiana, l’altra è una piccola borghese che gioca a fare la gran signora. Pure il Padreterno s’è divertito a invertire i ruoli, ha dato all’una il fisico che serviva all’altra e viceversa”.

    (M. De Masi)

    PiatelanderculoTorq.

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. ahahahahahahahahah

    rosicone d'un Fer

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. Se se

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. mjolneer

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    l'occhi so' fatti a girella, non paganu tabbella.
    Mia suocera.

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. cameriere

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    esticazzi?

    "gran capo apaci"

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. L'ultima di Sensi: "Berlusconi è l'uomo di Hardcore".
    Ecco perché davanti a Sensi bisogna mettere Gen.

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. k

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    Non si capisce subito, non è immediata. Suggerisco la variante in Ardcore.

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. Sì in effetti è meglio.

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. A.

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    Pubblicato 13 anni fa #
  16. rindindin

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    Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre il contrario è del tutto impossibile.
    Woody Allen

    Pubblicato 13 anni fa #
  17. urbano

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    stupido è
    chi
    lo stupido fa

    Pubblicato 13 anni fa #
  18. A.

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    Pubblicato mercoledì 15 dicembre 2010
    Torino- operai e operaie FIAT mirafiori per unità con gli student*
    Lavoro, Movimento, lotte scuola, università, ricerca
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    LETTERA APERTA DEGLI OPERAI ED OPERAIE DELLA FIAT MIRAFIORI agli studenti e alle studentesse dell’Università e a tutto il mondo della formazione

    Viviamo in un periodo in cui il ceto politico e la classe dominante, anche attraverso un uso cinico della crisi economica, stanno ulteriormente peggiorando le condizioni di vita, di studio e di lavoro di tutti i settori più deboli della società.

    Vorremmo farvi partecipi della nostra condizione.

    Noi operai della Fiat circa trent’anni fa ambivamo e sceglievamo di entrare a lavorare in fabbrica con la prospettiva di un, seppur basso ma sicuro, salario mensile che ci consentisse un futuro dignitoso per noi e per la nostra famiglia: questa piccola sicurezza ci ha concesso, nel tempo, di poterci permettere il consumo di beni materiali in cambio del nostro lavoro fisico.

    Alle prime autovetture comprate a rate, andava a sommarsi il mutuo della casa e magari la rata del prestito per sostenere lo studio dei nostri figli, per assicurargli, illudendoci, un futuro migliore del nostro.

    Per anni abbiamo continuato ad ingurgitare e defecare beni materiali, producendo humus che concimava la pianta del sistema capitalistico. In fabbrica parlavamo (e magari qualcuno stupidamente investiva) di azioni, di borsa, di bolle di mercato…ed intanto quotidianamente i lavoratori morivano sui luoghi di lavoro.

    Ora in fabbrica si usa come arma psicologica la cassa integrazione, in questo modo non guadagni, non spendi e quindi non sei nessuno, non esisti.

    Il sistema capitalistico vuole cancellare in un sol colpo il passato (i diritti e il reddito conquistati con lotte, con sacrifici e morte dai nostri padri) ed il futuro, cioè la possibilità di studio e di emancipazione per i nostri figli, in cambio di un presente sempre più improntato ad un consumismo immediato.

    Questa condizione, sempre peggiorata negli ultimi decenni, ci porta a pensare che non è più possibile lottare individualmente o settorialmente; ci porta a credere che sia sempre più necessario costruire dei percorsi di unità.

    Vogliamo essere UNITI nelle lotte perché noi crediamo che così si possano migliorare le opportunità di chi studia e di chi lavora.

    UNITI, perché il mondo del lavoro e quello scolastico vivono già una condizione precaria e gli interventi attuali volgono al loro peggioramento.

    UNITI, perché gli studenti di oggi, domani entreranno in un mondo del lavoro precario e noi, come hanno fatto i nostri genitori, dobbiamo far si che la nostra lotta respinga i provvedimenti di chi vuole fare solo “cassa” sulle vite dei più deboli.

    Oggi studenti e operai insieme possono creare un ponte, dove il mondo della formazione e la classe operaia e lavoratrice si uniscano per proporre un dialogo e un’unità per respingere gli attacchi di una società in cui solo una piccola parte decide per tutti.

    Per noi è importante uscire dalla fabbrica.

    Siamo convinti che sia necessario che tutte le realtà che oggi sono colpite in modo trasversale dai governi e dalle classi dominanti, debbano trovare un primo momento di confronto, di conoscenza, di discussione che porti a rafforzare le lotte di tutti e a mettere in campo una forza adeguata per poter tornare a migliorare le nostre condizioni di vita.

    PER QUESTO FACCIAMO UN APPELLO PER UN’ASSEMBLEA LAVORATORI-STUDENTI

    nei tempi più brevi possibili da concordare insieme subito dopo la giornata del 14 dicembre.

    GLI OPERAI E LE OPERAIE DELLA FIAT MIRAFIORI

    (aderiscono lavoratori di Agile-ex Eutelia, di Comdata, lavoratori e precari della scuola, del settore delle telecomunicazioni, interinali e delle cooperative sociali)

    Pubblicato 13 anni fa #
  19. Genesis

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    La Democrazia esiste laddove non c'è nessuno così ricco da comprare un altro e nessuno così povero da vendersi.

    Jean Jacques Rousseau

    Pubblicato 13 anni fa #
  20. A.

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    I MEDIA E L’ILLIBERTA’

    (L’uomo a una dimensione, Einaudi, Torino, 1967, pagg. 253-255)

    Alla negazione della libertà, e perfino della possibilità della libertà, corrisponde la concessione di libertà atte a rafforzare la repressione. È spaventoso il modo in cui si permette alla popolazione di distruggere la pace ovunque vi sia ancora pace e silenzio, di essere laidi e rendere laide le cose, di lordare l’intimità, di offendere la buona creanza. È spaventoso perché rivela lo sforzo legittimo e persino organizzato di conculcare l’Altro nel suo proprio diritto, di prevenire l’autonomia anche in una piccola, riservata sfera dell’esistenza. Nei paesi supersviluppati, una parte sempre piú larga della popolazione diventa un immenso uditorio di prigionieri, catturati non da un regime totalitario ma dalle libertà dei concittadini i cui media di divertimento e di elevazione costringono l’Altro a condividere ciò che essi sentono, vedono e odorano.

    Come può una società ch’è incapace di proteggere la sfera privata dell’individuo persino tra i quattro muri di casa sua asserire legittimamente di rispettare l’individuo e di essere una società libera? È ovvio che una società vien definita libera da ben altri fondamentali risultati, oltre che dall’autonomia dei privati. Eppure, l’assenza di quest’ultima vizia anche le maggiori istituzioni della libertà economica e politica, negando la libertà alle sue nascoste radici. La socializzazione di massa comincia nella casa ed arresta lo sviluppo della consapevolezza e della coscienza. Per giungere all’autonomia si richiedono condizioni in cui le dimensioni represse dell’esperienza possano tornare di nuovo alla vita; la loro liberazione richiede la repressione delle soddisfazioni e dei bisogni eteronomi che organizzano la vita in questa società. Quanto piú essi son diventati le soddisfazioni ed i bisogni propri dell’individuo, tanto piú la loro repressione apparirebbe come una privazione davvero fatale. Ma proprio in virtú di tale carattere fatale essa può produrre il requisito soggettivo primario per un mutamento qualitativo, vale a dire la ridefinizione dei bisogni.

    Si prenda un esempio (sfortunatamente fantastico): la semplice assenza di ogni pubblicità e di ogni mezzo indottrinante di informazione e di trattenimento precipiterebbe l’individuo in un vuoto traumatico in cui egli avrebbe la possibilità di farsi delle domande e di pensare, di conoscere se stesso (o piuttosto la negazione di se stesso) e la sua società. Privato dei suoi falsi padri, dei capi, degli amici, e dei rappresentanti, egli dovrebbe imparare di bel nuovo il suo ABC. Ma le parole e le frasi che egli formerebbe potrebbero venir fuori in modo affatto diverso, e cosí dicasi delle sue aspirazioni e paure.

    È certo che una situazione simile sarebbe un incubo insopportabile. Mentre la gente può sopportare la produzione continua di armi nucleari, di pioggia radioattiva, e di alimenti discutibili, essa non può (proprio per questa ragione!) tollerare di essere privata del trattenimento e dell’educazione che la rende capace di riprodurre i meccanismi predisposti per la sua difesa o per la sua distruzione. L’arresto della televisione e degli altri media che l’affiancano potrebbe quindi contribuire a provocare ciò che le contraddizioni inerenti del capitalismo non provocarono – la disintegrazione del sistema. La creazione di bisogni repressivi è diventata da lungo tempo parte del lavoro socialmente necessario – necessario nel senso che senza di esso il modo stabilito di produzione non potrebbe reggersi. Qui non sono in gioco né problemi di psicologia né problemi di estetica, ma piuttosto la base materiale del dominio.

    Pubblicato 13 anni fa #
  21. A.

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    IRRAZIONALITA’ NELLA RAGIONE (L’uomo a una dimensione, Einaudi, Torino, 1964, pagg. 11-13)

    Nell’impossibilità di indicare in concreto quali agenti ed enti di mutamento sociale sono disponibili, la critica è costretta ad arretrare verso un alto livello di astrazione. Non v’è alcun terreno su cui la teoria e la pratica, il pensiero e l’azione si incontrino. Persino l’analisi strettamente empirica delle alternative storiche sembra essere una speculazione irrealistica, e il farle proprie sembra essere un fatto di preferenza personale (o di gruppo).

    Ma l’assenza di agenti di mutamento confuta forse la teoria? Dinanzi a fatti apparentemente contraddittori, l’analisi critica continua ad insistere che il bisogno di un mutamento qualitativo non è mai stato cosí urgente. Ma chi ne ha bisogno? La risposta è pur sempre la stessa: è la società come un tutto ad averne bisogno, per ciascuno dei suoi membri. L’unione di una produttività crescente e di una crescente capacità di distruzione; la politica condotta sull’orlo dell’annientamento; la resa del pensiero, della speranza, della paura alle decisioni delle potenze in atto; il perdurare della povertà in presenza di una ricchezza senza precedenti costituiscono la piú imparziale delle accuse, anche se non sono la raison d’être di questa società ma solamente il suo sottoprodotto: la sua razionalità travolgente, motore di efficienza e di sviluppo, è essa stessa irrazionale.

    Il fatto che la grande maggioranza della popolazione accetta ed è spinta ad accettare la società presente non rende questa meno irrazionale e meno riprovevole. La distinzione tra coscienza autentica e falsa coscienza, tra interesse reale e interesse immediato, conserva ancora un significato. La distinzione deve tuttavia essere verificata. Gli uomini debbono rendersene conto e trovare la via che porta dalla falsa coscienza alla coscienza autentica, dall’interesse immediato al loro interesse reale. Essi possono far questo solamente se avvertono il bisogno di mutare il loro modo di vita, di negare il positivo, di rifiutarlo. È precisamente questo bisogno che la società costituita si adopera a reprimere, nella misura in cui essa è capace di "distribuire dei beni" su scala sempre piú ampia e di usare la conquista scientifica della natura per la conquista scientifica dell’uomo.

    Posto dinanzi al carattere totale delle realizzazioni della società industriale avanzata, la teoria critica si trova priva di argomenti razionali per trascendere la società stessa. Il vuoto giunge a svuotare la stessa struttura della teoria, posto che le categorie di una teoria sociale critica sono state sviluppate nel periodo in cui il bisogno di respingere e sovvertire era incorporato nell’azione di forze sociali efficaci. Tali categorie erano in essenza dei concetti negativi, dei concetti d’opposizione, i quali definivano le contraddizioni realmente esistenti nella società europea dell’Ottocento. Perfino la categoria "società" esprimeva l’acuto conflitto esistente tra la sfera sociale e quella politica – la società era antagonista rispetto allo Stato. Del pari, termini come individuo, classe, privato, famiglia, denotavano sfere e forze non ancora integrate con le condizioni vigenti, erano sfere di tensione e di contraddizione. Con la crescente integrazione della società industriale, queste categorie vanno perdendo la loro connotazione critica e tendono a diventare termini descrittivi, ingannevoli od operativi.

    Un tentativo di riprendere l’intento critico di queste categorie, e di comprendere come l’intento sia stato soppresso dalla realtà sociale, si configura in partenza come una regressione da una teoria congiunta con la pratica storica ad un pensiero astratto, speculativo: dalla critica dell’economia politica alla filosofia. Tale carattere ideologico della critica deriva dal fatto che l’analisi è costretta a procedere da una posizione "esterna" rispetto alla tendenze positive come a quelle negative, alle tendenze produttive come a quelle distruttive nella società. La società industriale moderna rappresenta l’identità diffusa di questi opposti – è il tutto che è in questione. Al tempo stesso la teoria non può assumere una posizione meramente speculativa; deve essere una posizione storica, nel senso che deve essere fondata sulle capacità di una data società.

    Questa situazione ambigua implica una ambiguità ancora piú fondamentale. L’uomo a una dimensione oscillerà da capo a fondo tra due ipotesi contraddittorie: 1) che la società industriale avanzata sia capace di reprimere ogni mutamento qualitativo per il futuro che si può prevedere; 2) che esistano oggi forze e tendenze capaci di interrompere tale operazione repressiva e fare esplodere la società. Io non credo si possa dare una risposta netta; ambedue le tendenze sono tra noi, fianco a fianco, ed anzi avviene che una includa l’altra. La prima tendenza predomina e qualsiasi condizione possa darsi per rovesciare la situazione viene usata per impedire che ciò avvenga. La situazione potrebbe essere modificata da un incidente, ma, a meno che il riconoscimento di quanto viene fatto e di quanto viene impedito sovverta la coscienza e il comportamento dell’uomo, nemmeno una catastrofe produrrà il mutamento.

    Pubblicato 13 anni fa #
  22. k

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    Membro

    Senta, A: a parte le più diverse questioni di merito su cui non sono assolutamente d'accordo - anzi, rileggendolo dopo tanti anni mi congratulo con me per averlo trovato palloso già allora, ma mi meraviglio di non essermi anche accorto subito che era già stantio e datato - io quello che non capisco è perchè lei ci vuol far credere di averlo scritto lei.

    Pubblicato 13 anni fa #
  23. A.

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    Moderatore

    Francamente ho citato la fonte. Non mi pare di essermene attribuito la paternità. Se allegare testi vuol dire condividerli, non dovrei fare il mio mestiere.
    Nel merito, lo so che lei in disaccordo con la critica del progresso tecnologico. Mica sono scemo. Ma non so che cosa pensa sulla critica alla falsa coscienza borghese.

    Pubblicato 13 anni fa #
  24. Da quando la borghesia ha una coscienza?

    Pubblicato 13 anni fa #
  25. la lavandaia

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    Membro

    ancora con queste divisioni di classe???

    perchè mai la borghesia non dovrebbe avere una coscienza?

    sveglia, ragazzi, la divisione di classe è argomento superato e come ben sappiamo non ha portato i frutti sperati.

    Pubblicato 13 anni fa #
  26. Eh no, sbagli, mi pare un argomento tornato attualissimo.

    Pubblicato 13 anni fa #
  27. urbano

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    Membro

    Heinz Kahlau è nato il 6 Febbraio del 1931 a Potsdam da una famiglia operaia.
    E' un acquario.
    Fu manovale, elettricista qualificato, tornitore e conducente di trattori.
    Poi fu Poeta.

    Da bambini,
    possedevano se stessi e nient'altro.
    Poi si vendettero,
    per possedere:
    cibo, prole,
    una vita piacevole e una patria.

    Acquistarono il diritto:
    di sprecare la loro forza per guadagnarsi il pane.
    Di sprecare il loro tempo per un orticello familiare.
    Di sprecare la loro semplicità per un punto di vosta.
    Di sprecare la loro vita per il rispetto.

    Il loro pane continuava a non bastare.
    Il loro orticello deturpava il paesaggio.
    Il loro punto di vidsta infastidiva la prole.
    Il rispetto non l'ottennero mai.

    Quando morirono, morirono malamente,
    goffi, insignificanti e insoddisfatti.
    Per un sereno congedo dal mondo
    non possedevano nulla.
    Tutto quel che avevano posseduto quand'erano arrivati
    l'avevano consumato nello sforzo
    di possedere.

    Sulle tombe di piccoli borghesi
    anni '60
    in
    100 poesie della DDR
    isbn edizioni 2009

    Pubblicato 13 anni fa #
  28. leon8oo3

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    Membro

    "Gli aforismi? Che cazzo me ne frega a me degli aforismi? Possibile che non capisca che è con lei che ce l'ho, non con gli aforismi?"
    (A.P.)

    Pubblicato 13 anni fa #
  29. rindindin

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    Membro

    non c'è un punto di vista equo e solidale, non c'è mai stato, l'importante è rendersene conto. possiamo integrarci, condividere, non ragionare per fazioni o luoghi comuni. oramai è morta la lotta di classe e tanti discorsi mi sembrano noiosi e ripetitivi. c'è la lotta per le classi, la vera lotta comune.bisogna sforzarsi per trovare un dialogo comune super partes. se continuiamo a mangiarci in testa facciamo solo la parte del conte ugolino...

    Pubblicato 13 anni fa #
  30. k

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    Membro

    Mai lette tante cazzate in così pochi post.
    Ci sarebbe da vergognarsi solo a rispondere.
    Ah, sì? Le classi socio-economiche
    secondo voi
    non ci stanno più?
    Ma andate un po' affanculo va',
    ma in che cazzo di mondo vivete?
    E con che cazzo di gente
    soprattutto
    mi mischio io?
    Ma vaffanculo pure a me,
    che parlo con voi.
    E quell'altro scemo d'un borghese
    che non ha mai fatto un giorno solo
    di lavoro
    in vita sua
    che viene a dire: "Da quando
    la borghesia ha una coscienza?"
    Da quando non tutti i borghesi
    sono come te. Ma tu l'hai mai sentito
    nominare, per esempio,
    uno stronzo che si chiamava Max Weber?
    Ma vaffanculo va',
    e vaffanculo pure A.
    Ma per lei,
    citare le fonti
    significa mettere solo il titolo
    e non che quel libro l'ha scritto Marcuse?
    Oppure l'Uomo a una dimensione
    secondo lei l'ha scritto Einaudi? Eppoi Einaudi quale?
    Luigi o Giulio?
    Cos'è, dimenticanza o arroganza la sua,
    il ritenere assodato che tutti
    - pure un pischelletto nato l'altro giorno -
    debbano sapere con precisione e conoscere
    le stesse quattro cose o quattro libri
    che conosce lei?
    Ma lei è sicuro, per esempio,
    di conoscere a precisione tutti
    gli stessi libri
    che occupano il cuore e la testa
    di Big e di Sensi?
    Chi le dice che il suo Marcuse è più importante
    dei testi di fisica o di meccanica,
    o un di manuale logaritmico?

    STO SULL'ACIDO, OGGI

    Pubblicato 13 anni fa #

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