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(1417 articoli)
  • Avviato 15 anni fa da Faust Cornelius Mob
  • Ultima replica da parte di big one
  1. Gentile ministro Tremonti,

    scrivo a Lei perché qualcuno, probabilmente uno sciocco e un suo nemico, le ha attribuito la frase che la cultura non si mangia, o qualcosa di simile. Non mi risulta che Lei, a salvaguardia della Sua reputazione, abbia energicamente smentito, e quindi dovrà portarsi dietro questa leggenda metropolitana sinché vive. Si figuri che io mi trascino dietro la diceria che scrivevo le domande per Lascia o Raddoppia, e benché chi le scriveva davvero abbia a suo tempo pubblicamente smentito; ma tant’è, ritrovo questa notizia ora qui ora là, e pazienza, perché al postutto, non c’era nulla di vergognoso a inventare la domanda sul controfagotto o quella sull’uccello sul quale, a detta di Mike Bongiorno, era caduta la signora Longari. Ma cadere sulla cultura è disdicevole.

    E quindi indirizzo questa lettera a Lei e, se Ella è vergine di tanto oltraggio, la passi a chi di competenza – e amici come prima.

    Una sola cosa voglio precisare. Fingendo che l’autore dell’infausta boutade sia stato Lei, parlerò non come si parla a un poeta ma come si parla a un economista, o addirittura a un diplomato in Scienze economiche e commerciali. Parlerò cioè in termini di Soldi, non di Valori spirituali. Farò finta che Dante e l’università, Raffaello e il liceo classico e scientifico, Morandi e Calvino, siano solo una pania per i gonzi (mi pare che lei a proposito degli insegnamenti umanistici abbia parlato un giorno di aria fritta). Non importa, mi chiederò solo quanto si mangia con Raffaello e Giuseppe Verdi.

    Dobbiamo ovviamente chiarire, se vogliamo parlare in termini economici di «consumi culturali», cosa si intende per «cultura»; e non mi occuperò dell’«accezione antropologica» del termine (cultura come insieme di valori e comportamenti) per cui esiste una cultura del cannibalismo, una cultura mafiosa, o una cultura del velinismo berlusconiano. Parlerò di cultura nei termini più banali, come di produzione creativa (pittura e letteratura, musica e architettura), di consumo di questa produzione, di organizzazione dell’educazione (scuole di ogni grado) e di ricerca scientifica.

    In termini economici il Louvre, il Metropolitan Museum of Art, la Harvard University (e tra poco quella di Pechino) sono imprese che fanno un sacco di soldi. Credo che, bene amministrati come sono, facciano un sacco di soldi anche i Musei vaticani. Un sacco di soldi potrebbero fare anche gli Uffizi o Pompei, e sempre mi domando come mai l’Italia, di cui si dice che abbia circa il 50% delle opere d’arte esistenti al mondo (per non dire del paesaggio, che non è male), abbia meno indotto turistico della Francia o della Spagna, e naturalmente di New York. C’è qualcosa che non funziona, qualcuno che non sa come far soldi (e mangiare) con la cultura nazionale.

    New York non è la città dove si fa la politica degli Stati Uniti (quella è Washington), non è la città o lo Stato dove risiedono le maggiori industrie della nazione (è niente rispetto al Texas o alla stessa California); eppure quando si parla degli Stati Uniti (e quando i turisti acquistano pacchetti per voli charter e sette giorni allo Hilton) si pensa a New York. Perché il prestigio di New York è dato dai suoi scrittori, dai suoi musei, dalla sua moda e dalla sua pubblicità, dai suoi quotidiani e riviste, dalla gente che va al Carnegie Hall o ai teatri off Broadway, per cui farà sempre più opinione nel mondo il «New York Times» che l’ottimo e rispettabilissimo «Los Angeles Times». Si badi che così non la pensa la maggioranza degli americani, che ritengono New York una Babilonia fatta di italiani, ebrei e irlandesi, ma così pensa il resto del mondo e il prestigio degli Usa si basa sulla cultura newyorkese.

    L’esercito degli Stati Uniti (sempre vincitore nei film di Hollywood) non sbaraglia il nemico in Vietnam, in Afghanistan, in Irak, ma gli Usa vincono (in prestigio ) a New York. Sì, lo so, poi c’è il resto dell’economia che tiene nei vari Stati, ma suppongo che anche quando l’economia cinese avrà sconfitto quella americana i cinesi si rivolgeranno ancora al mito di New York. Con la cultura gli Usa mangiano.

    Pensi a cosa è successo con Cesare Battisti. Un manipolo di intellettuali francesi (non tutti dei più grandi) ha deciso di difendere Battisti come una vittima della dittatura, manifestando completa ignoranza delle cose italiane e considerando, come accade talora ai peggiori dei nostri cugini d’Oltralpe, il resto del mondo come repubbliche delle banane. Bene, questo esiguo manipolo d’intellettuali ha convinto il governo brasiliano là dove il governo italiano non c’è riuscito. Sarebbe accaduto lo stesso se al governo ci fossero stati, che so, Andreotti o Craxi? Non so, sta di fatto che il mito dell’intelligencija francese ha vinto su quello della cultura delle veline (e mi spiace, per una volta tanto ero solidale col governo in carica perché rappresenta pur sempre il nostro paese e deve difendere, almeno all’estero, la dignità di quella magistratura che sputtana in patria).

    Insomma, anche in termini monetari e di influenza politica (non calcolo neppure il peso di dieci premi Nobel), con la cultura si mangia. So benissimo che non abbiamo soldi per sostenere università come Harvard, musei come il MoMA o il Louvre, però basterebbe cercare, e ferocemente, di non buttare via il poco che abbiamo.

    Certo che, se in quel poco non ci crediamo, abbiamo perso in partenza. Non si mangia con l’anoressia culturale.

    Umberto Eco

    http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=11516&catid=42&Itemid=68

    Pubblicato 14 anni fa #
  2. magda

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    Membro

    Fatima Mahmud è una poetessa libica.
    fino al 1987 ha lavorato come giornalista in Libia, poi si è trasferita a Cipro dove ha fondato la rivista femminile La Nuova Shahrazad. Ha aspramente criticato il regime libico e è stata costretta a chiedere asilo politico in germania dove risiede.

    Voglio
    appendere questa serata
    calpestata
    al camion del kerosene diretto
    verso un'esplosione
    dai nervi saldi.
    Questa sera
    che ha l'aspetto di un pomeriggio
    geriatrico.
    Voglio appendere
    questa sera
    in un poster, e andare avanti ...
    L'anima di uno schiavo rinnegato
    vaga
    nella galassia
    lasciando
    questa sabbia
    queste città
    questa noia ... per un altro lavoro
    per emergere dall'orrore dei miti.
    Voglio
    appendere questa sera
    sulle
    mattonelle di una finestra chiusa
    e passare
    infilata
    nella manica arrotolata di un iris
    invitando
    il mattino ad affiorare
    dal guscio
    della notte precedente ...
    Un bambino
    sfrega una bianca sorpresa
    dai suoi occhi.
    Apre finestre
    su città
    variopinte,
    e avvia una festa selvaggia.
    Voglio
    assistere
    alla sua festa
    per impedire ai poeti di gambizzarne
    la sorpresa.
    Voglio
    appendere questa
    sera
    al balcone e passare su
    forbici e tappeti
    lacero questo
    orizzonte chiuso
    e il sangue del suo orgoglio
    zampilla in una nera
    emorragia.
    Voglio
    indossare
    ferite
    che mi assomigliano
    Voglio
    appendere questa sera
    a un'altra sera
    e andare avanti
    una spada di pellicola trasparente
    per trafiggere le gole
    dei vapori sulfurei
    che si levano da edifici deformi ...
    Una falsa testimonianza
    viene diffusa dagli uffici di neon
    negli stritolanti ingranaggi dell'anima.
    Voglio scalare
    la scala della confessione,
    verso Dio nel suo esilio
    forzato
    nel suo abito divino.
    Dico che
    questo urlo
    questa falsificazione
    quet'alibi perfetto
    non ci assomigliano.
    La tua libertà ci assomiglia.
    Voglio
    appendere questa sera
    a domande
    e andare avanti ...
    più ali
    più luce
    più
    libertà
    più
    più
    me stessa.

    Ferite che mi assomigliano.

    Pubblicato 14 anni fa #
  3. k

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    Membro

    E' semplicemente stupenda.

    Pubblicato 14 anni fa #
  4. rindindin

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    Gentile ministro Tremonti...

    secondo la mia umile opinione questo articolo riportato dal Fer, del modesto Umberto Eco non fa una piega...

    Pubblicato 14 anni fa #
  5. k

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    Rindi, quel post è di due settimane fa (e Tremonti peraltro ha pure precisato di non avere mai detto quella frase). Che c'è, la poesia della Mahmud non t'era piaciuta?

    Pubblicato 14 anni fa #
  6. rindindin

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    Membro

    ahah, no mi è piaciuta molto solo che sono un po' distratta in questo periodo...

    Pubblicato 14 anni fa #
  7. magda

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    Membro

    Fatima Na'ut è egiziana. E' nata nel 1964 dirige la rivista culturale Qas qazih.

    La prossima volta
    sceglierò di essere un attaccapanni
    per lacerare gli abiti che danno fastidio.

    Pubblicato 14 anni fa #
  8. zaphod

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    Fondatore

    Bentornata, Magda. Che significa Qas qazih?

    Pubblicato 14 anni fa #
  9. k

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    Membro

    E senza che t'incazzi, però! "Fatima Mahmud è una poetessa libica" lo avevi scritto tu.

    Pubblicato 14 anni fa #
  10. magda

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    Membro

    E' vero, invece Amal Musa è di Tunisi scrive in un quotidiano e scrive poesia.

    Ogni volta che questi piedi ballano
    la memoria mi assedia
    ansima davanti a me
    chiedendo la mia dote, ma la mia dote
    è una poesia:
    la testa impossibile della morte.
    In ogni viaggio perdo l’anello;
    lo zaffiro
    cade.
    In ogni migrazione
    la solitudine morde le mie unghie,
    e ritorno
    carponi.
    Le ginocchia mi conducono
    alla mia isola.
    Chiedo al marinaio del mio anello
    cerco nelle case un cuscino
    che contenga i desideri della mia mente.
    Mia madre la avvolgo nel cotone
    la conficco nel mio petto
    il mio primo nato;
    mia madre.
    Mi avvolge in un fogliame
    di nudità.
    Allontana i miei brividi.
    Nelle sue mani i graffi di ieri
    guariscono.

    Pubblicato 14 anni fa #
  11. k

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    Membro

    No. Meglio l'altra.

    Pubblicato 14 anni fa #
  12. la lavandaia

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    Membro

    "Domandano tutti come si scrive un libro: si va vicino a Dio e gli si dice : feconda la mia mente, mettiti nel mio cuore e portami via dagli altri, rapiscimi"
    Alda Merini

    Pubblicato 14 anni fa #
  13. A.

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    Moderatore

    Beh, più che altro lo diceva già Platone nello Ione.
    E poi è diventato un topos del Romanticismo.
    Ma credo sia falso.
    Per scrivere veraente bisogna leggere tantissimo,e poi iniziare a provare, mettersi a bottega, sudare, farsi il mazzo, sottoporsi a critiche, insomma lavoro lavoro lavoro.Altro che divina mania.

    Pubblicato 14 anni fa #
  14. la lavandaia

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    Membro

    Non so se anche Platone lo dicesse, ma sicuramente questa frase della Merini mi ha colpito.
    per quanto riguarda il mazzo sono d'accordo con te, ma è pur vero che qualcuno lassù ha donato ognuno di noi dei talenti ... che sicuramente vanno coltivati.

    Pubblicato 14 anni fa #
  15. A.

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    Moderatore

    8 marzo, tutti i nomi della scintilla
    di Alessandro Portelli, da il manifesto, 8 marzo 2011

    Oggi vorrei parlare di Francesca Caputo. Aveva diciassette anni. Morì cento anni fa, in un giorno di marzo del 1911, asfissiata o bruciata, insieme con altre 145 donne, nell'incendio di una fabbrica, la Triangle Shirtwaist Factory, a New York, Stati Uniti d'America. Donna, operaia, immigrata - tre volte senza diritti. Anzi, quattro: era anche minorenne.

    Vorrei parlare di lei, ma questo è tutto quello che so: il nome, l'età, dove lavorava, dove abitava (81, Degraw Street, Brooklyn), dove e quando è morta. Ma basta a commuovere e a fare rabbia, perché ci dà i contorni di una vita, e così ci ricorda una cosa elementare che però dimentichiamo spesso di fronte alle tragedie di massa. Quel 25 marzo a New York, come il 24 marzo 1944 a Roma, come in qualunque bombardamento in Afghanistan o in Libia, non è accaduta una strage, un massacro - ma: centoquarantasei omicidi sul lavoro, trecentotrentacinque esecuzioni a sangue freddo, una per una.

    C'è una struggente canzone di Utah Phillips, il grande folksinger anarchico scomparso pochi anni fa, che racconta un'altra strage, ventisei lavoratori migranti sepolti senza nome in una fossa comune a Yuba City, California, negli anni '60: «se avessi una lista, se solo li sapessi, vi canterei i loro nomi uno per uno, e arrivato alla fine li ricanterei di nuovo». I rituali e i monumenti più efficaci e struggenti della nostra epoca - dalla commemorazione dell'11 settembre a quella delle Ardeatine, fino al monumento di Washington ai caduti americani del Vietnam sono infine nude liste di nomi.

    I nomi delle vittime dell'incendio della Triangle Shirtwaist Factory li conosciamo, e adesso una lista li mette finalmente insieme, con le età, persino gli indirizzi. Con Francesca Caputo morirono Vincenza Billota, che di anni ne aveva 16; e Michelina Cordiano, che ne aveva 25 e abitava a Bleecker Street, in quel Greenwich Villae allora ghetto di immigrati e futuro quartiere degli artisti dove in altri tempi sarebbe andato ad abitare Bob Dylan; e Annie L'Abate, sedici anni anche lei - la stessa età di Tillie Kupferschmidt.

    Morirono con loro Daisy Lopez Fitze, Nettie Leibowitz, Bettina e Frances Maiale (18 e 21 anni), Caterina, Lucia e Anna Maltese (39, 20, 14 anni: madre e figlie?), Rosie Makowski, Sadie Nussbaum (18 anni anche lei), Providenza Panno, che ne aveva 43, e Antonietta Pasqualicchio, sedicenne; e Golda Schpunt, Jenie Stiglitz, Clotilde Terranova, Frieda Velakovski... C'era anche qualche uomo: Theodore Rotten, Israel Rosen (17 anni).

    Nomi di italiane, qualche nome ispanico (Loped, Del Castillo), soprattutto nomi ebraici, ben 102: il 1 marzo (centesimo anniversario secondo l calendario ebraico), nel cimitero di Staten Island, davanti a una tomba dove sono ammucchiati 22 dei loro corpi (4 uomini, 18 donne), poche decine di persone si sono radunate in una giornata di vento ad ascoltare dalla voce del Rabbi Shmuel Plafker intonare i loro nomi ebraici: Leah bas Leib (Lizzie Adler), Chaya bas Eli ben Zion (Ida Brodsky), Sarah bas Mordechai (Sarah Brodsky), Aidel bas Asher (Ada Brook), Masha bas Meir (Molly Gerstein), Rashka Mirel bas Reb Moishe Leib (Mary Goldstein), Dina bas Dovid (Diana Greenberg), Perel bas Tzvi (Pauline Horowitz), Rivkah bas Yosef (Becky Kappelman)...

    Erano addette alla macchine da cucire, facevano un nuovo tipo di camicette, con la fila di bottoni sul davanti come quelle degli uomini, molto alla moda. Lizzie Adler era arrivata in America solo tre mesi prima, e aveva già cominciato a mandare soldi alla famiglia in Romania; Sara Brodsky avrebbe dovuto sosarsi fra un mese, e il fidanzato riconobbe i corpo dall'anello di fidanzamento che aveva ancora al dito. Venivano dagli shtetl dell'Europa orientale e dai paesi dell'Italia del Sud, italiane ed ebree: le grandi ondate migratorie a cavallo del ventesimo secolo, le donne di cui era fatta l'industria di New York,- la Ladies' Garment Workers Union, la Amalgamated Clothing Workers' Union, sindacati un tempo militanti in una New York proletaria, migrante, femminile - sindacati di donne diretti sempre da uomini...

    La tragedia della Triangle Shirtwaist Factory fu la scintilla di una campagna per la sicurezza sul lavoro: morendo, queste donne hanno salvato molte vite future. Per decenni ci hanno raccontato la favola degli Stati Uniti come un paese senza classi e senza lotta di classe. Eppure le due ricorrenze che tutto il mondo ricorda - il 1 maggio e l'8 marzo - vengono tutte da lì, dalla piazza di Haymarket a Chicago nel 1886 e dalla Triangle Shirtwaist Factory a New York nel 1911. Soprattutto, la più ispirata delle rivendicazioni - vogliamo il pane, ma vogliamo anche le rose - l'hanno inventata altre donne migranti, le operaie tessili di Lawrence, Massachusetts, nel 1912.

    In questi giorni, in cui la lotta di classe si fa sempre più feroce, sotto forma di offensiva padronale, da Pomigliano d'Arco a Madison, Wisconsin, sono le facce delle maestre di scuola e delle impiegate statali in prima fila nella grande protesta contro le leggi antisindacali del Wisconsin a dire che si può ancora resistere.

    E ce n'è bisogno. Uno degli eventi di commemorazione del disastro del 1911 ha preso la fiorma di un cerchio di donne che si sono riunite per cucire insieme, e per ricordare le 25 donne uccise non più tardi del dicembre scorso un incendio a Dacca, in Bangladesh, in una fabbrica tessile che produce indumenti distribuiti da marche come Gap e J.C. Penney. A questo serve la memoria, a ricordare non solo il passato, ma soprattutto il presente.

    E allora, per resistere e non dimenticare, leggiamo e ascoltiamo ancora: ... Annie Ciminello, Rosina Cirrito, Anna Cohen, Annie Colletti, Sarah Cooper, Michelina Cordiano, Bessie Dashefsky, Josie Del Castillo, Clara Dockman, Kalman Donick, Celia Eisenberg, Dora Evans, Rebecca Feibisch, Yetta Fichtenholtz....

    (8 marzo 2011)

    Pubblicato 14 anni fa #
  16. la lavandaia

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    Membro

    mah!

    Pubblicato 14 anni fa #
  17. A.

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    Moderatore

    Lavandara, non tutto è sopportabile, francamente.
    Scusa sa, ma questo commento fascista te lo potevi risparmiare.

    Pubblicato 14 anni fa #
  18. la lavandaia

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    Membro

    dove lo leggi il commento fascista? arimah!

    Pubblicato 14 anni fa #
  19. zanoni

    offline
    Membro

    In questi giorni, in cui la lotta di classe si fa sempre più feroce, sotto forma di offensiva padronale

    ahahahahahahah

    poi dice perche' la gente vota Berlusconi...

    Pubblicato 14 anni fa #
  20. A.

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    Moderatore

    Chi sono
    Tutto quello che non sopporto ha un nome. Non sopporto i vecchi. La loro bava. Le loro lamentele. La loro inutilità. Peggio ancora quando cercano di rendersi utili. La loro dipendenza. I loro rumori. Numerosi e ripetitivi. La loro aneddotica esasperata. La centralità dei loro racconti. Il loro disprezzo verso le generazioni successive. Ma non sopporto neanche le generazioni successive. Non sopporto i vecchi quando sbraitano e pretendono il posto a sedere in autobus. Non sopporto i giovani. La loro arroganza. La loro ostentazione di forza e gioventù. La prosopopea dell'invincibilità eroica dei giovani è patetica. Non sopporto i giovani impertinenti che non cedono il posto ai vecchi in autobus. Non sopporto i teppisti. Le loro risate improvvise, scosciate ed inutili. Il loro disprezzo verso il prossimo diverso. Ancor più insopportabili i giovani buoni, responsabili e generosi. Tutto volontariato e preghiera. Tanta educazione e tanta morte. Nei loro cuori e nelle loro teste. Non sopporto i bambini capricciosi e autoreferenziali e i loro genitori ossessivi e referenziali solo verso i bambini. Non sopporto i bambini che urlano e che piangono. E quelli silenziosi mi inquietano, dunque non li sopporto. Non sopporto i lavoratori e i disoccupati e l'ostentazione melliflua e spregiudicata della loro sfortuna divina. Che divina non è. Solo mancanza di impegno. Ma come sopportare quelli tutti dediti alla lotta, alla rivendicazione, al comizio facile e al sudore diffuso sotto l'ascella? Impossibile sopportarli. Non sopporto i manager. E non c'è bisogno nemmeno di spiegare il perché. Non sopporto i piccolo borghesi, chiusi a guscio nel loro mondo stronzo. Alla guida della loro vita, la paura. La paura di tutto ciò che non rientra in quel piccolo guscio. E quindi snob, senza conoscere neanche il significato della parola. Non sopporto i fidanzati, poiché ingombrano. Non sopporto le fidanzate, poiché intervengono. Non sopporto quelli di ampie vedute, tolleranti e spregiudicati. Sempre corretti. Sempre perfetti. Sempre ineccepibili. Tutto consentito, tranne l'omicidio. Li critichi e loro ti ringraziano della critica. Li disprezzi e loro ti ringraziano bonariamente. Insomma, mettono in difficoltà. Perché boicottano la cattiveria. Quindi, sono insopportabili. Ti chiedono: "Come stai?" e vogliono saperlo veramente. Uno choc. Ma sotto l'interesse disinteressato, da qualche parte, covano coltellate. Ma non sopporto neanche quelli che non ti mettono mai in difficoltà. Sempre ubbidienti e rassicuranti. Fedeli e ruffiani. Non sopporto i giocatori di biliardo, i soprannomi, gli indecisi, i non fumatori, lo smog e l'aria buona, i rappresentanti di commercio, la pizza al taglio, i convenevoli, i cornetti con la cioccolata, i falò, gli agenti di cambio, i parati a fiori, il commercio equo e solidale, il disordine, gli ambientalisti, il senso civico, i gatti, i topi, le bevande analcoliche, le citofonate inaspettate, le telefonate lunghe, coloro che dicono che un bicchiere di vino al giorno fa bene, coloro che fingono di dimenticare il tuo nome, coloro che per difendersi dicono di essere dei professionisti, i compagni di scuola che dopo trent'anni ti incontrano e ti chiamano per cognome, gli anziani che non perdono mai occasione per ricordarti che loro hanno fatto la Resistenza, i figli sprovvisti che non hanno nulla da fare e decidono di aprire una galleria d'arte, gli ex comunisti che perdono la testa per la musica brasiliana, gli svampiti che dicono "intrigante", i modaioli che dicono "figata" e derivati, gli sdolcinati che dicono bellino carino stupendo, gli ecumenici che chiamano tutti "amore", certe bellezze che dicono "ti adoro", i fortunati che suonano ad orecchio, i finti disattenti che quando parli non ascoltano, i superiori che giudicano, le femministe, i pendolari, i dolcificanti, gli stilisti, i registi, le autoradio, i ballerini, i politici, gli scarponi da sci, gli adolescenti, i sottosegretari, le rime, i cantanti rock attempati coi jeans attillati, gli scrittori boriosi e seriosi, i parenti, i fiori, i biondi, gli inchini, le mensole, gli intellettuali, gli artisti di strada, le meduse, i maghi, i vip, gli stupratori, i pedofili, tutti i circensi, gli operatori culturali, gli assistenti sociali, i divertimenti, gli amanti degli animali, le cravatte, le risate finte, i provinciali, gli aliscafi, i collezionisti tutti, un gradino più in su quelli di orologi, tutti gli hobby, i medici, i pazienti, il jazz, la pubblicità, i costruttori, le mamme, gli spettatori di basket, tutti gli attori e tutte le attrici, la video arte, i luna park, gli sperimentalisti di tutti i tipi, le zuppe, la pittura contemporanea, gli artigiani anziani nella loro bottega, i chitarristi dilettanti, le statue nelle piazze, il baciamano, le beauty farm, i filosofi di bell'aspetto, le piscine con troppo cloro, le alghe, i ladri, le anoressiche, le vacanze, le lettere d'amore, i preti e i chierichetti, le supposte, la musica etnica, i finti rivoluzionari, le telline, i panda, l'acne, i percussionisti, le docce con le tende, le voglie, i calli, i soprammobili, i nei, i vegetariani, i vedutisti, i cosmetici, i cantanti lirici, i parigini, i pullover a collo alto, la musica al ristorante, le feste, i meeting, le case col panorama, gli inglesismi, i neologismi, i figli di papà, i figli d'arte, i figli dei ricchi, i figli degli altri, i musei, i sindaci dei comuni, tutti gli assessori, i manifestanti, la poesia, i salumieri, i gioiellieri, gli antifurti, le catenine d'oro giallo, i leader, i gregari, le prostitute, le persone troppo basse o troppo alte, i funerali, i peli, i telefonini, la burocrazia, le installazioni, le automobili di tutte le cilindrate, i portachiavi, i cantautori, i giapponesi, i dirigenti, i razzisti e i tolleranti, i ciechi, la fòrmica, il rame, l'ottone, il bambù, i cuochi in televisione, la folla, le creme abbronzanti, le lobby, gli slang, le macchie, le mantenute, le cornucopie, i balbuzienti, i giovani vecchi e i vecchi giovani, gli snob, i radical chic, la chirurgia estetica, le tangenziali, le piante, i mocassini, i settari, i presentatori televisivi, i nobili, i fili che si attorcigliano, le vallette, i comici, i giocatori di golf, la fantascienza, i veterinari, le modelle, i rifugiati politici, gli ottusi, le spiagge bianchissime, le religioni improvvisate e i loro seguaci, le mattonelle di seconda scelta, i testardi, i critici di professione, le coppie lui giovane lei matura e viceversa, i maturi, tutte le persone col cappello, tutte le persone con gli occhiali da sole, le lampade abbronzanti, gli incendi, i braccialetti, i raccomandati, i militari, i tennisti scapestrati, i faziosi e i tifosi, i profumi da tabaccaio, i matrimoni, le barzellette, la prima comunione, i massoni, la messa, coloro che fischiano, coloro che cantano all'improvviso, i rutti, gli eroinomani, i Lions club, i cocainomani, i Rotary club, il turismo sessuale, il turismo, coloro che detestano il turismo e dicono che loro sono "viaggiatori", coloro che parlano "per esperienza", coloro che non hanno esperienza e vogliono parlare lo stesso, chi sa stare al mondo, le maestre elementari, i malati di riunioni, i malati in generale, gli infermieri con gli zoccoli, ma perché devono portare gli zoccoli? Non sopporto i timidi, i logorroici, i finti misteriosi, i goffi, gli svampiti, gli estrosi, i vezzosi, i pazzi, i geni, gli eroi, i sicuri di sé, i silenziosi, i valorosi, i meditabondi, i presuntuosi, i maleducati, i coscienziosi, gli imprevedibili, i comprensivi, gli attenti, gli umili, gli esperti, gli appassionati, gli ampollosi, gli eterni sorpresi, gli equi, gli inconcludenti, gli ermetici, i battutisti, i cinici, i paurosi, i tracagnotti, i litigiosi, i superbi, i flemmatici, i millantatori, i preziosi, i vigorosi, i tragici, gli svogliati, gli insicuri, i dubbiosi, i disincantati, i meravigliati, i vincenti, gli avari, i dimessi, i trascurati, gli sdolcinati, i lamentosi, i lagnosi, i capricciosi, i viziati, i rumorosi, gli untuosi, i bruschi, e tutti quelli che socializzano con relativa facilità. Non sopporto la nostalgia, la normalità, la cattiveria, l'iperattività, la bulimia, la gentilezza, la malinconia, la mestizia, l'intelligenza e la stupidità, la tracotanza, la rassegnazione, la vergogna, l'arroganza, la simpatia, il doppiogiochismo, il menefreghismo, l'abuso di potere, l'inettitudine, la sportività, la bontà d'animo, la religiosità, l'ostentazione, la curiosità e l'indifferenza, la messa in scena, la realtà, la colpa, il minimalismo, la sobrietà e l'eccesso, la genericità, la falsità, la responsabilità, la spensieratezza, l'eccitazione, la saggezza, la determinazione, l'autocompiacimento, l'irresponsabilità, la correttezza, l'aridità, la serietà e la frivolezza, la pomposità, la necessarietà, la miseria umana, la compassione, la tetraggine, la prevedibilità, l'incoscienza, la capziosità, la rapidità, l'oscurità, la negligenza, la lentezza, la medietà, la velocità, l'ineluttabilità, l'esibizionismo, l'entusiasmo, la sciatteria, la virtuosità, il dilettantismo, il professionismo, il decisionismo, l'automobilismo, l'autonomia, la dipendenza, l'eleganza e la felicità. Non sopporto niente e nessuno. Neanche me stesso. Soprattutto me stesso. Solo una cosa sopporto. La sfumatura.

    Paolo Sorrentino

    Pubblicato 14 anni fa #
  21. io, pensa, non sopporto Sorrentino.

    Pubblicato 14 anni fa #
  22. A.

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    Moderatore

    si me lo hai detto

    Pubblicato 14 anni fa #
  23. k

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    Membro

    Torque, a me mi sa che ce l'avesse solo con me (ancora per la storia dei video):

    "Non sopporto i vecchi. La loro bava. Le loro lamentele"

    Pubblicato 14 anni fa #
  24. A.

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    Moderatore

    Ma assolutamente no.

    Pubblicato 14 anni fa #
  25. la lavandaia

    offline
    Membro

    Hanno tutti ragione

    L'ho comprato tempo fa, ho letto le prime 23 pagine, e dopo mi è stato utile come appoggio per il bonsai di ginseng che tengo sulla scrivania.
    Non m'ha preso...non mi piace.

    ( forse questo non è il topic adatto, comunque volevo ringraziare torque per avermi indotto alla riflessione - parecchi mesi fa-
    Quando si sente il forte impulso di scrivere poi non bisogna cedere alla vanità di leggere il proprio nome in copertina.
    In sintesi non ho pubblicato con Lampi di Stampa... ho rivisto i miei scritti, ho sofferto e maturato, e due settimane fa ho inviato il manoscritto alla Gangemi editore; mi hanno convocato per oggi pomeriggio. Comunque vada sono contenta. Grazie Torque!)

    Pubblicato 14 anni fa #
  26. prego

    Pubblicato 14 anni fa #
  27. A.

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    Moderatore

    Ma posso dire una cosa?
    Perchè Sorrentino o lo si odia o lo si ama ?
    Tutti i giudizi su di lui che ho sentito sono estremi. O fa schifo o è un genio.
    Insomma o gli danno 1 o 5 (nel range IBS).
    Addirittura lavandara mo' dice che lo usa come portamobili.
    Ma perchè?
    Torque almeno mi aveva dato una ragione letterario estetico-pedagogica. Lui dice che il libro di S. era una furbata. Parliamone.

    Ps. Ma Bassoli che fine ha fatto?

    Pubblicato 14 anni fa #
  28. la lavandaia

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    Membro

    Ma chettedevodì... non mi prende come autore.
    Non sono in grado di entrare nel merito, ma posso sicuramente affermare che i libri per me sono come gli uomini ... mi devono attrarre, prendere, stimolare, lasciare traccia, fin dal primo istante. Sorrentino non mi ha lasciato nulla ergo "archiviato" come sopramobile.

    Pubblicato 14 anni fa #
  29. Woltaired

    offline
    Membro

    io non l'ho mai letto, però ho un bonsai privo d'appoggio.
    quasi quasi...

    Pubblicato 14 anni fa #
  30. tataka

    offline
    Membro

    Ricevuta via mail.

    Elenco di espressioni varie udite alla Camera dei Deputati nelle sedute del 30 e 31 marzo 2011

    -vaffanculo
    -coglione
    -comunista coglione
    -deficente
    -drogato
    -cocainomane
    -stronzo
    -pezzo di stronzo
    -provocatore
    -merda
    -pezzo di merda
    -fascista di merda
    -troia
    -figlio di puttana
    -handicappata del cazzo (rivolto ad una deputata disabile)

    "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore" (Articolo 54 della Costituzione)

    Pubblicato 14 anni fa #

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