Anonima scrittori

Forum Anonimascrittori » Anonima Scrittori

La Mazza News

(139 articoli)
  • Avviato 14 anni fa da CialtronEston
  • Ultima replica da parte di rindindin
  1. k

    offline
    Membro

    Refuso, refuso.

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. k

    offline
    Membro

    ...complimenti però a spadatratta (pantofola selvaggia?). gerardorizzo non era così sportivo, quando in gioco era lui.

    Pubblicato 13 anni fa #
  3. in quei giorni

    offline
    Membro

    invidiosa

    all'inizio è vero fa un po' male ... ma poi è così bello lasciarsi andare.

    ... è un'esperienza totalizzante, ma al tempo stesso ti annulla, ti annichilisce... è un piacere imprevedibile e vorticoso...
    adesso però smetto perché ... sono in ufficio.

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. aspadatratta

    offline
    Membro

    gerardorizzo non era così sportivo, quando in gioco era lui.

    come no, così sportivo che ha portato pure la sorella.

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. gerardorizzo

    offline
    Membro

    vi denuncio a tutti quanti se non togliete immediatamente quei ricordi dimmerda. posso capire ... forse meno stanco, meno spettinato, meno in partenza ... posso capire ma non quando si rivangano scherzi che mi riguardano me e miei consanguinei me e una delle mie care sorelle me e miei affetti più stretti. Me. io cellò i sarcasmo, cellò i ronia, ma no quanto .... Vorrei.

    FALLO ORA.

    sguiscidi, sfami, villici.

    nb
    ora lo faccio leggere a chi so io e vediamo che faccia mi fa ... se no mi fa la faccia giusta ... non so che faccio.

    e quanno ce vò ce vò .

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. cameriere

    offline
    Membro

    ma mi faccia il piacere,
    faccia di corno.
    facciamo così: faccia conto che
    non è successo niente,
    e ognuno si facesse i facci suoi.

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. aspadatratta

    offline
    Membro

    porca l'oca, non mi ero reso conto, la chiedo scusa.

    chiederò al moderatore di togliere quei ricordi dimmerda. immediatamente.

    nb
    Sig.rizzo per ritornare un attimo solo sull'accaduto: c'è solo il suo nome che potrebbe far pensare ad un suo marginale coinvolgimento, ma dalle espressioni di piacere che mi riferiscono gli uomini di pattuglia, il suo deve esser stato un tardivo pentimento. Cmq in ossequio assoluto alle regole del viver civile le porgo le mie scuse a lei e alla sua signora. sorella.

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. gerardorizzo

    offline
    Membro

    spadatrà, accetto le scuse che so sincere. ma è solo grazie all'equilibrato e generoso intervento del Kameriere, occasionale paciere, che recedo malvolentieri dal mio battagliero intendimento. ringrazi.

    nb
    vede, c'è buona gente in giro. ringrazi.

    ps
    ma se solo capisco che è l'ennesima presa in giro ....

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. aspadatratta

    offline
    Membro

    grazi, grazi.

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. rindindin

    offline
    Membro

    Gerardo adesso vai affanculo veramente! ti sei divertito? ti continui a divertire facendo il copia incolla delle mie risposte? io no per niente. spero di non incontrarti tanto presto perchè quel giorno ti sputerò in faccia viscido pezzo di merda! tu nn esisti più per me, sei andato oltre al gioco. ma tu guarda se mi devo far prendere per il culo da un depravato coglione testa di cazzo, per giunta siciliano!

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. urbano

    offline
    Membro

    Rindindin
    scusami eh
    eppure ce ne sono di detti popolari
    quelli della saggezza di accumulo
    tipo l'illuminante
    chi va per questi mari di questi pesci piglia.
    oppure il crudo, ma meno pertinente,
    chi troppi pali zompa
    uno gli ci si ficca.
    Eccetera eccetera
    ricordi il titolo
    ma che vuoi?
    ambientalità.
    Davvero, offri verdura a cannibali. Ma che vuoi?
    Ciao.

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. rindindin

    offline
    Membro

    grazie Urbano per avermi ricordato che questa è una giostra medievale. ma era per i cavalieri. bisognava dimostrare il valore, qui c'è solo l'infamia. c'è qualche infiltrato...

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. Fatela finita di pijà per culo la Rindi che s'è sempre fatta in 4 pe' As. Mo' ciavete rotto.
    Nun ce sapete fare, con le signore.

    Poi la perculata del racconto nun se poteva regge.
    Ma che v'eravate scolati?

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. in quei giorni

    offline
    Membro

    Gerardo adesso vai affanculo veramente! ti sei divertito? ti continui a divertire facendo il copia incolla delle mie risposte? io no per niente. spero di non incontrarti tanto presto perchè quel giorno ti sputerò in faccia viscido pezzo di merda! tu nn esisti più per me, sei andato oltre al gioco. ma tu guarda se mi devo far prendere per il culo da un depravato coglione testa di cazzo, per giunta siciliano!

    letto il tuo post e riportato parte essenziale.

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. k

    offline
    Membro

    Molto bello. Mi piace. Questa sì che è prosa realistica ed espressiva - e soprattutto meritata dal destinatario - specie nel punto che fa: "ti sputerò in faccia viscido pezzo di merda (...) depravato coglione testa di cazzo, per giunta siciliano" dove il peggior insulto, a pensarci bene, è proprio il "per giunta siciliano".

    Comunque, Rindi, adesso il dado è tratto. Qui non è che uno possa fare delle promesse e poi non mantenerle. Quel che è detto è detto, e alla prossima riunione pretenderemo tutti che tu lo sputi in faccia per davvero a questo "viscido pezzo di merda (...) depravato coglione testa di cazzo, per giunta siciliano". Amen.

    Pubblicato 13 anni fa #
  16. rindindin

    offline
    Membro

    finalmente qualcuno che mi ha fatto sorridere!
    se volete posso scriverlo anche in Irish...

    Pubblicato 13 anni fa #
  17. Ecco, io intendevo questo per "anima".
    Il post della Rindi è un esempio di testo che ha anima e non solo forma.

    Pure tu, Rindi, però... che caduta di stile pigliarsela coi siciliani. Mo' ti daranno della leghista.

    Pubblicato 13 anni fa #
  18. la lavandaia

    offline
    Membro

    da siciliana forse mi offendo eh... ma forse. Non garantisco!

    Però volendo replicare nella mia aulica madre lingua mi sento di dire : rindi ma non ni inchiri chini i chiacchiri

    Pubblicato 13 anni fa #
  19. leon8oo3

    offline
    Membro

    Rizzo, vedo che dove il suo piede tocca suolo si fa mille e più amici sempre pronti a lavarle la faccia al momento della bisogna. In ogni caso, con tutto il rispetto per i trascorsi precedenti di questo post- ormai ampiamente degenerato- e senza voler recare danno ad alcuno io, sicuramente per ignoranza dei rapporti "reali" tra i "contendenti", mi ci rotolo dal ridere con le sue "stronzate da siculo depravato".
    (un suo fan)

    Pubblicato 13 anni fa #
  20. rindindin

    offline
    Membro

    io manterrò la promessa.

    Pubblicato 13 anni fa #
  21. A me, in tutta onestà e pur comprendendo le motivazioni e la rabbia e la delusione, la risposta di Rindindin non è piaciuta. Quel "per giunta siciliano" è forse peggio di "depravato coglione testa di cazzo".

    Scusate, ma tanto dovevo.

    Pubblicato 13 anni fa #
  22. rindindin

    offline
    Membro

    sono diventata improvvisamente leghista...

    Pubblicato 13 anni fa #
  23. leon8oo3

    offline
    Membro

    Esci da questo corpo immondo demone!!!

    Pubblicato 13 anni fa #
  24. rindindin

    offline
    Membro

    conosci un buon esorcista?

    Pubblicato 13 anni fa #
  25. Fraccazzo da Velletri!
    Un professionista!

    Pubblicato 13 anni fa #
  26. A

    offline
    Membro

    Get the Video Plugins

    Pubblicato 13 anni fa #
  27. rindindin

    offline
    Membro

    riporto qualcosa che credo sia molto significativo dal punto di vista letterario, di analisi e critica del testo, quello che è mancato a tutti voi "modesti narratori" quando si parla (perchè non si sa scrivere) SOLAMENTE PER VOMITARE inutili, quanto malignamente riposte, elugubrazioni. leggete tutti con attenzione. il testo analizzato in 2 parti è quello che avrei voluto scrivere io, se ne avessi avute le capacità, ma che con maestria è riuscito a regalarmi Urbano, che si dimostra, lui, un vero amico. io imparo e faccio tesoro. voi fatene quello che volete. è complesso e lungo ma non vi siete persi d'animo neanche con i post infiniti di Sensi fino adesso, nn deludetemi ora, ancora una volta.

    p.s
    i grassetti e i corsivi dovete dedurli voi perchè sul forum nn so come riportarli, ma chi ha letto con attenzione il sofisticato capolavoro senza secondi fini del Rizzo potrà ben riconoscere le parti originali da quelli introdotti ex novo.
    Eccolo per voi, attenzione!

    Un diamante è per sempre...

    Di ritorno dai Misteri di Bolsena la sera ho incontrato Rizzo per strada, era in compagnia di Sensi, mi salutò cordiale chiedendomi cosa ne pensassi.
    Di che? gli ho chiesto
    Ma come niente sai? Non segui?
    Mi ha raccontato gli sviluppi suscitati dal vostro Palchinparco tanto poco deferente verso i maestri e mi ha aggiornato sul gioco che aveva montato per voi.
    Si è parlato di critiche e secondi fini ( i tuoi secondo lui) e io ho espresso la mia avversione per le situazioni di claustrofilia alla fagioli, alla fine da entrambi io sono stato catalogato simpatico ma movimentista ingenuo.
    Vacci però a leggere il pezzo e rispondimi ddai, eh, ma forse tu non lo farai che sei amico de la Rindi.
    Li ho salutati entrambi, comunque felice del giudizio critico nei miei confronti.
    Poi a casa ho cercato il pezzo e l’ho letto.
    Ci ho riflettuto sopra ma non ho risposto perché ho deciso di non entrare in quella caserma invece ho pensato di fare due cose:
    1) sottoporre ad analisi il testo
    2) riscriverlo.
    E’ poca cosa la mia ma non priva di interesse, ho annotato le mie impressioni e ne ho ricavato un quadro impressionante per la negatività, non so come altrimenti chiamarla, che intride il testo.
    Ora che è quasi finito ve lo mando sperando di non essere seppellito di saliva.
    Daniela può farne ciò che vuole.

    Parte 1
    analisi del testo.
    n.b.: in grassetto riporto il testo così come è apparso sul forum di AS
    in corsivo riporto il testo depurato dalle fobie più o meno inconsce e \ o inconsapevoli e dall’inutile.
    le note accennano grumi problematici degni di migliore trattazione che qui, dato il carattere gratuito dell‘azione, ometto.
    n.b.: questa è solo una prima stesura necessaria a sgrossare la massa del testo che necessita di ulteriori e successive raffinazioni.

    Il segreto negli occhi.
    Nella striscia di Gaza non ci sono mai stato. Ma se mi guardo intorno da questa terrazza si vedono tetti spogli e disadorni e antenne e padelle televisive a centinaia.
    Il titolo parodizza quello del libro di Eduardo A. Sacheri che però nella dedica alla nonna Nelly dice: per avermi insegnato il valore della conservazione e condivisione della memoria. Evidentemente si tratta di classico lapsus.
    Si capisce bene che l’autore non è mai stato a Gaza, infatti Gaza non è in Africa ma in un pezzo di terra tra Israele e Egitto detta striscia e anelata dai palestinesi. Ma lui la cita, a volte l’accostamento del “nostro” posto con un altro posto denuncia una volontà di disprezzo, un rilancio altrove di una realtà che invece è proprio qui. In ogni caso Gaza sta in Asia Minore a circa 2.000 chilometri in linea d’aria e sulla traiettoria.
    Dall'africa mi separa solo una striscia di mare, questa terra di confine mantiene intatta l'appartenenza al continente da cui è stata separata dai movimenti inconsulti delle maree e marginalmente dalla lentissima separazione delle piattaforme continentali.
    Da questa terrazza si vedono tetti spogli e disadorni e antenne e parabole. Dall'Africa mi separa solo una striscia di mare, questa terra di confine mantiene intatta l'appartenenza al continente da cui è stata separata.
    Il mio sguardo intenso sul buio orizzonte viene interrotto dallo squillo classico e compassato del mio nuovissimo blackberry.
    Il mio sguardo intenso sul buio orizzonte viene interrotto dallo squillo del mio nuovissimo cellulare.
    - dimmi tutto.
    - dove sei?
    - che vuoi?
    - dove sei?
    - ma che vuoi?
    La solita conversazione stentata.
    Le donne belle spesso pensano che basti uno sguardo, uno stacco di coscia: ma al telefono non funziona.
    Le donne belle pensano che basti la seduzione , ma al telefono non funziona.
    - problemi?
    Come faccio a dirle che sono seduto sul muretto sbreccato del tetto di un palazzo abbandonato nella periferia sud di Figada, a centinaia di chilometri, quasi un migliaio, da dove si aspetta di trovarmi.
    di una impossibile visione c’è di mezzo Kreta. La consapevolezza geografica aiuta la scena del racconto ma deve essere attendibile altrimenti è meglio inventare luoghi invisibili copiando Calvino.
    guardarsi intorno è un modo di dire discorsivo ma scrivendolo alla lettera corrisponde ad una attività narcisistica o quantomeno ad una scansione di se cosa che l’autore non fa.
    la pubblicità gratuitamente gratuita non è bella, al massimo denuncia l’immaginario esistenziale dell’autore.
    Autocitazione del testo Ma che vuoi? Gerardo Rizzo, poesieilmiolibro, 2009
    Figada si ritiene sia il paese dell’autore posto da Lui ritenuto una “ficata”
    Come faccio a dirle che sono seduto sul parapetto sbrecciato del terrazzo di una palazzina abusiva nella periferia sud di Figada , a più di seicento chilometri di chilometri da dove mi pensa.

    - non usciamo stasera? Che fai così zitto?
    - sono lontano. Stasera non posso.
    - dove sei.
    - non usciamo stasera? Che fai così zitto?
    - sono fuori. Stasera non posso.
    - dove sei.

    Solo un po' più spazientita.
    - a Figada. Ho sparato a una donna. Una madre di famiglia.
    - che hai fatto, ma che cazzo dici ...?
    Solo un po' più spazientita.
    - a Figada. Ho sparato a due persone.
    - che hai fatto, ma che cazzo dici ...?

    Ancora parlava quando ho abbassato . Le donne vogliono sempre tutto tranquillo tutto prevedibile tutto pianificato ma io non sono così. Le cose succedono proprio quando sono lì. Che ci posso fare.
    Ancora parlava quando ho chiuso la comunicazione. Le donne vogliono sempre tutto tranquillo tutto prevedibile tutto pianificato ma io non sono così. Le cose mi succedono addosso proprio quando sono lì. Che ci posso fare.
    Figada si ritiene sia il paese dell’autore posto da Lui ritenuto una “ficata”
    La distanza eccessiva è una iperbole inutile, tra Lesina\Latina e il punto più a sud di Figada posta l’estremo estremo della Sicilia sono si e no 700 km.
    L’autore non è “freddo” nel suo raccontare e confonde i pezzi di quello che altri pretendono essere un gioco letterario come si vedrà di persone ne uccide due e la donna tutto è meno ciò che generalmente si identifica con la definizione “madre di famiglia”
    la comunicazione per cellulare, anche se blackberry, non si abbassa, quello lo si fa con la vecchia cornetta del telefono che “ si mette giù”, con il cellulare si interrompe, si chiude.
    si inseriscono a volte brani pontieri utili solo a passare ad altro.
    Martedì sera facevo la fila al bancomat che al martedì è pieno così di quelli col cane che non sanno che cazzo fare per uscire di casa e rimanere fuori il più possibile e allora vanno al bancomat al drugstore a comprare i cornetti a fare benzina alla macchina per non fare la fila domattina.
    Martedì scorso facevo la fila al bancomat. Il martedì sera è pieno così di quelli col cane che non sanno che inventarsi per uscire di casa e rimanere fuori il più possibile e allora vanno al bancomat, al supermercato, a comprare i cornetti, a fare benzina alla macchina per non fare la fila domattina.
    Insomma facevo la fila e due davanti a me un uomo e una donna discutevano, litigavano , perché lei non si ricordava più la password :
    Insomma facevo la fila anche io e davanti a me un uomo e una donna litigavano, perché lei non si ricordava più il codice:
    - sei una stonata stai sempre a pensare ai cazzi tuoi tu e quei quattro coglioni degli amici tuoi.
    - sei proprio una stonata stai sempre a fantasticare te e quei quattro scemi degli amici tuoi.
    Lei lo guardava serafica. Quasi con compatimento. Al fondo dello sguardo però una lama d'acciaio s'intravedeva baluginare ad intermittenza.
    Lei impassibile lo guardava con commiserazione ma in fondo agli occhi da strega s'intravedeva uno scintillio d’acciaio .
    - dai facciamo un giro, me lo ricorderò tra un po'. Andiamo a prendere un gelato con i bimbi.
    meglio definire prima il tempo e allora “scorso” e poi l’orario e dunque “sera”
    uno che non sa cosa fare non è che ne sa ancora di meno se non sa che cazzo fare, l’uso del termine forte è una iperbole qualunquista.
    o discutevano o litigavano
    refuso per “codice”
    anche io, perché si deve essere onesti nelle proiezioni
    che razza di marito è quello che dice alla moglie che pensa “ai cazzi suoi?” E una piglio così aggressivo non è coerente con l’immagine che l’autore desidera dare del marito.
    Acciaio, Cinzia Avallone, Rizzoli, secondo classificato al premio strega 2010
    - ma vaffanculo. Domani devo lavorare. Mica sono come te che non fai un cazzo.
    Lei zitta.
    - dai facciamo un giro, me lo ricorderò tra un po'.
    Si allontanano sempre discutendo. Lei ha un vestitino colorato un po' corto sulle ginocchia, un decolletè generoso, efelidi, qualche piegolina di troppo sulle gambe lucide e depilate. Infiniti piccoli buchi di cellulite tradiscono gli anta . Lui uno sguardo azzurro e ingenuo, pelatino e stazzonato non la molla polemico e geloso.
    Si allontanano discutendo. Lei nonostante impercettibili segni che tradiscono l’età ha un vestitino colorato corto che le lascia scoperte fino a sopra le ginocchia le gambe lucide e depilate, un decolletè generoso e spruzzato di efelidi,. Lui è sciupato da inesorabile calvizie e con il suo sguardo azzurro e ingenuo non la molla polemico e geloso.
    - stai sempre a organizzare cazzate e io e i tuoi figli sempre di scorta, sempre un passo dietro all'artista, la grande cantante, la grande attrice, adesso scrittrice ed organizzatrice di festival da quattro soldi pieni di disperati supponenti ex drogati "perché mo' non so boni manco a fa quello."
    I bimbi sull' auto giocano e aspettano. li guardano che aprono le portiere, gli sguardi tristi sono gli stessi di sempre anche se la mamma sorride un po'.
    - ragazzi gelato?
    - sempre a sognare e io e i tuoi figli dietro, sempre, sempre dopo l'artista, dopo la cantante, dopo l’attrice, adesso pure la scrittrice che organizza eventi da quattro soldi, che poi ce li metto io, festival pieni di disperati.
    I bimbi sull' auto giocano e aspettano. li guardano che aprono le portiere, gli sguardi tristi sono gli stessi di sempre anche se la mamma sorride un po'.
    - ragazzi gelato?
    Si devono evitare le ridondanze inutili.
    vedi n. 15 e poi stavano litigando
    riferirsi all’età oltre che maleducato è una stereotipia macista
    cfr. nota 13. Il tipo delineato è un geloso innamorato e stanco.
    I bimbi sull' auto aspettano imbarazzati ma abituati.
    - ragazzi gelato?
    Silenzio dai sedili di dietro: la voce non nasconde bene la tensione.
    Silenzio dai sedili di dietro.
    Accende l'auto e ingrana di scatto la marcia con l'ex biondino della spider rossa di fianco.
    Accende l'auto, e gratta il cambio ingranando troppo nervosamente la prima..
    Li perdo di vista. Prelevo. Mi rificco in macchina e accendo la radio.
    Li perdo di vista. Prelevo. Entro in macchina e accendo la radio.
    Da quando mi sono laureato in filologia romanza non ho letto più una parola su un libro. Da quando è morto mio padre di cancro fumo come un turco. E faccio un lavoro merdoso. L'investigatore privato. Ho pensato che volevo fare lo scrittore ma non avevo le storie e allora me le sono andate a cercare. Ho pensato che dovevo campare ma non volevo fare un cazzo per farlo e allora che c'è di meglio che girare per la città in cerca di prove, di notizie, di storie torbide se ti pagano per farlo. Anche quando non trovi un cazzo di utile alle indagini, per corroborare ipotesi, per suffragare teorie. Basta qualche foto sfocata, una serie di scontrini e una frase smozzicata per convincere il cliente a sborsare e continuare un'indagine che già sai che non porterà a nulla.

    Da quando mi sono laureato non ho letto più un libro. Da quando è morto mio padre di cancro fumo come un turco. Da ragazzo volevo fare lo scrittore ma non sapevo immaginare storie, dovevo pur campare ma non avevo voglia di fare niente, allora le storie me le sono andate a cercare: faccio l'investigatore privato. Cosa di meglio che essere pagato per girare la città in cerca di prove, di notizie, di storie torbide. Anche quando non trovo cose utili alle indagini, per corroborare ipotesi e suffragare teorie, mi basta qualche foto sfocata, una serie di scontrini e
    il coinvolgimento dei “bimbi” deve essere sapiente perché evoca la categoria dell’innocenza.
    vedi n. 15
    La trivialità finta non fa sembrare più vera la scena.
    Questo è dileggio sessista dell’amore omosessuale, ma forse anche una sintomat
    una frase smozzicata per convincere il cliente di turno a sborsare e continuare un'indagine che tanto già so che non mi porterà da nessuna parte.

    Mi fermo dal cornettaro. Ho una panza da coltivare.
    - giovà come va ?
    Mi fermo al forno.
    - ciao giovà, come va ?
    Mi sorride vacuo, alla decima canna non risponde neanche più. La moglie l'ha lasciato per una sua lavorante e lui le paga l'affitto in centro. Si guadagna bene a fare il cornettaro di notte. Tutte le notti. Anche se poi la moglie ti lascia. E a te rimangono le canne.
    - ciao giovà.
    Gli do i soldi contati, ma lui non li conta. Li mette nella cassa e mi sorride ebete e felice. Almeno sembra.
    Mi sorride vacuo chè alla decima canna non risponde più. La moglie l'ha lasciato per una sua lavorante e lui le deve mantenere entrambe. Si guadagna bene a fare i cornetti di notte. Tutte le notti. Anche se poi la moglie ti lascia a te rimangono le canne.
    - ciao giovà.

    Quando scendo di nuovo dall'auto sono sul corso principale. Quello con le luci dei lampioni e quelle dei negozi spente. Sono tutto sporco di zucchero a velo. Il mio impermeabile blu da detective ha una macchia di caffè precedente e un paio di bruciature di sigarette sulla manica e adesso zucchero a velo bianchissimo sui reverse. Un pezzo di strada a piedi tra i palazzi in cortina, le sete delle signore attempate d'estate sui larghi marciapiedi di travertino bianco. Sudicio di chewing-gum e sputazzate di emigranti , accuratamente evitate
    [/i]Questo è dileggio sessista dell’amore omosessuale, ma forse anche una sintomatica forma di auto demoralizzazione giustificativa. L’argomento merita di essere approfondito.
    i detectives come si deve indossano un trench di gabardine quelli più moderni e disgraziati una ceratina tascabile
    si chiamano “cicche” o “gomme”
    dalle esperte passeggiatrici cotonate e flaccide e dai loro accompagnatori gioviali e scemi. Da una vita a far finta di esser scemi alla fine s'immedesimano nel ruolo. Mariti.
    I portoni dalle larghe vetrate con gli affittasi e i vendesi, le piante finte all'interno nell'androne prima dell'ascensore. Sui campanelli ormai solo numeri d'interni come nelle grandi città. Ma siamo al centro di Lesina , piccola, media città di provincia dai graziosi giardinetti pieni di ontani, colmi di olmi e di piante grasse sui balconi.
    Quando scendo di nuovo dall'auto sono su un corso principale con tutte le luci spente. Il mio trench che ha già una macchia di caffè, un paio di bruciature di sigarette sulla manica adesso ha anche tracce di bianchissimo zucchero a velo sui entrambi i baveri. Percorro un pezzo di strada tra palazzi in cortina e signore attempate intente a passeggiare i larghi marciapiedi di travertino bianco, sudicio di cicche e sputazzate. Portoni dalle larghe vetrate dichiarano affittasi, vendesi tra le piante finte all'interno nell'androne prima dell'ascensore. Sui campanelli ormai solo numeri d'interni come nelle grandi città. Invece siamo al centro di Lesina, una periferia di provincia dai pittoreschi giardinetti pieni di palmette morte e di basse piante grasse..
    Due biciclette a fari spenti, a pignone fisso. Quelle che non puoi smettere di pedalare. Ciclisti coraggiosi, senza freni. Due amiche con le borsette tese sulle ginocchia chiacchierano su una panchina scura, di ferro, di fianco alla torre del municipio. Se mi avvicino le sento sussurrare e ridere. Un barbone dorme sotto i portici della piazza principale. Da un angolo si sente l'acqua della fontana colpire la solita statua di Nettuno senza ormai nessuna violenza. Quasi una carezza. Refrigerio per chi non può apprezzare. Mi accendo una paglia. Un'ambulanza silenziosa attraversa la strada solo i lampeggianti blu, una macchina della polizia la segue.
    specificazione xenofoba, razzista e temporalmente inesatta semmai si tratta di “emigrati”, venuti tanti anni fa.
    vedi n. 15
    Non è chiara la identificazione della città ma la distanza dall’estremo confine meridionale fa ritenere possa trattarsi di Latina, ipotesi sufragata dal nick scelto dall’autore Lesina chiaramente derivato da lesinare, fare economie, essere spilorci, avari, tirchi, taccagni
    I due aggettivi inducono fanno confusione tra il piano fisico dimensionale e quello etico morale si tratta in realtà di una delle tante periferie urbane in cui il desiderio soddisfa la carenza.
    Passano due biciclette a fari spenti nella notte . Due ragazze parlano concitate sotto alla torre del municipio sedute su una panchina di ferro : perdono, dice una all’altra, quello che è fatto è fatto . Un barbone dorme sotto i portici della piazza. L'acqua della fontana colpisce la statua la palla di cipollino ma in silenzio senza nessuna violenza. Quasi una carezza. Mi accendo una canna. Un'ambulanza silenziosa attraversa la strada con i lampeggianti blu, una macchina della polizia la segue.
    Quando torno sui miei passi riattraversando la piazza e il corso ormai vuoto mi alzo il bavero del trench non perché ce ne fosse bisogno ma perché ci stava bene a quel punto . Metti che qualcuno guarda dalla finestra socchiusa, una donna insoddisfatta dell'amplesso col proprio noioso marito , una ragazza col walkman al buio, in slip e canottiera, nella sua piccola stanza piena di poster che sente un richiamo selvaggio , si affaccia alla finestra e guarda giù sul corso e mi vede passare col mio passo stanco ma sicuro. E s'innamora di quelle spalle curve, di quelle gambe storte, di quella nuvola di fumo. Di quegli occhi azzurri.
    Sorrido della mia coglionaggine, sotto l'arco medioevale dove ho lasciato l' auto in sosta vietata. Ma prima di entrare alzo lo sguardo su tutte quelle finestre spente. Niente.
    Accendo la radio, abbasso i finestrini e parto rombando.

    Torno sui miei passi mentre mi alzo il bavero del trench non perché ce ne sia bisogno ma perché ci sta bene. Metti che qualcuno guarda dalla finestra socchiusa, una donna insoddisfatta, una ragazza in slip e canottiera in preda un richiamo selvaggio, si affacciano alla finestra e guardano giù sul corso e mi vedono passare col bavero alzato, e s'innamorano del trench, delle spalle curve, delle gambe storte, della nuvola di fumo. .
    Sorrido della mia fantasia e prima di entrare in macchina furtivo da sotto l'arco e dove ho lasciata in sosta vietata sbircio su tutte le finestre spente. Niente. Nessuno.
    L’autore cita Lucio Battisti
    L’autore cita Tiziano Ferro, cantante autoctono, che soleva sedere su una panchina.
    L’autore cita XDONO hit del 2001, volendo forse mitigare la possibile incomprensione del suo lettore
    la connotazione dei caratteri marginali è rischiosa perchè siccome si scrive di ciò che si conosce in fine si parla delle proprie esperienze
    o desideri
    ????
    Accendo la radio, abbasso i finestrini e parto.

    Le curve si susseguono, salgo in collina a tutta velocità . M'allontano dalle luci della città e piombo nel buio pesto della campagna laziale tutta foreste e incuria e canali ai lati delle strade strette. Imbocco un bivio con le ruote che stridono sull'asfalto consunto e all'improvviso i lampeggianti della stradale illuminano la scena di un incidente. La macchina familiare cappottata nel canale. Ma a parte i poliziotti non ci sono altre persone, li hanno già portati via. Mi fermo.
    - che è successo ?
    Un segno della mano ad indicare la scena. Senza altre parole.
    Scendo.
    - allora?
    - s'è salvata solo la moglie. Il marito e figli non ce l'hanno fatta.
    - dove li hanno portati ?
    M'allontano dalla città e entro nel buio pesto della campagna tra avanzi di eucalpitus , rifiuti e canali luridi ai lati di strade strette e pericolose. Con le ruote che sbattono sul fondo pieno di buche, imbocco una curva sfiorando le spallette di un ponticello di bonifica. All'improvviso un blocco della stradale illumina la scena di un incidente. Una scenic ribaltata nel canale. A parte i poliziotti non ci sono altre persone, le vittime le hanno già portate via.
    - che è successo ?
    Un segno della mano indicare la scena. Senza altre parole.
    Scendo.
    - allora?
    -hanno sbattuto sulla spalletta del ponte, so troppo stretti sti maledetti ponti dell’opera ,dovrebbero levalli tutti, falli novi, allargalli, se so cappottati dentro ar Canale Mussolini.
    la donna nun s’è fatta niente, l’uomo era tutto rotto sanguinava come un animale, i regazzini so morti sul colpo, n’hanno sentito niente.
    - li hanno portati all’ospedale?
    Non aspetto la risposta e torno indietro. In città. L' attraverso con un'ombra sulla testa. A velocità sostenuta, anche dentro le mura.
    Lesina è al centro di una ex palude prosciugata e la campagna laziale è topologicamente piatta
    le originarie foreste, le “selve”, furono estirpate durante il fascismo e soppiantate da impianto massivo di eucaliptus colonizzatore che a sua volta, nemesiacamente, è stato segato dai coloni del dopoguerra.
    oltre la consapevolezza geografica anche lo spazio percepito è importante nella descrizione del posto di una storia, l’asfalto delle strette stradine non è “consunto” è “bucato”
    Lesina-Latina è Città senza mura, semmai circonvallazione.
    il pronto soccorso

    Quando arrivo nei pressi dell'ospedale civico, non mi decido a parcheggiare. Giro in tondo. Alla fine passo dall'entrata delle ambulanze e lascio la macchina lì sulla rampa con lo sportello aperto.
    Abbasso il maniglione antipanico della porta d'accesso al reparto d'urgenza e la trovo lì con un cerotto sulla testa che parla al cellulare, tranquilla, forse accenna un sorriso. Il vestitino colorato neanche un po' sgualcito. Un ginocchio sbucciato. Mi passa accanto neanche mi guarda . Arriva fuori sulla rampa si alza sulle punte come una ragazza si sporge un po' ma è solo un attimo che arriva qualcuno e lei sale su una macchina veloce mostrando un po' di cosce.
    Torno indietro cerco qualcuno con cui parlare. Percorro i lunghi corridoi sempre con quell' ombra scura sulla testa. Finalmente incontro qualcuno che mi indica una porta. Busso e apro senza aspettare. C'è uno chino a scrivere:
    - buonasera, la disturbo?
    - no
    E si rimette a scrivere senza guardarmi.
    Mi siedo e aspetto. Alla fine lui alza lo sguardo e dice:
    - I bambini sono morti subito sul colpo, non si sono accorti di niente, forse dormivano, il marito invece è stato sotto i ferri per quattro ore, era già arrivato senza un braccio. Non ce l'ha fatta.
    Brusco, laconico, essenziale, una mente matematica, razionale. Solo quando ha detto bambini c'è stata un'incertezza nella voce. Almeno mi è sembrato.
    Esco in strada di corsa. Mi hanno rimosso la macchina.
    Mi guardo nelle tasche, qualche spiccio, chiamo un taxi.
    Non aspetto la risposta e torno indietro.
    Quando arrivo nei pressi dell'ospedale passo dall'entrata delle ambulanze e lascio la macchina lì sulla rampa con lo sportello aperto.
    Abbasso il maniglione antipanico del pronto soccorso e la vedo nel corridoio, in piedi, con un cerotto sulla testa che parla al cellulare accenna pure un sorriso. Il vestitino colorato un po' sgualcito. Un ginocchio sbucciato.
    Chiude il telefonino e mi passa accanto senza vedermi. Quando è fuori sulla rampa aspetta nervosa ma è solo un attimo che arriva qualcuno e lei in un lampo di coscia sale su una macchina veloce.
    Torno indietro, percorro il corridoio con un' ombra scura sulla testa. Entro nell’ufficio senza aspettare. C'è uno carabinere chino a scrivere:
    il pronto soccorso
    perchè dovrebbe?
    nella economia del racconto questo modo di procedere giudica o induce giudizio nel lettore ricorrendo a categorie trivie che fanno leva sulla immoralità, la mancanza di rimorsi ….

    - buonasera,
    - mh
    Continua a scrivere senza guardarmi.
    Mi siedo e aspetto. Alla fine lui alza lo sguardo e dice:
    - I due bambini sono morti subito sul colpo, non hanno sentito niente, il marito invece era ridotto malissimo, è arrivato mutilato, senza un braccio il fegato spappolato e un polmone bucato. Non ce l'ha fatta. Lei scioccata ha preferito andaersene via, medicata però.
    Esco in strada. Mi hanno rimosso la macchina.
    Mi guardo nelle tasche, qualche spiccio, chiamo un taxi.

    Sul letto vestito cerco di prendere sonno.
    Saranno passati cinque minuti e il suono del mio nuovissimo blackberry classico , compassato, mi soprassale. Mi sveglio.
    - che ore sono?
    - le dodici meno dieci. Ti aspetto al bar.
    Abbasso per non morire. Mi rimetto a dormire.
    Trancanelli al bar sta facendo colazione da un bel po', quando arrivo stropicciato e affamato.
    - fame. Sono venuto giù solo perché ho fame e perché sennò.
    Mi guarda con commiserazione mista a compassione e ordina due caffè.
    - trancanè è successa una cosa tremenda stanotte.
    - lo so

    Sul letto vestito cerco di prendere sonno.
    La suoneria del cellulare mi scuote svegliandomi..
    - chi e?
    - e chi dev’esse so io
    - ma che ore sono?
    - quasi mezzogiorno, movite. t’aspetto ar bar.
    Quando arrivo stropicciato e affamato, Cappa al bar sta facendo colazione da un bel po'
    - fame. Sono venuto giù solo perché avevo fame.
    Mi guarda con commiserazione mista a compassione e ordina due hag.
    - Cappa è successa una cosa tremenda stanotte.
    - Lo so, lo so.

    Trancanelli è ispettore della mobile da molti anni ormai e sembra un animale notturno con quei sopracciglioni neri su fondo pallido.
    - sono stato tutta la notte di pattuglia e quando sono tornato a casa mi è passato il sonno.
    Non sa niente. Un incidente d'auto non può attirare l'attenzione di un vecchio
    [i] vedi n. 4 , eppoi prima era “nuovissimo”
    poliziotto. Rotto a ben altre efferatezze.
    Ordino un paio di cornetti e mangio in silenzio.
    - che stavi dicendo? Che mi volevi dire?
    Cerco di sviare il discorso.
    - anch'io ho dormito poco. Mi sono svegliato tutto vestito e non mi ricordo che ho fatto ieri sera.
    Mi guarda divertito. Gli arriva una telefonata dall'ufficio, si alza tutto concentrato e se ne va. Lasciandomi pochi spicci sul tavolino che neanche bastano per il suo caffè.
    Ma cazzo mi avevi invitato tu. Neanche glielo dico, perché è già lontano.

    Con Cappa ci vivo insieme, dividiamo l’appartamento.
    E’ ispettore dell’ Opera da sempre e sembra una nutria con quei peli neri tutti unti sul viso pallido e appuntito..
    - sono stato tutta la notte a pattugliare la sponda di Cisterna , quando sono tornato a casa mi è passato il sonno.
    Non sa niente. Un incidente d'auto non può attirare l'attenzione di un vecchio forestale.Rotto a ben altre efferatezze.
    Ordino un paio di cornetti e mangio in silenzio.
    - che stavi dicendo? Che mi volevi dire?
    Cerco di sviare il discorso.
    - ho dormito poco anch'io. Mi sono svegliato tutto vestito e non mi ricordo che ho fatto ieri sera.
    Mi guarda divertito. Gli arriva una telefonata dall'ufficio, si alza tutto concentrato e se ne va. Lasciandomi pochi spicci sul tavolino che neanche bastano per il suo caffè.

    Passo in farmacia, con un gran mal di testa.
    - moment per favore.
    Mentre quella va a prendere la scatola nel retro, una signora con un foulard sulla testa e un leggerissimo soprabito beige entra togliendosi con fare studiato occhialoni neri alla audrie epburn in colazione da tiffany.
    Un tuffo al cuore. Un tumulto inconsulto. Non trovo neanche il denaro per pagare l'analgesico. Pago con la carta di credito e quando la farmacista mi chiede di firmare la ricevuta firmo col nome della mia ex moglie. Fortuna che nessuno guarda mai che cazzo scriviamo sulle ricevute delle carte di credito. Uno potrebbe scrivere: Duce Duce e nessuno se ne accorgerebbe. La prossima scrivo: firmato Diaz.
    Mi accendo la solita paglia e aspetto che esca.
    Sciantosa, col passo leggero di chi non ha un pensiero nella vita, si dirige verso una macchina sportiva. Un ciccione alla guida. Li seguo.

    Passo in farmacia, con un gran mal di testa.
    - aspro per favore.
    Mentre il farmacista va a prendere il farmaco in magazzino, una signora con un foulard Hermes in testa e un leggerissimo soprabito beige entra togliendosi con fare studiato occhialoni neri alla Rossy de Palma.
    Ordina a bassa voce prodotti intimi.
    Sfoggia una parure di diamanti appesa a un decolté largo profumato e morbido.
    E’ Lei, la donna del bancomat. Un tuffo al cuore. Non trovo neanche le monete così pago con la carta di credito e quando il farmacista mi chiede di firmare la ricevuta scarabocchio il nome di una mia vecchia moglie.
    Mi accendo un’altra canna e aspetto che esca.
    Sciantosa, col passo leggero di chi ha un pensiero nella vita, si dirige verso una suv lucido e gonfio. Un grassone alla guida. Decido di seguirli. .

    Arrivano in un agriturismo appena fuori città vicino ad un lago di acqua salmastra. Vegetazione lussureggiante, piccoli bungalow sulla riva del lago. Percorrono uno di quei sentierini di pietre sfalsate abbracciati. Lui sgraziato, lei perdutamente innamorata.
    Aspetto. Aspetto la sera. Sul ciglio della strada. Appoggiato alla macchina. E fumo. Negli occhi. In silenzio. Non mi passa la rabbia. Irragionevole come tutti i detective mi passo una mano sulla fronte poi sulla nuca madida.
    Quando busso alla porta del bungalow, ho già preso la pistola dal cruscotto, controllato i proiettili e richiuso il tamburo con uno scatto. L'ho tenuta in tasca per tutto il sentiero. Ma quando apre la porta lei con l'accappatoio slacciato sul davanti se la trova spianata bene in vista con la canna che brilla alla luce della luna. Indietreggia solo poco. Le sparo appena dopo. Lui non fa in tempo ad alzarsi dal letto che sparo anche a lui due passi dentro la porta. Richiudo piano non senza aver dato un'ultima occhiata alla scena del delitto. Lei scomposta, senza slip, le cosce socchiuse, un rossore sul seno all'altezza del cuore. Lui, il cranio sfondato sulla testiera del letto, il telecomando ancora in mano.
    Scendono in un resort appena fuori città. Vegetazione lussureggiante, bungalow discreti sparpagliati sulla riva di un lago di acqua salmastra . Percorrono il vialetto avvinti, lui ansimante e sgraziato , lei sdrucciolosa come una biscia fa in modo di inciampare di continuo per ondeggiare spalmando il suo corpo sul sudore di lui.
    Aspetto il buio appoggiato alla macchina e fumo. In silenzio, sento crescere la rabbia, come farebbero tutti i detective mi passo una mano prima sulla fronte madida per detergerla e poi sulla nuca per asciugarla.
    Ho preso la pistola dal cruscotto, ho controllato i proiettili, ho richiuso il tamburo con uno scatto, ho messo il silenziatore.
    Me la sono messa nei calzoni, e ho incominciato ad avanzare guardingo verso il bungalow. Per tutto il sentiero ho sentito la canna premermi sul pene.
    Quando ho bussato alla porta è stata lei ad aprire.
    Lo stupore le ha aperto l'accappatoio scoprendole il corpo nudo. Indietreggia a evitare l’arma spianata bene in vista che brilla alla luce della luna. La prende in mano mentre mi guarda muta e sbigottita . Premo il grilletto e le sparo in piena pancia.
    Il grassone che sta sfogliando un libro di Pennac non fa nemmeno in tempo ad alzarsi dal letto, atterrito si nasconde istintivamente dietro le pagine, sparo anche a lui, lo centro in testa bucando il volume.
    Guardo un'ultima volta la scena: lei in terra, le gambe socchiuse a raccogliere il sangue che esce dal foro che ha in pancia, lui seduto nel letto spinto all’indietro dal cranio sfondato ed un’aureola di cervello rosso che incolla pezzettini di carta sulla parete.
    Prendo la parure di diamanti dal comodino e richiudo piano.
    Scappo gettando la rivoltella nel lago. Il sentiero a ritroso sembra lungo, più lungo del corso di Lesina, inciampo nel rado selciato, appoggio un ginocchio, sento un rumore sordo, come di uno stecco di legno secco. Maledetta osteoporosi.
    Zoppicando arrivo all'auto. Accendo la radio e parto rombando. Dai finestrini abbassati entra l' aria fresca della sera. Mi scompiglia i capelli, li riavvio con un gesto automatico ogni poco. Poi mi stufo e accendo l'aria condizionata.
    Ho guidato per ore superando tutto quello che avevo davanti: moto, auto lente, camion a rimorchio. Tutte statali fino a Figada, Sicilia meridionale. Qui finisce l'Italia. Dopo il mare c'è l'Africa col suo sapore scuro. Il suo odore selvaggio. Le sue belve feroci.
    Ma una di belva è rimasta da questa parte della spiaggia, su questa terrazza calda a picco su altre case più basse costruite nel fondo di questo vallone. Domino l'orizzonte scuro da questo piazzale circondato da antenne che riempiono d'immagini dal mondo le case deturpate, le facce annichilite dei telespettatori.
    La rivoltella la smonto e la getto a pezzi nel lago, scappo via. Inciampo e sento un rumore sordo, come di uno stecco di legno secco. Maledetta osteoporosi.
    Zoppicando arrivo all'auto. Parto rombando. Dai finestrini abbassati entra l' aria umida della palude. Mi appiccica i capelli, li riavvio con un gesto automatico ogni poco. Poi mi stufo chiudo il finestrino e accendo l'aria condizionata.
    Ho guidato per sei ore superando tutto quello che avevo davanti: moto, auto, camion. Solo sul traghetto mi sono appisolato. Tutte statali fino a Figada, estrema Sicilia meridionale. Qui l'Italia è proprio finita. Dopo il mare c'è l'Africa col suo sapore scuro. Il suo odore selvaggio. Le sue bestie.
    Una di quelle è rimasta da questa parte della spiaggia, su questa terrazza calda a picco su altre case più basse costruite nel fondo di questo vallone. Domino l'orizzonte scuro da questo terrazzo circondato da antenne che riempiono d'immagini dal mondo le case deturpate. .
    Suona ancora il cellulare.E’ Daniela, mi manca la sua voce, forse le devo qualche spiegazione.
    Una di quelle è rimasta da questa parte della spiaggia, su questa terrazza calda a picco su altre case più basse costruite nel fondo di questo vallone. Domino l'orizzonte scuro da questo terrazzo circondato da antenne che riempiono d'immagini dal mondo le case deturpate.

    Suona ancora vecchio blackberry. Mi manca la voce di Carla, forse le devo qualche spiegazione.
    Suona ancora il cellulare. E’ Daniela, mi manca la sua voce, forse le devo qualche spiegazione.
    - ... li ha ammazzati tutti,anche i figli piccoli, per scappare col suo danaroso editore. E io li ho ammazzati tutti e due come cani rabbiosi.
    - come lo sapevi che era il suo editore?
    - sulla macchina aveva il logo di una piccola casa editrice a pagamento, mi pare un gabbiano, un albatros e sotto c'era scritto "se lo hai scritto lo devi pubblicare."
    Non c'era sorpresa nella sua voce.
    - ti raggiungo. Un weekend giù mi ci vuole.
    Suona ancora cellulare. Mi manca la voce di Daniela, forse le devo qualche spiegazione.
    - ... li aveva ammazzati tutti, anche i figli, per scappare con il suo editore. E io li ho ammazzati tutti e due.
    Le ho raccontato tutto.
    - Che tu ne sapevi che era il suo editore?
    - sulla macchina aveva il logo di una piccola casa editrice a pagamento, iltuolibro proprio un libro di taglio.
    Ha ascoltato in silenzio e mi ha detto.
    - Ti raggiungo, aspettami.
    Quando scende dalla sua porche nera sembra Eva kant.
    Si lega i capelli lunghi e biondi. Si avvicina flessuosa, fasciata dal suo tubino nero.
    Mi bacia con passione.
    - ho portato i diamanti.
    Mentre scende dalla sua Picasso nera mi pare bellissima.
    Quando entra in casa si lega i lunghi capelli biondi, e intanto che si avvicina elastica, si libera del vestito a fiori, del reggiseno, degli slip, mi butta sul letto e mi sale addosso.
    Mi bacia con passione mentre mi possiede.
    E questi cosa sono?
    mi domanda dopo mentre sudato anelo una brezza rinfrescante.
    E’ il suo girocollo di diamanti, l’aveva indosso quando l’ho ammazzata.
    Che bello
    dice lei e sfiora le gemme.
    Poi si alza e indossa i diamanti mentre si dirige al comò. Si china un attimo verso lo specchio a guardarsi il bel collo luccicante e sporge il culo verso di me.
    E come è che hai fatto?
    Me lo chiede impugnando la pistola che avevo lasciato sul comò
    Così?
    Sorride un attimo mentre con fredda precisione mi spara in pieno pube .
    Non riesco a dire niente, neanche a urlare il dolore che sento, cerco di non far colare via tutto quel sangue.
    Proprio li di fronte a me Daniela si rinfila il vestito, le scarpe, si rassetta i capelli, si liscia i bei diamanti che ha al collo e mentre si spruzza un soffio di arpege sulla nuca mi guarda con commiserazione e mi dice
    Gerardo, tu non mi servi più a un cazzo.
    Sento le gomme della sua Picasso scricchiolare sul brecciolino del giardino e poi il rumore che si smorza.
    Il silenzio si riempie dell’affanno del mio respiro e di buio.

    [b]Parte 2
    l’altro testo.

    Dopo una ulteriore piccola revisione ecco l’altro testo.
    Meno parabola e più racconto, spero.
    (E un pochino risarcitoria.)

    Un diamante è per sempre.
    Da questa terrazza si vedono tetti spogli e disadorni e antenne e parabole. Dall'Africa mi separa solo una striscia di mare, questa terra di confine mantiene intatta l'appartenenza al continente da cui è stata separata.
    Il mio sguardo intenso sul buio orizzonte viene interrotto dallo squillo del mio nuovissimo cellulare.
    - dove sei?
    - ma che vuoi?
    Le donne belle pensano che basti la seduzione , ma al telefono non funziona.
    Come faccio a dirle che sono seduto sul parapetto sbrecciato del terrazzo di una palazzina abusiva nella periferia sud di Figada, a più di seicento chilometri di chilometri da dove mi pensa.

    - non usciamo stasera? Che fai così zitto?
    - sono fuori. Stasera non posso.
    - dove sei.
    Solo un po' più spazientita.
    - a Figada. Ho sparato a due persone.
    - che hai fatto, ma che cazzo dici ...?
    Ancora parlava quando ho chiuso la comunicazione. Le donne vogliono sempre tutto tranquillo tutto prevedibile tutto pianificato ma io non sono così. Le cose mi succedono addosso proprio quando sono lì. Che ci posso fare.
    Martedì scorso facevo la fila al bancomat. Il martedì sera è pieno così di quelli col cane che non sanno che inventarsi per uscire di casa e rimanere fuori il più possibile e allora vanno al bancomat, al supermercato, a comprare i cornetti, a fare benzina alla macchina per non fare la fila domattina.
    Insomma facevo la fila anche io e davanti a me un uomo e una donna litigavano, perché lei non si ricordava più il codice:
    - sei proprio una stonata stai sempre a fantasticare te e quei quattro scemi degli amici tuoi.
    Lei impassibile lo guardava con commiserazione ma in fondo agli occhi da strega s'intravedeva uno scintillio d’acciaio.
    - dai facciamo un giro, me lo ricorderò tra un po'.
    Si allontanano discutendo. Lei nonostante impercettibili segni che tradiscono l’età ha un vestitino colorato corto che le lascia scoperte fino a sopra le ginocchia le gambe lucide e depilate, un decoltè generoso e spruzzato di efelidi,. Lui è sciupato da inesorabile calvizie e con il suo sguardo azzurro e ingenuo non la molla polemico e geloso.
    - sempre a sognare e io e i tuoi figli dietro, sempre, sempre dopo l'artista, dopo la cantante, dopo l’attrice, adesso pure la scrittrice che organizza eventi da quattro soldi, che poi ce li metto io, festival pieni di disperati.
    I bimbi sull' auto aspettano imbarazzati ma abituati.
    Silenzio dai sedili di dietro.
    Accende l'auto, e gratta il cambio ingranando troppo nervosamente la prima..
    Li perdo di vista. Prelevo. Entro in macchina e accendo la radio.
    Da quando mi sono laureato non ho letto più un libro. Da quando è morto mio padre di cancro fumo come un turco. Da ragazzo volevo fare lo scrittore ma non sapevo immaginare storie, dovevo pur campare ma non avevo voglia di fare niente, allora le storie me le sono andate a cercare: faccio l'investigatore privato. Cosa di meglio che essere pagato per girare la città in cerca di prove, di notizie, di storie torbide. Anche quando non trovo cose utili alle indagini, per corroborare ipotesi e suffragare teorie, mi basta qualche foto sfocata, una serie di scontrini e una frase smozzicata per convincere il cliente di turno a sborsare e continuare un'indagine che tanto già so che non mi porterà da nessuna parte.
    Mi fermo al forno.
    - ciao giovà, come va ?
    Mi sorride vacuo chè alla decima canna non risponde più. La moglie l'ha lasciato per una sua lavorante e lui le deve mantenere entrambe. Si guadagna bene a fare i cornetti di notte. Tutte le notti. Anche se poi la moglie ti lascia a te rimangono le canne.
    - ciao giovà.
    Quando scendo di nuovo dall'auto sono su un corso principale con tutte le luci spente. Il mio trench che ha già una macchia di caffè, un paio di bruciature di sigarette sulla manica adesso ha anche tracce di bianchissimo zucchero a velo sui entrambi i baveri. Percorro un pezzo di strada tra palazzi in cortina e signore attempate intente a passeggiare i larghi marciapiedi di travertino bianco, sudicio di cicche e sputazzate. Portoni dalle larghe vetrate dichiarano affittasi, vendesi tra le piante finte all'interno nell'androne prima dell'ascensore. Sui campanelli ormai solo numeri d'interni come nelle grandi città. Invece siamo al centro di Lesina, una periferia di provincia dai pittoreschi giardinetti pieni di palmette morte e di basse piante grasse..
    Passano due biciclette a fari spenti nella notte. Due ragazze parlano concitate sotto alla torre del municipio sedute su una panchina di ferro: perdono, dice una all’altra, quello che è fatto è fatto. Un barbone dorme sotto i portici della piazza. L'acqua della fontana colpisce la palla di cipollino ma in silenzio senza nessuna violenza. Quasi una carezza. Mi accendo una canna. Un'ambulanza silenziosa attraversa la strada con i lampeggianti blu, una macchina della polizia la segue. Un gattino miagola.
    Torno sui miei passi mentre mi alzo il bavero del trench non perché ce ne sia bisogno ma perché ci sta bene. Metti che qualcuno guarda dalla finestra socchiusa, una donna insoddisfatta, una ragazza in slip e canottiera in preda un richiamo selvaggio, si affacciano alla finestra e guardano giù e mi vedono passare col bavero alzato, e s'innamorano del trench, delle spalle curve, delle gambe storte, della nuvola di fumo, di me.
    Sorrido della mia fantasia e prima di entrare in macchina furtivo da sotto l'arco dove l’ ho lasciata in sosta vietata sbircio su tutte le finestre spente. Niente. Nessuno.
    Accendo la radio, abbasso i finestrini e parto.
    M'allontano dalla città e entro nel buio pesto della campagna tra avanzi di eucalpitus , rifiuti e canali luridi ai lati di strade strette e pericolose. Con le ruote che sbattono sul fondo pieno di buche, imbocco una curva sfiorando le spallette di un ponticello di bonifica. All'improvviso un blocco della stradale illumina la scena di un incidente. Una scenic ribaltata nel canale. A parte i poliziotti non ci sono altre persone, le vittime le hanno già portate via.
    - che è successo ?
    Un segno della mano indicare la scena. Senza altre parole.
    Scendo.
    - allora?
    -hanno sbattuto sulla spalletta del ponte, so troppo stretti sti maledetti ponti dell’opera ,dovrebbero levalli tutti, falli novi, allargalli, se so cappottati dentro ar Canale Mussolini.
    la donna nun s’è fatta niente, l’uomo era tutto rotto sanguinava come un animale, i regazzini so morti sul colpo, n’hanno sentito niente.
    - li hanno portati all’ospedale?
    Non aspetto la risposta e torno indietro.
    Quando arrivo nei pressi dell'ospedale passo dall'entrata delle ambulanze e lascio la macchina lì sulla rampa con lo sportello aperto.
    Abbasso il maniglione antipanico del pronto soccorso e la vedo nel corridoio, in piedi, con un cerotto sulla testa che parla al cellulare accenna pure un sorriso. Il vestitino colorato un po' sgualcito. Un ginocchio sbucciato.
    Chiude il telefonino e mi passa accanto senza vedermi. Quando è fuori sulla rampa aspetta nervosa ma è solo un attimo che arriva qualcuno e lei in un lampo di coscia sale su una macchina veloce.
    Torno indietro, percorro il corridoio con un' ombra scura sulla testa. Entro nell’ufficio senza aspettare. C'è uno carabinere chino a scrivere:
    Torno indietro, percorro il corridoio con un' ombra scura sulla testa. Entro nell’ufficio senza aspettare.
    C'è uno carabinere chino a scrivere:
    - buonasera,
    - mh
    Continua a scrivere senza guardarmi.
    Mi siedo e aspetto. Alla fine lui alza lo sguardo e dice:
    - I due bambini sono morti subito sul colpo, non hanno sentito niente, il marito invece era ridotto malissimo, è arrivato mutilato, senza un braccio il fegato spappolato e un polmone bucato. Non ce l'ha fatta. Lei scioccata ha preferito andaersene via, medicata però.
    Esco in strada. Mi hanno rimosso la macchina.
    Mi guardo nelle tasche, qualche spiccio, chiamo un taxi.
    Sul letto vestito cerco di prendere sonno.
    La suoneria del cellulare mi scuote svegliandomi..
    - chi e?
    - e chi dev’esse so io
    - ma che ore sono?
    - quasi mezzogiorno, movite. t’aspetto ar bar.
    Quando arrivo stropicciato e affamato, Cappa al bar sta facendo colazione da un bel po'
    - fame. Sono venuto giù solo perché avevo fame.
    Mi guarda con commiserazione mista a compassione e ordina due hag.
    - Cappa è successa una cosa tremenda stanotte.
    - Lo so, lo so.
    Con Cappa ci vivo insieme, dividiamo l’appartamento.
    E’ ispettore dell’ Opera da sempre e sembra una nutria con quei peli neri tutti unti sul viso pallido e appuntito.
    - sono stato tutta la notte a pattugliare la sponda di Cisterna , quando sono tornato a casa mi era passato il sonno.
    Non sa niente. Un incidente d'auto non può attirare l'attenzione di un vecchio forestale. Rotto a ben altre efferatezze.
    Ordino un paio di cornetti e mangio in silenzio.
    - che stavi dicendo? Che mi volevi dire?
    Cerco di sviare il discorso.
    - ho dormito poco anch'io. Mi sono svegliato tutto vestito e non mi ricordo che ho fatto ieri sera.
    Mi guarda divertito. Gli arriva una telefonata dall'ufficio, si alza tutto concentrato e se ne va. Lasciandomi pochi spicci sul tavolino che neanche bastano per il suo caffè.
    Passo in farmacia, con un gran mal di testa.
    - aspro per favore.
    Mentre il farmacista va in magazzino, una donna con il capo fasciato da un foulard Hermes e un leggerissimo soprabito color carne entra togliendosi con fare studiato occhialoni neri alla Rossy de Palma.
    Ordina a bassa voce prodotti intimi.
    Sfoggia un collier di diamanti appeso a un decolté largo profumato e morbido.
    E’ Lei, la donna del bancomat. Un tuffo al cuore. Non trovo neanche le monete così pago con la carta di credito e quando il farmacista mi chiede di firmare la ricevuta scarabocchio il nome di una mia vecchia moglie.
    Mi accendo un’altra canna e l’ aspetto.
    Sciantosa, col passo leggero di chi ha un pensiero nella vita, si dirige verso una suv lucido e gonfio. Un grassone è alla guida. Decido di seguirli. .

    Scendono in un resort appena fuori città. Vegetazione lussureggiante, bungalow discreti sparpagliati sulla riva di un lago di acqua salmastra . Percorrono il vialetto avvinti, lui ansimante e sgraziato , lei sdrucciolosa come una biscia fa in modo di inciampare di continuo per ondeggiare spalmando il suo corpo sul sudore di lui.
    Aspetto il buio appoggiato alla macchina e fumo. In silenzio, sento crescere la rabbia, come farebbero tutti i detective mi passo una mano prima sulla fronte madida per detergerla e poi sulla nuca per asciugarcela.
    Ho preso la pistola dal cruscotto, ho controllato i proiettili, ho richiuso il tamburo con uno scatto, ho avvitato il silenziatore.
    Me la sono infilata nei calzoni, e ho incominciato ad avanzare guardingo verso il bungalow. Per tutto il sentiero ho sentito la canna premermi sul pene.
    Quando ho bussato alla porta è stata lei ad aprire.
    Lo stupore le ha aperto l'accappatoio scoprendole il corpo nudo. Indietreggia a evitare l’arma spianata bene in vista che brilla alla luce della luna. La prende in mano mentre mi guarda muta e sbigottita . Premo il grilletto e le sparo in piena pancia.
    Il grassone che sta sfogliando un libro di Pennac non fa nemmeno in tempo ad alzarsi dal letto, atterrito si nasconde istintivamente dietro le pagine, sparo anche a lui, lo centro in testa bucando il volume.
    Guardo un'ultima volta la scena: lei in terra, le gambe socchiuse a raccogliere il sangue che esce dal foro che ha in pancia, lui seduto nel letto spinto all’indietro dal cranio sfondato ed un’aureola di cervello rosso che incolla pezzettini di carta sulla parete.
    Prendo il girocollo di diamanti dal comodino e richiudo piano.
    La rivoltella la smonto e la getto a pezzi nel lago, scappo via. Inciampo e sento un rumore sordo, come di uno stecco di legno secco. Maledetta osteoporosi.
    Zoppicando arrivo all'auto. Parto rombando. Dai finestrini abbassati entra l' aria umida della palude. Mi appiccica i capelli, li riavvio con un gesto automatico ogni poco. Poi mi stufo chiudo il finestrino e accendo l'aria condizionata.
    Ho guidato per sei ore superando tutto quello che avevo davanti: moto, auto, camion. Solo sul traghetto mi sono appisolato. Tutte statali fino a Figada, estrema Sicilia meridionale. Qui l'Italia è proprio finita. Dopo il mare c'è l'Africa col suo sapore scuro. Il suo odore selvaggio. Le sue bestie.
    Una di quelle è rimasta da questa parte della spiaggia, su questa terrazza calda a picco su altre case più basse costruite nel fondo di questo vallone. Domino l'orizzonte scuro da questo terrazzo circondato da antenne che riempiono d'immagini dal mondo le case deturpate. .
    Suona ancora il cellulare.E’ Daniela, mi manca la sua voce, forse le devo qualche spiegazione.
    Una di quelle è rimasta da questa parte della spiaggia, su questa terrazza calda a picco su altre case più basse costruite nel fondo di questo vallone. Domino l'orizzonte scuro da questo terrazzo circondato da antenne che riempiono d'immagini dal mondo le case deturpate.

    Suona ancora il cellulare. E’ Daniela, mi manca la sua voce, forse le devo qualche spiegazione.
    Suona ancora cellulare. E’ la voce di Daniela, forse le devo qualche spiegazione.
    - ... li aveva ammazzati tutti, anche i figli, per scappare con il suo editore. E allora io li ho ammazzati tutti e due.
    Le ho raccontato tutto.
    - E tu che ne sapevi che era il suo editore?
    - sulla macchina aveva il logo di una piccola casa editrice a pagamento, iltuolibro, proprio un libro di taglio.

    Ha ascoltato in silenzio e mi ha detto.
    - Ti raggiungo, aspettami.
    Mentre scende dalla sua Picasso nera mi pare bellissima.
    Quando entra in casa si lega i lunghi capelli biondi, e intanto che si avvicina elastica, si libera del vestito a fiori, del reggiseno, degli slip, mi butta sul letto e mi sale addosso.
    Mi bacia con passione mentre mi possiede.
    E questi cosa sono?
    mi domanda dopo mentre sudato anelo una brezza rinfrescante.
    E’ il suo girocollo di diamanti, l’aveva indosso quando l’ho ammazzata.
    Che bello
    dice lei e sfiora le gemme.
    Poi si alza e indossa i diamanti mentre si dirige al comò. Si china un attimo verso lo specchio a guardarsi il bel collo luccicante e sporge il culo verso di me.
    E come è che hai fatto?
    Me lo chiede impugnando la pistola che avevo lasciato sul comò
    Così?
    Sorride un attimo mentre con fredda precisione mi spara in pieno pube .
    Non riesco a dire niente, neanche a urlare il dolore che sento, cerco di non far colare via tutto quel sangue.
    Proprio li di fronte a me Daniela si rinfila il vestito, le scarpe, si rassetta i capelli, si liscia i bei diamanti che ha al collo e mentre si spruzza un soffio di arpege sulla nuca mi guarda con commiserazione e mi dice
    Gerardo, tu non mi servi più a un cazzo.
    Sento le gomme della sua Picasso scricchiolare sul brecciolino del giardino e poi il rumore che si smorza.
    Il silenzio si riempie dell’affanno del mio respiro e di buio.

    Si può fare di meglio.
    Saluti.
    Urbano.

    Pubblicato 13 anni fa #
  28. k

    offline
    Membro

    Io l'ho letto tutto. Non ho capito il perchè di tutte quelle ripetizioni (a un certo punto avevo pure pensato che fossero reiterazioni retoriche), però ho letto tutto. Il "lampo di coscia con cui sale sulla macchina" è una bellissima immagine, come anche la pistola che sbatte sul pene (allusione alle eventuali elecubrazioni gerardesche) ed il colpo all'inguine. Però anche "Da quando è morto mio padre di cancro fumo come un turco" del testo originario, ribadisce con forza le funzioni anche dolorose della scrittura.

    Io che come sai, Rindi, sto in una fase postpremiale di conciliazione universale - o quanto meno di svecchiamento del parco nemici - penso però che forse sia giunta l'ora di metterci una pietra sopra a questa storia. Ciao.

    Pubblicato 13 anni fa #
  29. nn deludetemi ora, ancora una volta

    Forse ti deluderò ancora una volta. Non era stato detto di sospendere la guerra?

    Pubblicato 13 anni fa #
  30. rindindin

    offline
    Membro

    sì, sì nessuna guerra, solo che ci tenevo leggeste questa versione di Urbano. La trovo sagace tanto quanto. le reiterazioni sono apparse perchè nel testo originale ci sono delle note e col copia incolla nn so cosa sia successo. meriterebbe leggere l'originale con note, corsivi e grassetti al posto giusto. io nn ci riesco, magari Urbano è più bravo di me. comunque la pietra sopra è stata messa

    Pubblicato 13 anni fa #

Feed RSS per questa discussione

Replica »

Devi aver fatto il login per poter pubblicare articoli.