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Strega 2010

(420 articoli)
  1. Qui si candidano al Vaffaculo d'oro, estate 2010:

    http://www.liberazione.it/news-file/Pennacchi.htm?sms_ss=facebook

    Pubblicato 14 anni fa #
  2. A

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    critica banale, superficiale, ideologica, manichea, ne penso tutto il peggio.
    Oltretutto questo nemmeno è uno storico, che bip! ne sa di ricerca storica, e parla.
    Raccapricciante.

    Pubblicato 14 anni fa #
  3. sensi da trento

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    E quello che era già accaduto o che nel frattempo accadde? L’assassinio di Matteotti, le leggi fascistissime, la persecuzione dei comunisti e di tutti i democratici, il confino, le imprese coloniali, le leggi “razziali” e le deportazioni, la lucida follia della guerra e, di contro, l’organizzazione della cultura anti-fascista, la costruzione in clandestinità (questa sì, eroica) della Resistenza, e poi la guerra partigiana, la guerra di Liberazione insieme agli Alleati, l’avvio della ricostruzione della democrazia?

    il giornalista non ha letto il romanzo, perchè altrimenti saprebbe che i punti "L’assassinio di Matteotti, le leggi fascistissime, la persecuzione dei comunisti e di tutti i democratici, il confino, le imprese coloniali, le leggi “razziali” e le deportazioni, la lucida follia della guerra e, di contro, l’organizzazione della cultura anti-fascista," sono stati toccati nel romanzo.
    guarda caso il romanzo (unico nella storia letteeraria del dopoguerra) è l'unico che accenna al dramma dei tanti ebrei che vennero "scaricati" da mussolini quando questi decise di "diventare amico di quell'altro". cito in particolare il caso dell'architetto segre e di barany, citati sia nel romanzo che in bibliografia.

    non è una colpa fare la recensione di un libro che non si è letto. I tempi ormai sono questi per cui non ne farò una colpa a questo povero ragazzotto sprovveduto di Simone Oggionni.
    semmai è una colpa non conoscere la storia dell'antifascismo, visto che il suddetto ragazzotto si riempie la bocca con questi ideali.
    evidentemente l'aspirante intellettuale ignora che "l’avvio della ricostruzione della democrazia" iniziano nel maggio del '45 mentre il libro si ferma al 1944.

    chi ignora la storia, caro Oggionni, è destinato a rpetere gli stessi errori; il fatto che stiate caricando fini nel vostro partito ne è purtroppo la più squallida testimonianza.

    Pubblicato 14 anni fa #
  4. In merito mi interessa il parere di Zanoni, dato che è uno storico.

    Pubblicato 14 anni fa #
  5. sensi da trento

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    e che cazzo vuoi che ti dica zanoni?
    quello ormai è culo e camicia con fini e questa recensione puzza di quel revisionismo farlocco che sta tentando di accollare a berlusconi le colpe della storia politica di fini, cercando di mondare quest'ultimo.

    Pubblicato 14 anni fa #
  6. A

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    sensi, veramente sei un genio :=).

    Pubblicato 14 anni fa #
  7. k

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    La ringrazio, Sensi. Adesso però mi faccia la cortesia di spedirlo pure a Liberazione.

    Pubblicato 14 anni fa #
  8. tcd

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    quasi mi aspettavo di vedere il nome del pazzoide in quell'articolo.

    Pubblicato 14 anni fa #
  9. sensi da trento

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    Adesso però mi faccia la cortesia di spedirlo pure a Liberazione.

    ooops...
    dice sul serio??

    Pubblicato 14 anni fa #
  10. Si, Sensi. Rivedilo e facci quel che vuoi, ma mandaglielo.

    Pubblicato 14 anni fa #
  11. zaphod

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    Fondatore

    Tranquillo Sensi, dì che ti mando io, ciò la tessera di quel partito...

    Pubblicato 14 anni fa #
  12. zanoni

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    devo uscire di casa fra 14 minuti, spero che il parere che chiede Bassoli riusciro' a darlo in un'altra occasione. oppure, Bassoli, potremmo vederci domani in centro e parlarne a voce...

    Pubblicato 14 anni fa #
  13. Oggionni e la sua "recensione" sono la risposta a chi mi chiede perchè, nonostante la vicinanza di idee politiche, ho pochi amici fra i compagni.

    Pubblicato 14 anni fa #
  14. Mr Darcy

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    c'è da diffidare della gente che si prende troppo sul serio

    Pubblicato 14 anni fa #
  15. c'è da diffidare della gente che si prende troppo sul serio

    Darcy, vuoi cambiare sesso e sposarmi?

    Pubblicato 14 anni fa #
  16. Mr Darcy

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    Membro

    prima un po' di sesso sfrenato

    mi hanno detto che sei un pezzo d'uomo

    Pubblicato 14 anni fa #
  17. la mia reputazione mi precede...

    Pubblicato 14 anni fa #
  18. robbettofasioli

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    ehm ... e se poi cambiando sesso divento una che si prende troppo sul serio ...

    (c) robbètto fasiòli

    Pubblicato 14 anni fa #
  19. Non ti sposo più...

    Pubblicato 14 anni fa #
  20. sensi da trento

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    Membro

    questo è quello che ho mandato oggi ai vostri compagni di liberazione.

    -------------------------

    Vorrei rispondere ad alcuni punti sollevati da Simone Oggionni nel suo articolo del 09/07/2010 e intitolato "Attenzione, Pennacchi vìola le regole storiografiche".
    Oggionni non perde tempo nel suo articolo e con onestà intellettuale davvero rara di questi tempi va direttamente al punto che più gli duole: la vittoria per la quarta volta consecutiva di un libro della galassia Mondadori al Premio Strega.
    Mentre posso apprezzare tanta schiettezza, non posso invece condividere una certa "analisi storica" del romanzo.
    Il giornalista elenca nella sua critica " L’assassinio di Matteotti, le leggi fascistissime, la persecuzione dei comunisti e di tutti i democratici, il confino, le imprese coloniali, le leggi “razziali” e le deportazioni, la lucida follia della guerra e, di contro, l’organizzazione della cultura anti-fascista, la costruzione in clandestinità (questa sì, eroica) della Resistenza, e poi la guerra partigiana, la guerra di Liberazione insieme agli Alleati, l’avvio della ricostruzione della democrazia?"; ora non si capisce bene di cosa venga accusato Pennacchi, dal momento che in questo lungo elenco il vostro originale critico letterario dimentica di inserire la proposizione principale.
    Se intende dire che i punti in questione non vengano condannati nel romanzo con la giusta durezza, evidentemente sbaglia: l'assassinio Matteotti e i giorni che lo precedettero e lo seguirono vengono descritti minuziosamente. Addirittura Pennacchi paragona quell'atto vergognoso ad altri atti altrettanto vergognosi e oscuri della nostra storia repubblicana- come l'omicidio Pecorelli, - lanciandosi in un'analogia coraggiosissima.
    La condanna delle imprese coloniali e delle rappresaglie sui civili (che, tiene a sottolineare Pennacchi, stavano difendendo la propria libertà) è fermissima mentre racconta dell'attentato a Graziani e di ciò che accadde nella successiva strategia antiguerriglia. Anche le leggi razziali sono raccontate in maniera molto dolente, citando i casi (veri e documentati) dell'architetto Segre, che dopo aver edificato città di fondazione venne scaricato dal fascismo, gli fu impedito di lavorare e fu mandato a morire nei campi di concentramento. Analoga sorte toccò a molti miliziani ebrei nonostante fossero stati fascisti della prima ora.
    Per evitare di incappare in tali errori sarebbe bastato dare un'occhiata distratta alla bibliografia in fondo al romanzo.
    Non è una colpa fare la recensione di un libro che non si è letto. I tempi ormai sono questi per cui non ne farò una colpa allo sprovveduto recensore.
    Semmai è una colpa non conoscere la storia dell'antifascismo, visto che Oggionni si riempie la bocca con questi ideali.
    Evidentemente l'aspirante critico letterario ignora che "l’avvio della ricostruzione della democrazia" inizia nel maggio del '45 ; Pennacchi quindi non poteva trattare quel tema in alcun modo visto che il libro si ferma al 1944.
    Questo articolo puzza di quel revisionismo farlocco che sta tentando di accollare a Berlusconi le colpe della storia politica di Fini, cercando di mondare quest'ultimo in vista di qualche governo futuro.
    Stia bene, caro Oggionni, e non dimentichi di mandarmi una cartolina da Predappio, quando andrete lì a celebrare il vostro prossimo congresso di partito insieme al compagno Fini.

    segue nome e cognome

    Pubblicato 14 anni fa #
  21. ahahahahahahahahah che spettacolo

    Pubblicato 14 anni fa #
  22. sensi da trento

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    solo perchè gli ho chiesto una cartolina da predappio??
    se avevo tempo d'andarci me la spedivo da solo...

    Pubblicato 14 anni fa #
  23. zaphod

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    Fondatore

    ...adesso staranno lì a chiedersi di chi è la colpa della fuga di notizie sulla sede del prossimo congresso...

    Pubblicato 14 anni fa #
  24. big one

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    ...l'aspirante critico letterario ...

    immenso Sensi!
    ci faccia sapere come va a finire.

    Pubblicato 14 anni fa #
  25. sensi da trento

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    Membro

    io?? fatemelo sapere voi, piuttosto.
    io mica compro liberazione.

    Pubblicato 14 anni fa #
  26. big one

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    neanche io.
    io leggo solo Playboy, anzi guardo solo le figure.
    zaph facci sapere come va a finire.

    Pubblicato 14 anni fa #
  27. cameriere

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    Membro

    limes in edicola
    un'antologia di scritti di antonio pennacchi

    Perché Pennacchi
    di Lucio Caracciolo

    RUBRICA IL PUNTO. Introduzione al Classico di Limes "Stregati da Pennacchi" con un inedito e alcuni degli scritti del vincitore del Premio Strega 2010 pubblicati su Limes in questi anni.

    Perché Pennacchi resiste al tempo. E perché noi abbiamo resistito a Pennacchi. Ci incrociammo molti anni fa, all’epoca di Palude, quando il vincitore del Premio Strega 2010 era noto agli intimi e a un manipolo di deliranti estimatori. Quelli disposti a litigarci da mane a sera. Quanto ai nemici, ci misero un po’ ad accorgersi di lui. Fu troppo tardi. Per il vero, agli esordi di Pennacchi ce n’erano due: «Scrittore e operaio alla Alcatel Cavi di Latina». Così volle scolpito nel volume («L’Italia mondiale», 1/1998) in cui ospitammo la sua prima storia.

    Su Sabaudia, «l’unico posto dell’Agro Pontino in cui non s’è mai visto il fantasma del Duce». Spettro redento, cui il nostro attribuiva «spiccate tendenze uliviste», addirittura in quota Veltroni (D’Alema pare non l’abbia mandata giù). Vabbé che erano in due – l’operaio e lo scrittore – pure mai avremmo divinato che da quello zampillo fosse per scaturire il fiume delle «Città del Duce» più vari altri scritti. Diversi per tema e svolgimento, identici nel proposito di devastare il bersaglio di turno.

    Ce n’è per tutti i gusti, come il lettore di questa antologia vorrà constatare. Fra le umane categorie investite dalla prosa pennacchiana – tratti di Neandertal o di strettissima attualità – quella dell’accademico eterno glossatore di se stesso ci pare la più detestata. Se poi il prof è uno storico, Pennacchi non avrà pace – e non ce ne darà – finché non avrà dimostrato, documenti alla mano, la sua Verità. Scusa Antonio: la Verità.

    A un certo punto Pennacchi il Bino s’accorse che rischiava di finire Trino: scrittore, operaio e storico. Non solo gli toccavano i turni di notte a smanettar fra i cavi, di giorno doveva raddrizzare alla sua dolce maniera la storia falsificata dagli storici.

    Fu così che, forse ispirato dalla rilettura del De Trinitatis Erroribus di Michele Serveto, il Nostro abbracciò l’unitarismo. In due mosse. Prima statuì l’unità di storia e scrittura nella sua Persona: «Io nasco narratore. Storico mi ci sono dovuto fare perché non c’era nessun altro». Amen. E fuori uno. Restava il dilemma: scrittore o operaio. Voi Bino dovendo farvi Uno a cosa rinuncereste? Per una volta Pennacchi fu banale: rinunciò alla fabbrica. Gioco partita incontro.

    Adesso Pennacchi è famoso. Ha vinto lo Strega con il libro della sua vita, Canale Mussolini. E allora Pennacchi di qua e Pennacchi di là. Altro che Bino e Trino, quanti Pennacchi ci vorranno per correre a tutte le celebrazioni, a ritirare omaggi e premi, sembra pure una laurea honoris causa in paleontologia dall’Università del Circeo?

    Noi che un po’ lo conosciamo, di tre cose siamo certi: che non smetterà di romperli, sempre e comunque, specie ai suoi adoratori; che continuerà a raccontarci le sue storie – pardon, la Storia – su Limes, come da dodici anni; e che se per caso cambiasse idea, lo andremmo a cercare sotto casa. L’indirizzo ce l’abbiamo.

    Pubblicato 14 anni fa #
  28. A

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    Ho letto questo messaggio, ho messo le scarpe e sono andato in edicola. Ce n'era una copia. Acquistata. Insieme a un altra giornale che non piace a Sensi, ma che è dello stesso Gruppo editoriale di Limes. Che, tra parentesi, è quello antagonista di B. Quindi anche sto mito - di una certa caviar gauche feltrinellian-liberazionista - che Pennacchi scriva per B. è una cazzata.

    Ps. Ieri non siamo potuti venire a Asiago, perchè il pancione di mia moglie non permetteva di affrontare le curve che si inerpicano da Rovereto, via Pasubio, sù sù nell'enclave veneto-bellunese dell'Altopiano dei Sette Comuni. Sarebbe stato bello vedere P/K nella terra di Rigoni Stern, uno dei gradissimi narratori che ha avuto questo Paese. Tra l'atro, mia moglie insegnante e dottoranda in filologia moderna, sta leggendo il Canale e si sta appassionando, dice che è scritto benissimo. Alla faccia di Liberazione e di chi ci scrive. Qualche giorno fa, parlando con un altro mio amico insegnante di italiano, si diceva appunto di un aspetto che non è stato ancora discusso sui giornali culturali o meno, ovvero lo scavo linguistico del veneto-pontino, a suo dire uno ktema eis aei, dell'oggi letterario (sembra ossimorico, ma ci può stare). E appunto commentavamo che il livello del giornalismo culturale o meno, nella ricezione del Canale, si è attestato solo più ad un discorso di bassa cucina politico-giornalistica, con l'equiparazione scontata con libri di Pansa. Un giorno sarà fatta giustizia anche di questo.

    Pubblicato 14 anni fa #
  29. tcd

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    Trovato per caso girellando con google:

    http://www.iltempo.it/2010/07/25/1183616-monumento_paesaggio.shtml

    Un monumento del paesaggio
    L'architetto «È la porta d'accesso a Latina Un segno del territorio da riscoprire e amare»

    Le città medievali avevano le mura per difendersi dagli attacchi militari, Littoria-Latina ha un canale per proteggersi da un solo nemico, l'acqua. È canale Mussolini, un'opera di landscape, un grande segno nel paesaggio dell'agro pontino, che diventa la porta d'accesso alla città di fondazione fortemente voluta dal duce che, nel 1932, affidò la redazione del piano regolatore e di molti edifici all'architetto quarantenne Oriolo Frezzotti su incarico dell'Opera Nazionale Combattenti. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che l'acqua ancora oggi può «impaludare» la zona e le idrovore fanno un lavoro continuo che aiuta a rendere questo territorio un giardino, dove si raccolgono i kiwi, le angurie e i girasoli, dove le palme, sopravvissute al punteruolo rosso, ricordano i paesaggi del nord Africa, dove gli eucalipti, sopravvissuti alle palme, profumano l'aria. Ma serviva il libro di Antonio Pennacchi per far sapere che abbiamo un «Canale Mussolini»? «Il problema di questa terra è di avere una storia così recente e singolare che si fa fatica a ritrovarla, immaginarla e il libro, oltre il valore letterario, servirà a creare una memoria possibile e visibile di queste zone», spiega l'architetto Massimo Rosolini, per 8 anni assessore all'urbanistica del comune di Latina. Dimenticate le fatiche dei pionieri? «Non da tutti. Come scrive Pennacchi, fu un popolo, una "nazione veneta pontina" che completò la bonifica e costruì il canale. Ma quella gente non scelse di venire qui, lo fece "per fame" e per far vivere un territorio, per difenderlo e valorizzarlo occorre amarlo. Nessuno di loro mise radici, le loro origini erano comunque nel nord, e questo posto è sempre stato considerato terra di tutti e di nessuno». Cosa ha di particolare questo canale? «Canale Mussolini ha un forte valore simbolico ma è anche un monumento naturale e artificiale, per forma e imponenza, che saluta chi arriva in città e si scopre visitando il territorio». Tecnicamente quale era la funzione di canale Mussolini? «Antonio nel suo libro ne dà una spiegazione chiarissima, da geografo, che mi ha lasciato piacevolmente stupito. Lui racconta l'ultima fase della bonifica interamente dedicata alla realizzazione del canale e ne illustra il funzionamento idraulico. Si tratta di un collettore delle acque che scendevano da nord, dai colli Albani e dai Lepini, e che dovevano arrivare al mare, ma trovavano un ostacolo insormontabile nella duna che caratterizza l'intera costa e che generava un catino di raccolta. Infatti, se già nel '700 c'erano stati i primi tentativi di bonifica di una terra di zanzare e bufale a nord dell'Appia con i tracciati delle «migliare», fu il canale Mussolini a sconfiggere la palude invincibile verso la costa. Un tracciato di 30 chilometri che va da sotto Ninfa a Foce Verde a creare una barriera per le acque che coincide con il territorio e dà vita all'Agro pontino». Un segno storico nel paesaggio? «Sì, una traccia che facciamo fatica a riconoscere e a ricordare... Il libro di Antonio avrà il merito anche di risvegliare un po' di curiosità verso altri segni come le fasce frangivento, i piccoli canali, lo spazio vuoto, la presenza di territorio agricolo in rapporto alla parte edificata». Il boom edilizio ha ferito questa provincia? «Questo territorio è passato dalla fase agricola a quella industriale, quando i contadini dei poderi sono diventati operai in fabbrica, impiegati e commercianti, i poderi sono stati venduti... Oggi è un territorio con alcune criticità, ma molte meno che altrove, è un territorio molto sano e salvabile, la densità territoriale è bassa, c'è spazio, a saperlo guardare si scopre la grande presenza di paesaggio». Insomma Canale Mussolini un vanto? «È il filo conduttore di questa terra, una presenza costante da amare e difendere, perché tutti gli strumenti urbanistici naufragano se non c'è rapporto tra comunità del luogo e paesaggio», conclude l'indigeno Rosolini.

    Pubblicato 14 anni fa #
  30. A

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    Membro

    Mi scrive Simone Oggianni, con cui sono in contatto via FB, e qui allego la sua risposta. Gli avevo scritto dicendogli di intervenire, perchè credo da sempre nel dialogo e nel colloquio. Pur non condividendo le sue critiche, credo sia doveroso ascoltarlo,
    Pregherei tuttavia Zaph o Torque di ammetterlo al forum, qualora - come credo - la non iscrizione sia dovuta a mero inconveniente tecnico - perchè possa eventualmente controbattere.
    A (da ora in poi Baruch)
    _________________________________________________________________________
    (...) non capisco per quale motivo, mi viene rifiutata la registrazione al forum del sito, quindi pur con tutta la buona volontà del caso mi è impossibile interloquire.
    Ti copio e incollo di seguito la mia replica, sperando che così arrivi non solo a te ma anche, in maniera indiretta, agli altri frequentatori del forum.
    un cordiale saluto,
    Simone

    Articolando una risposta ai numerosi commenti suscitati dal mio articolo su Canale Mussolini, ritengo doverose alcune premesse.
    La prima: il fatto che qualcuno esprima giudizi e commenti nascondendosi dietro pseudonimi o anonimati è quanto di più lontano dalla cultura democratica del confronto e dello scambio di idee. Figuriamoci quando questo meccanismo di nascondimento di sé diventa sistema.
    La seconda: non rispondo agli insulti e fingo di avere a che fare con interlocutori dotati di quel minimo di senso della misura (di sé, del proprio ruolo, della relatività delle proprie convinzioni) necessario per confrontarsi.
    La terza e ultima: non sono un giornalista né un critico letterario, ma sono un laureando in Storia e un militante comunista. Nello specifico, sono il segretario nazionale dei Giovani Comunisti, organizzazione giovanile di Rifondazione Comunista. Tutte informazioni che, sebbene non pretenda da alcuno un’attenzione biografica che non merito, sono facilmente reperibili ovunque, a partire dalla rete.
    Arrivo al dunque.
    Il romanzo di Pennacchi è un romanzo che si occupa di storia. È impossibile pretendere da un romanzo una rigorosa perfezione storiografica, ma un minimo di rispetto della deontologia (le note bibliografiche finali suscitano ilarità) e un minimo di attinenza alle reali vicende storiche sì. La storia italiana dal 1922 al 1945 è una storia di tragedie, di aberrazioni, di violenze, di deportazioni, di razzismi. È in buona sostanza la storia, dalla marcia su Roma alla Liberazione, di una dittatura fascista. E questa definizione, nel nostro Paese, dovrebbe essere sufficiente ad inquadrare un giudizio di condanna senza appello. Non è così nel romanzo di Pennacchi, che è al contrario un tentativo organico di rivalutare il fascismo come fenomeno popolare e progressivo. Chiunque abbia letto il libro (sono io a dubitare che voi l’abbiate letto dal principio alla fine, vista la pochezza argomentativa che producete) sa di cosa parlo. La stessa vicenda centrale intorno alla quale si dipanano eventi e scenari è una colossale invenzione storica: non c’è mai stata nessuna epica, gloriosa ed eroica bonifica (così viene descritta) ma un’operazione di colonizzazione imposta dal Regime che si è avvalsa di vero e proprio lavoro forzato, come – ripeto – sa chiunque abbia un briciolo di conoscenza storica e di coscienza critica.
    «Lei dice che la libertà in Italia l’avrebbe levata il fascismo? Ma in Italia non c’è mai stata la libertà, che t’ha potuto levare il fascismo?». È una citazione da pagina 35 dell’opera del Nostro, non è un’arringa di Guglielmo Giannini o di Giorgio Almirante nei primi anni del secondo dopoguerra.
    Su molte cose taccio, dagli errori di cultura letteraria («è l’unico romanzo nella storia letteraria del dopoguerra […] che accenna al dramma dei tanti ebrei scaricati da Mussolini») a quelli di cultura storica (affermare che l’avvio della ricostruzione della democrazia inizia nel maggio 1945, ignorando non dico le Repubbliche partigiane, ma gli stessi CLN, è grave oltreché strumentale, giacché cancella con un tratto di penna l’intera esperienza resistenziale).
    Su di una, che a me pare – nel profluvio di castronerie – centrale, voglio però replicare. Non ci trovate nulla di strano e di deprecabile nel fatto che la casa editrice di proprietà della famiglia del presidente del Consiglio vinca per il quarto anno consecutivo il premio Strega e, di fronte a chi sommessamente fa notare che è un po’ il segno dei tempi (tempi cupi, tempi di industria culturale, tempi di regime), mettete in campo la bugia propagandistica più volgare: sarei parte di «quel revisionismo farlocco che sta tentando di accollare a Berlusconi le colpe della storia politica di Fini, cercando di mondare quest'ultimo in vista di qualche governo futuro». Di più: starei «caricando Fini nel [nostro] partito».
    Ecco, questo il punto. Berlusconi comanda (additando i nemici) e i vari funzionari del Ministero della Cultura Popolare obbediscono, mettendo in campo fantasie surreali e stucchevoli. Essere servi di un regime non è un dramma. Ne abbiamo conosciuti tanti, soprattutto nel nostro Paese. Ma almeno che si abbia il coraggio di rivendicarlo. Lasciare soli Libero, il Giornale, Mediaset e la Rai nell’opera di difesa del Capo e dei suoi gerarchi è davvero, di questi tempi, un errore imperdonabile.

    Pubblicato 14 anni fa #

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