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COSA HO SCRITTO OGGI

(768 articoli)
  1. zanoni

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    Ci sto a prende gusto anche io: appena inviato a Latina Oggi (preferisco mandarlo solo a loro, in caso non lo pubblichino passo agli altri). Pensavo: ma perche' non facciamo un bel blog fasciocomunista in cui raccogliere articoli, riflessioni, commenti e quant'altro (proposte serie, fregnacce escluse) nell'anno che ci separa dalle elezioni? Su tutti i temi, ovviamente. Torquema', tu che ne dici?

    Latina – Fondazione Palazzo della Cultura
    Giuseppe Mancini, 30 maggio 2010

    Evviva il commissario Nardone! Con ardita e fulminea decisione ha cancellato, d'un sol tratto, uno dei simboli più sfacciati della costosa incapacità dell'amministrazione Zaccheo: il carrozzone chiamato Fondazione Palazzo della Cultura. Nardone ha avuto coraggio. Perché avrebbe potuto provare a tappare i buchi – anche se troppi ce n'erano – e riservare la decisione finale al sindaco che verrà. Ha invece agito per il bene della città, consegnando alla storia e alle critiche di questi giorni – impietose ma tutte meritate – un progetto folle fin dalla nascita: una fondazione di partecipazione con un solo partecipante (il Comune di Latina), per di più invasa dalla politica.

    Un ente in cui infatti abbondavano i posti da spartirsi, tra consiglio d'amministrazione e consiglio dei fondatori – al plurale, anche se il fondatore era solo uno. Ma prima di imbarcarsi in quest'avventura, un amministratore dotato di un minimo di buon senso non avrebbe dovuto assicurarsi la presenza di altri soggetti? Provincia, Regione, privati. Perché è a questo che servono le fondazioni di partecipazione: a facilitare una gestione virtuosa attraverso la collaborazione di enti pubblici e privati, coinvolti a pieno titolo e non solo come sponsor da qualche migliaio di euro. Invece no, avanti tutta. A testa bassa. Senza partecipanti, con molte poltrone. Poltrone che, soprattutto, sono state con poche eccezioni assegnate a politici e politicanti, in base a criteri lottizzanti. Perché se l'ottica fosse stata diversa, se ruoli e incarichi fossero stati decisi in base alle competenze culturali e non a logiche di partito, chi mai avrebbe fatto guidare la Fondazione al Galardo di turno? Non aveva abbastanza da fare Galardo, tra professione medica, assessorati e vicepresidenza? E c'è qualcuno che può indicare una sola idea di rilevanza culturale da lui partorita? Per non parlare del Pd: critico oppositore di facciata, che quando ha avuto modo di designare un consigliere d'amministrazione ha pensato bene di optare non per un uomo di cultura – non mancherebbero, senza far nomi – ma per un impiegato di banca. Tutti uguali, ugualmente rapaci.

    Eppure Barbareschi qualcosa di buono l'ha fatto: cartelloni di livello assoluto, uno spettacolo prodotto (“Il sogno del Principe di Salina”, non eccelso ma comunque programmato in tutti i migliori teatri italiani), qualche dibattito culturale di alto profilo, insieme alla danza e al teatro amatoriale. I costi si sono però rivelati al di fuori della portata del solo Comune, i soci e i soldi che il sindaco avrebbe promesso non si sono mai materializzati. La lite furiosa con Barbareschi ha allora offerto una via d'uscita su un piatto d'argento: ripensare tutto, ricominciare da capo, ricostruire in un'ottica diversa. E invece no, avanti tutta. A testa bassa. Con una scelta particolarmente infelice, Maurizio Costanzo: che a Latina ha dedicato una fugace comparsata e nient'altro, che i costi li ha fatti aumentare, che ha imposto gli spettacoli da lui controllati (“Amici” della moglie inclusi), che non ha prodotto un bel niente, che ha piazzato una sua collaboratrice a far promozione.

    Faccia allora di più, commissario Nardone. Renda pubblici e ben visibili i compensi percepiti, in questi anni, da amministratori, fondatori, dirigenti, addetti stampa e imbucati vari: così conosceremo non solo chi i debiti li ha fatti ma anche chi ne ha beneficiato. Anzi, faccia ancora di più, commissario Nardone. Dopo la Fondazione cancelli qualcos'altro, qualche altro scempio: con la penna o anche con le ruspe. Indìca una pubblica assemblea, i cittadini potrebbero fornirle qualche utile suggerimento. Comincio io: l'Infopoint di Latina scalo, meglio noto come Tieropoint dal nome del suo supponente ideatore. Un monumento allo sperpero di denaro pubblico: perfettamente inutile e perennemente vuoto, destinato a turisti che non ci sono e che a Latina avrebbero poco o nulla da fare (è rimasto negli annali il concerto a Sabotino, voluto dallo stesso Tiero, con un solo distratto spettatore). Un orrido acquario di vetro e cemento che deturpa la stazione di Angiolo Mazzoni, monumento autentico. Uno schiaffo al contribuente, alla cultura, al buon gusto, al buon senso, alla dignità di una città intera. Ma basterebbero una ruspa e qualche camion, per spazzarlo via. Ci pensi, commissario Nardone: Latina sarebbe tutta con lei.

    Pubblicato 14 anni fa #
  2. rindindin

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    Ci sto a prende gusto anche io: appena inviato a Latina Oggi (preferisco mandarlo solo a loro, in caso non lo pubblichino passo agli altri). Pensavo: ma perche' non facciamo un bel blog fasciocomunista in cui raccogliere articoli, riflessioni, commenti e quant'altro (proposte serie, fregnacce escluse) nell'anno che ci separa dalle elezioni?

    aspetta che la risposta ce l'ho sulla punta della lingua...

    Pubblicato 14 anni fa #
  3. k

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    Oggi ho scritto questo e l'ho mandato ai giornali locali.

    BECCAMORTI, NEXANS E NUCLEARE
    (a.p. - 6 giugno 2010)

    Io adesso non lo so se sia vero o meno che i lavoratori della Nexans di Latina (ex Fulgorcavi) abbiano menato i loro dirigenti aziendali. Se è vero – e a parte il fatto che magari quei dirigenti se lo fossero pure meritato – è un fatto che va severamente condannato: in primo luogo perché sennò mi denunciano anche a me per apologia di reato, e in secondo luogo perché i primi da menare, eventualmente, erano i politici di Latina, soprattutto i consiglieri “dimissionari” che con la loro furbizia che manco il callido Ulisse (penso soprattutto a quelli di sinistra) hanno di fatto privato i lavoratori della Nexans anche d’uno straccio di sindaco che ne potesse a pieno titolo assumere le difese e la rappresentanza. Mo’ da chi vai: dal commissario? Dal commissario di pubblica sicurezza ti manderei io.
    Ma non è tutto. Questo intero ceto politico-sindacal-imprenditoriale che ci è capitato in sorte, come si sta movendo sulla crisi Nexans? Si sta movendo come tutte le altre volte – in tutti questi anni – in cui una ad una si sono sgranate le decine e decine di altre fabbriche che pure avevamo. Si sono sempre mossi da becchini d’antan che – registrato il decesso – si limitavano a seppellire i morti, consolare in qualche modo i feriti e spartirsi le spoglie dei defunti. E così pure per la Nexans adesso già si sente il coro di chi pensa a dividere o scorporare lo stabilimento – “In questo capannone ci possiamo fare questo, in questo ci faremo quest’altro” – o a chiedere a Nexans un obolo in più per la liquidazione o per ricollocare i lavoratori (“A te ci penso io, a quell’altro ci pensa il sindacato suo”) o addirittura a fare di tutto il sito una centrale di compostaggio, un bel deposito per la monnezza. Tu pensa che geni. Per loro la Nexans è già chiusa e stanno solo pensando a come mettere un po’ di vaselina ai lavoratori.
    Ce ne fosse uno che giochi all’offensiva e che dica: “No, la Nexans non si chiude perché il suo pane può ancora guadagnarselo benissimo facendo cavi. Anzi, deve reinvestire e mettere macchine nuove e fare nuove assunzioni, perché se a Latina tu devi rifare la nuova centrale nucleare, è giusto che a Latina tu faccia pure i cavi elettrici per trasportare la corrente. Perché li devi andare fare in Germania o a Battipaglia?” (per inciso, il management di Nexans Italia – quello che ha deciso di chiudere Latina e trasferire ogni cosa a Battipaglia – è tutto casualmente d’area campana. Poi dice perché quelli di Latina gli hanno menato. La centrale però la faranno da noi, mica a Battipaglia).
    Il dramma vero è che anche sulla centrale nucleare il nostro ceto politico-sindacal-imprenditoriale latinese sembra sapersi comportare solo come un ceto di beccamorti. Il nucleare difatti può piacere o non piacere, ma oramai pure i bambini sanno che se vuoi restare un paese sviluppato, tu puoi pure riempire tutte le montagne d’Italia con l’eolico e tutti i campi agricoli con il solare, ma più del 6 o 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale non potrai mai soddisfare. La pietra filosofale, come si sa, non esiste, e tolto l’idroelettrico ed il geotermico (che più di tanto non possono più crescere) l’85 per cento del tuo fabbisogno energetico – che è peraltro destinato ad aumentare – dovrai sempre andarlo a prendere da qualche altra parte: carbone, petrolio, gas o nucleare. Scegli tu. Ed è per questo che ogni volta che sento una povera bestia o un ciarlatano parlare di green economy o di energia pulita, io non posso non pensare che sia pagato dalla lobby dei petrolieri o quanto meno che sia un interista. Quello cià i giocatori da paga’, e solo Moratti e gli amici suoi ci possono guadagnare da un nuovo stop al nucleare. Noi no. Noi cittadini la corrente la pagheremmo di meno.
    Comunque e in ogni caso – piaccia o non piaccia il nucleare – l’Italia ha ufficialmente deciso il ritorno a questa tecnologia. Berlsuconi ha già firmato con Sarkozy. Torneremo al nucleare insieme ai francesi. Dandogli ovviamente dei soldi. E nel nucleare francese – in cui noi adesso andiamo a mettere i soldi – c’è Alcatel, che è guarda caso padrona di Nexans. A Latina però non c’è un solo beccamorto – parlo dei politici ac similia – che si dichiari favorevole o quano meno disponibile al nucleare. Tutti contrari. E tutti giurano e spergiurano che non consentiranno mai al governo o a chicchessia di rifare una nuova centrale nucleare a Latina-Borgo Sabotino: “Manco ai cani!”. E giù gli applausi della gente.
    Eppure sanno bene tutti quanti che se parte davvero il piano nucleare – come partirà poiché deciso, a meno che Moratti non s’inventi una nuclearopoli – la prima centrale te la becchi proprio tu qui a Latina, perché se già cinquant’anni fa l’Eni di Mattei (che era una cosa seria) ti individuò come il sito più adatto e più sicuro di tutta Italia, non si capisce perché adesso la dovrebbero andare a fare da un’altra parte, considerato che qui ci sono già pronti pure tutti gli elettrodotti. No, rivanno a fare da un’altra parte anche le linee dell’alta tensione per far piacere a te? Ma tu sei scemo.
    I nostri beccamorti ovviamente lo sanno benissimo – mica ci vuole per forza uno scrittore, lo capisce pure un ragazzino, appunto – ma che gliene frega a loro? Loro adesso hanno solo paura di quel che gli può dire la gente. E allora raccontano le fregnacce e dicono che non la faranno mai fare. Poi – quando invece si farà – diranno come sempre che gliel’hanno imposta: “E’ colpa del governo centrale, io ero contrario, non la volevo, ma che ci posso fare?”. E noi ce la beccheremo comunque e in ogni caso ai prezzi e alle condizioni che avranno deciso altrove – “Tu eri contrario!” – compresa la chiusura della Nexans. Ecco perché “beccamorti”: perché aspettano solo, per muoversi, di vedere il cadavere ben steso e freddo sulla tavola di marmo.
    Ma muoviti prima, benedett’Iddio! Parla chiaro alla gente, non dire le bugie, di’ la verità anche se sgradevole; ma poi vai a contrattare in anticipo, parti in contropiede, vai al contrattacco: “Vuoi fare la centrale? Va bene, siamo disponibili, eccoci qua: però tu ci devi fare anche il porto, l’aeroporto, ci devi rimettere altre industrie in zona e devi dare la corrente aggratis a tutti i cittadini di Latina. E soprattutto intanto non devi più chiudere la Nexans: va’ a chiudere a Battipaglia, va’ a chiudere dove ti pare, ma qua mi devi mettere altre macchine ed altre linee di produzione, mi devi fare pure nuove assunzioni, devi tornare ai mille dipendenti di quand’era ancora Fulgorcavi”. Questo è un politico che si rispetti, sennò sei beccamorto e basta. Andate a fare i picchetti sotto palazzo Grazioli coi lavoratori della Nexans, legatevi con le catene, fatevi menare dalla celere, ma non venite via da là – Fazzone e Moscardelli in testa – se prima Berlusconi non ha chiamato Sarkozy: “A Sarkozy, ma a che gioco giochiamo? Lo vuoi fare o no sto nucleare insieme a me? E allora di’ ad Alcatel che non stia più a rompere i coglioni alla Nexans di Latina”. Sennò andate a scava’ le tombe al cimitero, ma non vi presentate più alle elezioni.

    [i](a.p. - 6 giugno 2010)

    Pubblicato 14 anni fa #
  4. leon8oo3

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    Qualcuno pensava ad una giornata di vendetta, di maiuscola e roboante vendetta, dove gli scettici avrebbero taciuto, gli amici festeggiato e i nemici avrebbero dovuto chiedere scusa. Invece, la deludente esposizione del perito de Pasquale, vuoi perché “l’impianto di diffusione massiva” non si “presterebbe ad un buon ascolto” e quindi “ci vorrebbero delle cuffie” per capire bene. Vuoi perché “l’originale non è ancora arrivato- come se fosse immaginabile che Striscia consegni nelle mani di chiunque un filmato di loro proprietà, e a che scopo poi?- e quindi non si possono isolare per bene le tracce” la verità di Zaccheo è molto più simile ad un teorema. Certo in sala, molti erano convinti in partenza che il sindaco non avesse pronunciato le “fatali parole” ma nessuno o pochissimi sembravano convinti di ciò che avevano sentito per davvero. Uno si aspetta che gli si faccia una analisi delle singole piste audio, che si faccia un percorso per capire come si è arrivati alla verità e invece, il filmato viene presentato per poco più di tre minuti. Il grande evento evapora in pochi istanti condannando il pubblico presente a quasi due ore di interventi, di recriminazioni, minacce e chiamata- tardiva- alla smobilitazione, il tutto nel caldo soffocante della sala dell’auditorium del liceo Grassi. Altri invece, pensavano ad un funerale, come anche oggi, alcuni notisti si sono divertiti a definirlo. E se di funerale si trattava basterebbero gli ospiti per fare il sunto di una vita politica. Amici di sempre certo, come Salvatore de Monaco che si improvvisa pompiere “noi, pronti a spegnere i fuochi della polemica ma anche a punire i colpevoli”, il neo consigliere regionale Galetto, quello che ha strappato più applausi quando sfidando apertamente Fazzone e gli “undici irresponsabili” che avrebbero portato a questa situazione. Per la verità, di questa congiura degli undici se ne parla molto, e non a caso. Giancarlo Palmieri non è certo uno che le manda a dire. Parla di vigliaccheria anche dell’opposizione e si congratula con “la parte sana della sinistra che è presente qui”. Giancarlo Palmieri, per inciso, ha sempre avuto questa concezione curiosa della democrazia secondo la quale, la parte sana dell’opposizione ascende alla maggioranza. Insomma, se gi danno ragione, ottengono la patnte di snià mentale da Palmieri. E questa “parte sana” e ben rappresentata. C’è Mauro Anzalone, prima di tutto che ha fatto parecchi passaggi da quando, con risultati eccezionali sotto il profilo dei consensi, è atterrato infine tra le braccia di Zaccheo. Si diceva addirittura “incazzato” per la situazione che si è generata. Maurizio Galardo fa una acuta osservazione nei confronti dell’ex presidente del consiglio comunale Calandrini. L’uomo che si era preso la responsabilità di svestire i suoi panni di presidente per convincere sulla buona fede della metropolitana leggera il resto del consiglio con un intervento appassionato quanto irrituale, si è trovato, pochi mesi dopo, dall’altra parte, insieme agli ex azzurri, a condannare quel progetto. Marco Gatto fa il testimone della “astiosità” degli ex azzurri in tutte le sedi e della mancanza di collegialità là dove regnano gli azzurri. Silvestro Messina dell’Mpa fa il discorso forse più sentimentale: “sono rimasto colpito anche dal modo in cui Zaccheo si muove. Sono cose importanti”. Se questo era un funerale, allora gli ospiti, compresi quelli illustri come Italo Bocchino che, per i finiani, ha il grande merito di aver sfidato Berlusconi in campo aperto, ma che oggi è di fatto escluso da qualsiasi tavolo con gli azzurri. Da lui, la più perentoria richiesta di allontanamento di Fazzone dai vertici del Pdl e di commissariamenti. “L’amico di sempre” Moffa ha parole di cordoglio addirittura per coloro che hanno fatto il torto a Zaccheo. Saranno loro a sentire il recupero di Zaccheo in maniera più dolorosa secondo Moffa, mentre Bonfiglio, fa un po’ di confusione equiparando le intercettazioni telefoniche della magistratura, per altro legittime, con le riprese di una telecamera durante un pubblico comizio. Ma se questo era un funerale dicevamo allora si capiscono tante cose, e prima di tutte, forse, la causa delecesso dopo lunga malattia. La perdita di potere. Il Sindaco attacca da par suo, annuncia l’invio di una lettera a Berlusconi e sfida ad un pubblico comizio gli undici "traditori" per settembre. Chissà perché aspettare tanto?. Come altri, fa suonare ottimistiche trombe di lotta e si domanda se ci sia posto per Fazzone nel Pdl. C’è un’altra interpretazione che si può dare all’evento “verità” dell’ex sindaco e cioè, l’ultima mano di una partita giocata senza esclusione di colpi tra i due contendenti. Fino a poco tempo fa, nel pieno del caso Fondi, era Fazzone alle corde, così esausto da apparire come uno che dovesse uscire dal ring in barella con gli amici che gli urlavano di non mollare e in molti che si domandavano cosa facesse ancora lì. E lui, si è inventato una mossa che, certo non è bastata da sola a sgomberare il campo, ma lo ha messo in una luce diversa. Perché se è vero che la calunnia o la presunta tale è un venticello che diventa tempesta, la tecnica da seguire in questi casi appare semplice e per certi versi geniale. Dire cose ancora più improbabili e portarle avanti con fierezza. E così, Fazzone in quel periodo, andò in tutte le sedi ad annunciare che avrebbe denunciato il Prefetto Frattasi, che aveva svolto un minuzioso lavoro d’indagine nel comune di Fondi e nella provincia di Latina, niente di meno che per diffamazione. Lo ha detto perfino ad Annozero, in diretta nazionale. Cosa ne è stato di quella denuncia? Dove sono finiti quei roboanti propositi? Da nessuna parte per ora,intanto, anche grazie alle amicizie illustri, il “chiacchieratissimo Fazzone”- come era stato definito dalla stessa Striscia la Notizia, è passato quasi illeso nella tempesta, pagando, questo sì, un certo prezzo politico e qualche carta bollata forse, per una denucia di forma all mgistratura.Dificle pensare che si arrivi davanti ad un giudice e difficile che uno come Fazzone non lo sappia. Allo stesso modo oggi, la convinzione di Zaccheo appare quanto mai una posa da pokerista navigato. Le carte che sono sul tavolo non sono certo delle migliori, se gli va bene, tra ex socialisti, piddini, ex democristiano redenti e qualche amico di vecchia data, il nostro fa al massimo una doppia coppia scarsa. Ma ha delle carte da giocare. Per esempio il wonder boy di preferenze Galetto, ha un gruppo che da solo fa una classe dirigente ed ha ancora un pubblico. Ecco perché questo, nonostante tutto non sembra un funerale ma una battaglia ancora tutta da giocare. Però, una analogia i due sfidanti per ora c’è l’hanno. Perché se si domanda a Zaccheo se, adesso che almeno lui è sicuro di avere la “smoking gun” l’arma fumante che inchioderebbe Antonio Ricci e i suoi nemici colpevoli secondo lui niente di meno di essere in concorso per taroccare un filmato da esporre alla pubblica piazza di milioni di spettatori, intende portare avanti nelle adeguate sedi ( non le aule dei licei o le piazze, che avete capito?) di giustizia la sua causa la risposta che vi sarà data sarà quanto mai evasiva. “Vedremo, se ci saranno le condizioni, le mie figlie ci penseranno, io ho altro da fare”. Come Fazzone, anche Zaccheo diventa maestro nello smuovere i venti. E il vento si sa, anche se non è tempesta, serve sempre a muovere le foglie, che magari è poca cosa, ma quando stai per cedere e proprio non puo permetterti di perdere, non è roba da poco.

    Pubblicato 14 anni fa #
  5. Io comunque ho ascoltato varie volte il filmato. Zaccheo dice alla Polverini "Ricordati di menatte la fica", non "Ricordati delle mie figlie".

    Pubblicato 14 anni fa #
  6. zanoni

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    Bassoli, adesso me lo devi riportare su tutti i tuoi siti, su tutti i tuoi facebook, su tutte le tue chat: tanto c'e' il mio nome e cognome, tu non rischi niente (e se vuoi, ho anche le prove)!

    Z

    I congiurati di Latina e il Pdl che non c'è
    Un vicenda locale che è specchio fedele di vizi nazionali...
    FareFuturo Web Magazine www.ffwebmagazine.it
    Giuseppe Mancini - 14 giugno 2010

    http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.asp?VisImg=S&Art=6381&Cat=1&I=../immagini/Foto%20A-C/congiurati2_int.jpg&IdTipo=0&TitoloBlocco=La%20Storia&Codi_Cate_Arti=46

    Galeotta fu Striscia. E la notizia di un video che ritraeva, la sera del trionfo elettorale, la neopresidente della Regione Lazio Renata Polverini e l'allora sindaco di Latina Vincenzo Zaccheo. Tra i complimenti e i ringraziamenti, tra i baci e gli abbracci, i conduttori Ficarra e Picone del popolare tg satirico di mezza sera hanno pescato e portato alla ribalta due frasi meno innocue, a suon di didascalie. Entrambe pronunciate da Zaccheo: una confessione di malessere politico la prima, “non appaltare più a Fazzone”; una raccomandazione in piena regola la seconda, “non ti dimenticare delle mie figlie”. L'indomani, il sindaco è stato defenestrato: con la sfiducia depositata dai consiglieri di maggioranza provenienti da Forza Italia e il ruolo determinante delle opposizioni festanti.

    L'attacco politico Zaccheo non l'hai mai disconosciuto: e i rapporti avvelenati tra l'ex aennino e il coordinatore provinciale di Forza Italia prima e del PdL da quando è nato, noto alle cronache nazionali per le infiltrazioni mafiose nel suo feudo elettorale di Fondi nel basso Lazio, noto a Latina e provincia per una gestione proprietaria e clientelare della politica (comprese le raccomandazioni a raffica e su carta intestata quando è stato presidente del Consiglio regionale del Lazio – come certificato da un'inchiesta della magistratura), non sono di certo una novità. Episodi di ostilità anche aperta tra i due – politica e personale – sono di dominio pubblico, hanno riempito i giornali locali per mesi.

    Il familismo amorale, però, Zaccheo l'ha sempre smentito: e l'audio del video di Striscia la notizia, del resto, non è mai sembrato del tutto chiaro. Venerdì scorso, a Latina, col sostegno dei periti e di personalità politiche di primo piano (Bocchino, Moffa, Buonfiglio, De Angelis), Zaccheo ha presentato alla città la sua controverità: “non dimenticarti degli impegni”, avrebbe detto. Niente figlie, niente raccomandazioni. Il video di Striscia è stato forse un agguato, dal mandante non troppo sconosciuto. O forse solo un caso. Ma non è stato quel video, quella frase incriminata, la ragione della crisi: di una crisi strisciante andata invece avanti per mesi, o forse anni. Quel video, quella frase incriminata, sono stati tutt'al più un pretesto per la consumazione di un tradimento già formalizzato qualche giorno prima – con la firma dal notaio – da parte degli ex forzitalioti. Purtroppo la politica a Latina e provincia è questa: intrallazzi, pugnalate, tradimenti, clientele. E ha provocato un disastro amministrativo forse irreversibile che ha relegato la città capologuo nelle ultime posizioni nazionali per qualità della vita e vivacità economica, facendola anche diventare terreno privilegiato d'infiltrazione della malavita mafiosa. Un deserto di opportunità da cui tutti fuggono, non appena trovano la giusta occasione.

    Ha ragione l'onorevole Bocchino ad affermare che «sul piano nazionale non possiamo accettare che continui ad avere incarichi chi, come Claudio Fazzone, distrugge un'amministrazione»; e che «il Pdl diventerà forse un partito serio quando caccerà persone come Fazzone». Perché le alternative sono due: o è Fazzone il regista dell'operazione, quindi va cacciato per aver anteposto le bramosie personali al futuro di una città intera; o non ne sapeva niente, quindi va cacciato per essersi dimostrato del tutto inadeguato a guidare un partito. Un partito che non c'è, che non c'è mai stato: che ha dato buone prove di sé solo nella conquista e nella gestione del consenso elettorale, con percentuali tra le più alte di tuttta Italia. Un partito che, a Latina e in molti altri centri della provincia o nell'amministrazione provinciale, è un'accozzaglia di bande più che un partito (una cosca, l'ha definito il segretario comunale del Pd). Il partito non ha mai elaborato niente: né un'idea, né un progetto, né una visione coerente e raggiungibile del futuro. E come qualcuno prova ad avvicinarsi, a proporre un'inziativa o un cambiamento, trova le porte sbarrate, il filo spinato. È roba loro. Tu voti, loro amministrano. Peraltro malissimo: perché il fallimento del PdL, il fallimento di Fazzone ma anche di Zaccheo, è soprattutto il fallimento di un'intera classe dirigente che si è dimostrata totalmente inadeguata a governare Latina e il suo territorio. Un partito fatto di bande, di comitati d'affari, di famiglie intere, di padri e fratelli, di zii e nipoti, di cugini, di cognati: che si spartiscono coordinamenti, consiliature, assessorati (con ampio ricorso ai doppi o tripli incarichi), persino posti nell'amministrazione attraverso concorsi non del tutto trasparenti.

    E che continuano imperterriti, anche dopo la crisi, a dividersi in correnti e controcorrenti, spesso a conduzione familiare. Che sono stati finora incapaci di avere sulla crisi un confronto aperto gli uni con gli altri, tutti con la cittadinanza. Anzi, gli undici congiurati – con l'appoggio dei vicecoordinatori Bianchi, zio e nipote – hanno avuto la geniale idea di costituirsi in comitato per la stesura del programma di tutto il PdL per le elezioni del 2011: affidando l'incarico anche a quegli assessori che hanno dato prova di spiccate abilità clientelari e di manifesta incapacità. Ne prendo uno a caso, l'assessore al turismo e alla marina Enrico Tiero, amico o nemico a intermittenza di Fazzone (a seconda della convenienza), figlio di Erasmo e fratello di Raimondo: capace di spendere 180mila euro per un'infopoint in muratura – deturpando peraltro la piazza storica della stazione di Angiolo Mazzoni – quasi permanentemente chiuso per mancanza di turisti; che ha individuato nel rifacimento stavolta milionario dei marciapiedi del lungomare (il progetto per fortuna non è stato realizzato) uno strumento privilegiato di sviluppo turistico; che ha fatto organizzare spettacoli musicali a cui ha partecipato un solo spettatore; che ha vinto un concorso da dirigente in Provincia dove è da anni (anche lì) assessore.

    Bocchino ha ragione: nel PdL che vogliamo per Fazzone non c'è posto. Come non dovrebbe essercene per gli undici congiurati. Al loro posto serve un commissario, autorevole e spietato: che oltre a cacciare via gli impresentabili metta in stato di non nuocere gli incapaci. Che soprattutto costruisca il partito: un partito con regole certe, aperto a persone nuove e valide, chiuso agli intrallazzatori di professione, al servizio della cittadinanza e non degli interessi di pochi. Questo è il Pdl che vogliamo, a Latina come altrove.

    Pubblicato 14 anni fa #
  7. zanoni

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    Membro

    Stavolta l'argomento non e' latinocentrico, ma mi sta molto a cuore. E puo' anche valere per il cosa ho letto oggi...

    "Attraversare" le religioni: viaggio nei santuari condivisi
    Giuseppe Mancini
    FareFuturo webmagazine – 24 giugno 2010

    http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.asp?VisImg=S&Art=6531&Cat=1&I=immagini/Foto%20G-K/incensochiesa_int.jpg&IdTipo=0&TitoloBlocco=Fra%20le%20righe&Tipo=&Tag=

    La recente visita di Benedetto XVI a Cipro, durante la quale è stato diffuso il documento preparatorio al Sinodo dei vescovi per il Medio oriente previsto a ottobre, ha richiamato l'attenzione dei mezzi d'informazione sulle precarie sorti dei cristiani d'Oriente. I primi cristiani, appartenenti alle Chiese poi nate dopo gli scismi dei concili di Nicea del 325, di Efeso del 431 e di Calcedonia del 451 (tutti i primi 12 concili vennero celebrati sul territorio dell'attuale Turchia): che oggi – penalizzati da una demografia stentata – sopravvivono a fatica tra nazionalismi ostili, fondamentalismi espansivi e conflitti sanguinosi. Della traballante condizione contemporanea dei melchiti (di rito bizantino), dei copti, dei maroniti, dei siri, degli assiri, dei caldei, si è occupato un decennio fa lo scrittore scozzese William Dalrymple: che è andato a scovarne i superstiti – tra monasteri, chiese, rovine e tombe – sui territori del defunto impero bizantino, dal monte Athos all'Egitto e attraverso la Turchia, la Siria, il Libano, la Palestina. Dalla montagna sacra. Un viaggio all'ombra di Bisanzio (1997) è un diario di viaggio: ma è anche una ricostruzione storica approfondita, un dialogo appassionato, una meditazione triste su un mondo che – pienamente vitale fino a cent'anni orsono – dopo quasi due millenni rischia di scomparire. Un mondo che è diventato l'ombra dello splendore che fu, ma che all'osservatore attento riserva inaspettate sorprese. Come la chiesa e monastero di San Giorgio, sull'isola di Buyukada nel mare di Marmara, proprio di fronte a Istanbul: un santuario condiviso, frequentato senza distinzioni o divisioni da devoti cristiano-ortodossi e musulmani – e non mancano gli armeni e gli ebrei.

    Dalrymple vi ha dedicato una gita di mezza giornata e 3 paginette: ma un libro pubblicato in Francia lo scorso anno, frutto di lunghi periodi di ricerche antropologiche sul campo, rivela i meccanismi che spingono a queste frequentazioni plurali, analizza le forme ibride e contaminate che la devozione assume nei “luoghi santi condivisi”. Un lavoro di alto profilo accademico che, nei saggi che lo compongono, estende la sua analisi delle “religioni attraversate”, degli attraversamenti consapevoli e mutualmente accettati da uno spazio religoso a un altro, alle tre religioni monoteistiche di tutto il bacino del Mediterraneo: dalla Turchia al Libano, dalla Siria al mar Nero, dal Marocco all'Egitto, dalla Macedonia alla Bulgaria, dalla Bosnia all'Albania. In Religions traversées. Lieux saints partagés entre chrétiens, musulmans et juifs en Méditererranée (a cura di Dionigi Albera e Maria Couroucli, Actes Sud, Arles, 2009, pp. 360, € 27) vengono studiati anche quei santuari condivisi che hanno ritrovato la loro piena fruizione dopo il disfacimento del mondo comunista, ricatalizzando energie represse ma non scomparse. I casi di più lunga tradizione appartengono comunque all'Oriente già bizantino. Sono luoghi in cui oggi l'attraversamento si fa quasi sempre in un senso, dal mondo musulmano verso gli spazi cristiani. Ma quest'esclusività è mera funzione dei numeri, della sproporzione demografica tra le due comunità. Un'esclusività che è fenomeno solo recente: perché fino ai primi decenni del secolo scorso, fino agli scambi di popolazione (e al repentino declino anche numerico dei cristiani d'Oriente) che hanno caratterizzato le guerre balcaniche e la fine dell'impero ottomano, la reciprocità era la regola. In un altro fondamentale testo citato e brevemente discusso nelle conclusioni di Religions traversées – Christianity and Islam Under the Sultans di Frederick Hasluck, vera enciclopedia del sincretismo religioso ottomano pubblicata nel 1929 – gli esempi riportati di luoghi santi condivisi frequentati indistintamente da musulmani, cristiani ed ebrei sono infatti centinaia – ma per la maggior parte appartengono ormai al passato.

    Resiste Buyukada, la chiesa di San Giorgio con l'annesso monastero. Luogo privilegiato di devozione della comunità ortodossa dell'isola e dell'intera Istanbul, che negli ultimi decenni – soprattutto il 23 aprile, nel giorno del Santo – attira decine di migliaia di musulmani – soprattutto donne, ma non mancano le famiglie intere – in cerca di una grazia. Ne parlano Dionigi Albera e Benoit Fliche – anch'essi però brevemente – in uno dei saggi più interessanti della raccolta, dedicato alle pratiche devozionali miste nelle chiese di Istanbul: soprattutto in quella di Sant'Antonio da Padova, sulla strada principale dell'Istanbul europea, frequentata da musulmani, da armeni, da ebrei – tutti accolti e ascoltati con entusiasmo dai religiosi cattolici. L'aspetto più interessante del pellegrinaggio del 23 aprile a Buyukada, oltre alle dimensioni prorompenti della folla che si accalca già di buon mattino al di fuori della chiesa, è l'ibridità irrefrenabile delle forme devozionali: con le donne musulmane che si segnano con l'acqua santa, che chiedono la benedizione del pope di turno, che accendono candele colorate (ogni colore corrisponde a una tipologia di grazia), che legano fili di cotone o nastri (sempre colorati) agli arbusti del giardino, che scrivono su un pezzo di carta la loro richiesta (un dilek, un desiderio) poi consegnata all'attenzione di San Giorgio, che tornano l'anno seguente con una scatola di zollette di zucchero da distribuire agli altri pellegrini in caso di grazia ricevuta. Sempre con rispetto, spesso con l'orgoglio di chi tiene in vita un mondo prezioso ma altrove perduto.

    Pubblicato 14 anni fa #
  8. zanoni

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    Eddai, fatemi contento e commentate...

    Roma-Istanbul: la storia impone un gemellaggio...
    Perché non pensarci? Potrebbe essere un modello per il Mediterraneo
    Giuseppe Mancini - FareFuturo webmagazine – 30 giugno 2010

    www.ffwebmagazine.it/ffw/page.asp?VisImg=S&Art=6608&Cat=1&I=immagini/Foto%20G-K/costantinoimp2_int.jpg&IdTipo=0&TitoloBlocco=Fra%20le%20righe&Tipo=&Tag=

    L'11 maggio Costantinopoli ha compiuto 1680 anni. Senza festeggiamenti, però. È infatti un'altra la ricorrenza che ha pubblico rilievo nella città sulle due rive del Bosforo: la conquista ottomana di Mehmet II Fatih (noto in Occidente come Maometto il Conquistatore) del 29 maggio 1453, a cui negli ultimi decenni viene regolarmente dedicato un festival di eventi tra rievocazioni in costume e fuochi d'artificio voluto dalla Municipalità. L'anno scorso è stato perfino creato un “museo panoramico”che riproduce gli accadimenti della conquista con sofisticati murales a 360° che avvolgono e incantano i visitatori. Ma anche la storia più antica e non islamica della città ha recentissimamente acquistato nuova visibilità.

    Una storia di almeno 8000 anni: i primi insediamenti neolitici, poi il salto nella Storia con la fondazione delle colonie greche di Selymbria, Calcedonia, Crisopolis e Byzantion – tra l'VIII e il VII secolo a. C. Con Costantino divenne nel 330 la capitale di un impero e simile a Roma – ufficialmente Nova Roma – grazie a un vasto piano di interventi urbanistici e architettonici, di cui rimangono tracce sparse ma evidenti. La nuova Roma, anch'essa dalle sette colline, col pomerium tracciato da Costantino Pontifex maximus in persona, col Palladio di Enea trasferito da Roma, col Milion a segnare le distanze dal nuovo centro dell'impero. Capitale dell'Impero romano d'Oriente e bizantino, dell'Impero latino dei crociati, dell'Impero ottomano che non più capitale della nuova Repubblica turca divenne ufficialmente Istanbul solo nel 1930 per volere di Ataturk (era Konstantiniyye, per gli Ottomani): ma che ancora oggi rimane Nea Roma per il Patriarcato ecumenico ortodosso.

    La riconquista di una nuova dignità per la seconda Roma, per la sua storia costantiniana e bizantina, è testimoniata da alcune iniziative di documentazione – come le riproduzioni tridimensionali di Byzantium 1200 (www.arkeo3d.com/byzantium1200/tiles.html) – e da una sensazionale mostra inserita nel programma della Capitale europea della cultura 2010, che è stata accolta con soddisfazione e stupore dalla stampa turca. Una mostra che rimarrà aperta fino all'inizio di settembre al museo (privato) Sabanci: “Da Bisanzio a Istanbul: gli 8000 anni di una capitale”, che ripercorre tutte le tappe della storia della città – concedendo una privilegiata ribalta proprio alla nuova capitale voluta da Costantino – grazie a meravigliosi oggetti, a immagini e cartografie, a un allestimento accattivante ed estremamente curato. Una mostra che è soprattutto un invito a riscoprire una città dall'identità cosmopolita nata dalla fusione di culture e religioni diverse. Incredibilmente, la prima mostra realizzata a Istanbul sul suo millennio bizantino, che vuole essere il primo passo di un più ambizioso programma di recupero e valorizzazione.

    Ma il Comune di Roma non potrebbe intervenire, in virtù delle comuni origini, e contribuire a quest'operazione di ripristino della memoria perduta? Lo ha suggerito ad esempio Marco Guidi lo scorso anno, sul Messaggero: realizzare un programma congiunto di grandi mostre e di scambi culturali, sulla prima e sulla seconda Roma. Questo sarebbe stato anche l'anno ideale, grazie ai fondi europei per Istanbul 2010. Peccato, un'occasione perduta. Ma bisogna insistere, rimodulando e rendendo però molto più ambizioso il suggerimento da far arrivare all'assessore alla Cultura di Roma, Umberto Croppi. Perché infatti limitarsi a mostre e scambi culturali sul passato, attraverso una collaborazione informale? Roma e Istanbul meritano altro: un gemellaggio in piena regola, accuratamente negoziato e formalmente siglato. In effetti, dal 1956 Roma è gemellata in esclusiva con Parigi: "solo Parigi è degna di Roma; solo Roma è degna di Parigi".

    Ci permettiamo di dissentire. Perché invece, come Roma, solo Istanbul è una città a vocazione universale. E universale deve essere la dimensione del gemellaggio che proponiamo: non solo culturale (ma si può comunque pensare a una serie di eventi, dal 21 aprile al 29 maggio, passando per l'11), ma anche economico e politico – senza dimenticare il dialogo inter-religioso. Perché negli ultimi anni Istanbul è ridiventata il cuore pulsante della Turchia e di tutto il Mediterraneo orientale, con mire ancora più vaste. È una città orientata al futuro, che investe nella ricerca, nelle università e nei giovani. È una città accogliente e plurale, amministrata con competenza, senza sprechi o corruzione – con i problemi di traffico e di degrado di tutte le metropoli (la Grande Istanbul arriva a 15 milioni). È una città che costruisce metropolitane e ponti, che valorizza il frutto archeologico degli scavi. È una città in cui la cultura e le arti contemporanee stanno acquisendo un ruolo promotore di rinascita urbana. È una città che il governo di Erdogan sta trasformando in crocevia della diplomazia politica ed economica: di respiro regionale e mediterraneo, ma sempre più globale. È una città, per origini e ambizioni, simile a Roma – molto più di Parigi. È una città che, insieme a Roma, può diventare riferimento e modello – di gestione urbana, di tolleranza anche religiosa – di tutta l'Europa mediterranea.

    Pubblicato 14 anni fa #
  9. cameriere

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    m'hai convinto.
    poi a me i franzosi stanno sulle palle.

    ti faccio sommessamente notare
    che già c'è questo gemellaggio.
    ma ce lo sai tu che il galatasaray
    ha gli stessi colori della roma:
    giallo rosso

    Pubblicato 14 anni fa #
  10. ma come fa a sapello
    se il dottor Mancini
    e' tifoso sommesso
    delle galline di Formello?

    Pubblicato 14 anni fa #
  11. zanoni

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    ma ce lo sai tu che il galatasaray
    ha gli stessi colori della roma

    per fortuna in casa sono del Besiktas (bianconeri, ma meglio di quegli altri sicuramente). io invece ho simpatie per il fenerbahce (gialloblu', i canarini. come i ciociari). giuro che non lo sapevo: ma pare siano di estremissima destra...

    Pubblicato 14 anni fa #
  12. zanoni

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    qualche cazzata sul canale e relativo premio dovevo scriverla anche io

    Pennacchi, una voce critica in difesa del territorio
    di Giuseppe Mancini
    FareFuturo web magazine - 13 luglio 2010

    http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.asp?VisImg=S&Art=6922&Cat=1&I=immagini/Foto%20A-C/ap_int.jpg&IdTipo=0&TitoloBlocco=Fra%20le%20righe&Tipo=&Tag=

    Canale Mussolini ha vinto il premio Strega. Ormai la notizia ha raggiunto tutti. Anche l'Agro pontino sonnecchiante aizzato dalla stampa balneare di Latina, o la stampa estera che quando annusa il nome del Duce poi perde il giudizio e il contegno. E persino qualche politico locale in trasferta regionale – di solito più attento alle curve della latinense Arcuri – che non ha potuto esimersi dal comunicato stampa congratulatorio e arruffianante. Un premio strameritato, per Antonio Pennacchi e per il suo romanzo. Ma romanzo non basta a definire il Canale: che è romanzo sì ma storico, autenticamente storico; epopea dei vincitori contro la Natura matrigna – delle paludi, delle zanzare, della malaria – che sono poi stati sconfitti dalla Storia. O così la storia ha scelto di ricordarli. Fino a quando Pennacchi ha deciso di ascoltare il loro richiamo e di raccontarne sottovoce, con umiltà, le gesta quotidiane.

    Un romanzo che è un condensato di storie, scritto per essere non letto ma ascoltato. Un romanzo orale e corale: che gli amici di Pennacchi – pagina dopo pagina – hanno ascoltato dalla viva voce dell'autore, durante i filò settimanali organizzati nella libreria da Piermario, a Latina; che gli stessi amici, quelli dell'Anonima scrittori (del primo cerchio e non solo), hanno discusso – pagina dopo pagina – e criticato sul piano narrativo, letterario e storiografico. Alcuni sono persino diventati personaggi del romanzo. Fino a dove si può spingere la fantasia dell'autore quando gli storici hanno già tracciato il confine tra ciò che è vero e ciò che è falso? Con qualche spedizione in biblioteca o in archivio a caccia di numeri, di cariche, di riscontri e conferme. Così da blindare il Canale, da renderlo storiograficamente inattaccabile per gl'immancabili criticoni. Ma Pennacchi non ha dovuto impegnarsi più di tanto, immergersi in studi e letture per costruire una credibile impalcatura storica per il suo romanzo. Lo aveva già fatto. Anzi, in realtà è stato proprio lui – romanziere e storico di professione (ma non accademico) – a riscoprire, riesaminare e rivalutare le città di fondazione costruite da Mussolini in tutta Italia. Prima nei saggi comparsi per oltre un decennio su Limes, poi in Fascio e martello edito da Laterza: coi quali ha demolito l'approccio riduttivo degli storici dell'architettura – interessati solo all'estetica degli edifici – e ha proposto una chiave di lettura inedita per ricostruire il contesto politico, economico, sociale e intellettuale in cui ha preso forma il programma di bonifiche, di insediamenti rurali e urbani, di colonizzazione agraria voluto dal Fascismo – dal Fascismo di sinistra, di Rossoni e dell'Onc. Un patrimonio unico al mondo – le città di fondazione e l'infrastruttura della bonifica integrale dell'Agro pontino – che l'Unesco e il ministero dei beni culturali vorrebbero nella Lista del patrimonio dell'umanità. Peccato che sindaci e assessori (in)competenti, quasi all'unisono, abbiano risposto "me ne frego!".

    Oltre a essere narratore e storico, Antonio Pennacchi è anche un intellettuale. È la coscienza critica della sua città e cerca di difendere il territorio e la sua storia dagli imprenditori politici senza scrupoli. I suoi articoli al vetriolo sono una condanna martellante e inappellabile contro gli scempi che il patrimonio storico della bonifica – nonostante i proclami di valorizzazione – puntualmente subisce, contro le spese folli delle amministrazioni locali che finanziano esclusivamente i progetti dozzinali degli amici e clienti, contro la sinistra sempre locale incapace di alzare la voce ma contenta di aggranfiare le poche briciole rimaste. Qualche volta è dovuto persino andare in piazza, salire su una sedia o imbracciare il megafono, per scagliarsi contro chi ha segato gli eucalipti della bonifica o chi ha proposto di deturpare – attraverso gli abbellimenti ideati da un presuntuoso architetto francese – il centro storico di Latina. Oppure è stato costretto a organizzare un convegno per ribattere – punto per punto – ai 107 errori contenuti in una mostra di riproduzioni fotografiche sulle città di fondazione, realizzata da dilettanti allo sbaraglio ma grassamente foraggiata con denaro pubblico.Se in questi giorni non avesse più pressanti impegni – e anche se ha detto e scritto più volte che la città non gli piace – ci sarebbe un'altra piazza che aspetta Antonio Pennacchi e un suo intervento: la piazza di Sabaudia. Che il sindaco, Maurizio Lucci per giunta ex di An, vorrebbe affidare alle cure di un architetto – ovviamente senza alcun concorso e senza interpellare la cittadinanza – per un completo restyling. Il che vuol dire, per stravolgerne la conformazione e l'impatto visivo – costruendo in più un'improbabile scala elicoidale. Al modico costo di un milione e ottocentomila euro: ma pare paghi la Regione.

    In attesa dell'inizio dei lavori – sperando che qualcuno li fermi prima – gli stessi illuminati amministratori di Sabaudia hanno pensato bene di innalzare – sotto la torre comunale, a coprire la suggestiva prospettiva verso il lago – un baraccone di ferro per ospitare degli eventi estivi. La struttura costa per il solo affitto trentottomila euro: e figuriamoci se hanno pensato di chiedere il necessario permesso al Parco nazionale del Circeo, nel cui territorio Sabaudia si trova. Sulla qualità degli eventi, meglio stendere un velo pietoso. Se ne avrà voglia – tra un premio e un altro da ritirare, tra un libro e un altro da scrivere – ci penserà Pennacchi a squarciarlo. Con le sue storie, con un'altra invettiva contro i traditori della bonifica.

    Pubblicato 14 anni fa #
  13. urbano

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    Ma davvero Sabaudia rischia lo scempio per una scaletta a chiocciola?
    La tecnologia delle mappe satellitari può aiutare a vedere cosa realmente è "lo scempio" e come è fatto.
    Quella della scaletta è solo una cosa brutta, quello che puoi vedere da sopra sono ettari e ettari di terra lottizzata.
    Qualcuno l'avrà pur venduta, o no?

    Pubblicato 14 anni fa #
  14. zanoni

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    venduta in passato, io ho parlato della stretta attualita': cioe', di un progetto costoso che e' stato deciso dal primo fesso, senza consultare la cittadinanza nonostante l'impatto del progetto sia tutt'altro che trascurabile (la scala non serve, basta ripristinare il passaggio interno per accedere alla terrazza)...

    Pubblicato 14 anni fa #
  15. urbano

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    Sono d'accordo con te, quella scala è brutta e per quello che deve servire non serve nemmeno, alla terrazza ci si va già da dentro.
    Però dire che è un scempio, insomma è come dargli una dignità che non ha. Una scempiaggine magari, rovina un edificio bello rimasto con pochi altri in un territorio compromesso. Molto.

    Pubblicato 14 anni fa #
  16. zanoni

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    beh, no: il problema e' che il passaggio interno e' stato eliminato. un'operazione intelligente, infatti, sarebbe quella di ripristinarlo: mentre quella brutta scala li' non c'entra niente, e' questo lo scempio (non solo estetico, ma principalmente concettuale: invece di ripristinare un passaggio interno indebitamente soppresso, aggiungo qualcosa che nel contesto c'entra poco o niente).

    in ogni caso, scempio o non scempio, 'sta gente bisognerebbe fermarla...

    Pubblicato 14 anni fa #
  17. urbano

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    A si?
    Hanno tolto la scala interna?
    Allora la cosa si chiama frazionamento di unità immobiliare, non si può fare, e la scala a chiocciola è fumo agli occhi.

    Pubblicato 14 anni fa #
  18. zanoni

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    A si?
    Hanno tolto la scala interna?
    Allora la cosa si chiama frazionamento di unità immobiliare, non si può fare, e la scala a chiocciola è fumo agli occhi.

    non avrebbero potuto farlo, pero' lo hanno fatto: e hanno costruito l'orribile scala esterna in ferro che quella elicoidale dovrebbe sostituire. e il bello e' che alla Regione Lazio, proprietaria dell'immbobile, non gliene frega un cazzo (magari, da quello che mi hanno detto, ci scappa qualche magnata di pesce in piu')...

    Pubblicato 14 anni fa #
  19. k

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    Alleluia, alleluia! E non per la magnata de pesce, ma perchè ho finalmente finito stocazzo de Iene del Circeo. Mo' esco da qua e consegno via mail all'editore. Che non è Telostampo però, e nemmeno Metenculo.

    Pubblicato 14 anni fa #
  20. cameriere

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    alleluia,
    alleluià.
    santo subito.

    Pubblicato 14 anni fa #
  21. zanoni

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    Alleluia, alleluia! E non per la magnata de pesce, ma perchè ho finalmente finito stocazzo de Iene del Circeo. Mo' esco da qua e consegno via mail all'editore. Che non è Telostampo però, e nemmeno Metenculo.

    e da quello che so stavolta non c'entra neanche il Capocarismatico

    bene cosi', comunque: che le zanzare ci aspettano...

    Pubblicato 14 anni fa #
  22. tcd

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    Sssso' curiosa

    (qui le zanzare stanno banchettando col mio sangue)

    Pubblicato 14 anni fa #
  23. zanoni

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    a me m'hanno seguito pure domenica a Pompei: e altro che rosso pompeiano...

    Pubblicato 14 anni fa #
  24. leon8oo3

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    Il centralismo democratico in salsa pontina. (Parvapolis)
    Ormai è diventato un comandamento, un refrain che gli esponenti di vari livelli del Pdl ripetono a pappagallo affinché tutti possano capirlo: «I panni sporchi si lavano in famiglia». Lo diceva il ministro Matteoli durante il suo incontro con la città di qualche giorno fa. Lo ribadisce il coordinatore regionale e lo ripete, sebbene non altrettanto perentoriamente – visti i trascorsi – la direzione provinciale del Pdl di stampo fazzoniano che, nel periodo del “Caso Fondi” aveva fatto ampio uso della stampa anche con slanci irrituali e prese di posizione della stessa presidenza della Provincia. Lo slogan, sbandierato a livello nazionale dal Presidente del Consiglio in persona, non è una semplice indicazione, ma una chiara condotta politica, quella del centralismo democratico. Che per carità, a livello nazionale potrà avere anche un senso per questioni di grande importanza, anche se con cento voti di vantaggio alla Camera e cinquanta al Senato non si capisce quante di grazia, debbano essere queste frammentazioni per metter in pericolo la stabilità del governo, tanto da dover ricorrere ad ogni piè sospinto alla fiducia. Ma questa è storia nazionale. Non del tutto estranea alla nostra vicenda locale però, visto che tra Latina e Provincia, il Pdl ha un serbatoio di voti per il Lazio che ha fatto la differenza nella altrimenti risicatissima battaglia tra Emma Bonino e Renata Polverini. Il risultato elettorale però è talmente sproporzionato rispetto alle pessime prove di unione del Pdl locale che si è dovuto ricorrere ad un commissario per il Pdl, facendo diventare Latina, sempre più terra di commissari. Tutto questo dover tacere in pubblico per dibattere in privato però, non è affatto nuovo nella politica, e non è una intuizione dello scrivente quella di affiancarla ad un’altra pratica di tutt’altro stampo. A richiederne la necessità era Dennis Verdini, in tempi più felici, quando rispondeva a Fini riguardo la sua provocazione del Pdl visto come una caserma: «Il Pdl non sarà una caserma dove nessuno può esprimersi, ma nemmeno può essere un albergo a ore». Insomma, si deve finalmente inaugurare l’epoca del “centralismo democratico” in salsa berlusconiana. Dove non ci possono essere correnti e non ci possono essere dissenzienti in pubblico e poi, virtualmente, la discussione può incendiarsi nelle oscure sedi di partito. Un modello leninista che molto piacerebbe a Diliberto, ma che poco ha da spartire con la presunta “rivoluzione liberale” che comunque il Cavaliere sembra aver accantonato a data destinarsi (tradotto la Rivoluzione si dice ma non si fa. Anche questo molto comunista).
    Ma delle logiche di partito possiamo anche farcene una ragione, se si parla a livello nazionale, ma come faremo a credere che Galetto sarà in pieno accordo con Di Giorgi ed entrambi voteranno la stessa cosa di Fazzone? E con quale faccia si potranno presentare insieme i due contendenti di questo periodo, Fazzone e Zaccheo – che per inciso ha tirato la volata a Galetto nelle ultime regionali e si è disinteressato di Di Giorgi- nel caso in cui, l’ex sindaco recuperi un qualche ruolo nel Pdl pontino di rilievo? E questo per citare solo i nomi più in vista del momento nel Pdl. Insomma, questo centralismo democratico in salsa pontina rischia di essere solo l’ennesimo giochino le cui regole sono state dettate dall’alto che nella nostra Provincia potrebbe essere poco praticabili come lo stesso Pdl del resto, si è rivelato un campo minato di accuse e recriminazioni. In mancanza di una opposizione, il Pdl di Latina si fa opposizione da sé, creando più che correnti, interi partiti che si presentano alle varie tornate elettorali sbandierando la “purezza” della rappresentazione del messaggio del Pdl. Insomma, un inganno di massa, un grande gioco di sorrisi istituzionali, di pacche sulle spalle e di sussurri melliflui sotto gli occhi dei fotografi. Il tutto mentre la verità si carica di un’aura di mistero e diventa sempre più un pettegolezzo, una chimera invisibile, una leggenda da notisti confidenziali, da lunghe telefonate alle direzioni dei giornali e di lettere anonime. Una verità che si potrà solo intuire dai silenzi a dalle fughe dai comizi, come già è avvenuto durante la presentazione di Aracri come commissario del Pdl a Latina, nella quale Galetto e i suoi si sono dileguati di gran carriera prima dell'arrivo di Fazzone. Come dire, non ci sto, ma non poterlo dire.
    Il centralismo democratico però, nel suo tempo e dove è stato utilizzato, non ha prodotto più democrazia e anzi, ha reso una sola parola dominante rispetto agli altri. Come la parola di Dio, menzionata in libri antichi, che una volta pronunciata non può più essere smentita se non dentro le nostre anime, con vere e proprie acrobazie logiche per rimanere al passo, come un moderno ministero della “Verità” orwelliano dove la verità si aggiorna a seconda di quello che viene detto. Perché ad alcuni leader, non manca certo il coraggio di lanciarsi in avanti con dichiarazioni forti, addirittura a fondare movimenti dove si dovrebbero sciogliere altri partiti senza che i dirigenti di quei partiti ne sappiano nulla. Ma se il leader parla per sé, con il centralismo democratico, nell’epoca di Internet, parla per tutti, in tempo reale, e nessuno lo potrà smentire. E a Latina, questo comportamento sarà la conseguenza della sopraffazione di una sola linea politica, a discapito delle altre anime che soccomberanno, senza colpe a volte, sotto il peso dei loro stessi comportamenti passati, fatti in quel che restava della libertà di espressione, e di democratico non ci sarà più nulla, se non il nome, in questo centralismo democratico in salsa pontina.
    (I.E.)

    Pubblicato 14 anni fa #
  25. zanoni

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    Il risultato elettorale però è talmente sproporzionato rispetto alle pessime prove di unione del Pdl locale che si è dovuto ricorrere ad un commissario per il Pdl, facendo diventare Latina, sempre più terra di commissari.

    condivido in pieno quello che ha scritto, del problema centrale pero' non te ne sei occupato: cioe', delle pessime prove non tanto di unitarieta'... ma di capacita' amministrativa!

    e' questo il vero dramma del Pdl di Latina e provincia: l'incapacita' di selezionare una classe dirigente di persone capaci (con rare eccezioni), che operano per gli interessi collettivi e non per quelli personali e familiari... e i disastri che combinano, purtroppo, sono sotto gli ochi di tutti!!!

    Pubblicato 14 anni fa #
  26. leon8oo3

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    Sono d'accordo con lei. Inseguivo però il problema degli equilibri di potere e non della amministrazione che, come ha fatto ben notare lei, è stata abbastanza deficitaria in questo, come in altri territori. Lo davo per scontato ma ha fatto bene a sottolinearlo e probabilmente avrei fatto bene anche io a fare un cenno in merito. Temo però, che il nuovo motto del Pdl non farà che peggiorare la situazione anche sotto l'aspetto amministrativo che lei sottolineava.

    Pubblicato 14 anni fa #
  27. zanoni

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    Sono d'accordo con lei.

    e che sono 'sti formalismi ?

    comunque si', il problema di fondo e' che sono i politici locali, dimostratisi del tutto inadeguati nel corso degli anni, a concepire la politica come equilibrismo di potere piuttosto che come buona amministrazione...

    Pubblicato 14 anni fa #
  28. leon8oo3

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    Sono d'accordo con lei.
    e che sono 'sti formalismi ?

    Coerenza stilistica da Forum

    Pubblicato 14 anni fa #
  29. zanoni

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    ho scritto... e forse mi becco la prima querella della mia carriera che poi, ma uno mi puo' minacciare di querela per diffamazione solo perche' ho scritto che ha completamente fallito un suo obiettivo? l'avessi mandato affanculo o avessi scritto che e' un ladro ancora ancora; ma cosi'...

    e il colmo e' che e' stato lui in persona a dirmi di giudicarlo sulla base dei risultati!!!

    comunque, chi mi suggerisce un buon avvocato ?

    Nella girandola dei commissari naufraga Pompei
    Il Secolo, 23 luglio 2010 – Giuseppe Mancini

    L'emergenza è finita, ma Pompei è ripiombata nel più caotico abbandono istituzionale. Con una imprevista decisione del Consiglio dei ministri, lo scorso 10 giugno, è stato infatti posto termine alla gestione commissariale che ha caratterizzato negli ultimi due anni la vita degli scavi archeologici più famosi al mondo. E se la decisione del ministro Bondi di istituirla per contrastare uno stato di presunta emergenza, nel luglio 2008, era stata accompagnata da polemiche e recriminazioni a non finire, accolta malissimo dall'allora sovrintendente Pietro Giovanni Guzzo, la revoca non ha suscitato né giubilo né almeno soddisfazione per la missione apparentemente compiuta. Semplicemente perché, annunci a parte e nonostante i buoni propositi e qualche pur significativo successo iniziale, il bilancio della gestione commissariale è complessivamente negativo. E quel che è peggio, oggi Pompei è senza guida e guarda con profonda incertezza al suo futuro.

    Dopo un primo periodo sotto la guida del prefetto Renato Profili, dal febbraio 2009 ha assunto il ruolo di commissario Marcello Fiori, un alto dirigente della Protezione civile. Uomo d'azione dalla forte personalità e dalla variegata intraprendenza, Fiori si è gettato a capofitto nella sua missione. Non ha battuto cassa al ministero, si è circondato di fedeli collaboratori, ha sciorinato idee e progetti, si è imposto di spendere i 39 milioni di euro in dotazione per il primo anno in modo razionale e strategicamente orientato. E ha dichiarato di voler essere giudicato esclusivamente in virtù dei risultati ottenuti. Noi lo prendiamo in parola: e offriamo una valutazione del suo operato sulla base dei cinque filoni di intervento che ci ha personalmente illustrato lo scorso anno, dopo qualche mese di operatività.

    Per il commissario all'emergenza, la priorità assoluta era un piano organico di messa in sicurezza di tutta l'area archeologica, dalla manutenzione e dai restauri al potenziamento dell'impianto di videosorveglianza. E di passi in avanti ne sono stati fatti effettivamente molti, anche con nuove aperture di domus prima sbarrate e con restauri importanti già cantierizzati; del resto, Fiori è stato facilitato dal piano triennale di interventi già studiato e approntato da Guzzo e Profili, che si è impegnato ad attuare. In secondo luogo, il commissario ha assicurato un rapido superamento delle più eclatanti inadempienze pregresse. Ha siglato con l’agenzia locale di sviluppo TESS Costa del Vesuvio un accordo per stilare un nuovo piano di gestione come richiesto dall'Unesco, di cui i siti vesuviami fanno parte dal 1997; ha promosso la riapertura del ristorante self service all'interno degli scavi, fatto sgombrare da Profili per morosità per poi affidarlo alla società Autogrill: una scelta che si è rivelata però sbagliatissima, perché è inaccettabile che un punto ristoro all'interno di Pompei presenti un arredamento e un'offerta di cibi (panino con la porchetta incluso) identici a quelli di una qualsiasi stazione di servizio autostradale. Uno schiaffo sonoro alle pretese di stile e di accoglienza di qualità.

    Il terzo tassello messo in evidenza da Fiori nella sua strategia di recupero e valorizzazione è la realizzazione di servizi per rendere la visita più gradevole, anche nell'arredo urbano e nella segnaletica: innovativa quando venne introdotta 10 anni fa, ma ormai sbiadita e fatiscente. Le fontane hanno ripreso a funzionare, ci sono a raccoglitori per i rifiuti più capienti e differenziati, le transenne di legno cotto e marcito sono state sostituite con quelle più solide e sfavillanti in metallo: ma la nuova segnaletica è un insulto al buon senso e ai più elementari principi della comunicazione museale. Quella esistente venne appositamente studiata per Pompei: steli sottili con indicazioni essenziali per orientarsi e numeri che rimandano alle informazioni contenute in un libricino consegnato gratuitamente a tutti i visitatori e nelle audioguide, per non invadere gli spazi e non intralciare la vista. Oggi invece svettano nelle strade della città antica, piazzati in ogni dove, pannelli sovradimensionati e carichi di dati e illustrazioni, per colmo di scempiaggine quasi illegibili a causa del materiale trasparente col quale sono realizzati: il frutto avvelenato di un intervento maldestro e supponente.

    Quarto punto, una strategia ampia e articolata di valorizzazione per offrire un modello di sviluppo al territorio: iniziative per le scuole, con programmi didattici che ricostruiranno con l'ausilio anche di attori la vita quotidiana degli antichi; un laboratorio ludico dedicato ai bambini di futura apertura; l'incentivazione del turismo eno-gastronomico, coi prodotti delle aree demaniali; un sistema di illuminazione per permettere le visite notturne nel corso di tutto l'anno; un accordo triennale col San Carlo per delle stagioni concertistiche di alto profilo nel Teatro grande restaurato; un percorso logisticamente facilitato che tocca i punti essenziali della visita e uno riservato alle bici lungo il già esitente circuito extra moenia; l'apertura della Casa dei Casti amanti per visite guidate al cantiere di scavo e della adiacente Casa di Giulio Polibio per una passeggiata multimediale tra ologrammi e suggestioni sonore. Iniziative alcune validissime, come le visite guidate da personale professionale e preparato (però a pagamento e con prenotazione obbligatoria: una procedura che scoraggia le adesioni, in media una trentina al giorno); altre utili ma distruttive, come gli spettacoli del San Carlo, che hanno reso il Teatro grande un corpo estraneo e indigesto, infarcito di invadenti camerini ed enormi macchinari di scena, in più con una programmazione (salvo rare eccezioni) del tutto avulsa dal contesto antico. Un'iniziativa in effetti utile per gli incassi, più che per valorizzare Pompei. Una serie di iniziative tutte marchiate – come le nuove transenne e i nuovi pannelli informativi – dallo slogan “Pompei viva”, ossessivamente onnipresente: iniziative sempre mediaticamente roboanti ma spesso prive di contenuti. E infatti sono state inspiegabilmente accantonate le storiche manifestazioni del Laboratorio di ricerche applicate della professoressa Ciarallo, le “Stagioni nell'Antica Pompei”, dedicate alle arti, all'alimentazione, ai profumi, alle piante, alle scienze degli antichi: manifestazioni di grande successo che hanno fatto scoprire gli stili di vita – anche attraverso l'acquisto dei prodotti ricreati seguendo le ricette e i metodi dell'epoca – degli abitanti della città sepolta.

    Da ultimo, Fiori ha completamente fallito nel creare meccanismi di dialogo costruttivo con le istituzioni – Regione, sindaci, vescovo – e con gli imprenditori locali, scatenando al contrario scontri furibondi. Ha completamente mancato, per eccesso di protagonismo, l'obiettivo cruciale del suo mandato. Nonostante questo bilancio negativo, il ministro Bondi gli ha affidato l'incarico di stilare le linee direttive della svolta: una fondazione con enti pubblici e privati sul modello del museo Egizio di Torino per la gestione di tutta l'area vesuviana, esautorando la Sovrintendenza – mentre il sindaco di Pompei ne ha già polemicamente rivendicato la guida per gli enti locali. Nel frattempo, l'ex sovrintendente Maria Rosaria Salvatore è andata in pensione, dopo neanche un anno dalla nomina e senza aver realizzato nessuno dei suoi progetti: una figura di transizione per non intralciare il lavoro di Fiori e le mire ministeriali. Com'è del resto avvenuto per il suo successore, Giuseppe Proietti: sovrintrendente ad interim fino a settembre, già direttore generale del personale al ministero, attualmente alla guida della sovrintendenza speciale di Roma e mai presente a Pompei. L'ennesimo esempio di come i beni culturali, risorsa invece preziosa per il Paese, rimangono in balia di interventi improvvisati e dannosi.

    Pubblicato 14 anni fa #
  30. A

    offline
    Membro

    Ma t'ha minacciato di querela qualcuno citato nell'articolo? No, perchè se è così magari non è saggio metterlo qua sopra, così la querela arriva pure ai gestori del forum!

    Pubblicato 14 anni fa #

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