Aperto solo di domenica - Gabriele Santoni
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Postato da: zaphod
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E’ crisi nera.
Non lascia scampo, sfianca, spezza il fiato.
Dall’America, dicono. Sarà, ma al mio paese preferiscono prendersela con l’euro. “L’uva pizzuta” dicono “costava mille lire, ora costa un euro. Che sono duemila lire…il doppio!”.
E’ crisi nera.
Per gli abitanti del mio paese, è crisi solo in Italia. All’estero chi lo sa, chi se ne frega. E chi c’è mai stato all’estero! Affari loro.
Mio nonno in realtà è stato in Russia, tanti anni fa. Viaggio organizzato dal Grande Partito. E il suo mondo oltre l’Italia era fermo li, al socialismo. “In Russia non può esserci la crisi”, sostiene ancora oggi. “In Russia sono tutti uguali, e guai se non fosse cosi!”
E’ crisi nera anche per Franco. Una vita passata a cambiare soldi in gettoni, accatastare le lattine crivellate dai piombini, issare la coda da strappare per avere un giro gratis. E calcinculo comediocomanda! La cassa è ora chiusa. Ma Franco la domenica apre lo stesso. Solo per testimonianza, niente di più. Poca gente intorno alla giostrina, lo zucchero filato costa troppo. E la crisi la devono pagare anche i bambini. Franco è il simbolo di una generazione che resiste, nonostante tutto. Alza la saracinesca della cassa, come mio nonno nascondeva i fucili partigiani. Resiste Franco, anche ai ricordi. Le impennate coi motorini di quei figlidibuonadonna, i bulli, le ragazzine col chupa-chups. Le compagnie, i baci. I primi baci!
Lui, Franco, costretto a mettere su la musica della disillusione, colonna sonora dei peggiori anni ’80. D’altronde, come pretendere che i bambini si divertano ascoltando Guccini.
E’ crisi nera per Franco che non ha avuto figli. Una ragazza tanti anni fa, fuggita per paura di un futuro da giostraia. Chissà, forse se avesse fatto quel concorso alle Poste, oggi avrebbe una vita diversa Franco. Sposato, stipendio sicuro. Figli da far studiare e a cui far ascoltare “La Locomotiva”. Le ferie pagate, i contributi, la cassa mutua. Un po’ di sana attività sindacale, perché no. La pensione, meritata ma non troppo. Sarebbe stato un autentico granfigliodiputtana Franco. Maleducato, avrebbe succhiato fino a sentire il rumore della cannuccia vuota. Avrebbe goduto di qualsiasi briciola, dispensando gratitudine a chi, prima di lui, aveva approfittato del momento e delle persone. Per nulla al mondo avrebbe levato il capo dal suo fiero pasto. Quel pasto da miserabile, da accattone che questo sistema ti costringe ad elemosinare per poterti addormentare con la certezza del risveglio. Anche suo padre sarebbe stato contento. Sarebbe morto sereno, in quel letto sudicio di muratore.
Sereno, ma chissà se veramente orgoglioso. Un figlio come tanti altri, con la sopravvivenza assicurata, garantita dagli ultimi strascichi di uno statalismo forzato. Un figlio, Franco, testimone come tutti gli altri dell’unica legge dettata da questa società: nasci, cresci, consuma e crepa.
Un granfigliodiputtana sarebbe stato Franco, se non avesse scelto di far girare la sua vita intorno a una giostra. Se non avesse pensato nemmeno per un attimo che i sogni restano tali fin quando non si avverano. Che la serenità va cercata nei posti più inarrivabili, negli anfratti dell’esistenza, lontano dall’avere comune. “Tra i bambini”, aveva pensato, “deve esserci per forza gioia e serenità”, e quella giostrina gli era sembrata l’ultima ancora di salvezza per fuggire da una vita grigia e senza sogni. Per molti anni, ha avuto ragione. Oggi no. Oggi c’è crisi. Dicono arrivi dall’America…