Anonima scrittori

Forum Anonimascrittori » Anonima Scrittori

COSA HO SCRITTO OGGI

(768 articoli)
  1. Woltaired

    offline
    Membro

    Per motivi che vi spiegherò devo mantenere ancora un po' di riserbo sui dettagli, ma non posso non dirlo ai miei soci Anonimi: ieri, al Pisa Book Festival, è stato premiato il secondo romanzo da me scritto. In un concorso a cui hanno partecipato 109 opere è giunto secondo. Ovviamente, che io e i soldi non è che si sia proprio amici, il premio non era in denaro, comunque la casa editrice, che, pur essendo locale, è storica ed esiste dal 1872, mi farà una proposta di pubblicazione in ebook.
    Grazie a tutti voi e, soprattutto, a zaphod che tempo fa si prese la briga di leggerlo ed editarlo gratuitamente.

    Pubblicato 10 anni fa #
  2. SCa

    offline
    Membro

    Allora di nuovo congratulazioni; ti sei fatto anche il regalo di laurea.
    Piaciuta Pisa?

    Pubblicato 10 anni fa #
  3. Woltaired

    offline
    Membro

    Sì, soprattutto il cibo e il clima. Non solo quello atmosferico, ma anche quello di una città fortemente universitaria, caotica, insonne, viva.

    Pubblicato 10 anni fa #
  4. mjolneer

    offline
    Membro

    Complimentoni! Un abbraccio.

    Pubblicato 10 anni fa #
  5. Woltaired

    offline
    Membro

    Qui la motivazione per la premiazione del mio scritto.

    Pubblicato 10 anni fa #
  6. Hurrà, bolliti per tutti!

    Pubblicato 10 anni fa #
  7. mjolneer

    offline
    Membro

    complimenti Marco, a rileggerne.

    Pubblicato 10 anni fa #
  8. k

    offline
    Membro

    Sul Sole 24 Ore di oggi 5 gennaio 2014, nell'inserto Domenica, c'era questo articoletto:

    a.p.
    FORZA SCHUMI!
    L'EROE DI TUTTI I CERCAGUAI

    Sono quelli nati col fuoco dentro,
    privi del normale senso del limite,
    che l'umanità deve ringraziare per i suoi progressi

    Dice: “Ma a trecento all’ora sopra la Ferrari per tutti quegli anni, e ancora non gli bastava?”. Trecento all’ora? E che vuoi che sia? Quello voleva la velocità della luce.
    Dice: “Eh, ma così, prima o poi si muore”. E che vuoi che sia di nuovo? Prima o poi moriamo tutti. Non è che se vai piano – ma pure se stai fermo – non muori mai. Ti sembrerà strano, ma muori pure se non fumi, se non bevi e non fai sesso. Poi stai bene a dire: “Malasanità!”. Muori pure senza manco lo sfizio d’un vizio solo in vita tua. Tu pensa che ingiustizia.
    Ci sono invece quelli che nascono con il fuoco dentro. A loro non basta una vita normale, sul filo degli altri. Debbono sempre osare e stirarla al massimo: sempre sull’orlo del burrone a superare ogni limite; pensano una cosa strana e subito la fanno, più è difficile e più gli viene voglia: “Non l’ha fatta mai nessuno? Be’, proprio per questo la debbo fare io”. Se no s’annoiano.
    Certo in giro per i bar – ma pure su twitter – c’è un sacco di gente poi, che appena le cose vanno storte e quelli incappano in un guaio, subito dice: “Te la sei cercata. Potevi restare a casa tua. Ma che te l’ho detto io d’andare in montagna? O nel deserto eventualmente, o nel più profondo degli abissi? Ci sei voluto andare? E mo’ t’arrangi, no che la collettività deve spendere i soldi e rischiare altre vite per soccorrere te”. E tutti subito, a Latina, pensano ogni volta a quello di Sezze – ripeto Sezze: 320 metri sul livello del mare, un tiro di schioppo da Latina, famosa per i carciofi, e lui si chiama Daniele Nardi, 35 o 36 anni – che ogni tanto parte da Sezze e va a scalare un ottomila in giro per il mondo. K2, Everest, Perù, Nanga Parbat: “Li debbo scalare tutti”.
    “Ma stattene a Sezze”, dicono a Latina: “Che ce vai a fa’ sull’Himalaya? Mica ci stanno i carciofi”.
    Ma a parlare si fa presto, specie nei bar e soprattutto su twitter; che al bar magari ogni tanto lo trovi pure, quello che ti dà una sgrullata; su twitter invece puoi dire quello che ti pare, senza che nessuno ti faccia niente. Poi dice i tempi di una volta, quando c’erano i duelli. Mi insultavi? E ti sfidavo a duello. Altro che querele.
    In ogni caso, quelli che vanno in cerca di guai ci servono come il pane, svolgono una fondamentale funzione cosmica, prima ancora che sociale. E’ una legge della fisica: non possiamo essere tutti perfettamente uguali, non esiste in natura la normalità. Pure in fabbrica, su cento macchine che escono da una linea di montaggio non ne trovi due che poi funzionino nello stesso modo. La stragrande maggioranza avrà prestazioni fluttuanti pressappoco sulla stessa media – ed è ciò che si definisce ‘normalità’, una convenzione appunto – ma poi ci sarà pure un ristretta minoranza di macchine che andranno un po’ meno meglio, avranno più difetti, saranno più lente; fino proprio alla macchina iellata, come si dice, quella riuscita male che si spacca sempre. Poraccio chi gli capita. Ma poi ce n’è sempre anche qualcuna che non si spacca mai e che va più forte di tutte le altre. Io avevo una 127 gialla che era la fine del mondo e prima ancora – nel 1973-77 – ho avuto una 850 Sport Coupé che in rettilineo, sull’autostrada, fregava le Giulia 1300 Ti. Ma pure se vai in spiaggia da Capo Portiere a Torre Astura e ti metti con il microscopio in mano, tu non trovi due chicchi di sabbia che siano perfettamente uguali l’uno all’altro.
    O meglio, noi umani siamo sostanzialmente tutti uguali e le spinte che animano il conscio e l’inconscio di quei piantagrane – i pelonell’uovo, i cercaguai: quelli che, quando noi guardiamo tutti dalla stessa parte, loro invece si mettono a guardare di lato, oppure per terra per aria e comunque oltre; i divergenti – quelle stesse spinte le abbiamo tutti, dentro. In ognuno di noi c’è tutto il bene e tutto il male del mondo, e c’è fortissima e primaria la voglia di conformarci agli altri, per essere poi da loro amati e rassicurati. Ma c’è anche altrettanto forte e potente, sia pure repressa, la voglia di differirne, di divergere, di scoprire l’ignoto e superare i limiti imposti. Tutti avremmo voluto essere almeno una volta nella vita – almeno da ragazzi – Schumacher quando correva, o Ayrton Senna, o Jurij Gagarin, o Madame Curie. E’ il bisogno di integrazione e rassicurazione – il bisogno d’essere amati – che ci ha conformato a inibire e sopire quelle pulsioni. Ma il software è lo stesso e i cercaguai – i pensiero-divergenti – sono soltanto quelli che, per fortuna nostra, quelle pulsioni le hanno agite fino in fondo.
    Se non fosse per loro staremmo ancora – come tutte le altre scimmie – sopra una pianta nel centro dell’Africa, a mangiare ignudi le banane. Il primo che un milione e mezzo d’anni fa è sceso dal ramo e s’è messo a scheggiare con una pietra un’altra pietra per farne un utensile, era uno di questi. E noi da sopra la pianta gli urlavamo: “Ma che stai a fa’? Ritorna qua!”. Poi invece siamo scesi e gli siamo andati appresso, a scheggiare pure noi e pure oltre. Poi un altro ha detto: “Andiamo Là!”. “Ma là non c’è andato mai nessuno…”. “Appunto” insisteva quello, e tutti di nuovo appresso. Fino a qua, fino alla Luna, fino a Marte – verso cui è partita pochi giorni fa una navicella indiana – fino a conquistare tutte le stelle, poiché tutte le dobbiamo andare a vedere e conoscere. Perché il Nanga Parbat sì – per dirne una – e le stelle no? Altrimenti restavamo sull’albero. Che ne siamo scesi a fare, se no? Tutta sta fatica per fermarci qui? E mica la conoscenza è un bottoncino che prima lo accendi e dopo dici “Basta” e lo spegni. Alle stelle, alle stelle!
    Questo ovviamente non significa che dobbiamo andare tutti alla velocità della luce a spaccarci la testa da qualche parte o farci rapire dai tuareg o dagli alieni. No, bastano quei pochi, poiché il cammino della storia e delle umane cose è fatto così: c’è la gran massa degli individui che più o meno consapevolmente si indirizzano in certi modi verso certe direzioni, e poi ci sono esigue minoranze – molto esigue – che sia ai lati, sia dietro e davanti accompagnano questo movimento, cercando rispettivamente chi di ostacolarlo o fermarlo, chi di spronarlo, dirigerlo o accelerarlo sempre più in avanti. Più o meno consapevolmente anch’esse, anzi, più spesso inconsapevolmente. Ma la storia è un campo di forze e il suo sviluppo non è, di volta in volta, che la risultante fisica di tutti quei vettori in campo. Ognuno quindi porti il suo mattone e faccia fino in fondo il suo dovere, poiché il cammino è lungo e non serve essere tutti piloti di F1. Qualcuno sì – ripeto – ma tutti no. E pagati possibilmente uguale. Forza Schumi.

    P.S. – Mo’ Marchionne, ad esempio, sarà pure quello che è – ed io resto come sempre dalla parte degli operai – ma adesso che la Fiat s’è comprata la Chrysler… ahò, e che ti debbo dire? Io so’ contento. Dice: “E che c’entra?”. A me pare che c’entri.

    a.p - 5 gennaio 2014

    Pubblicato 10 anni fa #
  9. mjolneer

    offline
    Membro

    Oggi è uscito il nuovo episodio con lo stesso protagonista del primo numero (Il lupo) della collana "The tube exposed", e si intitola per l'appunto "Il ritorno del lupo".

    Ciao a tutti.

    Luigi

    Pubblicato 10 anni fa #
  10. k

    offline
    Membro

    ORVIETO
    (In risposta a Diego Luparelli, uscito dal passato,
    che annuncia una mia lettera ed una foto del '70)

    Ciao Lupare',
    m'auguro tu stia bene e che ogni cosa
    ti proceda per il meglio.
    Io invecchio e
    sono pieno d'acciacchi.
    Spero tu no.

    Ma come tutti i vecchi, a sera,
    non faccio che pensare a quel
    che ero giovane.
    Mai avrei sospettato, allora,
    di provare nostalgia perfino
    per il servizio militare,
    perfin per l'80°
    di fanteria Roma Car,
    caserma Piave.
    E invece è un'infinita nostalgia.

    Ciao e stai bene.
    Aspetto quella foto e
    quella lettera, e già ci piango sopra.

    Sopra noi due d'allora.

    Pubblicato 10 anni fa #
  11. k

    offline
    Membro

    ESSERE O DIVENIRE?

    La verità non è mai una sola,
    ha mille facce e tu, se sei onesto,
    devi di volta in volta dare conto
    di tutte quelle che, man mano,
    ti vengono alla luce.
    Del resto chi lo sa?
    Pure alla Snai, Eraclito e Parmenide
    li quotano alla pari.

    ap - 4.02.14

    Pubblicato 10 anni fa #
  12. Woltaired

    offline
    Membro

    Eraclito lo banco io al 120.

    Pubblicato 10 anni fa #
  13. A.

    offline
    Moderatore

    ottimo pensiero, K.

    Pubblicato 10 anni fa #
  14. Woltaired

    offline
    Membro

    Oggi (più o meno) ho scritto questo Musica madre

    Non si vince denaro, quindi ho qualche probabilità di successo.
    Al di là delle sciocchezze volevo dire che ho partecipato perchè apprezzo molto il lavoro che Chiara Beretta Mazzotta fa. Mi piace il suo blog, la trasmissione a Radio 105 (che sento in podcast perché mica mi sveglio così presto..) e, soprattutto, avevo apprezzato il suo impegno a contrastare quella brutta cosa che qualcuno aveva tentato di spacciare per cultura:il Festival dell'inedito ( annullato grazie alle democratiche alzate di voci ).

    Pubblicato 10 anni fa #
  15. SCa

    offline
    Membro

    Molto bello. Di grande dolcezza.

    Pubblicato 10 anni fa #
  16. big one

    offline
    Membro

    Bravo Marco!
    Un "mi piace" dato col cuore!

    Pubblicato 10 anni fa #
  17. big one

    offline
    Membro

    Bravo Marco!
    Un "mi piace" dato col cuore!

    Pubblicato 10 anni fa #
  18. k

    offline
    Membro

    Bellissimo.

    Perché, però, non vai in Australia a cercarlo?

    Ciao e in bocca al lupo.

    Pubblicato 10 anni fa #
  19. Woltaired

    offline
    Membro

    Grazie a voi.
    Beh, K, ci sono andato. Via Campari 21- Sesto San Giovanni - Australia. (Solo che quello se ne stava a giocare a carte in un bar.) (a soldi, eh!)

    Pubblicato 10 anni fa #
  20. mjolneer

    offline
    Membro

    Il tempio dei sette è il primo episodio di una mini saga "urbana", di ambientazione un po' sf e un po' fantasy, che ho scritto per la collana Fantasy Tales della Delos Digital di Franco Forte, stesso editore dei due episodi che vedono protagonista Il lupo. Il secondo episodio "Stelle cadenti" dovrebbe uscire a maggio.

    Poi volevo condividere questa altra bella piccola soddisfazione, anzi due:

    Venerdì 14 marzo c'è stata la premiazione al Campidoglio del premio AlberoAndronico e ho vinto ancora, per la terza volta;

    poi qui c'è un link a un'iniziativa teatrale cui ho partecipato e qualcuno di voi si ricorderà del titolo che ho inviato:
    Favole della diversità

    Un abbraccio a tutti.

    Pubblicato 10 anni fa #
  21. k

    offline
    Membro

    Bravo. Ad maiora.

    Pubblicato 10 anni fa #
  22. Woltaired

    offline
    Membro

    Grande Luigi!

    Pubblicato 10 anni fa #
  23. mjolneer

    offline
    Membro

    Grazie signori, a presto.

    Pubblicato 10 anni fa #
  24. k

    offline
    Membro

    Questo è l'articoletto uscito oggi, domenica 8 giugno 2014, su Il Tempo, intitolato da loro Latina a Bari: in palio una fetta di serie A.
    Il titolo mio invece era diverso. Ecco qua:

    TRANQUILLI! NON VENGO

    Non andrò a vedere la partita con il Bari. Sono riuscito a andare quest’anno solo a quella con il Siena in casa, persa per tre a zero. Mia moglie ha detto: “Ma non sarai stato mica tu?”
    Ma che era, colpa mia se Rosina – quel canchero – giocava con loro? Una furia era stato, correva di qua e di là, non lo avrebbe preso neanche un buttero a cavallo dei tempi delle Paludi. Manco al lazo lo pigliavi. Se giocava con noi – sono sicuro – vincevamo noi. Invece giocava con loro. E’ colpa mia, ripeto? Lo comprassero l’anno prossimo. Anche se – per fortuna – nell’ultima partita s’è mangiato un rigore decisivo. Se segnava, ce li ritrovavamo nei play-off. Invece niente. Fuori. Corri corri, alla fine hai corso peruncazzo.
    “Eh!”, m’hanno detto in giro per Latina: “Hai battezzato anche Rosina”.
    Come fai fai, qua non indovini mai: sempre colpa mia è. Meglio che resti a casa: Forza Latina, Forza Leone Alato!
    Anzi, ma perché il sindaco non si decide a cambiare quell’anodino gonfalone comunale simbolo della città, mettendoci finalmente dentro anche il leone di San Marco? E’ o non è sotto il segno di Venezia e di San Marco – oltre al fascio naturalmente, che però sconsiglierei di rimettere nel gonfalone – che i nostri Padri bonificarono le paludi e fondarono le città? Viva, sempre viva il Leone Alato di San Marco!

    P.S. - Il guaio sarà l’anno prossimo, se andiamo in serie A. Come mi metto al derby? Per chi dovrò tifare? Povera As Roma mia, il dolore è grande ma tiferò Latina. Solo se dovessimo giocare con il Borgo Podgora allora, mi dispiace, tiferei Podgora. C’è scritto su tutti i manuali d’antropologia del resto: la patria piccola viene sempre prima – nel cuore – di quella più grande (quando stavo in fabbrica tifavo Fulgorcavi, giustamente). Ariforza Latina e tocchiamo ferro. Tranquilli, però: io col Bari non vengo.

    a.p.

    Pubblicato 9 anni fa #
  25. Lo chiamavano Rosinaldo

    Rosina resterà uno dei misteri del calcio. Tra i giocatori più discontinui che ricordo. Alterna prestazioni da fenomeno, che gli valsero qualche convocazione in Nazionale con Donadoni, a grigie esibizioni, condite da madornali errori di mira. Di lui mi è rimasta impressa una frase ai tempi del Torino: "Vorrei diventare per questa squadra quello che Francesco Totti è per la Roma". Ecco perché poi uno si perde per strada. Lo chiamavano Rosinaldo, ma si erano allargati troppo.

    Pubblicato 9 anni fa #
  26. k

    offline
    Membro

    Scusi Bassoli, ma io l'ho visto dal vivo e pareva proprio Francesco Totti. Anzi, Bruno Conti e Francesco Rocca 'Kawasaki'. Mo' non vorrei, come dice mia moglie, che sia stata tutta colpa mia.

    Pubblicato 9 anni fa #
  27. Lo so lo so, si vede che la sua presenza in tribuna l'ha galvanizzato. Mi creda: prestazioni del genere le ha sempre fatte, solo che poi si culla sugli allori per 4-5 partite. Credo che non ci abbiano capito un'acca neanche i suoi allenatori, ma se un giocatore con quel potenziale è finito in b un motivo ci sarà. E pensare che pippe immani, ma con la testa giusta, finiscono in Nazionale: guardi Abate. Ma come si fa a presentarsi a un mondiale con Abate?

    (Ma soprattutto come si fa a lasciare a casa Florenzi, che è un jolly e ti può fare tre ruoli? E poi, dispiace perché è di Latina e dicono sia un ragazzo d'oro, ma io tutta sta fretta di lanciare Perin a certi livelli non la capisco. Maro' oggi me paro mauriziomosca)

    Pubblicato 9 anni fa #
  28. A.

    offline
    Moderatore

    Oggi ho scritto questo, è solo l'inizio di un racconto che chissà quanto sarà lungo. Per ora lo consegno qui. se volete datemi dei pareri. Grazie.
    a.

    Il mare a sinistra

    (Latina 1977)

    Le casematte dovevano essere rimaste là dal periodo della guerra. Si diceva, non so con che fondamento, che le avessero messe i tedeschi prima dello sbarco di Anzio. Per lungo tempo, da quando ero bambino, la salsedine e le mareggiate ancora non le avevano logorate. Punteggiavano, per due km, la duna che da Capo Portiere avanza sino a Rio Martino. E continuavano forse fino a Torre Paola, sia dalla parte della spiaggia che nella rientranza oltre la strada. Qualcosa rimane ancora, ma ormai solo qualche pietra insabbiata. Accanto, segni di incontri notturni. Mozziconi, una bottiglia di birra.
    Questa parte di spiaggia era chiamata dai latinensi Il mare a sinistra. Senza nessuna altra denominazione. Era un’indicazione di percorso. Quando arrivi al mare, puoi girare “a destra”, dove vanno le famiglie con i genitori, gli abitanti delle palazzine del centro, la piccola borghesia impiegatizia, e se attraversi la strada e c’è il bar con i biliardini, l’edicola, la pizzeria e qualche negozio. Oppure puoi girare “a sinistra”, ed è il nulla.
    La spiaggia prende vita d’estate, a destra e a sinistra. Ma mentre a destra c’è lo stabilimento (al singolare, nonostante ce ne siano diversi: solo a Latina si chiama ancora stabilimento quello che altrove è il ‘bagno’ o il ‘lido’), a sinistra è spiaggia libera. Le famigliole non ci vanno, tranne quando si aggregano e formano le comitive. Intere palazzine, che si portano vivande, e stanno fino a sera cuocendosi al sole e organizzando partite di pallone. Poi coppie senza figli, ragazzi tra i venti e i trent’anni. Gli abitanti della Lottizzazione Cucchiarelli. E i sezzesi e bassianesi. Ti porti l'ombrellone e quando scendi a mare inizi a correre urlando e dicendo molte volte la parola “cazzo”, perché la sabbia è arroventata. Non ci sono passerelle di legno. Non ci sono parcheggi. Ci si accosta sulla strada che lambisce la duna, si mette un panno sul volante, e si va in spiaggia. Ci sono due chioschetti che vendono pizzette, birra e coca-cola. Forse ghiaccioli e coni confezionati. Ma sono piccolissimi. Nient’altro. Giornalai neanche a pensarlo. Sulla spiaggia, a partire dagli anni 75-80, inizieranno a passare i “marocchini”, con capi di abbigliamento e occhiali da sole. Prima, si fermava un camioncino, sulla piazzola appena curvato, vendeva braccioli e ciambelle gonfiabili e canotti. Ma solo di sabato e domenica.
    D’inverno, poi, a sinistra è proprio la Desolazione. Tranne di notte, quando qualche coppia si apparta per copulare in macchina. Ed è credo un’avventura, ma non avrà mai fatto parte della mia esperienza.

    Ho otto anni, sono finite le scuole, è domenica. Mio padre ha una Giulia 1600. Fuma in macchina, ma non quando c’è mia madre. Io sono dietro, mio fratello ha quattro anni. Vetri abbassati, caldo. La strada che porta al mare è abbastanza trafficata. Mio padre lavora al Monte dei paschi di Siena. Mia madre insegna alle elementari. Faccio la quinta elementare. Si sono conosciuti nel 1967 e sposati nel 1968, in agosto. Lui era orfano di guerra, aveva studiato in un collegio, ragioneria. Lei invece era la figlia di un camionista e di una casalinga sezzesi, trasferitisi nei primi anni 60 nel capoluogo. Mio padre è comunista, del sindacato comunista della banca. Ha anche organizzato una festa dell'Unità ai Giardinetti. Venne Nada. Mia madre apolitica, ma la famiglia è di destra. Mio nonno da giovane era stato chiamato nel 1942 a fare un corso per piloti di caccia, in Piemonte. Poi ci fu l’8 settembre e tornò. Classe 1923. Tutta la famiglia di mia madre era fascista. Fascisti sezzesi.
    Ci siamo svegliati alle sette, mia madre ha preparato la colazione. Mio padre è sceso a mettere l’ombrellone e gli asciugamani nella Giulia. In macchina fa molto caldo. Non si parla, anzi io non parlo. Con la testa in alto, guardo le cime degli eucalipti che scorrono sulla strada. Poi ci si ferma molto, perché c’è traffico. Loro parlano, per lo più di spese e di soldi. Certe volte litigano, ma in macchina non tanto. Si distraggono, per fortuna.
    Arrivati a Capo Portiere mio padre chiede.
    - Dove vado?
    - Di là c’è troppa gente
    Gira a sinistra, e inizia a cercare un parcheggio. Va piano.
    Sono le 9, e già il primo km è totalmente occupato. Per quanto si sia “a sinistra”, si tende sempre a non allontanarsi troppo dal centro, e la ragione dell’allontanamento è solo quella del parcheggio. Più si arriva tardi e più si è costretti ad inoltrarsi verso il primo (e unico) molo. In effetti, ancora oggi non so perché, ma si chiama “il primo molo”, anche se fino a Rio Martino c’è solo quello. Sia chiaro: a Rio Martino non si arriva mai, quella è la spiaggia degli “stranieri”, o degli abitanti di Borgo Grappa. I veneti, cioè. Mai andati oltre il primo molo. Si direbbe quasi, a pensarci, che il “mare a sinistra” finisca al primo molo.
    Dopo un km e mezzo, mi padre trova parcheggio. Si accosta, scende, prende gli asciugamani e li dà due a mia madre, uno a me. Poi completa il parcheggio. Noi rimaniamo fermi accanto alla macchina. Mia madre tiene in braccio mio fratello. Mio padre apre il bagagliaio e prende l’ombrellone, l'astone lo porto io, la parte sopra lui, insieme alla borsa di mia madre che pesa circa 5 kg. Mi sono sempre chiesto cosa ci fosse. Acqua, perette, pesche, ma anche un libro e il Corriere della Sera. Le chiavi.
    Indipendentemente da dove si parcheggi, occorre trovare la discesa a mare. Che spesso è un vialotto di sabbia che taglia la duna. All’inizio la sabbia è tiepida, poi si scoperchia e c’è la parte più difficile. Sabbia infuocata. Mia madre ha gli zoccoli, ma né io né mio padre li abbiamo. Iniziamo a correre urlando. Fanno così tutti, non c’è problema.
    L’ombrellone lo pianta mio padre, facendo roteare nella sabbia la punta del pezzo di sotto, dapprima a larghi giri poi sempre più corti, finché un terzo del bastone è ficcato nella sabbia più dura. Poi sopra l’ombrello che si apre. Mia madre intanto ha svolto l’asciugamano grande e ci ha appoggiato mio fratello. Io voglio soltanto spogliarmi, buttare i vestiti per terra e entrare in acqua. Non mi faccio mettere nessuna crema, odio che mi si tocchi. Voglio solo stare in acqua per tutta la giornata sino a sera. Non mi interessa altro. E nell’acqua perderò la mia coscienza. La memoria però si limita al ricordo di quei gesti rituali di preparazione. Come se nell’acqua si estinguesse, e tornasse alla vita irriflessa in cui il corpo si ricongiunge col gioco degli elementi.

    (continua)

    Pubblicato 9 anni fa #
  29. k

    offline
    Membro

    Bello. Continui.

    Pubblicato 9 anni fa #
  30. Manca una o qui: "Dopo un km e mezzo, mi padre trova parcheggio."

    Pubblicato 9 anni fa #

Feed RSS per questa discussione

Replica »

Devi aver fatto il login per poter pubblicare articoli.