ho scritto Büyükada, l’oasi dei principi
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Ho scritto La tigre in baracca
se avete tempo...
"[...]i libri, come i figli, diventano esseri indipendenti quando hanno lasciato la casa dei genitori. Essi conducono la loro propria vita, così come fanno del resto gli autori. Non si interferirà su quelli che sono diventati estranei alla casa. [...]"
Joseph Alois Schumpeter - Prefazione all'ed. inglese del 1934 di Teorie dello sviluppo economico
da "Il gioco del caso" - Gianfranco Dioguardi - Ed. Sellerio 1987
Come sei arrivato a Dioguardi, Wolt? Grande testa e squisita persona.
(A me la riscrittura del Fasciocomunista mi sta massacrando. Mi ricala nel dolore di cinquant'anni fa, come fosse fresco di giornata. Speriamo di finire al più presto e che non m'uccida, stocazzo di libro.)
Zibaldone: La tigre in baracca
…
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno
…
Non amo granché Manzoni, trovo Il cinque Maggio una poesia tutto sommato capziosa, fintamente non schierata. Con intuizioni liriche eccellenti però, come questa. Totale concordanza di pensiero e azione, fulmineo risultato concreto enunciati in un verso a ridondanza zero. Va letto mettendo una pausa tra quel e securo perché quel non è aggettivo dimostrativo di securo (che è un avverbio di affermazionee non un aggettivo) come te lo leggono a scuola per farti credere che la versificazione sia una cosa che non si capisce ma è, più semplicemente, pronome dimostrativo relativo a Napoleone.
Chi non ha sentito, dopo queste parole, decantare, costretto a farlo a sua volta, le incredibili doti decisioniste e organizzative dell’imperatore? Così ti insegnano che se hai le idee chiare, il tuo comportamento è solerte e coerente.
Ho sempre ammirato l’immediatezza di lettura della realtà di certuni, che riescono a determinare i propri comportamenti, spesso scegliendo la via migliore, nel tempo che io ci metto a capire dove sono. È una dote che può portarti a essere un grande eroe, unita al coraggio, al senso di solidarietà, alla compassione. Oppure un grande dittatore, perché la via migliore è comunque in funzione dei tuoi obiettivi. Da ragazzino, per me, il fulmine era di Sandokan. Ma anche del Prof. Lidenbrock di Viaggio a centro della Terra.
Nella maggioranza dei casi la parte del baleno non è visibile ai più – è una vicenda tutta interiore - ma c’è un gesto che è discernibilissimo fulmine e che segna gli eventi in modo irreversibile. Quando Sandokan compie il rito dell’uccisione della tigre (mi riferisco allo sceneggiato degli anni ’70, non ai libri da cui è tratto) lo fa in una condizione di ineluttabilità (Marianna è a terra minacciata dall’animale) ma anche in un contesto prestabilito (la caccia alla tigre, appunto) in cui sa benissimo cosa sta per accadere. In quel decidere di ucciderla, affrontandola a viso aperto addirittura lanciandosi contro di lei in un acrobatico balzo, c’è il suo affermarsi come indiscusso leader della lotta (l’unico oltre Tremal Naik in grado di affrontare il felino a viso aperto) e il suo dichiarare amore imperituro alla donna. Che ci fosse il baleno dietro tutto questo è testimoniato dall’annuncio di Sandokan a Marianna prima dell’inizio della battuta di caccia: oggi ucciderò la tigre per voi etc.
In Viaggio al centro della Terra al Prof. Lidenbrock balena (appunto) l’idea che il manoscritto di Saknussem, in caratteri runici, sia degno della più grande attenzione e fulmineamente egli mette in atto metodi estremi per ottenerne la decifrazione e poi organizzare la spedizione…Madonna che libro.
A questo punto vi starete certamente chiedendo / chissà stavolta questo dove vuole andare a parare cantava Edoardo Bennato (Nisida).
Be’, calma. Non è che certe cose sia possibile scriverle in 140 caratteri. Mettetevi comodi. Semmai stampate. Posso rimborsarvi costo di carta e cartucce se mandate una richiesta scritta via mail. I parametri in cui si deve rientrare per ottenere il rimborso sono: essere maggiorenni non in possesso della patente e/o di mezzi che si guidino senza patente; avere un reddito lordo di meno di 200 € oppure di più di 600.000 € annui; conoscere a memoria almeno un testo decente scritto da Fabrizio Zampaglione dei Tiromancino (mi sa che qui ho esagerato, lo so che è impossibile).
Vabbe’, riprendiamo.
Quando Don Roberto Sardelli nel 1968, decise di lasciare la parrocchia dove era stato assegnato come viceparroco a Roma, San Policarpo, penso sia stato così: baleno e fulmine. Nel comprensorio della parrocchia c’erano i baraccati dell’Acquedotto Felice con la loro lunga schiera di capannucce fatte di materiali improbabili poste lungo i piloni e sotto gli archi. Era sempre pieno di fumo lì a causa delle stufe a legna usate per cucinare e scaldare l’acqua; qua e là pozzi neri per fare i bisogni in una marea di rifiuti. Le baracche erano numerate in ordine: chi pagava di più (sì, pagava) si sistemava sotto l’arco più grande, i più poveri si ammucchiavano sotto gli archi più piccoli. La sera prostitute e travestiti. E luce elettrica abusiva.
Don Roberto ha visto. Gli è balenata l’idea che fosse intollerabile. Ha messo i suoi vestiti in un sacco, ha lasciato la parrocchia ed è andato ad abitare in baracca. Pensiero e azione. Basta.
C’è solo un modo per fare le cose, dice un mio amico: farle.
Così il prete non solo è andato “in baracca” ma ne ha anche comprata una da una puttana, la 725. Quel luogo di “perdizione” lo ha trasformato in una scuola per i giovani baraccati.
Tralascio ora le polemiche del vescovo e l’ostracismo del perbenismo ecclesiastico seguiti a questa e alle altre iniziative prese dal sacerdote. Ad ogni modo lui aveva capito che l’unico riscatto possibile per quelle persone era il miglioramento del loro livello culturale, la presa di coscienza dei propri diritti e dei propri doveri, della loro dignità e del loro diritto alla casa. Non mise in piedi un semplice doposcuola: tutti i pomeriggi e la domenica i ragazzini non potevano più bighellonare abbandonati, andavano alla 725. Qui leggevano i quotidiani, commentavano le notizie politiche, apprendevano le biografie di personaggi che avevano fatto della lotta per la conquista dei diritti il loro scopo primario come Ghandi o Malcom X.
Questo è uno stralcio di quanto Don Roberto Sardelli scrisse a Aldo Tozzetti, presidente del Sunia, il fondamentale sindacato in lotta per il diritto alla casa:
“La scuola era laica nel senso che la presenza e la guida del prete non avevano alcuna diretta incidenza sulla fede dei ragazzi.
La scuola è scuola e non può essere strumentalizzata a fini religiosi, altrimenti diventa un seminario.
Questo non toglieva che ai ragazzi venisse spiegata la Bibbia ma se ne faceva sempre una lettura critica e lo scopo era quello di aumentare il patrimonio conoscitivo dei ragazzi. La scuola era una spazio di coscientizzazione “politica” nel senso più elevato del termine e tutti, che avessero rispetto del luogo e delle persone, vi avevano accesso. Qui si consumò quella parte del ’68 che la cultura radical-borghese e il perbenismo ecclesiastico non amano leggere.
Le letture collettive che nella scuola si facevano ogni sera come il rito della preghiera, ne danno anche uno spaccato: Autobiografia di Ghandi, Autobiografia di Malcom X, Dottore in Cina, La rivoluzione d’ottobre, Poema pedagogico e decine di altri libri che ciascun ragazzo era tenuto a portare avanti personalmente.”
Nel settembre del 1969 la scuola 725 produsse un documento fondamentale: la lettera al Sindaco.
“Noi mandiamo questa lettera al Sindaco perché è il capo della città. Egli ha il diritto e il dovere di sapere che migliaia di suoi cittadini vivono nei ghetti. Per scriverla ci abbiamo impiegato dieci mesi. Ogni sera a pensierino si aggiungeva pensierino. Nella lettera abbiamo voluto dire una sola idea: la politica deve essere fatta dal popolo.”
Contemporaneamente Don Roberto firmò la lettera dei tredici con un gruppo di altri sacerdoti, per denunciare le storture e le mancanze dell’amministrazione cittadina. Fu per via di quei documenti - e dello scalpore che suscitarono - che la Chiesa, dopo anni di indifferenza sul problema e nonostante l’inaccettabile atteggiamento anticonfessionale di Don Roberto Sardelli, convocò attraverso il cardinal Ugo Poletti il congresso I Mali di Roma, nel 1974, che ebbe una ripercussione notevole anche tra i partiti e provocò spaccature nella DC. La 725 era difesa da molte forze di sinistra, dai cattolici di sinistra, dal Sunia e da alcuni intellettuali. Tra questi certo anche Pasolini. Tutti conosciamo la grande sensibilità letteraria mostrata per il tema delle borgate. Alcune testimonianze lo descrivono non solo in spasmodica ansia di approfondire un fenomeno da trasformare in romanzo (come quando seguiva i fratelli Citti col taccuino in mano) ma anche un uomo cordiale che passava ore a parlare con tutti spiegando quanto fosse importante l’elevazione del proprio livello culturale oppure giocando a pallone ma anche regalando soldi. Pasolini ha fatto molto per raccontare, analizzare quel mondo, di cui forse non avremmo mai avuto coscienza se non ci fosse stato lui ma il tentativo di superarlo - e di fornire strumenti per farlo - è merito di persone come Don Roberto Sardelli.
Lui stesso disse di Pasolini: “Per lui l’emarginazione era una categoria letteraria, lui era un uomo dedito alla ricerca artistica, non gli interessava vedere la realtà. Anche lui, io me lo ricordo in borgata, era prigioniero di uno schema. Sull’omologazione ha scritto bellissimi articoli ma il problema che affrontavo io era come smontare il processo di omologazione, non solo come analizzarlo”.
Gli stessi allievi della scuola 725 così parlavano degli intellettuali e dei giovani di sinistra che li andavano a trovare in borgata: venivano soltanto per aiutarci a fare i compiti, venivano vestiti alla moda. Cercavano di influenzarci. Ragazze truccate in viso e ragazzi che parlavano troppo. Credevano di essere rivoluzionari. Avevano letto solo i libri. Alcuni si dicevano maoisti perché Mao era assente. Parlavano la lingua dei ricchi e non la nostra. Poi si sono stancati e ci hanno lasciato.
Da una parte l’occhio esistenzialista, artistico, filosofico, sociologico; dall’altra lo sguardo derivante da una scelta radicale dell’esistenza.
Non è con lo spontaneismo, col “sanvincenzismo” in camicetta rossa che si può combattere e vincere una battaglia come quella per la casa bensì mobilitando tutte le forze sinceramente e volenterosamente sensibili al lamentevole problema dei baraccati urlava don Roberto.
Il 12 giugno del 1973 l’assessore all’edilizia economica e popolare Paolo Cabras si recò all’Acquedotto Felice per leggere la lista dei primi dieci assegnati alle case popolari di Ostia Nuova. Don Roberto Sardelli dichiarò nello stesso comizio: Sia ben chiaro che la casa è un diritto per tutti: non viene qui a portarcela Cabras come un regalo; diciamo solo che abbiamo trovato gente che ci ha aiutato nella nostra lotta. Tiè. Piglia e porta a casa; la tua equazione “a cinque baraccati una casa, uguale cinque voti”, qui, dopo ventiquattro anni, non funziona.
In un’intervista uno degli ex baraccati, appena trasferito, disse tra l’altro: Qui ci volevamo bene tutti, eravamo uniti e poi c’era don Roberto. Ci mancherà, è un santo. Un prete che si veste come noi e che lavora e vive coi poveracci, come Gesù.
Io non so se Don Roberto Sardelli sia un santo. Probabilmente no. Comunque è uno che terminata la battaglia per la casa e i baraccati, non è tornato in parrocchia ma si è speso per gli ultimi e gli emarginati della società moderna. In varie forme, magari discutibili, metodologicamente inopportune o errate, non so davvero, però quel gesto, quel tuffarsi a testa bassa cercando il suo Dio là dove dovrebbe stare con certezza mi sembra, perlomeno, un atto di coerenza del tutto sopra la media. Io francamente gli auguro lunga vita, qualsiasi cosa stia facendo adesso.
Olè.
Non vedevo l’ora di poter scrivere di Don Roberto Sardelli; un po’ perché non se lo fila nessuno, un po’ perché è certamente una persona di cui securo il fulmine tiene dietro al baleno, un po’ perché gli ingioiellati partecipanti in prima fila alle messe della domenica mattina, magari attivisti di gruppi parrocchiali azionisti della macchina del fumo e acclaratamente figli di mignotta il resto dei giorni che il buon Dio continua stranamente a donargli, potrebbero leggerlo come esempio e non dico seguirlo, che è una cosa comprensibilmente difficile, ma almeno astenersi dalla chiacchiera, rimanere in silenzio e vivere senza voler apparire pii. Essendo fii.
Ora certo qualcuno potrebbe dire che sono il solito qualunquista, che faccio di tutta l’erba un fascio, che voglio sparare ad alzo zero etc. No. Assolutamente. Tu che leggi sei un figlio di mignotta? Vai in chiesa e predichi bene ma razzoli male? No? Bene non ce l’ho con te. Né con tutti quelli sinceramente e coerentemente impegnati in attività di qualsiasi tipo spinti dalla loro fede.
Io ce l’ho con quelle grandissime teste di cazzo che hanno approfittato in questo periodo delle condizioni di necessità e di debolezza dei rifugiati politici tra Sezze e Bassiano. Quelli che si sono presi 42 euro al giorno per immigrato con l’impegno di garantirgli un alloggio e un vitto decenti; una possibilità di rimanere in condizioni decorose partecipando alla vita del paese; un po’ di serenità lontani dai loro affetti, dalla loro terra e dalla paura. Quelli che i rifugiati li hanno ammucchiati in una “casa di accoglienza” adatta ad un decimo del loro numero, con un solo rubinetto di acqua fredda in cortile, dandogli da mangiare tutti i giorni pasta bianca e tonno (o roba del genere). Quando si dice “manco ai cani”. Tutto questo per intascarsi il più possibile, coi soldi regionali di tutti, magari col foglio della messa nella giacca per meditare a casa e perfino, forse, con una storia politica da una parte e un presente dalla parte opposta, perché l’incoerenza - si sa - è il sale del volontariato.
Bene. Molto bello. Taglia però questo pezzo perché non c'entra un cazzo e abbassa troppo il tono: Be’, calma. Non è che certe cose sia possibile scriverle in 140 caratteri. Mettetevi comodi. Semmai stampate. Posso rimborsarvi costo di carta e cartucce se mandate una richiesta scritta via mail. I parametri in cui si deve rientrare per ottenere il rimborso sono: essere maggiorenni non in possesso della patente e/o di mezzi che si guidino senza patente; avere un reddito lordo di meno di 200 € oppure di più di 600.000 € annui; conoscere a memoria almeno un testo decente scritto da Fabrizio Zampaglione dei Tiromancino (mi sa che qui ho esagerato, lo so che è impossibile). Vabbe’, riprendiamo."
Detto questo, cerca d'informarti che fine abbia fatto questo prete, la sua storia e se è ancora vivo. Ciao.
Grazie. Sarà fatto. Don Roberto è vivo (è del '35). M'informo meglio sui suoi movimenti.
Ad ogni modo recentemente ha scritto su liberazione (ancora Sansonetti direttore), perciò qualcuno di nostra conoscenza sa come rintracciarlo. Ha criticato ancora i sindaci di Roma e ha fatto un sacco di altre cose. Metto tutto in ordine e posto.
@K
quel libro lo comprai, insieme ad altri, una decina d'anni fa in Galleria a Milano in una libreria che fu sfrattata per far posto a un negozio di cianfrusaglie (loro le chiamano gadgets).
Un paio di settimane fa l'ho ripescato dalla mensola e l'ho letto, solo che ora sto impazzendo a cercare qualcosa su/di Ange Goudar, perché mi ha troppo incuriosito.
(non ti far uccidere dal Fasciocomunista, non nella realtà almeno...)
ho scritto tre righe sul mio quaderno.
Con Il fasciocomunista sto a buon punto. Mi manca, spero, poco più di una settimana.
Se qualcuno lo volesse vedere in anteprima (ma senza obblighi e senza rompere i coglioni a nessuno, perché immagino anch'io che la gente abbia dei cazzi suoi da fare e non possa stare una vita a leggere e rileggere gli stessi libri degli altri), lo dica pure, così vedo se funziona, se c'è qualcosa da correggere e se ho tolto cose che invece qualcuno ritiene debbano restarci per forza. Sempre senza impegno, però.
A oggi, dalle 717.682 battute delle edizione Oscar 2007, sono sceso per l'edizione 2011 a 673.040. 43.362 battute in meno. Quasi 20 pagine. Ma con le stesse cose. Anzi, aggiungendocene almeno un paio.
(L'invito è ovviamente rivolto solo ai membri attivi del forum di Anonima Scrittori.)
beh...io lo lessi almeno tre anni fa, leggerei volentieri la terza riscrittura.
la mia mail ce l'hai.
m.
mandi pure.
lo leggerei volentieri anche io
avevo deciso di rileggere
il canale.
avrei cominciato proprio oggi.
cambio programma volentieri.
però inviamelo appena ti è possibile
così me lo stampo.
volontario 071 presente...
accetto (grazie)
Ps, non so perchè, ma mi sono riandato a rileggere l'addendum alle Iene del Circeo.
Quella cosa delle percezioni extrasensoriali mi ha molto colpito.
Simone mi ha risposto, seguirà credo intervento.
Ps. Ho letto solo ora che stimate Grossman (di cui il capolavoro è Vedi alla voce amore, a mio avviso.), mi fa piacere. Magari leggetevi anche Oz, e Yoshua. Ma soprattutto Oz, Amos Oz.
Anch'io ho una verità assoluta. Sono convinto che sia sempre un male infliggere dolore a qualcuno. Se dovessi sintetizzare tutti e dieci i comandamenti in un unico comandamento, in assoluto direi: non infliggere dolore a nessuno. Questo è il punto fermo della filosofia della mia vita. Il resto è relativo. (dall'intervista di Nuccio Ordine, Io, Amos Oz il mediatore. Un colloquio, Corriere della sera, 1° ottobre 2007)
C'era come la sensazione che mentre gli uomini vanno e vengono, nascono e muoiono, i libri invece godono di eternità. Quand'ero piccolo, da grande volevo diventare un libro. Non uno scrittore, un libro: perché le persone le si può uccidere come formiche. Anche uno scrittore, non è difficile ucciderlo. Mentre un libro, quand'anche lo si distrugga con metodo, è probabile che un esemplare comunque si salvi e preservi la sua vita di scaffale, una vita eterna, muta, su un ripiano dimenticato in qualche sperduta biblioteca a Reykjavik, Valladolid, Vancouver. (da Una storia di amore e di tenebra, traduzione di E. Loewenthal, Feltrinelli)
I libri, loro non ti abbandonano mai. Tu sicuramente li abbandoni di tanto in tanto, i libri, magari li tradisci anche, loro invece non ti voltano mai le spalle: nel più completo silenzio e con immensa umiltà, loro ti aspettano sullo scaffale. (da Una storia di amore e di tenebra)
Impariamo a rispettare gli altri popoli: ogni uomo è creato a immagine divina, anche se se lo dimentica continuamente. (da Una storia di amore e di tenebra)
Nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c'è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte. (da Contro il fanatismo)
Ma forse ti sei sbagliato a postare l'ultimo intervento A.? Nel senso che hai sbagliato posto?
Ti ringraziamo dei consigli di lettura, professò. Peccato che abbiamo già dato con la letteratura israeliana, avendo come libraio un appassionato come Piermario.
Leggiti Chaim Potok, piuttosto.
Chaim Potok l'ho letto tutto, Torque.Che me devi venì a insegnà chi è Potok :)??
sì,mi ero sbagliato a postare.
se sono considerato ancora membro attivo, il nuovo fasciocomunista me lo leggo molto volentieri in anteprima...
hanno finalmente deciso di pubblicare il mio articolo sul Ramadan, ma in una versione diciamo un tantinello modificata. qui c'e' l'originale, qui la versione effettivamente pubblicata (ho ovviamente chiesto che tolgano la mia firma, pero' mi dovrebbero pagare in ogni caso).
se l'oroginale la volete mettere in homepage (mando a Zaphod l'apposito file), la cosa non puo' che farmi piacere. ma commentate pure sulle differenze tra le due versioni...
I have a dream
pubblicata da Alerino Palma
Io ho un sogno: aprire un ristorante che si chiama I have a dream. Dove si rompe la consuetudine con le vecchie ricette. Dove si possono mangiare delle metafore. Dove si spende poco.
Il menu di una settimana sarebbe pressappoco questo, con alcune precisazioni.
domenica scorsa: minestrone con la 'nduja oppure pizza con lo stracchino (e la 'nduja) oppure tutti e due
lunedì: riso al gorgonzola cotto nel brodo nero (manzo, cavolo e vino rosso oppure sangue di nemici uccisi)
martedì (8 marzo): mimosa (senza la 'nduja)
mercoledì: chiuso per riposo settimanale
giovedì: piatto viola speziato speciale spray: disponete in un piatto delle fette di vitello arrosto tagliate sottili, poi prendete un foglio bianco e date una mano di vernice viola spray e infine premete con tutte e due le mani il foglio sulle fettine di vitello finché non si saranno colorate da tutte le parti cospargete di paprika dolce.
venerdì: pipe pettinate dell'astronauta (con i piombini antifluttuazione al posto del guanciale)
sabato: trota fucilata al cartoccio: l'operazione più complicata è l'esecuzione se non si possiede un fucile si può utilizzare uno scarpone da montagna.
domenica: straccetti di rane desifonate (a grande richiesta): provvedersi di guanti di lattice per il recupero delle rane.
dulcis in fundo. Merendine (usate un deframmentatore di merendine alla bisogna, aggiungete miele e latte di stambecco a volontà)
Bere una birra, mangiarsi un pacchetto di popcorn potrebbe non essere un'idea malvagia, con questo caldo. Purché la birra sia fredda al punto giusto, e il popcorn non sia molto salato. Magari di quelli che si cuociono dentro al microonde. Ho scoperto ieri su Wikipedia che i chicchi di mais che non si aprono, restano chiusi e duri e pericolosi per i denti, si chiamano «vecchie zitelle». Comunque vi sto parlando del mio pranzo. Dicono faccia caldo, certo, si attende invano un brusco cambio: entro venerdì non succederà nulla, ma dopo chissà, dicono al meteo giornale. Bisognerebbe deidealizzare il compito, andare per piccoli passi. Ad esempio: concepire un libro come tanti piccoli articoli assemblati, e allora questo monstrum diventa meno mostruoso. Né troppo, né troppo poco. Il giusto. Nemmeno il famoso battiatiano «centro di gravità permanente». Innanzitutto perché qualunque centro è narcisistico, ma perché anche la permanenza di per sé potrebbe non essere buona cosa. Il cane, ostinatamente, quando esce si rifiuta di deporre il grosso: fa solo piccoli schizzetti sui muri, tenendosela bene per tutti i muri. Deve controllare il territorio, e quindi, preliminarmente, annusare dove altri cani maschi siano passati, per ricoprire con la sua orina l’odore di quelli. Il mio cane, ad esempio, è molto più saggio di me. Lui non scrive libri, non legge, si accontenta di poco. Non va dall’analista. Si accetta per come è. E non mangia popcorn, assolutamente. Nemmeno le vecchie zitelle. Magari a quelle abbaia. Ma non più di tanto. "Non mangiare le vecchie zitelle perchè queste potrebbero rovinare la dentatura". Mica scemo il mio cane.
Mi sa che l'assunzione della maria sia un'abitudine costante presso i partecipanti a questo forum. A questo punto, buon Ferragosto.
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Buffo! Anch'io mi sono trovata a un certo punto della mia vita in una situazione simile a quella della signora del film (solo debiti, non vedovanza) e anch'io avevo pensato di trasformare il mio boscogiardino in una bella coltivazione, tanto assomiglia proprio all'Hibiscus coccineus. Mio marito non ha voluto, nonostante l'entusiasmo di mio figlio. Sono sicura che avrei trasformato i miei tetri e litigiosi vicini in individui alquanto ridanciani.
vedi, noi scherziamo lulla. siamo stupidi maschiacci. non te la prendere
Il capolavoro di Grossman non è Vedi alla voce: amore - opera seconda eccessivamente cerebrale, quantunque efficace - ma casomai Qualcuno con cui correre anche se devo ancora metabolizzare A un cerbiatto somiglia il mio amore che mi ha portato in giro per le campagne di Israele per più di qualche giorno con un groppo in gola.
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