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Rivolta generazionale, molto più che un nuovo 77

(103 articoli)
  1. A.

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    I giovani sono la parte migliore del paese. Noi vecchi dobbiamo stare zitti, e lasciare a loro tutto. Vale anche per i politici semianalfabeti.
    Oggi a Roma è stato meraviglioso. Quei resti di anni '70, residui che vivono alle spalle dei giovani, quasi come cavallette che se magnano tutto, pensioni, contratti, etc. se devono sta zitti. Ci dobbiamo stare zitti.
    E basta parlare, basta .
    E soprattutto noi degli anni 80, generazione mancata e mancante, sfruttatrice dei genitori che a loro volta sfruttano , con le loro pensioni e i loro diritti, il nostro futuro. E il futuro ancora più anteriore del nostro, che , mentre parliamo, già trapassa, pura inessenzialità negatrice. Ancora noi stiamo infinitamente meglio dei nostri fratelli minori e dei nostri figli.
    Siamo peggio delle cavallette. Dovremmo vergognarci. Meno dei nostri padri.
    Sui quali siamo campati.

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. sensi da trento

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    io la vedo un po' diversa: noi post giovani abbiamo rifiutato la violenza del 1968 e siamo stati minchionati.
    quelli che vanno in piazza oggi sono quattro minchioni a cui hanno fatto credere che bastasse andare in piazza a dire insulsaggini (purchè infarcite con parole retoriche buone per tutte le stagioni come ad esempio "antifascismo", "ingerenze vaticane" e "berluscone berluscone") per passare per raffinati intellettuali.

    questi giovani che vanno in piazza oggi hanno il fiato corto e le idee ancora più corte.
    si sgonfieranno appena avranno finito di fare copia e incolla dal quotidiano di partito.

    Pubblicato 13 anni fa #
  3. rindindin

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    Sensi spero lei nn stia parlando sul serio! oggi gli studenti a Roma hanno dato una lezione di civiltà e democrazia che neanche lei e tutti i nostri politici in 50 vite potrebbero mai fare! hanno mosso un corteo silenzioso ed evitato qualunque scontro volontariamente, si erano messi d'accordo per questo, e nessun gruppo di sovversivi si è infiltrato a fare casino. hanno tenuto la situazione sotto controllo e girato i tacchi laddove (sotto il ministero della cultura) c'era volontà di difendersi o provocare. sono stati grandi, grandissimi! se il nostro futuro sta in mano a questi giovani, sto veramente tranquilla, sono molto meglio di quello che li consideriamo, forse a-partitici, ma con grande e potente senso di giustizia!
    P.s peccato per Milano e Napoli, che si sono comportati come figliastri di un sessat'otto perduto, nn avendo capito che il linguaggio oggi deve essere di tutt'altra pasta. ma rimango dell'idea che i gruppi rivoltosi e violenti forse sono pure stati pagati da qualche d'uno... Sensi, forse da qualcuno dei minchioni che conosce lei...

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. cameriere

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    io
    invece
    ciò paura che sensi
    cià ragione.
    ricordo il post di k,
    sulle masse non omogenee
    sugli accio che inevtabilmente le compongono,
    non aver visto niente di questo
    nella manifestazione di ieri a roma
    mi ha dato l'impressione di qualcosa mancante.
    tutta la retorica sulla violenza,
    quant'è brutta,
    quanto è sbagliata,
    mi pare che ha condizionato troppo
    il modo di manifestare.
    mi pare che questo "buonismo"
    applicato a movimenti che
    dovrebbero essere un minimo spontanei,
    ha ingabbiato i manifestanti
    dentro un percorso istituzionalizzato:
    <<la manifestazione è buona e giusta
    se la fai come la dico io, allora,
    seppure manifesti contro di me,
    io ti dico bravo e buono,
    se non ti manganello. appena
    esci dal percorso che t'ho tracciato,
    di comportamenti e di slogan
    ti bastono>>.
    si sono fatti fregare.
    secondo me.

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. Bella la riflessione del Cameriere sulle manifestazioni.

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. A.

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    Moderatore

    E invece no, li hanno spiazzati.
    Quelli pensavano di sbandierare la reazione alla violenza di piazza come giustificazione per continuare la politica di repressione del dissenso, e invece.
    Anche nel 77, a bologna accanto ai violenti c'era una massa creativa. E molto di più nel 68. Ma ormai queste categorie non reggono più
    I tempi sono cambiati.
    C'è una "mutathione antropologgica", come dice Vendy. Ma anche lui è il vecchio. Anche Grillo, tutti questi magnadori.
    Io, te sensi, cameriere, Torque siamo vecchi. Questi sono giovani, per loro il futuro non esiste, e invece di prendere la spranga o la Hazet-36 (che manco sanno che è), prendono i fiori, fanno gli scudi di cartone coi libri, leggono altri autori,hanno altre prassi e altri pensieri. Noi cavallette dobbiamo solo stare zitte, e stare buone perchè se mangnamo alle loro spalle.

    E lo sai qual è la differenza? Che tu metti un Accio oggi, i primi che sprangherebbe saremmo io e Sensi. Io proprio per primo, co sta faccia da cazzo che me ritrovo. E pure Camerie e e Torquemada. Uno perchè è avvocato, l'altro perchè è riformista. Faust no. Lui mena.

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. rindindin

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    Membro

    non ciò visto nessun "buonismo" ma una scelta. manifestare in quel modo non vuol dire essersi messi la coda tra le gambe o essersi piegati al volere delle istituzioni, ma aver scelto la politica del vero pacifismo. io lo leggo come segno di svolta. quei ragazzi sono i nostri figli, i nostri nipoti e la nostra storia la conoscono, pure la nostra rivolta. nelle scuole proiettavano i film sul 68, discutevano e valutavano. se la spontaneità di cui parla Cam è dare sfogo alla violenza allora ben venga il raziocinio. i tempi sono cambiati e le teste si sono evolute. io mi sono sentita fiera di loro, non so se lo sarei stata altrettando nel vedere roghi, mangannellate, sangue e distruzione...

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. E' stata una scelta matura. Però va aggiunto che oggi la riforma è stata comunque approvata. Quindi i conti non tornano, l'obiettivo non è stato raggiunto. Probabilmente vanno individuate nuove forme di lotta. Esercitare bene il proprio diritto di voto potrebbe essere una di queste forme.

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. k

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    Poi dice perché ci stanno i cerchi e perché il primo cerchio è più stretto e più ristretto del secondo, del terzo e così via. Si chiamano "affinità elettive". O ce l'hai o non ce l'hai. Non ti vedi, non ti senti chissà da quando ma - chissà perché - sollecitato all'improvviso dal reale, pensi del reale le stesse cose. Amico mio Sensi, quanto le voglio bene. E così dicasi del Cam, di Torque, di Faust ed altri che non dico (rindi sta' attenta, che la tua è un'orbita deviazionistica pericolosa).

    Dice: "Ma al Fer non gli vuoi bene?". Certo, povera bestia, è Natale anche per lui. Ma laggiù laggiù all'estremo cerchio dell'inconsistenza paracosmica.

    (A, lei sta proprio nel cerchio dell'antimateria. Mi tolga una curiosità, mi dica un po': ma adesso che questi hanno fatto la manifestazione buona delle figliedimaria senza un cazzotto e senza un rumore, con tutti che gli dicono "Bene, bravi, così si fa", mi dica un po', qual è lo spazio mediatico che hanno conquistato, chi è che si preoccupa o s'è preoccupato della loro manifestazione, che cazzo - in sintesi - ci sono andati a fare in piazza, se poi nessuno ne parla e si preoccupa? Non facevano meglio a restarsene a casa? Dice poi: "Ma com'è che andata bene? Com'è che pure gli Accio stavolta sono stati buoni?". E' che gli Accio, evidentemente, stavolta se ne sono stati loro a casa, sono loro che gli hanno detto: "Ma vaffanculo va', ma io debbo andare a prendere le botte per te, e poi tu mi butti pure la croce addosso a me? Famme vede' da solo, popolo di A, che cazzo sei bono a fa'!". Anzi, quelli avranno pure detto: "Ma famme capi'! Ma tra Frati e la Gelmini, non sarebbe più giusto che io andassi a mena' a Frati che alla Gelmini?". Vede, A: io sto nel cerchio di Sensi. Lei a sto giro sta nel cerchio de Frati.)

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. A.

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    Moderatore

    Buon Natale a tutti voi.

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. zanoni

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    ma adesso che questi hanno fatto la manifestazione buona delle figliedimaria senza un cazzotto e senza un rumore, con tutti che gli dicono "Bene, bravi, così si fa", mi dica un po', qual è lo spazio mediatico che hanno conquistato, chi è che si preoccupa o s'è preoccupato della loro manifestazione, che cazzo - in sintesi - ci sono andati a fare in piazza, se poi nessuno ne parla e si preoccupa?

    si' e no. l'obiettivo di ogni manifestazione che si rispetti e' di far parlare di se' e delle proprie idee: quello minimo, perche' in effetti alla fine contano i risultati, conta la capacita' di rendere concrete le proprie idee (o di impedire che diventino concrete quelle che si contestano). pero', e' la violenza l'unico modo di far parlare di se' e delle proprie idee? non e' che si comincia a dare martellate a casaccio, a prendere a mattonate le vetrine di qualche negoziante sfigato... magari i media parlano di questo e non delle idee, delle proposte, delle esigenze dei manifestanti?

    tipo, qualche forma di protesta originale e creativa come quelle di Greenpeace l'obiettivo (minimo) lo coglie spesso, no?

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. Non vorrei passare per fan della Gelmini. Fino ad ora non è emersa con chiarezza quale sia la (nuova) minaccia all'università. Perché a fare schifo, faceva schifo pure prima. I soldi che annualmente, io e tanti altri, versiamo per le tasse servono soltanto a pagare gli stipendi dei professori. Se vuoi il programma per decidere quali esami devi fare, devi sborsare 2 euro. Qualsiasi cosa tu voglia fare, all'università, è a pagamento. Sembra quel film di Fantozzi, quando va all'ospedale con una mazzetta di 10 mila lire, che appena qualcuno gli rivolge la parola, gli chiede pure i soldi. Ci sono professori pieni di volontà, di voglia di insegnare - penso a Serianni e Motolese di linguistica, ad Asperti di Filologia Romanza, Beer e Bevilacqua di Letteratura italiana, la Olivieri di Critica letteraria - che sono bellissime eccezioni. Eccezioni appunto.

    La mediazione, probabilmente, avviene anche sul modo di manifestare. Perché se qualcuno se ne usciva che aveva sentito troppe parolacce, che non era possibile mandare i figli in manifestazioni in cui, ogni tre slogan, c'era 'Vaffanculo, stronza e figli di puttana'... alla manifestazione successiva gli slogan sarebbero stati pieni di 'Perdindirindina non vogliamo la maestrina', oppure 'Cavoletti, cavolacci, ci state riducendo in stracci' o robe così. E noi tutti a dire: "ma che bravi, guarda, sono riusciti a non dire una parolaccia". "che modello".

    Ma modello di cosa e per chi? A chi piace la manifestazione? Dice: "A tutti, i complimenti sono fioccati". E scopo di una manifestazione è quella di ricevere i complimenti o di rivendicare qualcosa e di ottenerlo? E allora: questi che rivendicano e cosa stanno ottenendo?

    A me invece sembra che oltre ai toni, siano moderate pure le richieste. La politica dei tagli o la si rifiuta in toto - "tagliatevi le mani, piuttosto" - oppure, dal momento in cui la si accetta ed essendoci al governo il centrodestra, è naturale che questi vadano a tagliare a danno dei più deboli. Lo fanno dappertutto. Guarda Cameron - che a destra è visto come un punto di riferimento - che ha triplicato le tasse universitarie. Come hanno protestato i ragazzi? Sono andati addosso alla macchina in cui c'erano il Principe Carlo e consorte. La discussione, in Inghilterra, non era: "cazzo quanto sono violenti questi" ma "che polizia ciabbiamo che ha fatto passare quella macchina in mezzo al corteo?". Forse perché lì danno per scontato che chi protesta un po' incazzato dovrà pur essere.

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. k

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    Zano', ma tu sparisci per un sacco di tempo e poi all'improvviso rompi il muro del tuo silenzio per sparare una cazzata alla bassoli, tipo:

    qualche forma di protesta originale e creativa come quelle di Greenpeace

    Greenpeace? Ma vatten'affanculo va'.
    A parte il fatto che per me Greenpeace è una sottosezione "coperta" della Cia, mi spieghi da quando in qua il sabotaggio sarebbe catalogabile come "nonviolenza"? Ma tu hai idea, inoltre, del lungo elenco di morti e di feriti all'attivo delle azioni di Greenpeace? Bel modulo, che gli vuoi andare a insegnare ai miei Accio. Vatten'affanculo Zan, ritorna nel tuo loculo e non rompere più il tuo silenzio per simili cazzate. DraculaZan.

    (Mi fa piacere però sentirti. Buon Natale e vedi - visto che ci stai - se puoi postare le pagine 34 e 35 di Libero del 24/12, che riportava una discussione tra me e Parlato. Il titolo è "Parlato vs Pennacchi". Ciao.)

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. sensi da trento

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    è possibile leggere l'articolo di Libero del 24 Dicembre per alcuni minuti su:

    http://ww2.virtualnewspaper.it/vnlibero/books/101224milano/#/34/

    Se qualcuno ci riesce (o ha l'abbonamento) può provare a salvarlo.

    dell'articolo ne parla anche radio rai. Non ho ancora ascoltato la puntata, ma è possibile sentirla al link

    http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-64006268-0076-44b4-bd29-b94aa3ba3ed7.html

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. SCa

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    Ma tu hai idea, inoltre, del lungo elenco di morti e di feriti all'attivo delle azioni di Greenpeace?

    Io di questo lungo elenco in effetti non so niente, ma mi sfuggono parecchie notizie. Quando sono avvenute? Per caso c'è qualcosa sugli ultimi cablo di Wikileaks?
    L'unico morto che ricordo stava sulla Rainbow Warrior quando è scoppiata una bomba messa dai servizi segreti francesi.


    Buon Natale a tutti.

    Pubblicato 13 anni fa #
  16. zanoni

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    sinceramente, neanche a me risultano azioni violente da parte di Greenpeace, cortei che mettono a ferro e a fuoco i centri storici delle citta'... sta di fatto che l'associazione e i suoi obiettivi li conosciamo un po' tutti, soprattutto grazie alle immagini di forte impatto mediatico (nelle quali, per l'appunto, mai mi e' sembrato di scorgere atti particolarmente violenti).

    mi metto comunque a caccia, prima del tramonto, dell'articolo di Libero...

    Pubblicato 13 anni fa #
  17. urbano

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    In genere chi protesta viene colpito, si dice represso.

    Pubblicato 13 anni fa #
  18. zanoni

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    http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/pdf/rad62123.tmp.pdf

    questo e' l'articolo dal titolo 'Pennacchi vs Parlato', magari apriamo un topic apposito per la discussione---

    Pubblicato 13 anni fa #
  19. big one

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    vediamo se questo si apre

    Pubblicato 13 anni fa #
  20. A.

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    Moderatore

    Leggendo l'articolo che gentilmente avete reso accessibile, ho pensato a questa intervista, di cui ho parlato anche al Sensi. Non so se le parole siano autentiche, la riporto come l'ho trovata. (Giustifica , a livello teorico, quanto afferma K, sulle radici sociali del fascismo-movimento)

    Solo due cose vorrei dire al professor Parlato 1) : non tutti gli insegnanti tacciono sul consenso al regime fascista. (Posso anche citare i sacri testi, e cioè DeFelice, che ne asserisce il termine nel 39. Ma lo storico è Parlato, io mi limito a parlare)
    2) dire che Gobetti è azionista non so cosa significhi. Forse il Prof. voleva dire "si riconosceva nei valori" del partito di Mazzini, chiuso nel 1867. Poi fu rifondato, ma, sfortunatamente nel 1942, Gobetti era già morto, caduto da solo dalle scale mentre portava a spasso il cane. Sarebbe un po' come dire che Gesù era cristiano. Questo lo dico da umile supplente di storia e filosofia, che se lo trovasse scritto da un alunno su un tema, metterebbe errore blu. Bisogna stare attenti agli anacronismi. (Se questi sono gli storici, poveri noi)

    Ah, dimenticavo: Insorgere Risorgere! Viva Giustizia e libertà!

    Get the Flash Videos

    Pubblicato 13 anni fa #
  21. A.

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    Moderatore

    Vorrei sottoporre alla vostra cortese attenzione questo articolo che mi pare ben fatto, dal punto di vista "critico" rispetto alla riforma Gelmini.
    http://www.economiaepolitica.it/index.php/universita-e-ricerca/luniversita-e-il-mito-meritocratico/

    Pubblicato 13 anni fa #
  22. zanoni

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    Sulla cosiddetta riforma dell’Università, è bene sgombrare il campo da un equivoco: il suo reale obiettivo non è introdurre criteri di valutazione che premino il merito, bensì operare un depotenziamento del sistema formativo pubblico che non ha precedenti nella storia recente del Paese

    scusa, ma questa e' una critica o uno slogan? ma questo l'ha letto su wikileaks qual e' il 'reale obiettivo' della riforma universitaria? ma chi e', il mago Otelma? magari potrebbe parlare di conseguenze, di effetti perversi: ma il fatto che parli di 'reali obiettivi' qualifica questo scritto come molto politico e poco economico...

    Pubblicato 13 anni fa #
  23. zanoni

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    Membro

    ecco il trsto completo dell'articolo di Borgonovo

    Uno dei più importanti storici italiani, Giuseppe Parlato, esperto di fascismo e postfascismo. Uno scrittore divenuto finalmente celebre, Antonio Pennacchi, vincitore del premio Strega e dell’Acqui Storia 2010 con il romanzo Canale Mussolini. Libero li ha messi a confronto, seduti in una stanza della Fondazione Spirito-De Felice presieduta da Parlato (che di questo giornale è collaboratore) mentre fuori, per le strade di Roma, gli studenti sfilavano protestando contro la riforma Gelmini. La sollevazione studentesca ha assunto anche forme parecchio violente e qualche opinionista ha avuto il fegato di giustificarla, con la scusa che l’Italia è vittima di un regime - quello berlusconiano - e contro i regimi ogni mezzo è lecito. Il punto è sempre quello: siamo ancora bloccati a parlare di fascismo, non riusciamo a fare i conti con il Ventennio, se non dividendoci e scambiandoci mazzate.
    GIUSEPPE PARLATO: «Il fatto è che quando si parla di fascismo il buon livello di alcuni storici nell’aver analizzato, per esempio, il tema del consenso al regime non è stato recepito a livello di vissuto comune del Paese. Nei libri di testo delle scuole questo discorso fa fatica a passare. Così come la differenza tra fascismo e nazismo. Io vado nelle classi a parlarne e vengo guardato in modo strano».
    ANTONIO PENNACCHI: «Le riflessioni sul consenso sono assodate, a sinistra, solo per i gruppi dirigenti Per i giornali, come per esempio l’Unità, no».
    Resta il fatto che il suo romanzo, col nome di Mussolini nel titolo, ha trionfato nel salottino dello Strega. Segno che qualcosa è cambiato, in Italia. Anni fa non sarebbe stato possibile.
    PENNACCHI: «Io penso sia più dirompente e scandaloso che un operaio possa vincere lo Strega. Tanti si sono incazzati per questo. Ma non è colpa mia...».
    PARLATO: «Sicuramente qualcosa è accaduto. Intanto è caduto il muro di Berlino, non c’è più bisogno di costruire una verità rivoluzionaria per coinvolgere e convincere le masse. E questo ha determinato una frana all’interno della storiografia marxista che è diventata laica, ha subìto un processo di secolarizzazione, in alcuni casi. Accetta di affrontare certi argomenti».
    PENNACCHI: «Infatti trovo che siano più retrivi gli antifascisti di matrice cattolica, cattolico-democristiana. Quelli ancora intignano».
    PARLATO: «Vero. Sia l’antifascismo liberale che l’antifascismo cattolico sono i più restii a recepire le riflessioni sul regime».
    PENNACCHI: «Stiamo parlando di Giustizia e libertà, di Repubblica. Gli azionisti, insomma».
    PARLATO: «Appunto. Gli azionisti nascono liberali e questo atteggiamento dipende dal fatto che i liberali e i cattolici hanno le maggiori responsabilità in ordine all’avvento del fascismo in questo Paese. Intanto perché hanno votato i pieni poteri a Mussolini nel 1923, quando nessun medico lo chiedeva. Poi non hanno saputo sfruttare la vicenda dell’assassinio di Matteotti. Per loro dichiarare che il fascismo fu un fenomeno di consenso di massa diventa un problema. Ricordiamo che Palmiro Togliatti, fin da subito, parla di “regime reazionario di massa”, aveva già capito tutto».
    PENNACCHI: «Quello era il migliore per davvero...».
    PARLATO: «Più della metà delle lezioni sul fascismo di Togliatti era dedicata al corporativismo e al rapporto fra massa e regime. Una volta finite le incrostazioni di carattere ideologico, da parte marxista c’è stata più ricettività su questi temi. Da parte delle forze che una volta si chiamavano borghesi molto meno».
    PENNACCHI: «Io ho notato un cambiamento a Latina. Da tutto il Paese e da tutti i latinensi è sempre stata considerata come una città brutta da far schifo e fascista. Quando si parlava di architettura fascista solo Sabaudia veniva salvata e considerata bella. Questo perché l’ha progettata Luigi Piccinato, che era fascista, ma poi si è riallineato col Partito socialista e con Zevi. L’orgorglio cittadino a Latina nasce col binomio Pennacchi-Finestra. Nel 1995 esce il mio romanzo Palude (anch’esso sulle bonifiche volute dal Duce, ndr) e per la prima volta c’è un sindaco fascio, Ajmone Finestra appunto. E si comincia a dire che la città è bella».
    Allora la percezione del fascismo cambia quando arriva il centrodestra al governo.
    PENNACCHI: «Finestra non era di centrodestra. In ogni caso il centrodestra nasce dopo la crisi della Prima repubblica, c’è un ripensamento complessivo del Paese».
    PARLATO: «Non bisogna dimenticare nemmeno la scomposizione della Dc. Era un partito interclassista e interpolitico, nel senso che aveva una destra e una sinistra. Non avrebbe mai potuto accettare una riflessione del genere sul fascismo. Quando si formano centrodestra e centrosinistra la situazione cambia talmente. Col centrodestra al governo poi anche la sinistra moderata comincia a cambiare. Le posizioni di Gianni Oliva e di Luciano Violante sono state molto interessanti. Io con Violante ho avuto dialoghi pubblici e ho trovato aperture molto forti, che non c’erano prima».
    PENNACCHI: «Le cose stanno assieme. Sono questi cambiamenti che hanno determinato la nascita del centrodestra... E viceversa. Poi c’è il contributo delle nuove generazioni, quelle che nascono dalla terra e per cui l’ideologia non vuol dire più un cazzo. Tu parli di centrodestra... L’unico periodo in cui la sinistra è stata al potere è stata in quei vent’anni là, sotto il fascismo. Le riforme di struttura sono state fatte là».
    Dunque lei vede il fascismo come una sorta di rivoluzione sociale.
    PENNACCHI: «Nel fascismo c’è stato tutto. Però non può essere definito un regime di destra. Perché modifica le classi sociali, modifica i rapporti di produzione. Quando tu prendi un contadino e gli dai la proprietà della terra, hai fatto una rivoluzione... L’unica cosa che non si può dire del fascismo è che sia stato un cancro che si è formato un bel giorno... È un’età della storia d’Italia, c’è nel fascismo il flusso del tempo in cui vengono a compimento fenomeni iniziati prima e nascono altri che si compiranno dopo. Tant’è che strutture come l’Iri sono sopravvissute anche in seguito».
    PARLATO: «Io non penso che il fascismo sia stato una rivoluzione. A me sembra che l’analisi di Pennacchi sia molto agricolo-centrica. Il sistema corporativo ha funzionato bene solo nella risoluzione delle vertenze di lavoro... Questo è un po’ poco per dire che c’è stata una rivoluzione strutturale. C’è stata l’intenzione di farla, probabilmente, ma non è avvenuta in maniera compiuta».
    PENNACCHI: «Non si può negare che il fascismo abbia modernizzato il Paese. Nel 1938 si entra per la prima volta fra i grandi Paesi industriali. Questa è una rivoluzione. L’Alfa Romeo a Pomigliano D’Arco la fa il fascismo. Il fascismo si pone il problema della delocalizzazione. Si occupa di progetto del territorio, di industrializzazione... Lo Stato industriale nasce là. Come si evince dai diari di Bottai ma anche dalle conversazioni di Mussolini con Ludwig, il fascismo ha una visione strutturale della crisi del 1929, pensa che in crisi sia il capitalismo e si pensa già come oltre il capitalismo. E, alla fine, si esce dal fascismo con classi sociali diverse da prima».
    Per molti, tuttavia, il fascismo resta solo un cancro.
    PARLATO: «Il discorso del cancro è importantissimo. La tesi di Benedetto Croce, che descrive il fascismo come una parentesi infausta nella storia italiana, è una tesi a cui non ha mai creduto nessuno, forse nemmeno lo stesso Croce».
    PENNACCHI: «Ha fatto finta di crederci Norberto Bobbio, però».
    PARLATO: «Molti hanno fatto finta. Perché pensavano che fosse l’unico modo per riprendere il discorso. Si dissero: evitiamo di interrogarci sulle cause dell’avvento del fascismo; dopo questa parentesi, quasta malattia di vent’anni, l’Italia nuova può ripartire. È una tesi etico-politica non storiografica. A livello storiografico invece è prevalsa l’idea di Gobetti, azionista, per cui dal Risorgimento al fascismo c’è una decadenza dello spirito pubblico, il fascismo è il precipitato di tutti i mali di questo Paese. Viene tolto da qualunque cornice storica e dipinto come il male assoluto. E ogni volta che l’Italia è messa male si dice che è colpa del fascismo. Non del fascismo storico, ma di un’idea di fascismo che aleggia».
    Qualcuno sostiene che anche oggi ci sia un fascismo: una nazione fondata sull’antifascismo per reggere ha bisogno di un fascismo permanente. E quindi chi va in piazza a menare fa bene, poiché contro un regime tutto è lecito.
    PARLATO: «Certo».
    PENNACCHI: «Eh, no! Non toccamo ’sto tasto, però. Gli studenti fanno bene a menarse, oh. Se no chi li sente? Il fatto che si picchino prescinde da questioni ideologiche e politiche. Riguarda il funzionamento dell’essere umano. Alla base ci sono motivazioni preideologiche. Per un giovane che si affaccia alla vita, e che ha i coglioni, c’è sempre un regime da abbattere. Il regime del padre, della madre, dello Stato, eccetera... La massa non è qualcosa di uniforme o amorfo. è sempre composta da un grande centro, una destra e una sinistra. Funziona così. Nel giorno che in centomila scendono in piazza avrai il centro che sta buono, una destra che starà ancora più buona e una piccola minoranza di... Hai letto Il fasciocomunista? Hai presente il personaggio di Accio?».
    Un bell’attaccabrighe, che sta a destra e poi a sinistra. E non teme di menare.
    PENNACCHI: «Ecco. Normale che in una manifestazione ci siano degli Accio che si svegliano alla mattina già incazzati col padre, con la madre, con la fidanzata che gli ha detto di no...Quando si trovano davanti i poliziotti che gli impediscono di passare, s’incazzano ancora di più. Una rabbia prepolitica. I giovani si devono far girare i coglioni. Loro hanno il diritto e il dovere di fare gli Accio. Il poliziotto ha il dovere di menarli. È il gioco sociale da sempre. Questa è la realta. Uno di sessant’anni è saggio e non violento, non un giovane. Ma vaffanculo Borgono’. Quando avevo diciotto anni stavo col casco e col bastone...».
    Resta che chi va in piazza generalmente non sa un tubo della riforma che contesta.
    PENNACCHI: «Certo, e allora? Secondo te quando io facevo fare sciopero agli studenti medi a Latina li convincevo uno per uno spiegandogli perché era giusto? Andavo là e gli dicevo: “Basta, c’è sciopero”. Una parte scioperava perché aveva voglia di fare sega a scuola, gli altri perché se no li menavamo».
    PARLATO: «Io ho solo un timore. Che a forza di fare insurrezioni che prescindono dalle cose che accadono ci s’imbarbarisca. Qui parliamo di persone che fanno l’università che tra un po’, si spera, andranno a lavorare. La strada per pensare l’Italia di domani non è certo quella dell’insurrezione».
    PENNACCHI: « Il fatto è che oggi per lavorare come ricercatore universitario hai bisogno di una famiglia ricca che ti sostenga. Altrimenti non riesci, non puoi scrivere, studiare e avere anche una vita normale».
    PARLATO: «Io vivo dentro l’università, sono stato ricercatore vent’anni. E dico che i ricercatori riescono a mantenersi. Si possonomantenere con altri lavori, avere una famiglia. Certo, devono tirarsi su le maniche, lavorare fino a tarda sera. È un luogo comune che non sia possibile. Esiste anche in Italia la possibilità di studiare e fare ricerca: bisogna darsi molto da fare, pubblicare articoli».
    Dicono che ci sono tantissimi ricercatori i quali rimangono tali per anni e anni...
    PARLATO: «Ci sono anche ricercatori che rimangono tali perché non scrivono, non fanno nulla, come pure alcuni ordinari e associati. Prendono anche 3000 euro al mese. Chi ha messo incentivi sulla pubblicazione e la ricerca? Questo governo. Dimostrare che si produce qualcosa è giusto: c’è gente che lavora in fabbrica, guadagna meno ed è precaria. Io vedo come funzionano i concorsi universitari e noto che negli ultimi due anni sono cambiate molte cose. E poi, a creare l’università bloccata di oggi è stato l’accordo tra Dc e Pci negli anni Ottanta. Questo sistema qualcuno lo deve smontare e lo sta facendo la Gelmini, sostenuta peraltro da tecnici di sinistra moderata. Quello che stupisce è che i ragazzi che protestano difendano l’università che stanno contestando... Loro non lo sanno».
    Secondo la logica di Pennacchi, è naturale che protestino.
    PENNACCHI: «Sì, certo. Io non conosco bene la situazione come Parlato. So solo che a me non piace l’università di oggi. Di più: non mi piace l’intera società italiana. E mi sembra giusto che i giovani si incazzino contro la società italiana. Guarda, a me nemmeno piace il presidente del Consiglio. Ma se dicessi che è tutta colpa sua direi una grande puttanata».
    PARLATO: «Io vorrei che protestassero anche contro i governi di sinistra...».
    PENNACCHI: «Ma l’han fatto».
    PARLATO: «Non così».
    PENNACCHI: «Il dramma nostro, a sinistra, è che abbiamo avuto i ministri in piazza contro i nostri governi, siamo così bravi a menarci da soli sui coglioni...Lascia perdere».

    Pubblicato 13 anni fa #
  24. Interessante.

    Il fatto che "siamo ancora bloccati a parlare di fascismo, non riusciamo a fare i conti con il Ventennio" è evidentemente gravissimo perché dimostra la maldestra pochezza di quanto venuto successivamente.

    Secondo il mio modestissimo parere Mussolini, demagogico, populista, ma anche molto intelligente e comunque self-made-man (non una qualità da poco), fu soprattutto un genio della comunicazione. Sostanzialmente inventò la pubblicità. Questa specifica analogia con l'impero mediatico messo su dall'uomo di Ardcore ci deve preoccupare.

    A volte mi domando: "Ma gli italiani erano felici, sotto la dittatura fascista?". Credo che il livello di ignoranza fosse tale, penso ad un Paese di semianalfabeti, che firmava mettendo la crocetta e aveva una scolarizzazione limitata, che non si ponessero nemmeno il problema della ricerca di una possibile felicità, limitandosi a porsi ogni giorno due somme questioni: a) come mettere insieme il pranzo; b) come mettere insieme la cena.
    In questo contesto di crisi economica epocale è chiaro che l'uso della forza non poteva che mettere tutti d'accordo. Perché la forza, la violenza è sbagliata, sempre, ma cazzo se funziona. E se dietro (o davanti) quel che mena, anche con la lingua, c'è una folla che batte le mani e molla boati a comando - magari solo per tema di bastonate e purghe varie - ecco che frasacce da Osteria del Vaffanculo quali "Spezzeremo le reni alla Grecia!" o ridicole marcette riuscirono a renderla perfino coesa, quella folla di pecore belanti e impaurite in braghe di tela che è l'immagine perfetta di cosa è ancora oggi l'Italia (sostituite un televisore al loquace dittatore e il gioco è fatto).

    Nella realtà, quello che tutta la variegata italica gente aveva davvero in comune era una gran fame e un'altrettanto notevole ignoranza, aggravata da una stampa non libera, che scriveva sotto dettatura, perché tra dittatura e dettatura la differenza è minima: una vocale soltanto.

    Mi trovo d'accordo con Parlato quando nota che la caduta del muro ha creato le migliori condizioni per l'esame più sereno di determinate anomalie del 900. Il Fascismo non fu il male assoluto, ma il male relativo di un periodo storico che non godeva certo di buona salute. Un male che va però sempre contestualizzato.

    Per come la vedo io, gli italiani erano un popolo di figli sbandati senza una guida, che trovarono in Mussolini l'icona del buon padre di famiglia che disperatamente cercavano, un padre che alzava la voce e tirava sberle, ma portava comunque il cibo sulla tavola (Vi pare poco? Non è facile neanche oggi), che era poi quello che questi figli sbandati vittime della storia cercavano davvero.

    A uno che ti dà da mangiare quando hai fame si perdona anche qualche intemperanza e i deliri narcisistico-megalomani, ma il nocciolo della questione sta sempre nella mancanza di vera libertà di espressione. E' lì che casca l'asino. Non potevi dire tutto quello che pensavi, sennò giù botte. E tutti schedati e sotto schiaffo ("Silenzio, il nemico ti ascolta"). Ed è per questi motivi che il Fascismo è indifendibile.

    Forse il Fascismo fu più simile al Comunismo sovietico stalinista che al Socialismo.

    Pubblicato 13 anni fa #
  25. A.

    offline
    Moderatore

    A sostegno della Fiom

    Abbiamo deciso di costituire un’associazione, “Lavoro e libertà”, perché accomunati da una comune civile indignazione.La prima ragione della nostra indignazione nasce dall’assenza, nella lotta politica italiana, di un interesse sui diritti democratici dei lavoratori e delle lavoratrici. Così come nei meccanismi elettorali i cittadini sono stati privati del diritto di scegliere chi eleggere, allo stesso modo ma assai più gravemente ancora un lavoratore e una lavoratrice non hanno il diritto di decidere, con il proprio voto su opzioni diverse, di accordi sindacali che decidono del loro reddito, delle loro condizioni di lavoro e dei loro diritti nel luogo di lavoro. Pensiamo ad accordi che non mettano in discussione diritti indisponibili. Parliamo, nel caso degli accordi sindacali, di un diritto individuale esercitato in forme collettive. Un diritto della persona che lavora che non può essere sostituito dalle dinamiche dentro e tra le organizzazioni sindacali e datoriali, pur necessarie e indispensabili. Di tutto ciò c’è una flebile traccia nella discussione politica; noi riteniamo che questa debba essere una delle discriminanti che strutturano le scelte di campo nell’impegno politico e civile. La crescente importanza nella vita di ogni cittadino delle scelte operate nel campo economico dovrebbe portare a un rafforzamento dei meccanismi di controllo pubblico e di bilanciamento del potere economico; senza tali meccanismi, infatti, è più elevata la probabilità, come stiamo sperimentando, di patire pesanti conseguenze individuali e collettive.

    La seconda ragione della nostra indignazione, quindi, è lo sforzo continuo di larga parte della politica italiana di ridimensionare la piena libertà di esercizio del conflitto sociale. Le società democratiche considerano il conflitto sociale, sia quello tra capitale e lavoro sia i movimenti della società civile su questioni riguardanti i beni comuni e il pubblico interesse, come l’essenza stessa del loro carattere democratico. Solo attraverso un pieno dispiegarsi, nell’ambito dei diritti costituzionali, di tali conflitti si controbilanciano i potentati economici, si alimenta la discussione pubblica, si controlla l’esercizio del potere politico. Non vi può essere, in una società democratica, un interesse di parte, quello delle imprese, superiore a ogni altro interesse e a ogni altra ragione: i diritti, quindi, sia quelli individuali sia quelli collettivi, non possono essere subordinati all’interesse della singola impresa o del sistema delle imprese o ai superiori interessi dello Stato. La presunta superiore razionalità delle scelte puramente economiche e delle tecniche manageriali è evaporata nella grande crisi.

    L’idea, cara al governo, assieme a Confindustria e Fiat, di una società basata sulla sostituzione del conflitto sociale con l’attribuzione a un sistema corporativo di bilanciamenti tra le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, sotto l’egida governativa, del potere di prendere, solo in forme consensuali, ogni decisione rilevante sui temi del lavoro, comprese le attuali prestazioni dello stato sociale, è di per sé un incubo autoritario.

    Siamo stupefatti, ancor prima che indignati, dal fatto che su tali scenari, concretizzatisi in decisioni concrete già prese o in corso di realizzazione attraverso leggi e accordi sindacali, non si eserciti, con rilevanti eccezioni quali la manifestazione del 16 ottobre, una assunzione di responsabilità che coinvolga il numero più alto possibile di forze sociali, politiche e culturali per combattere, fermare e rovesciare questa deriva autoritaria.

    Ci indigna infine la continua riduzione del lavoro, in tutte le sue forme, a una condizione che ne nega la possibilità di espressione e di realizzazione di sé.

    La precarizzazione, l’individualizzazione del rapporto di lavoro, l’aziendalizzazione della regolazione sociale del lavoro in una nazione in cui la stragrande maggioranza lavora in imprese con meno di dieci dipendenti, lo smantellamento della legislazione di tutela dell’ambiente di lavoro, la crescente difficoltà, a seguito del cosiddetto “collegato lavoro” approvato dalle camere, a potere adire la giustizia ordinaria da parte del lavoratore sono i tasselli materiali di questo processo di spoliazione della dignità di chi lavora. Da ultimo si vuole sostituire allo Statuto dei diritti dei lavoratori uno statuto dei lavori; la trasformazione linguistica è di per sé auto esplicativa e a essa corrisponde il contenuto. Il passaggio dai portatori di diritti, i lavoratori che possono esigerli, ai luoghi, i lavori, delinea un processo di astrazione/alienazione dove viene meno l’affettività dei diritti stessi.

    Come è possibile che di fronte alla distruzione sistematica di un secolo di conquiste di civiltà sui temi del lavoro non vi sia una risposta all’altezza della sfida?

    Bisogna ridare centralità politica al lavoro. Riportare il lavoro, il mondo del lavoro, al centro dell’agenda politica: nell’azione di governo, nei programmi dei partiti, nella battaglia delle idee. Questa è oggi la via maestra per la rigenerazione della politica stessa e per un progetto di liberazione della vita pubblica dalle derive, dalla decadenza, dalla volgarizzazione e dall’autoreferenzialità che attualmente gravemente la segnano. La dignità della persona che lavora diventi la stella polare di orientamento per ogni decisione individuale e collettiva.

    Per queste ragioni abbiamo deciso di costituire un’associazione che si propone di suscitare nella società, nella politica, nella cultura, una riflessione e un’azione adeguata con l’intento di sostenere tutte le forze che sappiano muoversi con coerenza su questo terreno.
    Fausto Bertinotti, Sergio Cofferati, Gianni Ferrara, Luciano Gallino,
    Francesco Garibaldo, Paolo Nerozzi, Stefano Rodotà, Rossana Rossanda, Aldo Tortorella, Mario Tronti

    in data:
    28/12/2010

    Pubblicato 13 anni fa #
  26. la lavandaia

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    Membro

    ... quindi??

    Pubblicato 13 anni fa #
  27. A.

    offline
    Moderatore

    Quindi, basta agire sotto pressione iniziamo a riflettere en plain air, magari rileggendo i libri che anche quando erano contemporanei, qualcuno diceva vecchi. Ma che sembrano più avanti di tante analisi odierne.
    Non so se avete notato che il Pd su questa cosa si è spaccato. D'alema appoggia il marchionnismo.
    Ma già dal 1996 anno della fondazione dei Ds, diceva esattamente quello che ha detto Marchionne al lingotto.
    Allora, avete ragione: prendiamo in culo e portiamo a casa.
    Ma almeno,la sera, a casa, iniziamo di nuovo a pensare.

    Ciao e buon anno

    ****

    Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante.

    La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale.

    Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante e dunque sono le idee del suo dominio”.

    Karl Marx "L’ideologia tedesca", 1-Feuerbach ([4] sulla produzione della coscienza).

    Pubblicato 13 anni fa #
  28. Certo che ci vuole un bel coraggio a definirsi progressisti e poi a pensare che la realtà, anche quella di oggi, possa essere descritta minuto per minuto - con tanto di manuale d'analisi dei fatti economici - da scritti del 1848 e dintorni. Cremaschi e gli altri della FIOM, oltre a portare la colpa di non aver firmato l'accordo che prevede 4600 posti di lavoro - con pause e mensa ridotte, d'accordo - e 360 euro lordi di aumento, si portano dietro anche la colpa della 'scala mobile'. Se oggi siamo ridotti con le pezze al culo, se il potere d'acquisto del nostro stipendio diminuisce sempre di più, è grazie all'allora decisione di non sedersi intorno ad un tavolo e pensare di limitare i danni. Dicono i compagni: "ma questa è la lotta". Esagerando potremmo definirla una "guerra".

    Come dice Antonio Pennacchi che c'è un solo torto maggiore del dichiarare guerra: perderla. E se la FIOM perde anche questa - anzi diciamo che l'ha già persa, senza contare che il 22 Gennaio entra in vigore il collegato al lavoro, il condono tombale su tutte le vertenze relative al precariato - allora sono cazzi, per tutti. A me hanno insegnato la necessità di pensare alle conseguenze delle proprie azioni. Ma mi sa che io e Cremaschi non abbiamo avuto la stessa educazione.

    Pubblicato 13 anni fa #
  29. A.

    offline
    Moderatore

    Ah, mo è colpa degli operai se è stata abolita la scala mobile! E Craxi?
    Vabbè, si vede che studi testi più contemporanei. (I testi antichi servono per riflettere, non per spiegare analiticamente).

    Pubblicato 13 anni fa #
  30. Si, A., la colpa non è stata degli operai ma di Berlinguer e della FIOM

    Pubblicato 13 anni fa #

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