La destra pulita e la sconfitta del pifferaio
di Franco Cordero, Repubblica, 10 novembre 2010
L'intimazione da Bastia Umbra è la penultima mossa d'una partita abilmente giocata: dimettersi, visto il punto morto nel quale sta, affinché siano ridefiniti programmi e confini dell'area governativa; è sottintesa l'incompatibilità del nuovo corso con l'attuale mezza signoria (deve fare i conti con la Lega); altrimenti l'uscita dei ministri Fli e l'avaro sostegno esterno, concesso o negato nei singoli casi, aprono la fase agonica.
Lo junior non poteva impedire la fusione (chiamiamola fagocitosi): ha salvato un nucleo, mentre i colonnelli convolavano al banchetto; meglio perderli che trovarli; da allora raccoglie consensi contestando l'impronta abnorme della politica governativa; una destra degna del nome prende sul serio Stato, interesse collettivo, legalità, dialettica parlamentare. Il conflitto era nelle cose: Dominus Berlusco, analfabeta in politica, va allestendosi un regno amorfo, fondato sul potere economico e mediatico, mentre i modelli rinascimentali italiani, superando l'anarchia comunale, sviluppavano strutture statali. Siccome i controcanti lo disturbano, risponde a modo suo: s'era acquisito larga parte dello stato maggiore An; accerchia l'antagonista; minaccia d'espellerlo (gesti da Sant'Uffizio o Politburo); infine, gli scatena addosso i giornali della casa. Sinora risulta perdente: contro Tortuga è nato un nuovo partito, della destra pulita; non sappiamo quanti voti conti ma in stile, idee, lessico, sbaraglia l'invasore pifferaio.
Dopo diciassette anni suonano male, moneta falsa, gli slogans con cui s'era impadronito della piazza: resta spaventosamente ricco, gonfiandosi ogni giorno (Dio sa quanto abbia accumulato dal 1994); è l'unica sua abilità, strepitosa, unica al mondo, con i rischi contro cui voleva premunirsi mediante scudi immunitari. Tolti i famigli, cortigiani, sgherri, odalische, strimpellatori, ruffiani, postulanti vari, prima o poi svaniscono i fumi della sbornia: trent'anni d'ipnosi televisiva lasciano guasti permanenti e i sopravvissuti li pagheranno cari nelle decadi future, ma qualcosa rimane dell'atavico discernimento; gl'Italiani sono gente cinica, notava Leopardi («Discorso sopra lo stato presente» dei loro «costumi»), filosofi d'istinto, anche i più ignoranti, quindi vedono le cose quali sono sotto belletto, parrucche, maschere. Sarà una partita interessante: pifferi, tamburi, tromboni, contro sguardi svegli, equazioni d'interesse, sentimenti; ed esito dubbio, molto temibile essendo l'Olonese. Guai a chi lo considera innocuo (vedi le nefaste furberie bicamerali), ma non ha più materia d'incantesimo: qualunque cosa dica o mimi, suona vecchia; l'hanno visto irresistibile solo pro domo sua; cederà voti alla Lega, né stupirebbe un cospicuo travaso nell'autentica destra.
Dove siamo e cosa sia augurabile, lettori curiosi possono indurlo dalla stampa equidistante (tale afferma d'essere, usando metri variabili). Ecco tre reperti. Il primo (E. Galli della Loggia, Corriere della Sera, 1 novembre 2010) parla chiaro: abbiamo un governo inerte; non capisce gli avvenimenti, remoto dal paese, stupidamente arroccato; chi lo guida commette imperdonabili défaillances, mentre reggi coda ipocriti, fautori della linea dura, alle sue spalle ne dicono d'ogni colore; in patologie simili i partiti vivi s'interrogano su quel che non va, cominciando dal capo «ingombrante»; non ha idee; s'è reclutato un personale da corte dei miracoli; bassi livelli intellettuali, maniera «plebea». Da quanti anni lo sapevamo. Il secondo diagnosta (S. Romano, ivi, 3 novembre) interviene a difesa enumerando i mirabilia governativi: nel libro dei sogni figurano invisibili opere pubbliche e persino «il recupero dell'evasione fiscale»; passando al premier, spende l'eufemismo «goliardico», salvo ammettere che i fatti de quibus stiano «divertendo il mondo» e lui parli troppo, malaccorto.
Infine, auspica pace tra i due: se no, andiamo alle urne; abominevole l'ipotetico governo tecnico. Il terzo medico (P. Battista, ivi, 8 novembre) deplorava i dissidi interni, ammonendo lo junior, quasi non fosse in ballo il modo d'intendere politica, Stato, governo. Stavolta definisce «irrealistico», quindi «velleitario», il disegno d'un centrodestra che non abbia più B. «suo indiscusso e carismatico leader». Seguono rilievi deprecatori sull'anomalia d'un presidente della Camera che intima al premier d'andarsene: se crisi dev'essere, avvenga nelle aule; e la sfiducia non tocchi le questioni della spesa. Poi l'ammette, il nuovo partito è cosa seria, «forza politica vera», «anima autentica». Mosso da «consiglieri rancorosi», voleva liquidare il dissenso in sede disciplinare, pessima idea. Vero, ma era impossibile comporlo politicamente: B. vuol essere padrone nel partito, governo, parlamento, Stato, corti giudiziarie, oltre alle aziende e mille società, on shore, off shore, insomma dappertutto; G.F. difende una visione liberale. Severo l'ammonimento finale: non s'immischi in maggioranze spurie, irrispettose della «volontà popolare»; se la rottura è irreversibile, accetti l'ordalia elettorale, anche con l'attuale «orribile» legge (perfidamente combinata in extremis dal secondo governo B., verrebbe ancora comoda).
«It's very clear», cantava Nat King Cole: gli «equidistanti», o almeno due dei tre, piangono sulla scissione (evento positivo, salutiamolo, il primo da quando è caduto il Caf, quasi vent'anni); volevano il Pdl ubbidiente al «capo carismatico», signore d'una Italia regredita nei secoli; auspicano che dal bagno elettorale esca vittorioso, forte, giovane (succede nell'alchimia, quando il re vecchio, malato, esausto trasmuta); in tale chiave va inteso l'aborrimento della maggioranza nuova emersa dalle Camere e governo-ponte; la qualificano proditoria, postulando una Repubblica plebiscitaria germinata nella cosiddetta «costituzione materiale». In mano ignorante formule tecniche diventano grimaldelli. Le conclusioni discendono a contrario. Piove dalle stelle l'ultima occasione della svolta che scongiuri un futuro caraibico: se hanno la testa sul collo, gl'interessati concertino due punti, regole elettorali e conflitto d'interessi; quando finalmente il quadro sia fisiologico, rimosso il pirata, destra e sinistra giocheranno le rispettive carte.
(10 novembre 2010)