SUL TEATRO DI PONTINIA
Si era sempre pensato – o almeno così credevamo tutti – che la cultura fosse patrimonio storico della sinistra mentre l'incultura, per volontà divina, toccasse tutta alle destre. Ora pare invece – se è vera questa storia di Pontinia – che almeno in Agro Pontino la sinistra sia finalmente riuscita a battere e superare la destra anche in ignoranza ed incultura. Grande risultato. Felicitazioni e complimenti vivissimi.
Ora lasciamo perdere che Pontinia sia a tutt’oggi – fatta eccezione per il capoluogo Latina – l'unica città di tutto l'Agro Pontino, monti Lepini compresi, che abbia ancora un teatro aperto, il 'Fellini', e volerlo quindi chiudere proprio mentre la regione Lazio spende fior di quattrini per costruirne di nuovi nelle borgate e nella provincia di Roma, appare proprio una cosa che non sta né in cielo né in terra. Un dispetto. Non si sa a chi ed arrogante quanto si vuole, ma pur sempre un dispetto.
L'assessore comunale alla cultura di Pontinia dice però che non è così, non è vero che vogliano chiudere il teatro e cacciare Pernarella, anzi: "Noi il teatro lo vogliamo tenere apertissimo, vogliamo solo fare un ibrido tra cinema e teatro: il sabato e la domenica il gestore privato ci farà il cinemetto suo, e in tutti gli altri giorni si potrà continuare a fare tutto il teatro che si vuole, che c'è di strano?".
Ecco, di strano c'è che solo uno che non ha la minima idea di come si faccia il teatro può sparare una puttanata di questo genere. Il teatro si fa di sabato e domenica e – soprattutto se lo si vuole anche produrre, come dovrebbe appunto fare l'unico teatro di tutto l'Agro Pontino e dei Lepini, Latina esclusa – dal lunedì al venerdì si curano le prove e gli allestimenti. Così si fa il teatro, non in un altro modo. Ma se uno non ha nemmeno la più pallida idea di cosa sia, a cosa serva e come e perché almeno dal V secolo avanti Cristo l'uomo fa teatro, non si capisce perché poi lo mettano a fare l'assessore alla cultura. Ma dagli la nettezza urbana, puttanaeva, perché proprio la cultura? Dice: "Ma forse gli altri erano peggio di lui, era il più istruito là in mezzo, a chi vuoi che la dessero la cultura? Sennò non si spiega". Ho capito, ma sai le zampate in Emilia però? "Che volete fare?”, gli dicevano subito Bersani e Franceschini: “Volete chiudere un teatro? Ma andè in malora, va’, ch'av vègna un càncher sèc a tuti quanti". Facile invece, qui da noi, che Visari e Titta Giorgi gli abbiano magari detto pure: “Bravi!”
(a.p.)