All'assemblea della mozione Bersani non ho preso la parola. Ho scoperto, nel corso degli anni, che è inutile far notare alle persone dei dettagli che cercano in tutti i modi di non vedere. Però, son fatto così, il cecio non me lo so tenere, soprattutto se riguarda un argomento a cui tengo. E, mannaggia a me, alla politica ci tengo tanto, sin da ragazzino. M'ha fatto perdere anni di studio, di donne, di lavoro ma ancora ci tengo. E' tipo una malattia.
Prima di arrivare all'assemblea, dopo aver staccato dal lavoro, ho acceso la radio e ho scoperto che Luciano Spalletti non è più l'allenatore e che al suo posto è arrivato Ranieri. Non ero dell'umore giusto e questo rafforza la mia convinzione di aver fatto meglio a non parlare. Mi sarei innervosito al primo vociare, non avrei retto lo stress oppure mi sarei impappinato. Anche alla Roma ci tengo e pure questa, ormai, anche grazie alla presidentessa Rosella - che il cognome Sensi se lo dovrebbe far cambiare -, è diventata una malattia.
E sarà stato che, mentre ascoltavo i relatori, riflettevo anche su questioni calcistiche, che m'è venuto in mente un paragone: il Pd, ma in generale la sinistra, come la Roma.
Ai giocatori giallorossi, così come ai politici del Pd - sia nazionali che locali, salvo qualche eccezione -, li accomuna una cosa: la convinzione di essere migliori. E così come Totti e compagni, molto spesso, si trovano a gigioneggiare in mezzo al campo tra colpi di tacco e passaggi così tanto azzardati da non riuscire mai, i politici del Pd elaborano strategie ardite, disegnano scenari megagalattici, pensano a tattiche elettorali quasi sicure. In realtà, per tutti e due, il confronto con la realtà è abbastanza amaro. La Roma, ormai da tempo, prende tre pallini da chiunque, ha una società che nemmeno più si può definire tale e si è ritrovata a prendere un allenatore che l'hanno scorso veniva ritenuto la sventura della Juventus. Il Pd, a Latina, è condannato alla sconfitta, ad essere un partito di nicchia e a non capire i bisogni dei cittadini. A livello nazionale, più o meno sembra essere la stessa cosa. E così come la Roma, anche se gioca con il Canicattì, qualche gol lo prende, rischiando di mettere a repentaglio il risultato, il Pd, anche se si misura alle elezioni con il cavallo di Berlusconi, rischia di perdere.
Dice: "si, ma questo è catastrofismo". No, purtroppo è la realtà. Quando smetteremo di credere di essere i migliori soltanto perché la pensiamo in un modo o indossiamo una maglia, allora qualcosa potrà cambiare. Perché se prendi tre pappine dal primo che passa o perdi qualsiasi elezione, comprese quelle di condominio, la colpa non può essere sempre degli arbitri che ti penalizzano o degli altri che non ti capiscono. Tutti i fatti dimostrano che poi, così tanto genio o bravo non sei, ma la colpa viene sempre data all'ingiustizia delle cose nel mondo. "Guarda la guerra, ti pare una bella cosa?".
Ed è proprio questa finta ingenuità, questa volontà di vivere in un mondo proprio e altro, questa magica aria di sfiga di cui amiamo circondarci, che mi manda ai matti.
Ai dirigenti, presenti e futuri, del Pd posso dire solo quello che m'è venuto in mente parlando con il compagno Ingellis: concretezza e credibilità.
a) concretezza: basta con le parole, i concetti, i disegni sulla condensa del frigo al bar (cit. Pennacchi). Oggi alla mozione Bersani c'era ancora chi tentava di spiegare, a chi volontariamente s'era presentato alla riunione della mozione Bersani, cosa significava essere del Pd e stare con Bersani. M'ha dato un po' la sensazione di chi volesse dimostrare ai dirigenti, di aver fatto i compiti a casa. "So studiato professò". In realtà nessuno ha detto, tranne Pennacchi ma è stato il passaggio meno citato, che se la gente la vuoi rappresentare, devi sapere quello che vuole la gente. E non ti basta iscriverti ad un partito, per saperlo. Non ti basta lavorare in un Ente. Con la gente bisogna parlarci e anche a determinate condizioni.
b) credibilità: sul palco si sono alternate diverse persone. Magari anche gente che fino a ieri si dava le coltellate sul petto, davanti a tutti, è salito per dire che non era vero niente, stavano facendo finta, era tutto un gioco. "Ma che c'avete creduto?". So che succede sempre così. Nelle guerre, anche dopo la pace, ci sono vittime che rimangono per strada. Ma immagino la faccia di chi, magari mentre volavano le coltellate, per solidarietà se l'è prese e l'ha ridate, come si trovi quando nessuno l'avvisa che la pace è 'scoppiata'. E' così che questo partito s'è lasciato alle spalle le migliori risorse o almeno così mi piace pensare. Perché se sono queste le migliori - quelle che vanno in giro da trent'anni - siamo rovinati.
Dice:"ma allora stai con Franceschini". Per carità. Insieme ai teodem e a quelli che erano comunisti ma solo perché mi regalavano le figurine in sezione. Sto con Bersani, pure convinto. Oggi però m'è scappata una battuta. Ed è un pensiero che mi gira già da un po' per la testa: iscrivermi a fare futuro, la fondazione di Fini. E' uno di quei pensieri matti che a uno gli passa per la testa ma sa già che non lo realizzerà mai. Tipo, almeno per me, buttarmi col paracadute da un aeroplano, licenziarmi e tentare l'avventura oppure chissà che altro.