Potrebbe chiamarsi " le stelle di confucio":
Beijing
Allora alla fine ci sono venuto, da solo, con te lontana, laggiù.
E’ pulito, organizzatissimo tutto e anche se siamo nella loro settimana di festa nazionale tutto scorre come deve.
Si perché fu il 1 ottobre di 61 anni fa che il Presidente Mao disse che era nata la RPC.
Pechino in realtà si dice Bei jing che vuol dire città del nord, Bei –nord e jing città, come Nanchino, Na jing vuol dire città del sud.
Si chiama Fang la nostra guida ma a noi ha detto di chiamarla Martina.
La città, dicono loro, non è tra le più grandi, ha solo 18 milioni di abitanti, ma è La Città, la loro madrid, cultura e potere.
Dalla originaria città proibita la città si è accresciuta di 5 anelli.
La periferia che si vede dall’aeroporto al centro è piena di alberi e verdi prati, fiori e sculture ornamentali, tutto molto curato, molto pulito. Anche molta acqua; perché l’acqua porta bene, ha detto la guida, mentre il vento non tanto, così si fanno colline e foreste per ripararsi.
C'è un bel sole in un bel cielo azzurro.
Tiantan
Mentre Martina diceva tutti i numeri della Cina il pullman ci ha portato al Palazzo del Cielo; una tenuta di 275 ettari, ora parco pubblico.
Una volta ci andava l’imperatore in ritiro per fare riti propiziatori del raccolto.
Costa 20 yuan entrare, cioè quasi due euro, e è una folla di tutti i generi e tutti con il viso sorridente, non si sa se per la contentezza o per la fisiognomica, ma è contagioso e fa piacere.
Per entrare si deve superare la soglia, un massello di pietra nera messo sotto la porta, dietro, per non far entrare gli spiriti striscianti.
Dalla prima porta all’ultima tutte avranno la loro soglia.
Lungo un viale di pietra sulle cui lastre si fanno esercizi di calligrafia scrivendo ideogrammi di acqua destinati ad asciugare, dove volano bolle di sapone soffiate da piccoli ultimi imperatori si arriva dove c’è la pietra dell’eco.
E’ come quando nel film di Zhang Yimou c’è la scena della cena sotto il cielo stellato.
Uno zigurrat circolare che , anche adesso, ritaglia un orizzonte di cielo lontano disegnato di nuvolette e chiome verdi. Li al centro del cerchio c’è una pietra che per uno speciale effetto acustico amplificava la voce dell’imperatore quando ci saliva sopra per leggere editti.
Poi viene il tempio dell’eco, un cilindro coperto da un ombrello di tegole color turchese scuro e contenuto in un recinto circolare. Anche qui l’acustica faceva rotolare sui muri le preghiere che si recitavano al centro e poi infine il tempio del buon raccolto, sgargiante!
Quando l’Imperatore andava al tempio del cielo stava da solo, senza cibo animale, senza alcol, e soprattutto senza donne cui era proibito assolutamente l’ingresso. Io però non sono imperatore.
Tiananmen
La grandissima piazza per le adunate dei compagni cinesi, fatta demolendo tutto quello che c’era prima.
40 ettari di solido vuoto.
Riempita di forse un milione, forse anche di più, di persone di tutta la Cina.
E tutta la Cina vuol dire 55 etnie, ci spiega la guida Martina, visi assortiti e abiti di varie fogge. In fila. In fila per entrare nella piazza, in fila per uscirne, in fila per la tomba di Mao, in fila per la foto.
Anche io l’ho fatta la mia foto con lo sfondo del Presidente.
Sono stanchi oggi i cinesi, ma ce la fanno soddisfatti.
Cinque stelle ha la bandiera: l’operario, il contadino, l’uomo, la donna e la quinta , una volta il popolo; oggi invece, dice sorniona la guida, la quinta stella, quella più grande, è il capitalista!
Ah ah ah, che spiritosi i compagni cinesi.
Comunque se ci si ferma a riflettere stupisce il quanto hanno fatto. E il come.
Le guardie cinesi sono giovani, magrissime, vestite di marrone terra, hanno i guanti e stanno dritte come un fuso a fare la guardia, appunto.
Sono li di fronte ai fiori, vicino a un palo, su un alto gradone, fissano il lontano e ogni tanto sbirciano il vicino.
Il cielo pizzica i tetti dei palazzi enormi e sovietici con le bandiere rosse, qualcuno guida nell’aria aquiloni e draghi volanti.
Le dimensioni sono tutte scalate di una o due volte, così che gli oggetti seppure enormi risultano tra loro proporzionati fino a quando da un parapetto non spunta una testolina così piccola che sembra sbagliata di misura.
Zǐjinchéng
Tanti, tantissimi, quasi tutti sono i cinesi. Nei cortili della città proibita riempiono ogni sguardo.
La loro quantità rappresenta la vera sconfitta dell’imperatore che non riuscirà più a manifestare se stesso nel vuoto di quei luoghi.
Eppure è bello, ma la mia è una mente romantica e immagina il vuoto, i cinguettii, il rumore di una mano , ma dura solo un attimo, che poi scoppia il vocio incomprensibile dei miei ospiti.
I loro luoghi hanno nomi di astrazioni, di concetti, di fondamentali: il ruscello delle acque d’oro taglia un grande cortile, attraverso il ponti delle cinque virtù si sale al palazzo della suprema armonia e poi a quello della perfetta armonia e poi ancora a quello della preservazione dell’armonia.
La casa dove l’imperatore viveva, la casa della purezza celeste, dove lui dormiva in stanze sempre diverse e con concubine sempre diverse; dice la guida che la scelta era improvvisa e dettata dalla volontà di disorientare gli attentatori assassini.
Yiehyuan
Armonia totale, armonia educata.
Alberi maschio e alberi femmina e pietre e acque e terra. L’imperatore è così potente che può fare il mondo e costruire un giardino di 270 ettari dove l’estate potrà riposare ed un enorme lago artificiale dove oggi galleggiano draghi barche e pedalò, fa il mausoleo di preghiera per la moglie, che a piedi ascenderà i numerosissimi gradini, lei imperatrice e devota, e farà l’isola per i figli collegata alla sponda del lago artificiale da draghi galleggianti e da un ponte di diciassette archi.
Armonia educata!
Come un dio!
Xiězuò
I cinesi hanno 40000 ideogrammi. E’ impossibile conoscerli tutti. La media dei cittadini conosce 4000-6000 ideogrammi.
Il sapere ,la lettura e la trasmissione del pensiero era posseduta dai soli ricchi che oltre ai beni materiali, le cose, possedevano anche il potere del dire. Questo fu uno dei primi obiettivi del Piccolo Padre Mao, semplificare la scrittura e renderla accessibile al più alto numero possibile di cittadini.
Oggi, dice la guida Martina, solo a Hong Kong continua la tradizione dei 40.000 ideogrammi. Oggi la scrittura è più semplice, al popolo non serve conoscere tutti gli ideogrammi. Forse ha ragione.
Lǚyóu zhǐnán
La guida turistica è un funzionario statale che quest’anno accompagna i gruppi spiegando la Cina come vuole essere spiegata.
Alcune cose non le dice, o non le sa, o dice di non saperle come quando in piazza Tiananmen a chi del gruppo domanda dello studente piccolino con la busta della spesa di fronte al carrarmato: non so questa cosa, risponde. Ma come? Quanti studenti sono morti quella volta? Chiede maligno qualcuno e lei risponde : non so, non conosco il numero!|
Nella strana atmosfera della notte, con i quaranta ettari tutti completamente vuoti e illuminati e bagnati dal recente lavaggio la risposta suona strana, una verità reticente.
Forse lei non li ha mai contati quei morti.
Forse si, qualcosa si ricorda, che glielo disse sua madre che era un insegnante.
Ma poi che cosa importa il numero, uno o cento?
Ne basta uno di morto per suscitare l’orrore, il resto è solo ripetizione, tanto orribile quanto inutile. Come dire che la vita è una costante, il valore non varia con il numero, il valore è sempre inestimabile.
Jīngjì
I cinesi giovani che vogliono sposarsi, o che vogliono convivere, o vogliono vivere fuori dalla famiglia, vanno a comprare casa fuori dal quinto anello, dove costa di meno.
Fanno un mutuo con la banca e pagano il trenta percento in contanti. Ma prima si comprano una macchina, perché il quinto anello è lontano. La comprano a rate.
Chissà se il Timoniere l’aveva prevista questa deriva consumista e automobilistica?
Chi lo sa?
E poi come faranno con 500 euro al mese, che tanto è lo stipendio medio secondo la guida, a comprare la wwpassat, la yundai, la nissan, la toyota? E dopo a pagare il 30% di una casa di 70 mq che costa 300 euro a mq?
Gira molto olio! Insinua la vecchia guida , quella privata , che guarda caso è pure napoletana.
Míng cháo shí sān líng
La via sacra attraversa tutta una valle per arrivare alla fine ad un enorme tolos a forma di vera e propria collina dove, dentro, ma non si sa dove, c’è sepolto un imperatore.
Changling.
Oggi intorno alla via sacra ci sono piantagioni di frutta a perdita d’occhio. E cammelli accucciati vicino alle tante bancarelle che vendono prodotti lungo la strada.
I filari delle piante sono coperti da una ombreggina celeste così che da lontano la campagna è tutta piena di strisce di cielo.
Lungo la via sacra si snocciolano ai due lati statue di mandarini, elefanti in piedi e seduti, dromedari, draghi, unicorni e tartarughe secondo un ritmo simmetrico e costante e con una simbologia esistente ma sconosciuta.
C’è un bellissimo filare di salici piangenti sui due lati, tutti alti uguali e con le chiome alla stessa altezza da terra, fanno come un tunnel sotto una cascata di foglioline. Sembra acqua verde o muschio delle fontane.
Dietro questo portico naturale, sorretto da tronchi dritti come piccole colonne di legno, si estende un parco ricco di piante e pieno di merli e passeri.
In fondo un tempio cavo e massiccio contiene una stele imperiale dritta sotto la volta centrale e sorretta da una enorme tartaruga. Un vero e proprio fallo di pietra tutto scritto e con tanto di glande fiorito, dentro il fodero vuoto del tempio.
Wǒ huílái le
Alla tomba dell’imperatore si arriva alla fine del tragitto, passando per più porte fino ad un cortile con una porta nel mezzo.
E’ come una lastra bucata, senza sportelli ma con la sua soglia.
Da li entrerà solo il sarcofago dell’imperatore , mentre il corteo passa ai lati secondo regole perdute.
La salma andrà nella collina, ma si è persa la porta.
Solo al ritorno tutti possono passare per la porta di mezzo, in gruppo, e urlando all'eco
WǑ HUÍLÁI LE
ovvero
sono tornato!