[continua l'intervista a David Grossman, effettuata dagli organizzatori della presentazione del libro 'A un cerbiatto somiglia il mio amore' a Orvieto, cioè i proprietari della Libreria dei Sette]

Nei suoi libri, spesso, sono protagonisti anche i giovani, quanto ha fiducia nella nuova generazione? E quando prevede di camminare ancora, così da regalarci un altro suo libro?

Cammino sempre, tutti i giorni, insieme a mia moglie. Percorriamo cinque chilometri al giorno. Una buona abitudine che consiglio a tutti. Per il prossimo romanzo non prevedo tempi brevissimi, anche perché ho un’idea, ma devo ancora capire dove mi porterà. Per quanto riguarda i giovani, debbo dire che ho grande fiducia nelle nuove generazioni. Rimango sempre meravigliato di quante energie vi siano nei ragazzi, anche perché oggi essere adolescenti è più difficile di qualche tempo fa. Quando ero giovane io, ad esempio, c’era una maggiore gerarchia che era il nostro punto di riferimento. Noi ci credevamo così tanto da arrivare, crescendo, anche a contestarla. Anche così, però, rimane il fatto che per noi comunque continuava ad essere un punto di riferimento.

Oggi, invece, non c’è alcuna certezza e si cade nello stato di impotenza in cui si sente la maggior parte delle persone. Penso, ad esempio, all’ingenuità. Una volta era consentito essere ingenui, almeno in età adolescenziale. Oggi, invece, il lavaggio del cervello da parte dei media inizia in fasce, levando proprio quel senso di ingenuità. Gli spettacoli, anche per bambini, sono un alternarsi continuo di parodie e cinismo che leva la poesia necessaria ai ragazzi in tante, troppe situazioni. Perché, non lo dimentichiamo, uno dei diritti primari dell’uomo, o almeno dell’adolescente, è quello dell’ingenuità. Agli adolescenti, oggi, non è consentito credere in qualsiasi cosa. E questa, penso, sia la peggior condanna che si possa immaginare per i nostri figli e i nostri nipoti.

A quali autori si ispira? E qual’è il potere della parola scritta e il compito dello scrittore?

Ci sono tantissimi scrittori ai quali mi ispiro e fare un elenco sarebbe difficilissimo. Potrei dire Kafka. Ma quale scrittore, oggi, potrebbe dire di non tenere in considerazione Kafka? Potrei anche dire Oz e Yehoshua, che erano i miei idoli quand’ero ragazzo, ma il rapporto che ci lega attualmente potrebbe far pensare ad una piaggeria verso amici. Posso dire che sono alla continua ricerca di nuovi libri, di nuovi scrittori. Mi piace scoprire nuovi autori, leggere cose diverse, trovare nuovi elementi che mi facciano vivere sensazioni diverse, mai provate. Come se dentro di me iniziassero a ballare altre componenti, che nemmeno sapevo di avere. Trovo che sia un modo di trovare se stessi sotto un’altra luce. Per quel che riguarda il compito dello scrittore, devo dire che l’unico dovere che lo scrittore ha è scrivere una bella storia. Non gli si può chiedere di più. La buona storia è una compagna preziosissima. Basti pensare a quale contrasto si può venire a creare con i mass media, abituati a formulare la nostra vita in maniera brutale, superficiale. Perché spesso si è frainteso il significato stesso della parola mass media. Non trasforma le masse in persone, fa esattamente il contrario, traforma le persone in masse. Fa, insomma, di tante persone diverse un gruppo forzatamente omogeneo. Si arriva a parlare un linguaggio non vero. Rimane ancora la letteratura un modo di comunicare fin nell’intimo. Leggere, così come scrivere, è un atto personale, idiosincratico, unico. La letteratura, oggi, è quel posto che ci consente di tornare ad avere una faccia nuova, la nostra.