L’orco Gino - Edoardo Micati
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Postato da: zaphod
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Quell’estate, come ogni anno, Gino, detto l’Orco Gino, piazzò la sua giostra con i sedili che raffiguravano i personaggi della mitologia greca, opera di bravi artigiani salentini della cartapesta, a due passi dal mare, alle spalle dei venditori di ricci. Barbuto, alto e grosso, rado ciuffetto di capelli sulla fronte, ex maresciallo dei carabinieri in pensione, sapeva farsi rispettare dai bambini più discoli, codiuvato alla cassa da Principessa, una bionda attempata, conosciuta durante la guerra d’Albania, che si diceva fosse una nobildonna.
Luglio, ore undici, mare piatto, fitta nebbia stagnante sul Canale d’Otranto.
Dal nulla spuntò, arenandosi sul bagnasciuga della spiaggia detta “Dei Marangi”, una vecchia bagnarola. Sull’imbarcazione ogni spazio, coperta e stiva, era occupato da esseri scheletrici, come mai se ne erano visti da quelle parti. Erano albanesi. Uno di essi saltò nell’acqua, non più alta di mezzo metro, subito imitato da giovani, tanti bambini, qualche anziano. Si fermarono attorno alla nave perchè la spiaggia a quell’ora era colma di turisti ed ombrelloni. Lì, in quell’istante, si confrontarono due mondi: il comunista ed il capitalista, miseria e benessere, bellezza fisica e gente al limite della sopravvivenza, vacanzieri spensierati e pasciuti, contrapposti a morti di fame spinti dalla disperazione, bambini tenuti nella bambagia di qua, di là esserini sporchi vestiti di straccetti, forse partiti senza i genitori, magari non ne avevano.
Nel silenzio più assoluto, s’udiva solo lo sciabordio del mare, gli albanesi, novelli argonauti, vedevano un lato del vello d’oro, quello promesso ad ogni ora dalle emittenti televisive italiane, gli altri, invece, speravano che si trattasse di comparse d’un film, non gente vera.
Intanto tutto il paese, turisti compresi, s’era riversato attorno alla spiaggia.
- Fatemi passare, spostatevi. - Spingendo, Orco Gino si fece largo fra la folla. Proferì delle misteriose parole e, come se fosse il pifferaio magico della favola, i bambini venuti dal mare, pure quelli presenti, lo seguirono. Giunti davanti alla giostra la cassiera, la grossa signora che non parlava mai, li invitò a salire. Gratis per tutti. Gino invece andava e veniva dal bar e dalla pizzeria di fronte, con ceste colme di panini, pizzette e bevande, tutto di tasca sua.
Ed avvenne il secondo miracolo: la notizia dell’impeto umanitario dell’Orco Gino, ritenuto uomo privo di sentimenti d’amore verso il prossimo, meno che per il dio denaro, scatenò fra i paesani e turisti una reazione emulativa, una vera e propria gara a superarsi per ospitare un albanese, addirittura disputarsene uno, visto che ce ne sarebbero voluti molti di più per accontentare ogni pretendente.
In quella magica atmosfera, due ore dopo lo sbarco, si udì il suono di tante sirene, non erano i canti melodiosi di quelle d’Ulisse, solo i segnali acustici dei mezzi di polizia, vigili del fuoco, ambulanze, auto blu con a bordo le varie autorità. Si fermarono davanti al lido dove era avvenuto lo sbarco, oramai deserto.
Si pensò allo scherzo ben riuscito di qualche burlone, poi le autorità furono accompagnate verso la giostra dell’Orco Gino, la scintilla che aveva originato un evento di così grande solidarietà.
E’ proprio vero: sono i piccoli gesti che da sempre creano le opere più belle e importanti nel nostro pazzo mondo, non i pomposi progetti, quasi sempre inattuati, e le evanescenti promesse dei politicanti.