Le paludi bonificate tra Hall e Stendhal
In realtà la frase "Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire" sembra non sia stata mai né detta né scritta da Voltaire. L'unica testimonianza viene dalla scrittrice inglese Evelyn Beatrice Hall in The Friends of Voltaire del 1906, ripresa nel successivo Voltaire in his letters (1919). Per chiudere ogni diatriba in merito a questa attribuzione dovette intervenire, nel 1994, Charles Wirz, conservatore de "l'Institut et Musée Voltaire" di Ginevra. La Hall s'era sbagliata a virgolettare una sua opinione nelle due opere dedicate all'autore di Candido. Lo riconobbe - la Hall stessa - in una lettera del 9 Maggio 1939, pubblicata poi nel 1943, nel libro Voltaire never said it.
Dice: "vabbè, la frase è bella uguale". Certo. Non l'avrà inventata Voltaire, la frase, ma è sempre un bel modo di pensare. Uno, le cose che pensa, è giusto che le dica. Un diritto che dovrebbero avere i comunisti, i fascisti, gli psicanalisti, gli scrittori, gli studenti, gli operai, i lacché e i padroni, insomma chiunque. E' pure vero, però, che se qualcuno spara stronzate, è giusto che qualcun altro gliele faccia notare. "Qui hai detto sta cazzata", "qui hai detto quest'altra". Avrà i suoi buoni motivi, per fare le affermazioni che fa - "ognuno gà le proprie razòn" - ma non è detto che abbia ragione. Anzi, è mio dovere democratico controbattere a qualsiasi cosa che non credo sia giusta. Perché come lui ha il diritto alla parola e all'espressione del suo pensiero, ce l'avrò pure io, no?
A me pare che sia il dottor Mattioli a non accettare critiche. Appena si prova a dire qualcosa che contrasta con le sue tesi, magari pure ironicamente, salta su e tira in mezzo la buon'anima di Don Boschin e la camorra e la mafia e il sindaco decapitato e il Cristo e la Madonna. Se il post proseguirà, come prevedo, andremo a finire sulla Centrale Nucleare e il terrorismo islamico. Ma noi, da bravi democratici, lo continuiamo a far esprimere. Giusto così, finché non esagera. Perché è vero che puoi dire quel che ti pare, ma insultare no. E' vietato. Il Forum è nostro e facciamo quel che gli pare.
Dicevo: "ognuno gà le proprie razòn". Ed è vero. Nonostante possano apparire strane e imprecise le sue obiezioni, Mattioli le farà per un motivo preciso. Avrà anche lui le sue ragioni. A me è venuto in mente Stendhal. Ne Les mémoires d'un touriste, Stendhal parla dei sentimenti moderni, frutto dell'universale vanità: "l'invidia, la gelosia e l'odio impotente". E, secondo me, sono proprio questi tre sentimenti che animano il commento di Mattioli. Sprizzano da ogni singola parola. Perché Pennacchi ha scritto un bel libro, perché ha vinto il Premio Strega, perché quando parla della Bonifica e della gente che l'ha fatta molti gli danno retta, ci si riconoscono - gli dicono "abbiamo vinto" - mentre per Mattioli immagino non avvenga la stessa cosa. Che ce lo dice a fare a noi che siamo sodali e compagni di Pennacchi? Se pensi che Totti è na pippa, devi andare proprio in Curva Sud ad argomentare le tue ragioni, facendo pure lo spavaldo?
E' una missione kamikaze? E' l'evangelizzazione dell'anti-pennacchianesimo? No, più semplicemente, Mattioli vuole - e la cosa non deve far sorridere - che Pennacchi intervenga e gli dica: "si, Gianluca, ciai ragione. Ho fatto proprio quello che dici tu". E' un sogno o un incubo. C'è tanta gente, nella palude bonificata, che è abituata a fare così. Forse lo fanno un po' tutti, in tutta Italia. Si diventa grandi, scegliendosi un avversario grande. Lo fanno tanti critici letterari (Belpoliti, Cortellessa, Cordelli), figurati se non lo può fare uno che si vede sfilare sotto gli occhi, quasi tutti i giorni, il mediatore del suo desiderio. E credo che la speranza sia proprio quella: il riconoscimento della propria grandezza.
C'è odio e amore, nelle parole di Mattioli. Così come per ogni mediatore del desiderio. Lui sogna la grandezza e in questo momento, la grandezza, è rappresentata da Antonio. Un mediatore vicino a lui, con cui magari s'è rapportato in passato. Succede un po' come nell'Eterno Marito di Dostoevskij tra Pavel Pavlovic e Vel'caninov. Guardate che s'inventa per innalzare ancor di più l'importanza di Antonio, ad un livello quasi da film 007: Pennacchi diventa strumento e ideatore di una trappola infernale per dare più nerbo alla ideologia berlusconiana, e lo fa parlando di Mussolini. Manco alla Cia gli vengono in mente di 'ste cose. A lui si, per amore/odio nei confronti di Antonio.
P.S.: Appena risponde se il libro l'ha letto, fornirò una risposta pertinente anche sulle obiezioni che fa all'ideologia dell'opera.