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Strega 2010

(420 articoli)
  1. Anche a me sembra che A abbia chiesto delle spiegazioni a Belpoliti, ponendo quesiti pertinenti rispetto alla recensione fatta.

    Che poi, rileggendola, appare come lo stesso Belpoliti si sia limitato ad ottenere uno 'scorcio' dell'opera. La metanarrazione di cui parla - cioè la riflessione intorno alla narrazione - si trova nel finale. In realtà si trova anche all'inizio, e in mezzo. C'è ovunque, insomma, e affronta più temi - dal linguaggio dei personaggi storici non certo copiato dai libri di storia fino all'esagerazione lecita del narratore 'se non la finisce, ci metto gli orsi polari al posto dei salmoni' in riferimento al Canale Mussolini -. Non ho capito perché se la fa Kundera o qualunque altro, viene interpretata come un nuovo capitolo di critica letteraria, se lo fa Pennacchi viene qualificata come metanarrazione, in senso negativo quando il termine, senso negativo, non ce l'ha. Anzi le ultime pagine - quelle dell'Armida, dell'attraversamento del campo minato, la storia dei figli ecc. ecc. - le trovo poetiche. Altro che metanarrative.
    Ma d'altronde, da uno che gli è piaciuto Sorrentino e il suo libro, che ti vuoi aspettare?

    Pubblicato 13 anni fa #
  2. sensi da trento

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    Non ho capito perché se la fa Kundera o qualunque altro, viene interpretata come un nuovo capitolo di critica letteraria, se lo fa Pennacchi viene qualificata come metanarrazione, in senso negativo quando il termine, senso negativo, non ce l'ha. Anzi le ultime pagine - quelle dell'Armida, dell'attraversamento del campo minato, la storia dei figli ecc. ecc. - le trovo poetiche. Altro che metanarrative.

    ottima riflessione.
    sai che non ci avevo proprio pensato?? si vede proprio che mi mancano (almeno) 5 - 6 esami di critica letteraria.

    Pubblicato 13 anni fa #
  3. zanoni

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    Non mi risponda, grazie. Solo, si mangi le unghie , fra qualche decina di giorni, quando questo capolavoro avrà vinto due premi, lo Strega e il Campiello.

    Ecco, se A si fosse fermato al 'Non mi risponda, grazie' non avrei avuto nulla da obiettare. Parlare invece di premi vinti prima di averli vinti non m'e' sembrata un'idea particolarmente brillante.

    Ovviamente, la mia e' una richiesta del tutto scherzosa (ma fino a un certo punto)...

    Pubblicato 13 anni fa #
  4. Suvvia, il ragazzo dà mostra d'un positivo quanto colorito entusiasmo...

    Pubblicato 13 anni fa #
  5. A

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    Zanoni, lei pensa che io abbia gufato, vero? Le assicuro, non è così (Io ero e sono molto deluso da Belpoliti, di cui apprezzo l'opera su Levi, che, sola, conosco. Questo è il motivo del mangiarsi le mani.) Ma convengo con Lei, che non dovevo usare quelle parole provocatorie. Me ne scuso. Sembrerà strano, che io Le dia ragione, ma stavolta ammetto, ho toppato. Saluti

    @Torque: Condivido quanto dici sull'affaire Sorrentino. Spero non sia un discorso di case editrici...

    Pubblicato 13 anni fa #
  6. Diciamo che leggendo le recensioni di Belpoliti la mia modesta impressione è che non si sia impegnato troppo. Ma A non ha scritto nulla di censurabile, sempre secondo me. Anzi. Se Zanoni mi aiuta gentilmente a capire...

    Pubblicato 13 anni fa #
  7. zanoni

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    Zanoni, lei pensa che io abbia gufato, vero?

    beh, no: nel senso che co gufare s'intende un'azione volontaria volta a evitare che qualcuno a non poco gradito raggiunga determinati obiettivi. quindi, proprio non mi sembra che tu abbia gufato.

    rimane a mio avviso l'inopportunita' di rivendicare vittorie prima di averle conseguite...

    Pubblicato 13 anni fa #
  8. A me, dopo aver letto le recensioni di Belpoliti sui tre probabili candidati allo Strega - perchè Pavolini e Nucci non se li è filati -, è venuto il sospetto che il tizio possa aver deciso di parteggiare per la casa editrice più piccola e di sinistra: la Feltrinelli, appunto.
    Se A. dice che le sue opere su Primo Levi sono degne di nota, ci credo. Certo che tutta la struttura di 'Se questo è un uomo' è, volendo, metanarrativa. C'è ricalcato tutto l'inferno di Dante, con le anime dannate e i demòni (Citati dice che l'accento è lo stesso dei Demòni di Dostoevskij). Una metafora, certo.
    Ero sempre molto in imbarazzo nello scrivere di Canale Mussolini. Perché è un libro che adoro, che ho visto nascere direttamente nella mente dell'autore e che secondo me ha la stessa importanza dei classici della letteratura italiana. Una recensione, da parte mia, non sarebbe servita a niente: primo perché sono ancora mezzo studiato e, secondo, perché sarebbe sembrata una sviolinata a una persona che stimo, letterariamente e personalmente, molto.
    A questo punto, però, una puntata sulle metanarrazioni in Canale Mussolini e sulla loro funzionalità interna, la voglio fare. Quindi mi metterò a studiare, libro alla mano.
    Torniamo a Belpoliti però. Non credo che sia, come al solito, farina del sacco delle case editrici. E' solo un atteggiamento modaiolo, un modo di festeggiare l'apprezzato regista di sinistra che ha scritto un libro, uguale e identico al suo film 'L'uomo in più'. Che vinca o che perda, lui ha sostenuto una battaglia che potrebbe essere apprezzata.
    Ecco perché la cultura italiana è caduta così in basso. Non c'è più la questione estetica, tutto diventa politica e posizionamento editoriale. Perché se uno dovesse giudicare 'Tutti hanno ragione' dal punto di vista della lingua, dello stile e del contenuto, non dico che non c'è partita con Canale Mussolini - che i due libri giocano proprio in due campionati diversi, Canale Mussolini in Champions League e Sorrentino in una sofferta C1 - ma nemmeno con Acciaio dell'Avallone.

    Pubblicato 13 anni fa #
  9. zanoni

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    Ecco perché la cultura italiana è caduta così in basso. Non c'è più la questione estetica, tutto diventa politica e posizionamento editoriale.

    non solo nel mondo della letteratura, purtroppo!

    pero', io ancora non sono riuscito a capire in cosa consisterebbe la metanarrazione...

    Pubblicato 13 anni fa #
  10. A

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    Zanoni, ha letto i Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello? "Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Calvino? Ha visto "Effetto notte" di Trouffaut?
    Ecco , quelle sono opere sulla metanarrazione.

    A parte, se dobbiamo dirla tutta: Belpoliti, allievo di Eco, che scritto "Opera Aperta", e poi , come esempio, ha scritto Il Nome della Rosa...

    Su Levi: in genere la vulgata (anche di Calvino) era questa: Levi è un grande testimone, ma non è un vero scrittore. Belpoliti, più o meno, dice che Levi è un grande scrittore italiano del 900. poi, puodarsi che abbia capito male io.

    Pubblicato 13 anni fa #
  11. Metanarrativa è la riflessione sulla narrativa. C'è in ogni opera della letteratura, la metanarratività, in maniera diretta o indiretta. Semplicemente perché ogni scrittore s'interroga sul modo in cui narra le sue storie. Ogni scrittore, di quelli che si rispetti, fa riflessioni sulla narrativa e sulla letteratura.

    Magari Eco s'è dimenticato di spiegarlo a Belpoliti.

    Pubblicato 13 anni fa #
  12. zanoni

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    Metanarrativa è la riflessione sulla narrativa.

    grazie a Torque e A, adesso ho capito.

    ma continuo a non capire in cosa consisterebbe la metanarrativita' del Canale...

    Pubblicato 13 anni fa #
  13. poi leggiti quello che sto preparando.

    Ce ne sono diverse, di parti metanarrative. Belle, molto belle. E anche molto significative - e rivoluzionarie - dal punto di vista dell'uso della lingua, dei dialoghi diretti, della libertà - e liceità - dell'invenzione narrativa, appunto.

    Pubblicato 13 anni fa #
  14. A

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    OT. Sempre su nazione indiana di oggi c'è un articolo di Rizzante sulla morte di Saramago.

    (Rizzante è un comparatista di Trento, amico di Milan Kundera. Debbo questa informazione a mia moglie che ci ha fatto diversi esami. E dimenticavo di dire che Belpoliti insegna critica letteraria a Berghem, in Padania)

    Pubblicato 13 anni fa #
  15. rindindin

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    esprimere opinioni rientra nei diritti che abbiamo. dico la mia, Nazione Indiana non mi ha mai fatto simpatia, se la tirano come fossero gli unici intellettuali in Italia che abbiano il verbo ed è difficilissimo entrare nel loro cerchio, anche fosse l'ultimo...questo nn li rende però più speciali. impariamo dagli errori degli altri.

    Pubblicato 13 anni fa #
  16. A

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    Stavolta Nazione Indiana è meglio. Una seconda recensione , più simpatetica, del Canale.

    http://www.nazioneindiana.com/2010/06/21/le-paludi-degli-altri/#more-35898

    Maledetti i Zorzi Vila!

    di Chiara Valerio

    Zio Cesio in Libia, zio Treves che dalla Francia era passato in Russia insieme a mio zio Turati, zio Temistocle (…) che dalla Grecia era passato in Jugoslavia, mio cugino Paride tra la Dalmazia e l’Albania nella milizia portuaria e i fratelli del Lanzidei tutti in guerra pure loro (…) mio cugino Ampelio, era con la marina in Cina, pensi lei, su un incrociatore in Manciuria. Non c’era una parte del mondo in cui non ci fosse gente dei Peruzzi che si stesse giocando la pelle. Il tono è quello di chi ti sta raccontando una storia. Apri gli occhi e ascolti. Resti fermo, impettito un poco, concentrato, con la schiena ritta, perché la storia è una scomoda e spinosa storia patria, dove c’è da ammettere, ad ascoltarla bene, che ognuno ha le ragioni sue, che Per la fame. Siamo venuti giù per la fame, altrimenti non si sarebbe mosso nessuno. Canale Mussolini (Mondadori, 2010) di Antonio Pennacchi è la storia della famiglia Peruzzi, che è nessuna famiglia, e quindi tutte, che dalla pianura ferrarese, e da chiari impeti marxisti, passa all’agro pontino, e a scuri indumenti d’orbace. Ma non è una storia che avanza per idee, per generali astratti, per masse, per processi economici e industriali. È una saga che lega persone, esitazioni, inimicizie giurate e nate per un pallone da bambini e che continuano, assolute come amori, per tutta una vita. È anche una storia di amore.

    Per raccontare Antonio Pennacchi sceglie un punto di vista laterale ma non troppo, profondo ma non troppo, si protegge con un cunettone centrale di magra, detto anche savanella, si ombreggia di eucalipti. Per raccontare la nascita, la strutturazione, la fine e un poco pure la ritrattazione dell’idea di fascismo (prima che il gallo canti tre volte e gli americani che poi sono inglesi comincino a distribuire a tutti sacchi di farina bianca bianca) Pennacchi sceglie la storia del Canale Mussolini, rivo artificiale e spina dorsale della bonifica delle pianure pontine. Canale Mussolini è un romanzo, non ha intenti dimostrativi o didascalici, non fa apologia di reato, non mitizza un’epoca, non condanna e non assolve, non assume una posizione ideologicamente connotata rispetto alla materia trattata se non forse quella che perché ci sia se non democrazia, almeno uguaglianza, deve esserci ordine e l’ordine è qualcosa che dà a ogni uomo in base alle proprie necessità e possibilità. Racconta ironico e mai greve del giovane Mussolini che occhieggia le donne, dell’antipatia di Balbo, del Papillon di Rossari, di contadini prima uniti contro il padrone e poi sempre contro il padrone ma divisi in rossi e neri, nemmeno fossero scacchi. Di come la pianura padana, poi la palude pontina, poi l’Italia, poi l’Europa tutta, si sia traformata in una schacchiera insanguinata. Senza retorica, solo giovani uomini partiti e che non tornano a casa. Ora io non le voglio dire che questa è la verità di Dio. Questo è quello che diceva mio zio Cesio e io le posso dire solamente che mio zio Cesio il più giovane, quello che prima di partire studiava da geometra, non era uno che raccontasse balle, se diceva che lo avevano menato , lei può stare tranquillo che lo avevano menato. Poi se però lei mi dice che mio zio Cesio era più giovane di mio zio Iseo, e aveva ancora quindi più bollenti spiriti (…) e avrà risposto male agli inglesi – e allora quelli si sono fatti girare le scatole e giù botte – io questo non lo so e non le posso dire. “Ognuno gà le so razon” diceva sempre mio zio Adelchi, ma certo era un Fascist criminal Camp quello in cui stava mio zio Cesio in India tale e quale al Fascist Criminal Camp in cui stava mio zio Iseo in Kenya. Però a mio zio Cesio in India lo menavano e a mio zio Iseo in Kenya no. Questi sono i fatti e così glieli racconto.

    Canale Mussolini è un racconto di terra, di bestie, di minuzie, di donne circondate e consigliate da api, come una favola, di uomini giovani, quasi bambini, che minacciano i preti col coltello, di rivoluzione e di dittatura. È un racconto di povertà nera, di figli fatti per lavorare i campi, di bambini mandati a spigolare dopo il raccolto per non lasciare niente o poco alle spigolatrici di professione, di vendette, di furbizie, di un bottone messo nei cappelletti di Pasqua, Natale e feste comandate per ricordarsi che la disgrazia è sempre in agguato, della meglio gioventù che finisce sotto terra, di Zio Pericle, l’eroe, che non torna dal continente nero come la camicia che porta nemmeno fosse a lutto, di zia Bissolata che quando parla avvelena come una biscia, di Paride che è bello e buono e manda tutto in rovina, di donne che amano uomini e uomini che amano donne e amano pure i fratelli morti in battaglia tanto da tornare e prendersi cura della moglie e dei figli che non sono i propri, come fossero i propri, Can d’un Turati, canetto mio, di piccole evasioni fiscali ai danni di uno stato distratto e per continuare a percepire la pensione di guerra, del podere cinquecentodiciassette, degli incendi appiccati per vendicarsi di altri incendi, di forza e di morte, di vita e di debolezze. È il racconto della vanagloria urbanistica, sociale, statale che avrebbe potuto funzionare, le cui intenzioni erano ottime, migliori, sane e talvolta pure violente. È un racconto di casualità e di pervicacia. Ludovica Koch, nel saggio su Beowulf, osservava che là dove c’è epica non può esserci tragedia, perché l’epica celebra l’eroe mentre la tragedia ne celebra la morte. Antonio Pennacchi, in un romanzo di guerra e di giovinezza (dove anche la vecchiaia è sempre stata giovinezza e così viene raccontata) nonostante gli eroi talvolta muoiano, costruisce un’epica coinvolgente, che per i toni, le ambientazioni la furia dei personaggi che mai è rabbia, mi ha ricordato Una terra chiamata Alentejo.

    Fu un esodo. Trentamila persone nello spazio di tre anni – diecimila all’anno – venimmo portati quaggiù dal Nord. Dal Veneto, dal Friuli, dal Ferrarese. Portati alla ventura in mezzo a gente straniera che parlava un’altra lingua. Ci chiamavano “polentoni” o peggio ancora “cispadani”. Ci guardavano storto. E pregavano Dio che ci facesse fuori la malaria. Il mio preferito rimane Pericle Peruzzi, perché è biondo, perché è spavaldo, perché è fumino, perché sposa una donna che è tutta una seduzione, e che mentre aspetta un bambino cammina in mezzo a un campo minato per tracciare il percorso agli altri, perché un poco mi ricorda mio nonno che pure se è stato sette anni in Africa è tornato. Io non sono ferrarese, sono nata nell’estrema provincia di Latina e conosco da sempre quei posti descritti con il piglio scanzonato e necessario di Tom Sawyer e con un italiano inventato e increato che un poco echeggia le costruzioni parlate di Gadda e un poco non è altro che se stesso e che per tutte le pagine rimane una lingua riconoscibile, che segue e fa il ritmo della narrazione, che emoziona, strugge e infastidisce. Perché Antonio Pennacchi, con tutti i limiti e tutti gli eccessi, tutte le ossessioni e le distrazioni, è uno scrittore. E lo dico leggera, allegra, fiduciosa nella letteratura italiana e lo dico pure con qualche gratitudine, perché Canale Mussolini è un libro che mi ha fatto compagnia. E il Canale stesso, il punto di vista, è una metafora, umile e fattiva, di che cosa sia la scrittura, per sé e per gli altri. Qualcosa che non nasce da solo in natura e che pure ti permette di vivere in un posto, qualcosa che se per un motivo futile o mondiale viene distrutto, può essere ricostruito con le mani, con le intenzioni, con l’attenzione. Qualcosa che sta in qualche luogo prima di te e quindi con te e che rimarrà dopo di te e quindi anche grazie a te. E che ragionamenti sono, è chiaro che l’ho accorciata. Mica mi posso mettere a raccontare tutto quanto, particolare per particolare.

    A. Pennacchi, Canale Mussolini, Mondadori (2010), pp. 460, eu 20,00.

    Pubblicato 13 anni fa #
  17. A

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    Membro

    e qui l'autrice della recensione, a sua volta scrittrice

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    Pubblicato 13 anni fa #
  18. zaphod

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    Fondatore

    Angela Azzaro su Il fondo Magazine:

    Premio Strega. Deve vincere Pennacchi.

    A leggere la lista dei vincitori del premio Strega prima degli anni Novanta ti viene quasi da piangere. Flaiano, Pavese, Ginsburg, Levi, Ortese, Dessì. Ma potremmo andare avanti. Non all’infinito. A un certo punto qualcosa si rompe e il Premio Strega perde appeal e non è più quel riconoscimento che, ancora prima di andare al singolo scrittore, andava alla letteratura. Alla buona, ottima letteratura. Era come la certificazione, anche un po’ fideistica, che l’atto dello scrivere e del raccontare avesse in sé una spinta etica ed artista particolare. Unica. Bastava dire Premio Strega per evocare un mondo, un’epoca, ma soprattutto un’idea di romanzo. Non solo parole, non solo storie, ma lo sforzo di scrivere concatenando storie e parole con un’urgenza e uno sforzo fuori dal comune.

    Gli ultimi anni hanno confermato la tendenza opposta. 2006: vince Sandro Veronesi con Caos calmo (Bompiani); 2007: Nicolò Ammaniti con Come dio comanda (Mondadori); 2008: Paolo Giordano con La solitudine dei numeri primi (Mondadori); 2009: Tiziano Scarpa con Stabat Mater (Einaudi). Tre romanzi livellati da uno stesso stile editoriale i primi tre, un clamoroso plagio l’ultimo. Stabat Mater è copiato, in maniera imbarazzante per la infinita serie di coincidenze, dal racconto di Anna Banti Lavinia Fuggita. Il plagio era stato notato e anche denunciato, ma sotto tono, quasi con timore. Ma forse solo con un po’ di pudore dovuto alla difficoltà di ammettere che una delle rare belle storie della letteratura degli ultimi anni fosse stata rubata di sana pianta dalla fantasia di un’altra scrittrice oggi perlopiù, ingiustamente, sconosciuta e davvero troppo poco apprezzata.

    Quest’anno la cinquina scelta dal premio presieduto da Tullio De Mauro potrebbe cambiare completamente timbro, oppure confermare la scelta di uno stile insignificante. Il testa a testa conferma questa ipotesi: da una parte (nella lista stile light) il libro di Silvia Avallone, Acciaio, dall’altra (nella lista della buona letteratura) Canale Mussolini di Antonio Pennacchi. Avallone, che parte favorita, ha dalla sua il fatto di essere stata edita da Rizzoli. E’ legge non scritta che ci sia una certa alternanza nel riceve il premio tra le case editrici. E dopo una sfilza di premi Strega andati alla Mondadori (fa parte della casa editrice del premier anche l’Einaudi) sono tanti che chiedono un cambio di guardia. Pennacchi potrebbe pagare l’odio antipremier di molta intellighenzia di sinistra e no, che vuole vendicarsi del suo strapotere sottraendogli almeno il più importante riconoscimento letterario del Paese. Senza contare che dal cilindro della giuria potrebbe saltare fuori il nome di Paolo Sorrentino, Sì proprio lui, il regista, che con Hanno tutti ragione edito da Feltrinelli potrebbe essere un’altra (brutta) sorpresa.

    Se vincesse questa logica sarebbe ingiusto. Il libro di Pennacchi il primo luglio, giorno in cui si saprà l’esito, merita di vincere, gli altri meno. E i motivi vanno ricercati non in questo o quel ragionamento politico, ma nel valore letterario delle opere. Il libro di Avallone, per esempio, è interessante, anche coraggioso. Descrive il mondo operaio e i rapporti tra i sessi dopo il passaggio al berlusconismo, che è come dire dopo lo scoppio della bomba atomica rispetto a identità e appartenenze. Acciaio è un libro coraggioso perché racconta la fine della classe operaia, e racconta uomini e donne alle prese con un desiderio non più di lotta né di appartenenza, ma comunque segnato dal bisogno di giustizia e di felicità. Criticato dalla comunità operaia di Piombino per come li descrive il romanzo di Avallone racconta una verità scomoda: la violenza maschile sulle donne abita anche i casermoni dell’edilizia popolare. Ma abita sempre in quei casermoni la libertà femminile, contraddittoria come tutte le libertà. Eppure nello stile, si tratta di un libretto. Pulito, ben scritto, nessuno sforzo per restituire con la narrazione l’esplosione identitaria. Spiazzante nei contenuti, resta convenzionale nello stile. Esattamente come i suoi predecessori.

    Con Pennacchi si cambia completamente musica. Lo scrittore racconta una storia oggi di per sé anomala: l’immigrazione dal Nord al Sud. Dal Veneto all’Agropontino durante il periodo fascista. La traiettoria della fortuna cambia completamente verso e il mescolamento di storie e identità diventa una ricchezza. Leggendo Canale Mussolini capisci che cosa intende l’autore quando nell’introduzione avverte di essere nato per scrivere questo libro. Non è presunzione. E’ il riconoscimento di un’urgenza, di una spinta che attiene non alla morale, non alla comunicazione pura e semplice. Attiene esattamente alla letteratura. Il gioco di voci – passaggio dal discorso diretto a quello indiretto, il sovrapporsi di voci narranti – parlano di uno stile maturo, complesso, che ci riporta ai fasti di una letteratura che difficilmente si riesce oggi a leggere in Italia.

    E’ per questa ragione che tifiamo così apertamente per Pennacchi: perché, pur edito da Mondadori, è più antiberlusconiano di tutti gli altri. Lo è nel modo più radicale che la letteratura possa fare: contrapponendo alle frasi usa e getta, alla narrazione semplificata e banalizzata da overdose tv, una narrazione epica e capace di rendere la realtà, storica e umana, nelle sue varie sfumature e contraddizioni. Oggi ci siamo assuefatti alle storie ad una sola dimensione. Lo abbiamo scritto anche ricordando Sanguineti quando ci ha lasciato: oggi impera il dogma della linearità, della consequenzialità. Pennacchi non è un avanguardista, ma sperimenta, ci crede, combatte con le parole un corpo a corpo a volte estenuante ma vincente perché bello.

    Il premio Strega ha la possibilità quest’anno di riconoscere valore a questa idea della letteratura. Un’idea che abbiamo dimenticato. E’ un’occasione importante da non mancare. Lo merita Pennacchi. Ma forse lo meritiamo anche noi lettori.

    Pubblicato 13 anni fa #
  19. A

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    Come Dio Comanda di Ammanniti e Caos Calmo sono belli, comunque.

    Pubblicato 13 anni fa #
  20. Non so chi vincerà, ma la sensazione è netta: Canale Mussolini ha messo la freccia ed è in forte rimonta.

    Pubblicato 13 anni fa #
  21. zanoni

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    Angela Azzaro su Il fondo Magazine
    Premio Strega. Deve vincere Pennacchi

    ecco finalmente un'analisi convincente! anche se, a dire il vero, non ci sarebbe stata male una riflessione sulla presenza di romanzi storici nelle ultime diciamo venti cinquine... ma per quanto mi riguarda mi sarebbe bastato che la Azzaro definisse il Canale 'romanzo storico'. perche' lo e', no? e se lo e', perche' non lo dice?

    Pubblicato 13 anni fa #
  22. k

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    Bassoli, vada a fare in culo, la smetta di portare iella.

    Grazie alla Azzaro,

    Pennacchi: perché, pur edito da Mondadori, è più antiberlusconiano di tutti gli altri. Lo è nel modo più radicale che la letteratura possa fare

    Bello anche il pezzo di Chiara Valerio, nostra paesana diciamo così (o almeno così dice lei: "Sono anch'io di Latina, ossia della provincia". "Ah, sì? E di dove?". "Scauri". "Ma vaffallippava', a te e sta marocchina"). Però è una che scrive benissimo. Attenti alla Valerio. Ciao Chiara. E grazie.

    Pubblicato 13 anni fa #
  23. k

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    Comunque questo è il commento che ho appena postato su nazioneindiana:

    Limiti ed eccessi io? Brutta marocassa anticispadana, aspetta che t’acchiappo, pòzza sprofonda’ tutta scauri.

    Pubblicato 13 anni fa #
  24. Eh no, sor K, non ho detto che vincerà (in quel caso sì avrei portato male), ma solo che è in forte rimonta. Ma forte forte forte. Una rimonta stile Mennea sui 200 a Mosca '80, quando le leggi della fisica vacillarono e pure le stelle trattennero il fiato e tutti ci chiedemmo se l'uomo poteva volare. Oggi io mi chiedo se questo Canale Mussolini possa davvero volare e la risposta è sì.

    Guardate cosa combinò Mennea negli ultimi 50 m di quella finale olimpica. Negli ultimi 50 ne recuperò 20 agli avversari. Qualcosa di inumano.

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    Pubblicato 13 anni fa #
  25. k

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    Membro

    Tu si' proprio testadecazzo, iettatore che non sei altro. Falla finita, ti pigliasse un colpo. Ma nemmeno dopo che uno te lo dice? Falla finita, vaffanculo, fatti i cazzi tuoi.

    (Mo' la si' capita o no?)

    Pubblicato 13 anni fa #
  26. zanoni

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    Membro

    perche' non banniamo Bassoli per un po'? eccheccazzo, davvero...

    Pubblicato 13 anni fa #
  27. k

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    Membro

    Essì, perchè tu sei meglio, no?

    Pubblicato 13 anni fa #
  28. zanoni

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    Membro

    giovedi' allora me ne rimango a casa? e lo striscione - l'uno o l'altro - poi chi lo mette? vabbe', tanto il pezzo gia' l'ho scritto, mi serve solo qualche nota di colore...

    Pubblicato 13 anni fa #
  29. A

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    Membro

    Zanoni, ma come le venmgono queste idee? Bannare Bassoli dal forum è come cancellare il forum.
    E poi, dove scrive, che vogliamo leggerli questi suoi articoli.

    Pubblicato 13 anni fa #
  30. Picchiamolo Bassoli, è meglio. Più efficace. Diamolo a Faust su un ring.

    Pubblicato 13 anni fa #

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