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COSA HO SCRITTO OGGI

(768 articoli)
  1. Spotlight

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    Membro

    Da addetto ai lavori conosco il Cirene, confermo ed aderisco a quanto riporta Zaphod.
    Ho avuto rapporti con Sogin (e con il Comune) da esperto indipendente (quanto ho scritto lo può confermare) e credo di potermi esprimere con un minimo di imparzialità.
    Temo che questo sia un problema tipicamente italiano: la demonizzazione di tutto ciò che non si conosce, demonizzazione basata su una profonda ignoranza che, ahimè, è favorita anche da chi dovrebbe sostenere modi intelligenti per avere energia, viaggiare, trasportare, mangiare, produrre... ma non stiamo andando off topic?

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. k

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    Zaph, manda il pezzo a latinaoggi.

    Pubblicato 13 anni fa #
  3. zero71

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    bella Zaph! Bello bello.

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. A.

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    Moderatore

    Bellissimo articolo, Zaph!

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. Zaph, meno male che semo cugini... così posso vantarmi della parentela. Bel pezzo.

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. Anna Politkovskaja e il prezzo della verità

    Dire la verità, facendo in fondo il proprio dovere/lavoro, senza fermarsi davanti ad alcuna intimidazione: questa la sfida (vinta) da una donna coraggiosa come la giornalista Anna Politkovskaja, barbaramente uccisa da un killer, il 7 ottobre di 5 anni fa.

    Attraverso le sue inchieste rivendicava la piena autonomia, rifiutando ricatti e limitazioni, cercando di affermare il diritto a una piena libertà di stampa in un Paese, la Russia, che storicamente non è quello che potrebbe definirsi il massimo esempio di democrazia.

    NON DIMENTICARE IL SUO SACRIFICIO - C’è un processo in corso a carico di un uomo ceceno, che risponde al nome di Rustam Makhmudov. Si cercherà di dimostrare che è stato lui quello che, secondo il linguaggio del diritto penale, viene definito l'esecutore materiale del reato. Molto meno facile sarà risalire ai mandanti. A coloro che un giorno decisero che questa brava giornalista cominciava a dare troppo fastidio. A quelli che decretarono che doveva morire. Va detto che, a quanto ci risulta, in Russia c’è un colpevole silenzio intorno a tale crimine. Ma fuori dai confini si parla molto di questa vicenda emblematica, che non può certo lasciare indifferente chiunque si occupi di informazione in senso lato. Alla Politkovskaja, ad esempio, Roberto Saviano ha dedicato un significativo capitolo del libro “La bellezza e l’inferno” (Mondadori). Un capitolo dal titolo monco: “Chi scrive, muore”. Sarebbe stato più giusto chiamarlo “Chi scrive la verità, viene ucciso”. Andrea Riscassi (Rai) ha invece deciso di tenere alta l’attenzione su questo caso in un modo originale, cioè attraverso l’arte teatrale. I giorni 6, 7 e 8 ottobre, infatti, il teatro Borgo di Milano ospiterà l’opera di Riscassi “El’sa K.”, che racconta la storia vera di una giovane cecena, El’sa Kungaeva, che fu rapita, violentata e infine ammazzata da alcuni soldati russi, come riportato proprio dai puntuali articoli della Politkovskaja. In scena andranno Sara Urban e Paola Vincenzi. La voce narrante sarà quella di Fabio Paroni, per la direzione di Alessia Gennari. Il testo si propone di riportare all’attenzione della pubblica opinione i crimini che hanno quale sfondo il conflitto russo-ceceno, anche attraverso la lettura di brani dei reportage della cronista scomparsa il 7 ottobre del 2006, nell’androne del palazzo dove abitava col cane Van Gogh, dopo la separazione dal marito, al numero 8 della Lesnaja Ulitsa, freddata dai colpi di una pistola Izh silenziata sparati al petto da distanza ravvicinata.

    Gran parte del suo stipendio le serviva per pagare la difesa legale avverso le numerose denunce e querele che la colpivano sistematicamente, per indebolirla e demotivarla. Ma lei non si lasciava intimidire, perché – sono parole dell’ex marito – “scriveva i suoi articoli per cambiare le cose. Ogni pezzo serviva ad aiutare qualcuno o a contrastare un’ingiustizia”.

    Non dimentichiamola.

    (fer da Reset Italia)

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. Non dimentichiamola.

    Anna Politkovskaja, e chi era costei?

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. zaphod

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    Fondatore

    ...vabbè... il mio pezzo a latinaoggi l'ho mandato...

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. zero71

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    Membro

    Il Seminatore a piazza Buozzi

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. Si fa presto a dire futurista

    L'aggettivo più utilizzato negli ultimi 2 anni. Ma non staremo esagerando?

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. zaphod

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    Fondatore

    Aggiornamento sulla questione nucleare.
    Pare che la Sogin abbia illustrato proprio ieri alla conferenza dei capigruppo del Comune di Latina le tappe di smantellamento della Centrale e che abbia confermato che a Latina verrà fatto solo il deposito temporaneo e non quello nazionale. Sul giornale la notizia più eclatante è che fra 10 anni la centrale verrà abbassata da 50 a 30 metri. Considerando che è stata spenta nel 1986 direi che lo smantellamento della centrale diventerà una impresa epica come la Salerno-Reggio Calabria. Del Cirene non si fa menzione, ma magari viene dato per scontato che lo buttano giù.
    Vediamo se riusciamo a dare un'occhiata più approfondita a quello che la Sogin ha spiegato ieri...

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. lulla

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    Membro

    Non ha a che fare propriamente con il discorso sullo stoccaggio delle scorie e resti nucleari, ma sull'archeologia industriale, un poco sì e soprattutto con la difesa del territorio territorio e l'architettura.
    Carlo Truppi- In difesa del paesaggio - Per una politica della bellezza- 2011 Electa.
    Poi, magari anche
    Luigi Zoja - Giustizia e bellezza. 2007 Bollati e Boringhieri

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. La vicenda di Barletta e la rabbia delle donne

    “Attenzione, i meridionali a volte lavorano in condizioni bestiali. A Barletta quelle giovani donne lavoravano in nero per 3,95 euro l’ora. E’ lo specchio di un’economia arretrata, fragile, di un’Italia che fatica e produce come può”. Lo ha detto oggi Giorgio Napolitano, parlando a Biella.

    Già, Barletta. Poi dicono che la gente del sud non ha voglia di lavorare o che si affida alla Mafia per campare, come se davvero metà del Paese fosse simile a bestseller senza mezze misure, che finiscono per raccontare solo metà della luna, non rendendo giustizia ai lavoratori che lottano ogni giorno con le unghie e con i denti per cercare di costruirsi un oggi, se non proprio un domani…

    LA PAROLA ALLE DONNE - Abbiamo ricevuto da Simona Trabucco un Comunicato da “UDI nazionale” che vi riportiamo integralmente, al fine di introdurre utili spunti di riflessione:

    Operaie morte a Barletta: un comunicato non basta

    “Se ci guardiamo indietro, se ripensiamo alle battaglie dell’UDI e del movimento di emancipazione, vediamo quanto coraggio, quanto pensiero politico abbiamo speso per definire nel tempo i diritti e i doveri della lavoratrice e della lavoratrice madre.

    Ci chiediamo che fine abbiano fatto quelle leggi e quelle regole per le quali abbiamo lottato per tanti anni, per combattere il lavoro nero, lo sfruttamento del lavoro a domicilio, il caporalato.

    E mentre ci apprestiamo ad una Anteprima Congresso tutta dedicata al lavoro nella convinzione che le donne sono cambiate ed è cambiato il lavoro, la tragedia di Barletta ci restituisce una realtà che annienta. Realtà che accomuna donne italiane, del Sud e tante immigrate. Come immaginare un orizzonte altro, se la politica è miope e vive alla giornata?

    Come possiamo pensare di cambiare e ammodernare un paese quando prevale l’illegalità? Oggi il problema non è più conquistare questa o quella legge, il problema è avere una classe dirigente responsabile e all’altezza dei suoi compiti.

    Noi lavoreremo per questo. Cercheremo il confronto e lo scambio con le altre donne. Ci mobiliteremo con la sapienza e l’intelligenza politica che deriva dalla nostra lunga storia per sollecitare le azioni politiche opportune.

    Noi non ci sostituiamo ai partiti, ma possiamo ricordare loro che costituiamo più della metà dell’elettorato e che devono fare i conti con le istanze - così dicevamo una volta - delle donne.

    A breve faremo sapere l’iniziativa politica che intendiamo avviare a Barletta in concomitanza dell’Anteprima del nostro XV Congresso che si terrà a Bologna il 15 ottobre e che, non a caso, si chiama: LIBERE DI LAVORARE”

    L’URGENZA DI NUOVE ELEZIONI - Le donne italiane, insomma, non possono certo restare indifferenti a quanto accaduto, a queste vite umiliate e offese, violentate dall’indifferenza di chi nulla fece per prevenire il crollo della palazzina, a una vicenda di gravità inaudita per la quale la stampa ha speso tutti gli aggettivi possibili. Il tutto mentre mister Silvio Berlusconi dispensa battute da osteria in Parlamento, dicendo che la gente vorrebbe ribattezzare il PdL “Forza Gnocca”. Battute che farebbero ridere, se non facessero piangere.

    Per la legge del contrappasso è auspicabile che a questo punto siano proprio le donne elettrici a dare la spallata definitiva a un governo che si sta mostrando sostanzialmente impotente, perfino quando si tratta di fronteggiare problemi primari come impegnarsi, di concerto coi sindacati, perché i lavoratori e le lavoratrici siano messi nelle condizioni di essere prestatori d’opera e non schiavi del terzo millennio costretti a vendersi per pochi Euro, nemmeno fossero prostitute.

    L’augurio è che una nuova classe dirigente possa resettare questo triste e inutile ventennio e tentare di ricostruire qualcosa di buono sulle macerie lasciate da una generazione di amministratori che, nel tempo, ha dimostrato di non meritare i voti presi grazie ai soliti proclami all’insegna del “Promettere con costa nulla”. Perché di fronte a fatti come la morte delle operaie sfruttate di Barletta viene davvero da pensare che stiamo diventando un Paese da terzo mondo.

    (fer da Reset Italia)

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. A.

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    Moderatore

    sei un genio!
    ps. a proposito, ti dico qui che il tuo commento su Jobs devi ampliarlo farci un pezzo e metterlo in bacheca.

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. zaphod

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    Fondatore

    Sul numero di Latina oggi in questo momento in edicola - accanto alla lettera del Fer sulla statua del Seminatore davanti al Tribunale - c'è anche il mio pezzo sulla questione Cirene. Giornata Anonima per la città... evidentemente.

    Pubblicato 13 anni fa #
  16. grandi!

    Pubblicato 13 anni fa #
  17. (Pag. 11)

    Pubblicato 13 anni fa #
  18. zero71

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    Membro

    indignati?

    Pubblicato 13 anni fa #
  19. Su Il Fondo Magazine di Miro Renzaglia:

    Io, se fossi italiano com’i’ sono e fui… m’incazzerei

    Pubblicato 13 anni fa #
  20. Marcovaldo, di Italo Calvino

    Non v’è dubbio che ogni libro di Italo Calvino abbia rappresentato un vero e proprio evento culturale tout court, non solo in Italia. L’uomo, l’intellettuale, l’artista godeva della stima dei colleghi e sapeva conquistare, coi fatti, con la coerenza, la considerazione di un pubblico di lettori sempre più ampio, peraltro aumentato post mortem, come sovente accade.
    La letteratura è per sua natura postuma, dato che parla soprattutto a chi verrà, per raccontare sapori, saperi e sudori di uomini che faticosamente attraversarono un periodo storico-politico dato, sopportando il peso di una tremenda condanna: quella di svolgere al meglio il mestiere di vivere (cit. Pavese) e pure di scrivere cercando, ed è sempre più difficile, di salvare il salvabile.
    Rileggendo una storia per ragazzi come “Marcovaldo”, però, viene il dubbio che si sia un po’ sopravvalutato questo pur bravissimo autore italiano, che ha il difetto di essersi imposto un limite invalicabile, cioè quello di una poco credibile innocenza espressiva, ad esempio nel (non) raccontare gli incontri amorosi…
    Calvino è stato comunque uno “vero”. Lavorando per la casa editrice Einaudi, leggeva con attenzione tutti i manoscritti che arrivavano, con imparziale interesse, accettandoli o rifiutandoli solo dopo avere spiegato dettagliatamente i motivi (questo suo impegno è testimoniato dal volume “I libri degli altri”). E uno così puoi solo rispettarlo. Nondimeno mantengo talune perplessità in ordine alla scelta di puntare con decisione sull’evocazione fantastica a tutti i costi, raramente sondando le infinite possibilità offerte dall’esplorazione del mondo reale che pure, almeno dal punto di vista giornalistico, doveva interessarlo e stimolarlo non poco.
    Mi sono divertito a raccogliere qualche opinione su “Marcovaldo”, manovale non qualificato presso la ditta Sbav o, più semplicemente, classico uomo di fatica nel quale la maggior parte di noi può riconoscersi, ma anche padre di sei figli da sfamare, una sorta di Metello (famoso personaggio di Pratolini) in versione ben più lieve e comica: “E’ un un romanzo perfetto per gli studenti delle scuole medie. Ben scritto, fa riflettere anche il lettore più giovane.” commenta Francesca Lulleri, autrice che vanta alcuni racconti usciti nelle antologie di Perrone Editore. “Lo faccio spesso ascoltare ai miei alunni, attraverso l'audiolibro di Paolini. Piace, diverte, ma lascia l'amaro in bocca. C'è una forte denuncia della società industriale, che ci costringe ad estasiarci per i funghi spuntati nelle aiuole... e gli ultimi di questa società rimangono ultimi, senza possibilità di riscatto…” spiega Serena Mugnai, insegnante. “Calvino è un Maestro e Marcovaldo uno dei pochi adulti che ha il dono di avere conservato un cuore puro e occhi di bambino.” dice Maria Sinnona, insegnante.
    Sulla proverbiale maestria stilistica calviniana penso possiamo trovarci tutti d’accordo.
    Pochi, oggi, saprebbero riprodurre la sua tipica scrittura geometrica, supermeditata, zeppa di riferimenti pignoli ad alberi e animali: una sorta di ossessione per questo autore che, giova ricordarlo, era figlio di un noto agronomo. Eppure, a ben guardare, Italo Calvino avrebbe potuto dare ancora qualcosa, osare di più, trovare il coraggio di oltrepassare il confine del proibito, che ha sempre aggiunto sale e sostanza alle opere d’arte. Ma questa, naturalmente, è solo una mia personalissima opinione, che farà drizzare i capelli in testa a qualcuno…
    Per conoscere meglio Calvino, vi suggerisco la visione di questo video:

    Get the Video Plugins

    Da notare la faccia dell'intervistatore, fa tajà.

    Pubblicato 13 anni fa #
  21. Scusa Fernà, ma per conoscere Calvino, come qualsiasi altro autore, non sarebbe meglio leggere i suoi libri?

    Pubblicato 13 anni fa #
  22. Abbastanza ovvio.

    Pubblicato 13 anni fa #
  23. zero71

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    Membro

  24. zanoni

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    Un eucalyptus a Istanbul (grazie a Lulla)

    Pubblicato 13 anni fa #
  25. lulla

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    L'ho scritto a primavera per Paesaggio Critico. A voi per il 4 novembre. Il mio modo di festeggiare i morti e i vivi.

    UN GIARDINO PLANETARIO

    A Roma le rose più belle fioriscono a fine Aprile. C’è un giardino pubblico che le ha più belle di tutti e non è il Roseto Comunale sull’Aventino e neppure quello di Colle Oppio disegnato negli anni 30 da De Vico. E’ un giardino sacro e magico, pieno di silenzio, di storia e di storie, di morti e di vita… quanta vita scorre al Verano!
    Lunedì di Pasqua, invece di andarmene fuori porta, sono andata a passeggiare tra le tombe del Cimitero Monumentale di Roma. Non ho cari estinti in questo luogo, sono entrata per una camminata, attratta paganamente dai ciuffi di Centranthus ruber che spuntano sulle mura di Via Tiburtina. Ho varcato l’ingresso del Piazzale delle Crociate e mi sono messa a costeggiare il muro sulla destra. Grandi vasi di un’azioacea rossa: ”Vabbè!” ho detto, ma poi, quando sono incominciati i colombai, ho visto tutte queste erbe spontanee che si sono infilate nei vecchi sepolcri murari con una grazia che l’uomo non riesce ad avere. Il centranthus (falsa valeriana) è ovunque, in tutte le sue sfumature tra il rosso cupo e il bianco. Uno bianco è spuntato nell’angolino della sepoltura di un bambino, accanto al vaso di fiori di plastica ormai ingrigita dal tempo. Bocche di leone, piccoli capelvenere, edere, parietarie, sedum caduti da non si sa dove e installati graziosamente nelle fioriere, un cespo di artemisia nata nella fessura di una pietra…così bella! L’Artemisia è l’erba delle donne dice De Brosse nel suo libro “La magia delle piante”, quella che le aiuta a transitare nei cambiamenti difficili della loro vita. Anche qui, evidentemente.
    Marciando verso San Lorenzo, la vista si apre ed io mi sono trovata improvvisamente nel trionfo di un giardino. Cipressi, pini secolari (li avrà fatti piantare all’inizio del 1800 l’architetto Valadier?), bossi, palme, pitosfori ridondanti e profumati ovunque. Due Cicas mi hanno dimostrato come sanno essere belle se l’uomo non spoglia il loro tronco delle centinaia di virgulti-figliolini che lo ricoprono come un vestito. Altrettanto mi hanno insegnato le palme, che qui mantengono tutte le loro fronde secche e formano dei globi verdi e avana; solo tre ne ho trovate ammalate e questo significa che il rincoforo ha una certa difficoltà a colpire dove i tronchi non portano le ferite della potatura.
    Ma perché l’uomo non impara dalla natura?
    Un tripudio di statue di foggia ottocentesca, cappelle gotiche, fregi, fiori veri, fiori di plastica, fiori di marmo, fiori di ferro. Mi colpiscono le tombe composte di blocchi di granito a ricordare le antiche sepolture ebraiche e nel granito sono scolpite piante d’acanto, rosette di verbasco e tralci d’edera, mentre nelle crepe spuntano prepotentemente vivi giovani fichi, agavi, piccole palme e qualche gatto curioso. In certi punti la vegetazione è così fitta che ti sembra di essere ad Angkor…
    E sopra a tutto, le rose. Migliaia di rose di tutti i colori, lasciate crescere su lunghi tralci appena scomposti dalla brezza. Molte di loro sono botaniche. Perché? Perché erano i portainnesti di altre rose, quelle che andavano negli anni ‘60 e ‘70, grandi come padelle, vistosamente colorate, spesso senza profumo, con le corolle appese in cima ai lunghi gambi rigidi, facilmente attaccate da malattie fungine. Morte le usurpatrici, così artefatte e fragili, in questo luogo santo le rose schiave non hanno trovato più nessun ostacolo a riprendere in mano la propria vita. Sono le R. Banksiae, sempreverdi con candidi fiorellini, le R. indica major, doppie, rosa sfumato, la Gloire de Rosomanes, vecchia varietà creata nel 1815 dal francese Vibert, a fiori cremisi, semidoppi, odorosi, le R. canina, le R. multiflora, semplici, bianche con stami d’oro e tante altre che non posso nominarvi perché la mia attribuzione potrebbe essere errata. Tra gli ibridi sopravvissuti ho riconosciuto solo Laure Davoust, Chinensis mutabilis, Général Schablikine, Alberic Barbier, Cocktail, Soraya, Monique, Crimson Glory, Banksia lutea e qualche altra. Le altre chi sono? Ritornerò con qualche amico rodologo a caccia di vecchie rose non più coltivate.
    La più bella di tutte è senz’altro “Bouquet d’or”, una noisettiana gialla creata in Francia nel 1872 da Ducher. E’ un cespuglio enorme, completamente coperto di queste rose con i petali quasi trasparenti di un giallo sfumato di salmone, e la signora di marmo, bianca come un angelo di Previati, che vive eternamente inginocchiata tra i suoi rami, tuffa il viso sconsolato tra i fiori.
    Le piante sanno qual è il posto giusto per loro. Nella tomba accanto alla bianca signora, c’è un gruppo marmoreo: tre donne borghesi di mezza età sobriamente vestite alla moda di fine ’800, circondano con aria protettiva e ammirata un corpulento Lui, con i suoi bei baffi a manubrio, comodamente seduto su una poltroncina con i braccioli. Tra le mani ha un libro. Leggo sotto che le donne sono le sue sorelle e mi viene la mosca al naso. Qui niente rose, ne andrebbe il maschio orgoglio, ma, in una fessura della pietra, proprio davanti all’uomo, è spuntata una pianta di Phytolacca americana, impettita, quasi di un turgore fallico, come il tronco della palma morta alle sue spalle. Ma non vorrei infierire…
    Più in là c’è Lena, la bellissima bambina di marmo. Ha dei graziosi abiti che le coprono le ginocchia, le scarpe di tenero capretto e i calzettoni ricamati leggermente scesi. Tiene tra le mani i lembi del grembiulino ricolmo di fiori e di aghi di pino. Alle sue spalle lo scultore ha fatto salire tralci di rose che si appoggiano alle sue vesti. Come Dafne? In compenso, qualcuno le ha piantato davanti una rosa vera, bruttissima e tutta ammuffita.
    Dovrei continuare con il Pincetto, dove le tombe sono tutte d’alto bordo e fin i gatti che vi circolano hanno il pelo lungo, e con il Cimitero ebraico… lì al muro ci sono lapidi vecchissime. Una sepoltura mi ha commossa particolarmente: una specie di elegante bagnarola di marmo contiene un mare in tempesta e nel mezzo una piccola arca di Noè, semplice come il gioco di un bambino.

    Una prece per le piante del Verano:” Che le forbici dei giardinieri siano lievi su di voi…”

    Pubblicato 13 anni fa #
  26. SCa

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    Grazie, lulla.

    Pubblicato 13 anni fa #
  27. la lavandaia

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    In questi ultimi periodi la crisi è palese, non solo la si percepisce ma la si sente a pelle. Sulla nostra pelle. Non esiste settore che non sia stato toccato dall’economia ormai in fase calante. Fabbriche sull’orlo della chiusura, forza lavoro in crisi. Il terziario lancia l’allarme, il precariato cresce. Crollano i ponti e non soltanto dell’economia europea, ovunque disastri anche ambientali. In questo scenario si sviluppa e cresce il baratto.

    No, non siamo nel medioevo e questa non è una landa desolata: è l’Italia. Baratto distratto sei tu che mi hai sedotto, cantava Renato Zero nel 1979 testo più che mai attuale. Tutti, almeno una volta nella vita, siamo stati sedotti dal baratto. Tutti almeno una volta nella vita abbiamo scambiato le figurine panini e le sorprese dell’ovetto Kinder.

    Beni e servizi in cambio di altri beni e servizi senza moneta. Senza denaro, senza banche, senza economia, senza padroni. Tutti liberi di scambiare lecitamente ciò che riteniamo opportuno. Cicorietta in cambio di uova. Sì! È questo il baratto che abbiamo letto nei libri di scuola. Un agnello in cambio di una fisarmonica, come abbiamo visto nel film Padre Padrone dei fratelli Taviani. Realtà ormai lontane, eppure così vicine ed attuali.

    Negli anni ci siamo abituati alla Banca del Tempo dove ogni socio mette a disposizione dell’intera comunità di “banchieri temporali” le proprie competenze. La sarta mette a disposizione qualche ora del suo tempo, la casalinga insegna a cucinare le torte di mele, il giardiniere cura il giardino. Così le esperienze vengono scambiate, barattate con quello che più necessita.

    In effetti non trovo nulla di nuovo sotto questo cielo, è tutto un dèjà vu. Ed in questa pellicola riavvolta ci siamo abituati anche ai G.A.S “Gruppi di acquisto solidale”. Quasi ogni città, della nostra “libera” Repubblica, consta di almeno un gruppo di acquisto solidale.

    «Gruppi che senza scopo di lucro si sono costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi, senza applicazione di alcun ricarico, ma con mere finalità etiche e di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale». Così recita l’art. 5 comma 47bis dell’Emendamento alla Legge finanziaria, approvato lo scorso 5 novembre in Commissione su proposta della Senatrice Loredana De Petris – capogruppo dei Verdi in Commissione agricoltura- .

    Sostanzialmente questo Emendamento chiarisce il ruolo dei G.A.S in merito agli aspetti fiscali, ovvero vi è l’esenzione dal regime I.V.A e dall’imposta sul reddito per le attività di acquisto collettivo e pertanto l’attività che i soci svolgono è da considerarsi NON COMMERCIALE. Il testo è in attesa di approvazione definitiva da parte del Parlamento.

    Un passo avanti è stato fatto in questo jungla di spread e indici di investimento economico. Si torna indietro per andare avanti? O forse sarebbe il caso di dire che non abbiamo inventato nulla di nuovo. Tutto esiste già.

    Ci siamo adattati allo scambio anche dei voti in Parlamento, ci siamo abituati alla zuppa di cipolle in cambio di un ricamo della nonna, ma ancora non ci siamo assuefatti al baratto della vacanza. Il baratto nel settore turistico è per molti una novità, ma ho appreso in questi ultimi giorni che “La settimana del baratto nei B&B” è ormai alla terza edizione.

    Oltre 300 B&B sparsi su tutto il territorio nazionale, isole comprese, mettono a disposizione le loro strutture ricettive a chiunque abbia voglia di fare una vacanza gratis. Senza pagare, senza moneta, senza dinero. Si offre ospitalità in cambio di beni e servizi all’interno della struttura. Le richieste sono tante e vanno dalla manutenzione, al giardinaggio, al ricamo, alla cura della casa.

    Una settimana in un B&B confortevole in pieno centro barattato con un quadro; un fine settimana in piena campagna senese in cambio della cura del giardino e della pulizia della struttura.

    Ottima iniziativa, direi, se non fosse che probabilmente ci troviamo di fronte ad un caso di evasione fiscale. L’artigiano che offre la propria opera non viene retribuito in moneta . Non ci sono ricevute fiscali e fatture. Il titolare della struttura che ospita l’artigiano non dichiara al fisco assolutamente nulla, però deve comunque comunicare alle Forze dell’Ordine la presenza degli ospiti così come è previsto dalla legge.

    E non finisce qui. Il titolare deve inviare i dati statistici dell’ospitalità all’EBNT – Ente Bilaterale Nazionale del Turismo – che provvede ogni semestre all’analisi ed alla diffusione attraverso il Dipartimento del Turismo. Percentuali di presenze, per così dire turistiche, che aumentano nonostante la crisi.

    Quindi la crisi non esiste? I B&B sono pieni alla stregua dei ristoranti? In apparenza è così, ma è evidente che i dati vengono falsati con questo giochetto della finta fratellanza e del baratto “equo e solidale”.

    La materia è vasta e i labirinti delle normative possono indurre in errore, quindi trovo necessario fare un distinguo tra l’attività ricettiva esercitata in forma occasionale e quella svolta in forma imprenditoriale. Tutti i B&B che esercitano la loro attività consistente nella ospitalità in forma occasionale e non continuativa godono dell’esenzione I.V.A.

    Al contrario nelle strutture dove si esercita attività imprenditoriale costante e continuativa, l’imprenditore possessore di partita Iva, rimane con l’attuale regime fiscale dell’imposta sul valore aggiunto e pertanto dovrebbe essere sottoposto a normali e formali controlli tributari e finanziari.

    Inoltre gli esercenti che utilizzano il Web hanno l’obbligo, secondo il DPR 404/2001, di indicare nella homepage i riferimenti della P. Iva al fine di non incorrere in possibili sanzioni. Attori principali del controllo: l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza.

    Per correttezza d’informazione mi sono documentata sul portale de “Settimana del Baratto 2011”. Ho spulciato tra le varie sezione e sottosezioni della pagina web ed ho notato che parecchie strutture – oltre 300 – attuano il baratto tutto l’anno, quindi non soltanto in occasione dell’evento. E di queste, molte non hanno nemmeno la partita iva sebbene svolgono attività continuativa.

    A questo punto mi sorge una domanda: ma i “controllori” non si accorgono di nulla? Certo, potranno sempre dire che il Web non è luogo per tutti. E’ vero! Però i Tg nazionali, ed ancor più i telegiornali del servizio pubblico, sono seguiti. Ed è stato proprio un servizio, mandato in onda qualche giorno fa al tg2, che ha acceso il led del mio neurone.

    Mi era sembrato oltre che strano anche imbarazzante che un tg nazionale mandasse in onda un servizio della durata di ben 9 minuti sulla “settimana del baratto”. Esercenti intervistati con naturalezza nei loro lussuosi B&B. Un chiaro esempio di marketing pubblicitario.

    Già! A costo zero, ma sottoforma di informazione, si faceva pubblicità alla struttura. Una pubblicità che dura tutto l’anno , rigorosamente esentasse. Il baratto post-moderno: moneta sostituita o moneta evasa? Lascio a voi la risposta.

    ( articolo pubblicato su Il Fondo magazine di Miro Renzaglia)

    Pubblicato 13 anni fa #
  28. zero71

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    Membro

    Raccontami una storia. Propedeutica dell'Unità. /2

    Con la certezza che non è salutando Berlusconi che risolveremo i problemi italiani. (Oddio, è un buon inizio...)

    Pubblicato 13 anni fa #
  29. zero71

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    Membro


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