Buttale tutte e due, Zaph: poeticamente non valgono un granché, mentre secondo il mio penalista mi verrebbero a costare pure parecchio. Buttale e non pensarci più. Il loro unico merito sta, forse, in quei quattro versi che hanno prodotto in Urbano. Stop.
Per Rindi invece mi dispiace, ma neanche la psicanalisi può metterci una pezza. Ma mi spiego meglio forse con una storiella:
C'era una volta – tanti anni fa – un amico mio che lavorava con me in fabbrica. Lo chiamavamo Gargarozzo – o anche Garga – per l'omonima connotazione fisica. Non era tanto tempo che stavamo in squadra assieme e facevamo il turno di notte. Era uno tosto, deciso; simpatico perché aveva anche eloquio e battute, ed era polemico. Però era uno preciso e se la sera prima avevi pagato tu il caffè alla macchinetta, puoi stare sicuro che la sera appresso lo pagava lui. Era preciso ripeto – non come un amico Fritz per esempio – e per lui i conti del dare e avere, non solo materiale ma anche emotivo ed affettivo, si dovevano rigorosissimamente chiudere nell'arco delle 48 ore in assoluta parità (gli amici Fritz invece no di norma, loro pretendono ma non danno), tanto che io a un certo punto m'ero pure detto: "Va bene la precisione, ma così mi pare un po' troppa".
Comunque – fatto sta – passa una settimana passa un'altra, una sera, saranno state le undici e mezza nemmeno mezzanotte, viene vicino alla trafila mentre stavo tenendo d'occhio il semiconduttore e mi fa: "Fammi accendere, che ho lasciato i cerini in cucina, stasera"; allora fumavamo quasi tutti accendendo coi cerini, non c'erano ancora gli accendini usa e getta come adesso.
Io gli do la scatola, lui accende e mentre fa per restituirmela gli dico: "Tienila, ne ho un'altra" perchè nella mia ossessiva paura di restare senza, sono sempre andato in giro con sigarette e cerini di scorta.
Lui invece di dire grazie si ferma, si fa quasi scuro e mi chiede: "E perché? Perché me la vuoi dare?"
"Perché ne ho due".
"Embè? E perchè me la vuoi dare a me? Cosa c'è dietro questa storia?"
Io in realtà – a questo punto – m'ero già cominciato a spazientire, ma non avendo capito bene quale fosse il nodo della questione ed essendo pure, in un certo senso, curioso, ho provato a spiegarmi meglio e vedere cosa ci fosse davvero: "Scusa, Garga: tu sei senza cerini, io ne ho due scatole, ne do una a te e stiamo tutti e due a posto per tutta la notte. Non siamo amici noi due?"
"Aaah! E’ solo per questo?" e gli si rischiara il viso.
"E per che cos'altro doveva essere?" richiedo allora io.
"No... sai..., è che per me ogni volta che qualcuno ti dà qualche cosa, dopo chissà che cosa vuole in cambio. Nessuno dà niente gratis".
"E che ti pensavi allora", gli ho detto, "che ti volessi comprare l'anima con una scatola di cerini? Ma vaffanculovà, ridammi sti cazzo di cerini!" e glieli strappai dalle mani.
Morale: mo' secondo te, Rindi, chi aveva recato più grave offesa a chi quella sera, io a lui mandandolo a fare in culo, o lui diffidando e sospettando di me? Ora io non è che voglia assolutamente paragonare quella situazione e soprattutto il Garga all’amico Fritz – non sarebbe onesto da parte mia oltraggiare ingiustamente il Garga: lui almeno era preciso – però si dà il caso che Fritz ravveda quasi sempre l'offesa nei soli decibel altrui, mai però nei disprezzi silenti e nei rifiuti preventivi degli infingardi autismi suoi. Che cazzo gli fa un analista? Dio mi perdoni d’avergli offerto i miei cerini.