La segnalazione del Fer - quella relativa alla denuncia di Di Meo contro Roberto Saviano - meritava d'essere approfondita. Dopo un'oretta e mezza di ricerca mi sono fermato, altrimenti non avrei finito più. Troppi i rivoli che si aprono. Vista l'ora tarda, metto il punto. Anche se una certa idea me la sono fatta, ma la dirò solo alla fine.
Partiamo dal principio.
QUALI SONO LE ACCUSE?
Simone Di Meo non ha preso e denunciato Saviano alla magistratura di getto. Ci deve aver pensato e ripensato. Dice che ha letto il libro solo dopo numerose segnalazioni che, sopra a Gomorra, c'erano proprio passi interi dei suoi articoli. L'ha acquistato e qualcosa gli deve essere balenato per la testa. Prima ha avvisato l'ufficio legale della MOndadori della questione. L'ha fatto, almeno a detta sua, in maniera certosina e più di una volta. Solo verso la fine, dall'undicesima ristampa, ha ottenuto che il suo nome venisse inserito tra le fonti del libro. Non voglio immaginare come siano andate le cose, pur lavorando in un'azienda che dispone di un ufficio legale e sapendo che gli avvocati tendono ad aggiustare le cose per non andare a processo e dover affrontare tutto l'iter. Lui dice che questa è la sua prima vittoria. Ha ragione ma, giuridicamente, non dimostra che il libro di Saviano sia un plagio dei suoi scritti. Il fatto rimane uno: il nome di Di Meo è stato inserito nel libro. A Bologna avrebbero pensato: "ben, giustiSia è fatta, morta lì". E invece a Napoli non devono pensarla alla stessa maniera. Quello, il Di Meo intendo, si sarà rigirato nel letto mille e mille volte, avrà fissato il soffitto per ore e acceso e spento la lampadina per cercare il bicchiere d'acqua sul comodino. "M'hanno dato il contentino. Cornuto e felice" deve aver pensato una notte, non trovando l'acqua. E così s'è deciso: "vaffanculo, mo' ci scrivo un pamphlet e gliela faccio vedere io a sto scrittore da quattro soldi. Mi inviterà Mentana e poi vedremo chi è il più sveglio". L'ha annunciato - il pamphlet non l'incontro da Mentana - sul sito ilvelino.it con tanto di accuse a Saviano che esulano dall'accusa di plagio. Su Caserta Sette, qualche tempo dopo, ha scomodato Sciascia e i 'professionisti dell'Antimafia'. Probabilmente non è bastato nemmeno questo. Qualcuno gli deve aver detto: "Simò, ma che cazz'è stu pamplhet?". Alcuni giornalisti, così come conferma lui stesso, lo definiscono il Saviano dei poveri. E così Di Meo si sarà continuato a rigirare nel letto, si sarà ritrovato a fissare il soffitto e poi ad accendere e spegnere la luce. "Cornuto e mazziato". Fino a che, un giorno, stufo di non chiudere occhio, s'è voluto levare definitivamente il peso dallo stomaco. Tenendo sotto braccio, da una parte la cartellina con i suoi articoli e dall'altra il libro del collega, si è presentato in Procura per denunciare il plagio del più famoso giornalista e scrittore. "Quantifichi il danno" gli ha chiesto qualcuno in Procura. Lui, fomentato com'era, ha chiesto 500 mila euro. Adesso io non so quanto ha guadagnato Saviano dal suo libro, sta di fatto che 500 mila euro sono una bella sommetta. La notizia si è diffusa, alcuni giornali si sono interessati e lui deve essersi galvanizzato. Così tanto da chiedere "un incontro pubblico, a Napoli. Lui porta la gente, noi gli argomenti". Sembrava il Cassius Clay dei bei tempi, devono aver pensato i colleghi del giornale.
Questa la consecutio temporum dei fatti, secondo la ricostruzione effettuata tramite internet. Un po' romanzata ma senza troppi giudizi. Anche perché ho cercato di capire le ragioni di questo Simone Di Meo. A cui, è innegabile, deve essere roduto il culo per quella storia degli articoli, del Saviano dei poveri ecc. ecc.
Il processo pare stia nelle fasi iniziali, un'udienza ci doveva essere il 7 Luglio ma non so com'è finita.
Mentre navigavo e mi informavo, però, qualche domanda me la sono posta. Perché qualcosa, leggendo qua e là e andando oltre la prima pagina di Google, non quadrava.
prima domanda: MA CHI E' STO DI MEO?
Nel 2005 fa praticantato presso Cronache di Napoli, così come attestato dai certificati presentati all'ordine dei giornalisti. Per questo giornale, Cronache di Napoli appunto, scriverà la maggior parte degli pezzi, ma collabora anche con Caserta Sette, Cronache d Caserta e, come giornalista professionista, per Teleregione e Quarto Canale. E' lo stesso periodo in cui Saviano scrive per la Voce della Campania e per altre testate come free lance. I due, a detta dello stesso Di Meo, si vedono, si parlano, si confrontano. Sempre lui dice che non solo gran parte degli articoli hanno trovato il loro spazio su Gomorra, ma anche tanti particolari delle loro chiacchierate sono finite sopra il libro che ha venduto milioni di copie. Dicevamo della carriera giornalistica: non per colpa sua, si avviano indagini su quasi tutte le testate per cui lavora e che, pare, siano diretta da Giovanni Lucianelli e facciano capo a Maurizio Clemente, il giornale, e Giuseppe Giordano, le televisioni. Lucianelli si salva dall'accusa di truffa ai danni della Regione - costituitasi parte civile durante la presidenza Rastrelli - perché il reato cade in prescrizione. Clemente, invece, viene messo sotto accusa dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. Nel 2003 viene arrestato con l'accusa di estorsione a mezzo stampa. Giordano pure passa i guai per una storia di contributi finti per un milione e mezzo di euro ai praticanti che, così pare, erano assunti in massa. TeleRegione e Quarto Canale avevano lo stesso numero di praticanti della locale sede della Rai. Di Meo continua a scrivere e lo fa anche bene, visto che fa carriera. Appena prima delle polemiche con Saviano si ritrova a fare l'addetto stampa del senatore De Gregorio, quello che ha fondato il movimento Italiani nel Mondo, è stato eletto con Di Pietro e poi, appena eletto presidente della commissione Difesa, è passato armi e bagagli al centrodestra, venendo confermato anche nell'ultima legislatura nelle fila del PDL. Lo nomina, insieme allo stesso senatore, sempre il Giovanni Lucianelli, che diventa portavoce di De Gregorio. A latere: durante le polemiche con Saviano ha pubblicato anche due libri, di cui uno, su Di Lauro, pubblicato con la Newton e Compton.
seconda domanda più riflessioni: E' GIUSTO CHE ABBIA COPIATO?
No, sempre "nel caso in cui", come direbbe l'Azzeccagarbugli. Sono il primo a schierarmi al fianco di Saviano e l'ho sempre fatto, insieme a tutta l'Anonima Scrittori. Ritengo e riteniamo che Gomorra sia uno dei più bei libri scritti negli ultimi dieci anni, insieme a quelli del nostro Antonio Pennacchi e a pochi altri. Una cosa, per amor della verità, voglio dirla, e fuori dalle polemiche. Se Saviano ha plagiato - copiato non è un termine corretto - gli articoli e i fatti narrati da Di Meo, non ha fatto cosa buona e giusta. L'avrebbe dovuto fare anche solo per levarsi dagli impicci. Se ce l'avessi davanti, da amico, gli direi: "a Robbè, ma chi te l'ha fatto fa' a non citarlo?". A noi piace farlo sempre, anche quando potrebbe risultare superfluo. Nel caso in cui sia capitato l'errore o la svista, in passato, abbiamo chiesto venia e abbiamo posto immediatamente rimedio (a me è capitato con Almodovar ed una foto di Antonio, anche se forse Aldomovar è convinto che l'abbia fatto apposta). Ci piace il copyleft ma che sia dato a Cesare quel che è di Cesare. Se mi aiuti, anche solo a livello di suggestioni, un ringraziamento lo meriti. Anche grazie a questo spirito siamo finiti, un po' tutti, sull'edizione economica del FascioComunista e su gli altri libri di Antonio Pennacchi. Ci teniamo e se Saviano dovesse essere incappato nell'errore ha sbagliato. Dice: "morta qui?". No, manco per il cazzo. Primo: il processo ancora deve concludersi e nessuno è stato condannato per aver copiato da qualche altro. Secondo: pretendere 500 mila euro significa non rendersi conto di una semplicissima cosa. Il valore aggiunto che, pur plagiando, ci avrebbe messo Saviano. Non posso pensare che abbia lo stesso valore il mio aneddoto sotto i portici con un'opera, di più di 300 pagine, che tenga il lettore inchiodato dalla prima all'ultima. Parliamoci chiaro: una cosa è fare un'articolo, o tanti articoli, giorno dopo giorno, che raccontino la realtà agli abitanti di quella stessa realtà e un'altra è mettere in piedi un docu-romanzo o UNO (unidentified narrative object), come piace dire ai Wu Ming, che faccia interessare un intero Paese alla vicenda dei Casalesi. Saviano non si sarà inventato la Camorra, non si sarà inventato Sandokan, non si sarà inventato Casal di Principe. L'ha fatti conoscere a me e a milioni di altre persone, l'ha calati nella vita di tutto noi, ha avuto la grandissima capacità di accendere i riflettori sulla merda del nostro Paese. Lo sappiamo tutti che Pennacchi Latina non l'ha costruita. Nessuno può levargli il merito, però, di averla fatta conoscere ai tanti che ne ignoravano l'esistenza, la storia, il vissuto. L'ha resa luogo letterario, così come Saviano ha fatto per il casertano.
Tanto dovevo.