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(1417 articoli)
  • Avviato 15 anni fa da Faust Cornelius Mob
  • Ultima replica da parte di big one
  1. (Recensione latinocentrica)

    IL PRI A LATINA: UNO STUDIO PUBBLICATO NEGLI ANNALI DELLA
    FONDAZIONE LA MALFA

    La Fondazione Ugo La Malfa ha ottenuto il riconoscimento giuridico nel 2001 e si propone di dare seguito all’attività dell’omonimo Istituto, nato nel 1980 su impulso di un gruppo di eredi e amici, tra i quali devono ricordarsi Giovanni Spadolini, Leo Valiani, Francesco Cingano.
    Dal 1985 l’Istituto, poi Fondazione, edita una rivista di storia della politica denominata “Gli Annali”, diretta da Corrado Scibilia, che si interessa altresì delle molteplici problematiche di carattere socio-economico del nostro Paese.
    Nel volume XXIV, per venire a vicende che ci riguardano molto da vicino, sono esaminate le dinamiche del Partito Repubblicano Italiano nella provincia di Latina nel secondo dopoguerra.
    Il lavoro è importante perché dimostra che la storia della città non è così di destra come si vuole far credere. Al contrario, la nostra comunità ha attraversato, non senza fatica, periodi estremamente complessi ancora da decifrare, esplicativi della doppia anima che caratterizza Latina, già Littoria: uno zoccolo duro di pionieri e post-pionieri fedeli a valori (e anche ai disvalori) del Regime Fascista, dunque, ma anche il tentativo di molti di guardare altrove, partendo proprio dalle prime storiche elezioni democratiche del 1946.

    Stefano Mangullo e Dario Petti, con la collaborazione di Carlo Bassoli, raccontano quegli anni attraverso testimonianze, fotografie e articoli di giornale dell’epoca, tra i quali vanno segnalati alcuni momenti significativi come l’inaugurazione dei busti di Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi nel Parco pubblico di Latina, alla presenza del Ministro della Difesa Randolfo Pacciardi e la visita di un giovane politico che avrebbe fatto davvero molta strada: Giulio Andreotti, che, nel 1960, presenziò all’inaugurazione dello stabilimento Sibel (Società Imbottigliamento Bevande di Latina).

    Dal volume in oggetto si apprende che le prime elezioni amministrative dopo il periodo della dittatura fascista ebbero luogo tra il 10 marzo e il 7 aprile 1946, con 30 Comuni chiamati al voto. In quell’occasione il PRI si affermò a Latina, dando vita ad una giunta guidata da Fernando Bassoli (dirigente della Cooperativa Braccianti di Carpi, giunto in Agro Pontino nel 1935 per i lavori di bonifica), Cisterna, Itri, Norma, Terracina, Sermoneta.

    Storia e politica, Annali della Fondazione Ugo La Malfa, Gangemi Editore, pagg. 431

    Gli interessati a ricevere una copia possono rivolgersi al numero 0668300795, fax 0668211476, info@fulm.org.

    http://www.fulm.org/SchedaPubblicazioni.aspx?ID_Pubblicazione=509

    Pubblicato 14 anni fa #
  2. zaphod

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    Fondatore

    Ho finito Il libro delle anime di Glenn cooper.
    E' il genere di libro che suscita paragoni con Il codice Da Vinci. Di Dan Brown condivide lo stile sciatto e sbrigativo, ma diversamente da questo non costruisce quella "scatola a incastro" che ti tiene incollato alle pagine per risovere gli enigmi prima dei personaggi. Ne Il codice Da Vinci Dan Brown padroneggia la materia che racconta e - anche se con stile eccessivamente didascalico - ne rende partecipe il lettore. Questo Glenn Cooper invece (che i risvolti di copertina danno per laureato in archeologia ad Harvard col massimo dei voti, ma io sapevo però che ad Harvard si creano ottimi avvocati) mette in mezzo Nostradamus, Calvino e Shakespeare con la nonchalance con cui si assembla un panino di McDonald e con lo stesso appeal. Se hai fame e non hai tempo di cucinare una volta tanto va bene. Di più no. Fa male.
    Nell'ultima parte invece si riscatta nelle scene d'azione. Lì si districa come i migliori registi di action-movie. Costruisce la suspence, sposta i punti di vista e serra il ritmo. Si fa leggere e in qualche punto avvince. L'epilogo è da dimenticare.

    Pubblicato 14 anni fa #
  3. rindindin

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    Membro

    finito il diario di V. Woolf.

    Critica a “Diario di una scrittrice” biografia di Virginia Woolf, edito “minimum fax”, forse critica a “minimum fax”.

    Non è che uno si aspetti granché da una biografia, ma che almeno si possa definire tale!
    Il “Diario di una scrittrice” di Virginia Woolf, è interessante, nelle prime 200 pagine, poi diventa una storia insopportabile. Quello che ne viene fuori è il ritratto di una scrittrice compulsiva, nevrotica, maniacale, malata solo del suo ego e della sua capacità-incapacità di scrittura. Da lettore, vorrei dire che proporre come bio una selezione, sicuramente eccezionale ma monca, di un diario ben più complesso che arriva fino a 4 giorni dalla sua morte, è un’offesa alla scrittrice in questione e mancanza di rispetto. Vero, la minimun fax fa una breve prefazione di Leonard (uomo della Woolf) che ci spiega l’esigenza e i motivi dei tagli atti solo a rivelare Virginia come scrittrice e null’altro. Ma un diario è un diario. Virginia non sarà stata solo la donna maniacale dedita alla scrittura, ci saranno stati eventi nella sua vita che hanno fatto di contorno e che hanno forse causato o perlomeno contribuito al suicidio. Questa vita non esiste nel diario, ma viene presentato come diario… trovo profondamente ingiusto, da lettore, che mi si possa proporre un’autrice di simili doti letterarie in questo modo, e ingannarlo sulla formula diarista per fare poi un filtro che castra la personalità e la complessità di una donna che con tutto il suo genio ha comunque deciso di farla finita con questa vita. Minimun fax dovrebbe valutare meglio i testi in traduzione e non accettare incondizionatamente le proposte in difesa di un pudore che non interessa nessuno, soprattutto a Virginia Woolf.

    Pubblicato 14 anni fa #
  4. urbano

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    Quando uno spirito grande smette di essere lascia un buco al suo posto. Una assenza silenziosa in cui possono rimbalzare le eco delle sue cose. E' dopo un po di tempo che il vuoto contagia anche gli altri e allora può accadere che si inventino tardive manifestazioni, per affetto, per lutto o magari per comodo.
    Forse non è edificante per Leonard aver trascelto il diario della sua compagna, ma chi lo può dire, si fa quel che si può.
    Sulla Donna segnalo un libro della Bartlett Alicia Gimenez, Una stanza tutta per gli altri, Sellerio, 2009. Quella che Nelly la cuoca di Virginia non ha mai avuto e che chissà avrebbe pure irritato la padrona.

    Pubblicato 14 anni fa #
  5. rindindin

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    Questo libro non l'ho letto, ma rimedierò, solo per par conditio. sicuramente più edificante, che traccierà una personalità, forse indigesta all'autrice defunta, ma reale. però posso dire che la Woolf ha scritto il diario per una vita solo ed esclusivamente con la consapovolezza di poterlo pubblicare postumo? Questo è detto da lei più volte e auspicato. Ha conservato tutto con note, ben sottoscritte, che il diario fosse opera postuma... si sarà rivoltata nella tomba nel vedere che il suo amatissimo, quanto opportunista, maritino ha "tagliato" quella che è stata la sua vera vita, la sua sofferenza? mi fa incazzare questa cosa...ma che doveva fare sta' povera Virginia più che dirlo e scrivelo a caratteri cubitali?

    Pubblicato 14 anni fa #
  6. k

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    Membro

    Hai perfettamente ragione Rindi. Ora sto partendo, ma quando torno ne riparliamo. Bisogna fare di più. Assembla i due pezzi intanto, e vedi se si possono mettere in home e aprire un topic apposito, poiché questa è una questione cruciale non solo di teoria della letteratura, ma pure d'etica: si ha il diritto di rompere i coglioni con gli epistolari o le cose private degli autori dopo la loro morte e contro le loro volontà? Qualcuno avrebbe il diritto, per caso, di pubblicare dopo la mia morte le cose che ho scritto qua sopra per cazzeggio con lo pseudonimo di k? Eccheccazzo, se me le volevo pubblicare me le pubblicavo io con tanto di nome e cognome. Come cazzo ti permetti di pubblicarle tu? L'Autore sta solo in quello che ha deciso lui, se permetti. Non in quello che decidi tu.
    Questa è roba da farci un appello e farlo girare per tutto il web mondiale e metterci in piedi un sindacato scrittori e far fare una legge dell'Ue e dell'Onu: "Dei diritti naturali di un Autore". (Torque, non cominciare a dire: "E i diritti della filologia?". La filologia il filologo se la fa con la roba che gli lascio ed autorizzo io, non con il cestino della mia spazzatura o con la carta igienica con cui mi pulisco il culo. Ma perchè lo scrittore dovrebbe essere l'unico a non avere diritto alla sua privacy ed intimità? Vatti a fare la filologia con la merda tua, non con la lettera porno che magari ho scritto quarant'anni fa. Che cazzo c'entra - me lo sai spiegare? - con la scrittura mia di oggi? Dice: "Ma io voglio capire il processo". Ma tu non vuoi capire un cazzo - per capire basta che ti leggi i libri - tu vuoi solo smucinare e farti bello con la rogna mia. Io vi maledico tutti quanti, se non mi difendete a spada tratta quando sono morto. Vi vengo a trovare la notte. Sono cazzi vostri.)

    Pubblicato 14 anni fa #
  7. zero71

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    Membro

    mammamia...
    Torque... per l'amor di Dio...

    Pubblicato 14 anni fa #
  8. rindindin

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    Membro

    ok lavoro sul concetto e lo propongo qui.

    Pubblicato 14 anni fa #
  9. zaphod

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    Fondatore

    Ok. Io però non infierirei sulla casa editrice che comunque deve rispondere anche a logiche commerciali.

    Pubblicato 14 anni fa #
  10. Quando uno diventa, per scelta o destino, un personaggio pubblico, deve mettere in preventivo anche questo.
    Prendiamo un Kafka. Gli hanno pubblicato anche quello che voleva fosse distrutto. Quello che non aveva nemmeno terminato di scrivere (es. "America"). Oppure prendiamo "Petrolio" di Pasolini.
    Certo è una questione anche giuridica di enorme interesse e complessità. Di certo ad oggi esiste una legge che tutela (dovrebbe almeno) la privacy.

    Pubblicato 14 anni fa #
  11. beh, una volta i filologi facevano anche di peggio: attribuivano a scrittori famosi opere di dubbia attribuzione, tipo Il Fiore che e' stato per secoli attribuito a Dante. E' una moda, tutta commerciale, quella di tirare fuori dal cassetto - metaforico - cose che erano rimaste li' per mille motivi. Anche nella musica funziona cosi': muori e fanno CD anche coi rutti su base musicale. Guarda Jimi Hendrix, Jim Morrison oppure Freddy Mercury. Il piu' sfruttato di tutti e' John Lennon, poverino.

    Pure il Nietzsche che abbiamo conosciuto, ci venne tramandato dalla sorella che pare forzo' in senso revanscista il pensiero del fratello, rendendolo masticabile al nazismo. E' un vizio, nemmeno recente, di prendere dai morti quel che ci pare.

    Nel caso della Woolf, l'operazione l'ha fatta il marito. Per sapere se l'operazione l'ha fatta bene o male, bisognerebbe leggere il diario per esteso. Eventuali volonta' e tutto il resto. E comunque, se la Woolf stessa l'aveva lasciato nel cassetto, un motivo ci doveva pur essere.

    Pubblicato 14 anni fa #
  12. urbano

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    Membro

    Invece le cose di Lou Salomè, la ventunenne che invaghì Federico, alla sua (di lei) morte nel 1937, furono sequestrate dalla Gestapo. Fu il suo amico Heinz Peters a cercarle e a riunirle; su quelle fece una biografia: Mia sorella mia sposa, Mondadori 1980.
    In quel caso le carte di Lou sono state documenti di base per un lavoro. Nell'altro Leonard non ha forse rispettato la originalità e ha fatto una mezza creazione con l'arbitrio suo e la parole di Virginia. Fece come San Girolamo, che ne fece di traduzioni, che dice io non solo ammetto, ma proclamo liberamente che nel tradurre i testi greci, a parte le Sacre Scritture, dove anche l’ordine delle parole è un mistero, non rendo la parola con la parola, ma il senso con il senso. Come Orazio che dice: non ti curerai di rendere parola per parola, come un traduttore fedele.
    E' un modo postmoderno, invece di dire, si fa dire, e mano mano il mondo viene fuori.

    Pubblicato 14 anni fa #
  13. rindindin

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    Membro

    ho aperto un nuovo topic per continuare la discussione e ampliarla.
    @Zaphod, ho tolto le accuse alla casa editrice, anche perchè messa così, la questione non è più solo della casa editrice, poi vedete voi se mettere in home il pezzo, come suggeriva k.

    Pubblicato 14 anni fa #
  14. A.

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    Moderatore

    Più che ieri, direi, cosa ho letto oggi: una bravissima Michela Marzano (autrice Mondadori, tra l'altro, con buona pace di Mancuso e compagnia. A proposito: che fine ha fatto Mancuso?)
    Ciao
    A.

    Il cavaliere, l’amore per la vita e la donna riposo del guerriero,
    di Michela Marzano (da La Repubblica del 1/11/10)

    Berlusconi non fa nulla di male: ama la vita e le donne. Perché i giornali, ancora una volta, si accaniscono contro di lui? Perchè volergli impedire di passare ogni tanto una «serata distensiva» dopo gli sforzi massacranti che compie quotidianamente? Perchè tanto rumore per nulla? Ma il nostro premier non si scompone. Lui è «sereno». Ancora una volta, è la vittima innocente di una «spazzatura mediatica» che ne infanga l´immagine. Tanto più che gli Italiani non si lasciano più incantare dalla propaganda giornalistica e continuano a rinnovargli la fiducia. Molti sono gli uomini che lo ammirano in silenzio. Numerosi coloro che vorrebbero trovarsi al suo posto per godersi anche loro il meritato riposo del guerriero che, tornando a casa la sera dopo aver lottato contro i nemici della patria, viene accolto dalla dolcezza e dalla disponibilità delle proprie donne. Peccato che in questo quadro idilliaco fatto di lavoro accanito e di gioie domestiche le donne continuino a giocare sempre lo stesso ruolo: comparse marginali di un copione i cui gli eroi sono gli altri, gli uomini, coloro che le amano tanto. Ma che senso può mai avere la parola «amore» - di cui il nostro premier si riempie la bocca - in un mondo in cui la donna non è altro che una «terapia mentale»?
    Il potere non logora solo chi non lo ha, ma anche chi lo subisce: i sudditi sottomessi di un regno il cui sovrano considera scontata e banale la sottomissione delle donne. Chi sono infatti queste donne che ama Berlusconi? Donne facili e disposte a tutto pur di riuscire, come sussurrano alcuni con disprezzo? Donne fragili e indifese che si rivolgono al capo in cerca di protezione, nella speranza di ottenere qualcosa - la cittadinanza italiana, un casting per qualche spettacolo televisivo, un posto in una lista elettorale? Donne come le altre, magari affascinate dal potere, che non riescono a rendersi conto che le immagini vanno e vengono e che la bellezza e la giovinezza svaniscono col tempo? Quanto all´amore per queste donne, cos´altro è se non il retaggio di una cultura maschilista che continua a credere che l´unico rapporto possibile tra gli uomini e le donne sia la dipendenza?
    Secoli di oppressione femminile ci hanno insegnato che le donne dipendono dagli uomini perché hanno bisogno, per esistere, che l´uomo le protegga. Anche se, per essere protette, sono poi pronte a sacrificare desideri e aspirazioni personali, e a sottomettersi al volere e alle pulsioni maschili. Secoli di maschilismo ci hanno abituato ad accettare la «servitudine volontaria» delle donne, come scrisse La Boétie. Esattamente come ci hanno insegnato che gli uomini sono pronti ad essere dolci e paterni, a patto però che le donne accettino di «pulire (loro) il cervello da tutte le preoccupazioni quotidiane».
    Perché stupirsi allora che molti italiani giustifichino Berlusconi per la «vita straordinaria che conduce»? Il modello proposto, riproposto e valorizzato non è forse quello tradizionale e patriarcale che permette solo agli uomini di occuparsi della «cosa pubblica»? Niente è più forte dell´abitudine. Per abitudine si accetta tutto. Si crede perfino che l´amore di un uomo per le donne consista a giocare a bunga bunga con alcune minorenni, creando relazioni inegalitarie e fondate sulla dipendenza.
    Nell´amore c´è sempre una dose di dipendenza. Ma la dipendenza, nell´amore, è sempre reciproca e non esclude mai la possibilità dell´autonomia. Anzi, è proprio quando ognuno ha possibilità di essere se stesso indipendentemente dall´altro (dal suo sguardo, dalle sue parole, dalle sue attese, dai suoi desideri) che può poi «consentire» alla dipendenza momentanea in cui lo «getta» la passione. Nell´amore c´è sempre una parte di gioco, istanti in cui le nostre fragilità e i nostri infantilismi incontrano le fragilità e gli infantilismi dell´altro. Ma amare significa soprattutto «prendere sul serio» i desideri dell´altra persona, anche quando questi desideri non coincidono con i nostri. Costruire uno spazio in cui ognuno possa esistere, esprimersi, gioire, talvolta soffrire. Di quale amore allora si parla quando le donne vengono trattate come semplici oggetti di pulsioni? Quando servono soprattutto (se non unicamente) a permettere agli uomini di passare una serata piacevole e a svuotarsi il cervello dalle preoccupazioni lavorative?

    Pubblicato 14 anni fa #
  15. Berlusconi, non essendo l'avvocato della signorina Ruby, non aveva diritto di telefonare alla Questura. La sua posizione di capo del governo aggrava la situazione.
    A quale titolo Berlusconi chiama il Questore?
    E' il padre di Ruby?
    E' il marito?
    Il padre adottivo?
    Il fidanzato?
    A quale titolo chiama?

    Che vada a mignotte ormai lo abbiamo capito, e in realtà mi interessa poco. La sensazione complessiva è che i politici postmoderni siano un po' troppo abituati a pigiare il piede sull'acceleratore dei molti privilegi dei quali godono.

    Pubblicato 14 anni fa #
  16. A.

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    Moderatore

    vedi sotto

    Pubblicato 14 anni fa #
  17. k

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    Membro

    Eh sì, Bassoli, grazie. Se non ce lo spiegava lei, e noi quando cazzo lo avremmo capito?

    Pubblicato 14 anni fa #
  18. Prego, prego, sto qui apposta...

    Pubblicato 14 anni fa #
  19. A.

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    Moderatore

    Da un punto di vista generale questo episodio è una bagattella, in confronto alle reiterate leggi vergogna che questo signore s'è fatto fare.
    Mi domando però perchè rischi tanto di cadere proprio ora. Forse il "secondo livello" non lo appaggia più? Forse occorre andare a vedere cosa c'è dietro le stragi di Falcone e Borsellino, che proprio ora sta venendo a galla? Chissà, qualcuno potrebbe voler bruciare il pupattolino di cui si son serviti per tutti questi anni. Che ci sia una manina dietro questa fuga di notizie ad hoc, può essere. In questo caso il prestanome dell'apparato è bello che fritto. Vorrebbe dire che non serve più, e il gioco di tenerlo non vale la candela da reggergli. Staremo a vedere. Sarebbe durato come il suo padrino-cinghialone, 16 anni o poco più.
    Non è un bel tramonto.

    Pubblicato 14 anni fa #
  20. k

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    Membro

    Per A.
    Io ho miei dubbi che sia davvero "arrivato". E in ogni caso non ho idea (o almeno non ho idea positiva) di come ne usciremo. Che le debbo dire? Per me lui non era la causa ma solo l'effetto dell'implosione istituzionale della democrazia in Italia ed alternative credibili e progressive non ne vedo. Vedo solo la disgregazione (o meglio: la disaggregazione) sempre più vorticosa d'ogni corpo e aspetto del Paese, inteso sia come Stato che come nazione.

    Pubblicato 14 anni fa #
  21. A.

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    Moderatore

    Grazie K. Quando esce "le iene"?

    Pubblicato 14 anni fa #
  22. L'unica soluzione sarebbe depurare al massimo le liste dei prossimi candidati alle consultazioni elettorali, sia amministrative che politiche, portando avanti persone irreprensibili. Il sistema più di tanto non si può cambiare, le persone sì.

    Quasi un'utopia.

    E comunque una cosa è certa: Berlusconi e i suoi governi non hanno risolto i problemi dell'Italia. Alla fine il bilancio è in rosso e il debito pubblico galoppa, per non parlare dell'immagine internazionale compromessa.

    Pubblicato 14 anni fa #
  23. k

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    Membro

    Senta Fer, ma non le sembrano un tantino semplicistiche le sue ricette? (per non dire banali).

    (Le iene dovrebbero uscire a metà o fine novembre. Speriamo non siano troppo ovvie e banali.)

    Pubblicato 14 anni fa #
  24. A.

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    Moderatore

    Non credo lo saranno.

    Pubblicato 14 anni fa #
  25. urbano

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    Membro

    C'era una volta un bambino, nato in un minuscolo villaggio della Cina da una famiglia poverissima.
    Potrebbe essere iniziare così la favola di Jing Hao.
    Perchè è proprio bella come una favola la storia vera di Li Cunxin, l'ultimo ballerino di mao, che cairoeditore ha pubblicato in ottobre.
    Li Cunxin è il ballerino di danza classica dell'Accademia di danza di Pechino che diventa la stella dello Houston Ballet; in mezzo c'è la storia della vita che si sposta dalla comune dei Li nel paese di Qingdao, alla scuola della Signora Mao di Pechino e poi a Houston.
    Il tempo lento della grande marcia, il tempo infinito della RPC del Presidente Mao, il tempo terribile della banda dei quattro e il tempo diffidente delle porte aperte fino al grande riformatore Deng Xiaoping e del suo gatto daltonico ma acchiappatopi.
    Ora Li Cinxin vive in australia con la sua famiglia e della sua storia, pubblicata a cura dell'australian governement e dell'australian council, hanno fatto anche un film diretto da Bruce Beresford che però in Cina non è stato proiettato, e nemmeno da noi.

    Pubblicato 14 anni fa #
  26. Per K: in politica l'unica soluzione, con l'attuale sistema elettorale, è la prevenzione.
    Una volta eletti non c'è più niente da fare: se sono ladri ruberanno, se sono stronzi stronzeggeranno, se sono inetti resteranno inerti.

    Pubblicato 14 anni fa #
  27. Dice: ma è ovvio.
    Ma lei veramente crede che la politica sia una cosa tanto complicata come da sempre cercano di farci credere per aumentare i propri meriti?

    Pubblicato 14 anni fa #
  28. A.

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    Moderatore

    Era una gioia appiccare il fuoco.
    Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d'orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. Col suo elmetto simbolicamente numerato 451 sulla solida testa, con gli occhi tutta una fiamma arancione al pensiero di quanto sarebbe accaduto la prossima volta, l'uomo premette il bottone dell'accensione, e la casa sussultò in una fiammata divorante che prese ad arroventare il cielo vespertino, poi a ingiallirlo e infine ad annerirlo.

    Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.
    Ho diciassette anni e sono pazza. Mio zio dice che queste due cose vanno sempre insieme.
    «Come si spiega», le disse una volta, presso l'ingresso della sotterranea, «che mi sembra di conoscervi da tanti anni?»
    «Perché io vi voglio bene», ella disse, «e non voglio nulla da voi. E poiché ci conosciamo bene tutt'e due.»
    Ci deve essere qualcosa di speciale nei libri, delle cose che non possiamo immaginare, per convincere una donna a restare in una casa che brucia. È evidente!
    La chiusura lampo ha spodestato i bottoni e un uomo ha perduto quel po' di tempo che aveva per pensare, al mattino, vestendosi per andare al lavoro, ha perso un'ora meditativa, filosofica, perciò malinconica.
    Riempi i loro crani di dati non combustibili, imbottiscili di "fatti" al punto che non si possano più muovere tanto sono pieni, ma sicuri di essere "veramente bene informati". Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione di movimento, quando in realtà son fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch'è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza.
    Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l'albero o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là. Non ha importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purché si cambi qualche cosa da ciò che era prima in qualcos'altro che porti poi la nostra impronta. La differenza tra l'uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco, diceva. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, su quel prato; ma il vero giardiniere vi resterà per tutta una vita.
    Noi non siamo che copertine di libri, il cui solo significato è proteggerli dalla polvere.
    Montag guardò il fiume. Noi andremo sul fiume. Guardò le antiche rotaie della ferrovia. Oppure andremo in quella direzione. O percorreremo le grandi autostrade ora, e avremo tempo di mettere tante cose dentro di noi. E un giorno, dopo che la sapienza sarà stata a lungo in noi comparirà sulle nostre mani e sulle nostre bocche. E gran parte di essa sarà errata, ma una parte sufficiente sarà giusta. Cominceremo a camminare oggi e a vedere il mondo come il mondo cammina e parla, come realmente appare. Voglio vedere ogni cosa, ormai. E anche se niente di esso sarà e quando entrerà in me, dopo qualche tempo si raccoglierà tutto insieme dentro di me e sarà me stesso. Guarda il mondo qua intorno, Signore, Signore, guardalo, qua intorno a me, al di là della mia faccia, e il solo modo di toccarlo veramente è di metterlo dove sia finalmente me stesso, dove è nel sangue, dove è spinto a correre in circolo mille volte per diecimila ogni giorno. Ho già un dito sul mondo, adesso; questo è un principio.
    I buoni scrittori toccano spesso la vita. I mediocri la sfiorano con una mano fuggevole. I cattivi scrittori la sforzano e l'abbandonano.
    C'era un buffissimo uccello, chiamato Fenice, nel più remoto passato, prima di Cristo, e questo uccello ogni quattro o cinquecento anni si costruiva una pira e ci si immolava sopra. Ma ogni volta che vi si bruciava, rinasceva subito poi dalle sue stesse ceneri, per ricominciare. E a quanto sembra, noi esseri umani non sappiamo fare altro che la stessa cosa, infinite volte, ma abbiamo una cosa che la Fenice non ebbe mai. Sappiamo la colossale sciocchezza che abbiamo appena fatta, conosciamo bene tutte le innumerevoli assurdità commesse in migliaia di anni e finché sapremo di averle commesse e ci sforzeremo di saperlo, un giorno o l'altro la smetteremo di accendere i nostri fetenti roghi e di saltarci sopra. Ad ogni generazione, raccogliamo un numero sempre maggiore di gente che si ricorda.
    «...sapete cosa ho scoperto?»
    «Che cosa?»
    «Che la gente non dice nulla»
    «Oh, parlerà pure di qualche cosa, la gente!»
    «No, vi assicuro. Parla di una gran quantità di automobili, parla di vestiti e di piscine e dice che sono una meraviglia! Ma non fanno tutti che dire le stesse cose e nessuno dice qualcosa di diverso dagli altri...»

    «Non sono i libri che vi mancano, ma alcune delle cose che un tempo erano nei libri. Le stesse cose potrebbero essere diffuse e proiettate da radio e televisori. Ma ciò non avviene. No, no, non sono affatto i libri le cose che andate cercando. Prendetele dove ancora potete trovarle, in vecchi dischi, in vecchi film e nei vecchi amici; cercatele nella natura e cercatele soprattutto in voi stesso.»
    [...]
    E quando fosse venuta la sua volta, che cosa avrebbe potuto dire, che cosa avrebbe potuto offrire in un giorno come quello, per rendere il viaggio un po' più agevole? Per ogni cosa c'è una stagione. Sì. Il tempo della demolizione, il tempo della costruzione. Sì. Il tempo del silenzio e il tempo della parola. Sì, tutto questo. Ma che altro? Che altro ancora? Qualcosa, qualcosa...

    E sull'una e sull'altra riva del fiume v'era l'albero della vita che dava dodici specie di frutti, rendendo il suo frutto per ciascun mese; e le fronde dell'albero erano per la guarigione delle genti.

    Sì, pensò Montag, ecco ciò che voglio mettere da parte per mezzodì. Per mezzogiorno...
    Quando saremo giunti alla Città.

    [Ray Bradbury, Fahrenheit 451, traduzione di Giorgio Monicelli, Mondadori]

    Pubblicato 14 anni fa #
  29. urbano

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    Membro

    Una macchina da scrivere sconvolse il mio destino.
    Inizia così il racconto di Sira la protagonista del romanzo di Maria Duenas.
    Poi non è mica vero che fu la hispano-olivetti a essere il quanto della vita, ne racconta di storie Sira. E' un suo modo di narrare la storia della spagna. A me è piaciuto l'ambiente sartoriale, le stoffe , i cartamodelli, i fili, il cucire, lo stirare. Ha un modo di raccontare che mima l'imbastitura, quel gesto di tirare indietro il filo mentre si procede, così fa Duenas attacca una situazione come fosse una anticipazione, poi torna indietro a spiegare da sotto, fino a che risale più avanti, per cappi successivi.
    Potrebbe essere una storia da Corto Maltese, un fumettone.
    Il titolo originale è "el tiempo entre costuras" qualcosa come tra le pieghe del tempo ma in italiano è stato tradito come "la notte ha cambiato rumore", chissà perchè?
    la notte ha cambiato rumore
    maria duenas
    mondadori

    Pubblicato 14 anni fa #
  30. rindindin

    offline
    Membro

    ho finito di leggere "Venere privata", ma mi ha talmente sconbussolata che merita un momento di sedimentazione...

    Pubblicato 14 anni fa #

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