Quell'estate, come ogni anno, Gino, detto l’Orco Gino, piazzò la sua giostra con i sedili che raffiguravano i personaggi della mitologia greca, opera di bravi artigiani salentini della cartapesta, a due passi dal mare, alle spalle dei venditori di ricci. Barbuto, alto e grosso, rado ciuffetto di capelli sulla fronte, ex maresciallo dei carabinieri in pensione, sapeva farsi rispettare dai bambini più discoli, codiuvato alla cassa da Principessa, una bionda attempata, conosciuta durante la guerra d'Albania, che si diceva fosse una nobildonna.
Luglio, ore undici, mare piatto, fitta nebbia stagnante sul Canale d’Otranto.
Dal nulla spuntò, arenandosi sul bagnasciuga della spiaggia detta “Dei Marangi”, una vecchia bagnarola. Sull'imbarcazione ogni spazio, coperta e stiva, era occupato da esseri scheletrici, come mai se ne erano visti da quelle parti. Erano albanesi. Uno di essi saltò nell'acqua, non più alta di mezzo metro, subito imitato da giovani, tanti bambini, qualche anziano. Si fermarono attorno alla nave perchè la spiaggia a quell'ora era colma di turisti ed ombrelloni. Lì, in quell’istante, si confrontarono due mondi: il comunista ed il capitalista, miseria e benessere, bellezza fisica e gente al limite della sopravvivenza, vacanzieri spensierati e pasciuti, contrapposti a morti di fame spinti dalla disperazione, bambini ...